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[GdR] Invece no - P.D.

Morphea


Sono in mare da non so quanto.


Ho perso la cognizione del tempo.
A volte mi pare di non distinguere l'azzurro del cielo dalla luna e il mare dalla terraferma.
Ci sono momenti in cui credo di non sapere neppure più chi sia.

Se qualcuno non pronunciasse il mio nome o se non trovassero il modo di farmi recapitare la corrispondenza, non ricorderei neppure quello.






Doveva essere la fine di Ottobre, il ventidue mi pare, quando misi in atto la mia vendetta.
Una dipartita annunciata... la mia!

Un kraken... pff!

La cabina andava a fuoco... e pure le pezze inzuppate.






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Viaggio per i bassifondi della città. Vedo le stelle spuntare in cielo. Sì, il cielo luminoso e vuoto. Sai, sembra così bello stanotte
Morphea


Sembra ci siano occhi ovunque, soprattutto nel buio... non quando le dita bruciano ed il respiro affanna.


Sentivo le voci -no, non quelle di chi sonnecchia nella mia testa- ma erano un sibilo, cruente come una stilettata che ti giunge alle spalle.
Attraversano l'aria, ma ne senti lo squarcio un attimo prima che ti trapassino la pelle.








PFFFFFFFU











Così mi chiusi alla spalle quella porta, senza voltarmi indietro, per ritrovarci un calesse vuoto.
Tecla aveva ordito la sua rete, all'ombra di un oleandro scarno, ricco di fronde.





In un attimo, un tonfo sordo.



Il vero addio non ha voce ed è accompagnato dal più amabile dei sorrisi.



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Morphea


L'avevo voluta così.
Le vele nere cucite a mano, sfilacciate agli orli... affinchè potessero ricambiare le carezze del vento e confondersi col buio della notte.

Al varo, erano già strappate dal vento.

Nessun fronzolo.
Qualcun altro non l'avrebbe pagata due soldi.


Quando lei l'ha vista la prima volta, m'è sembrata intimorita.


"Complimenti vivissimi. Amm spis nu cuof'n e sord, p n'à nav tutta scassat! ...Pur o nomm e ngarrat! ...non ti bastavano l'uomm'n ch t so' capitat, l'ira consacra' cu na caracc?*"

Abbiammo speso un sacco di ducati, per una nave tutta rotta!
Pure il nome hai indovinato! Non ti bastavano gli uomini che ti sono capitati, dovevi consacrare l'evento con una caracca?



Piegava su un lato.
Inclinata a mezz'aria.
Quando la guardai, sorrisi.

Mi ricordò le mura dei Castelli, le armate degli eserciti spiegate lungo i fossati e Legio di spalle, a capo delle fila.
Si inclinava così... a mezz'aria, in cima alle colline. Si piegava al vento, per scrutare l'orizzonte e annusava il respiro del vespro, prima dell'ordine d'attacco e dell'ultimo sorso d'acquavite.

Sentivi il colpo deciso del colapasta di latta ammaccato, che cadeva a peso morto sul mento e ti annunciava l'inizio della battaglia.
Faceva più eco del corno d'allerta del nemico.





Sembrava un'altra vita, vissuta da qualcun altro, in un tempo mai esistito... senza voci, senza il sangue che ribolle sotto la pelle e finisce con l'incendiare le lame e colorare di rubini la neve lattiginosa.
Una di quelle storie che si raccontano davanti al fuoco, a chi l'anima non l'ha ancora persa e ancora sa impietosirsi.











Accade così anche con le persone.
Alcune ti attraversano la strada, la riempiono e quando arrivano dall'altra parte, è come se non ci fossero mai state.
Non ne hai memoria.
Tutto quello di cui ti hanno fatto dono, lo portano via. Ed è quasi un sollievo.


Resterebbe solo da capire se sia un bene o un male... ma non ne hai memoria.




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Non so cosa sia.
A volte arriva col vento, altre è come se trasudasse dalla terra.
Ha una voce muta e riesce a parlare nel silenzio, senza interromperlo.
E' qui, anche ora.
Ancorato sotto la pelle.

Non comprendo una sola cosa di ciò che dice, eppure mi pare di sapere cosa voglia.
Vorrei solo avere la certezza che mi stia portando dove credo.

Senza dubbi ci arriverei prima, più spedita, senza incertezze...
... perchè, comunque vada, l'epilogo è già scritto ed io lo conosco, già, da ora.




"E allora che cambia?" mi chiede ogni volta "cosa aspetti?"

"...di sbagliarmi"
le rispondo di rimando e, quella risposta, non cambia mai.

Non c'è trionfo in detti allori, ma, ancor peggio, è che non ci quasi più nulla da poter scavare.









E, allora, resta a guardarmi, con la stessa afasia di quando ascolto quel mormorio occlusivo.








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Dal suo corpo si staccavano pezzi -ora un lembo di pelle, ora un orecchio, ora qualcos'altro- e chiunque capitasse nel mentre, finiva col sorriderne o scappava inorridito a gambe levate.
A me veniva solo di raccoglierli e riattaccarli dove mancavano.






Si ride spesso. Solo, a volte, ascoltando i vivi che parlano di anima, ci si guarda pensierosi. Per poi ridere più di prima. Niente sta fermo. C’è un tale muoversi di cose e di pezzi persi di cose che a qualche vivo, se solo potesse vedere tutto, potrebbe scappar detto che c'è vita.

cit.





Una volta mi sono confusa.
Gli erano cascate entrambe le mani.
Gliele ho montate di traverso e scambiate di posto.
Mi ha guardato, ha fatto spallucce, e non so come abbia fatto, ma è riuscito a sistemarsele.
Ha pure sorriso, ma io mi sentivo tremendamente colpevole.




Che cosa strana sentirsi in colpa nel risistemare un morto, che tu credi vivo, e non farlo quando ammazzi un vivo, che in realtà è morto.
A lui interessavano poco i morti e ancor meno i vivi, i miei vivi li avrebbe voluti tutti morti.





Tu sei tu, quello che ha che fare con te non può interessarmi solo perché ha a che fare con te. ha una sua esistenza autonoma.

cit.






Lui diceva che fosse morto, per me era vivo.
Un morto ruba?
Lui rubava lettere e custodiva la mia E.
Non ho mai capito perchè proprio quella e lui non me l'ha mai detto.


A lei sola ho strappato una e.
Perché c'è sempre, pure da morto, un seguito.
E una cosa non cambia. Non sai mai bene qual è.
Sono morto. E

cit.




Non so quanto abbia scavato, ma era uscito da sottoterra apposta e voleva portarmi con sè, quando ha deciso di ritornarci. Io lì avrei avuto freddo, lo stesso freddo che sento ora, che non sono morta.


Vertigine dei miei risvegli, accesa dai pensieri involontari prima del sonno, scatenata dai miei sogni che tutti ti riguardano. E che accetta di portarmi via solo se sono stretto a te. Altrimenti non mi resta che sorridere in attesa di vederti. Mannacc'atté!

cit.



Una volta, una delle tante, lo sono stata.

Non voleva ci andassi, ma io ero lì per quello ed era quello che ero e ancora sono.
La distesa immensa della vallata, riluceva, nella notte, di neve.
Era lì, seduto in alto, da qualche parte e attendeva, come aveva atteso che impugnassi spada e scudo e tirassi dritta, senza voltarmi, nella fila.
Da lì a poco, lo scontro.
Lo scintillio delle lame, le urla dei caduti.
Ne usccisi uno e mentre ne ferivo un altro, arrivarono in due e caddi.
Di lì, l'oblio.

Mi raccolse all'alba, nel silenzio della morte, portandomi via.



Io esisto per spiarti, averti è un lusso che mi godo incredulo.

cit.





Le sue braccia e le sue mani, mi salvarono.










E' che le sue mani non erano fredde e anche il cuore gli batteva. Io lo sentivo!
Ripeteva che non fosse il suo, ma il mio, che faceva credere al suo di essere vivo.




La morte, la mia morte, imboccherà la notte e si confonderà con la vita.
La vita, la sua vita, imboccherà la notte e travolgerà la morte.

cit.

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Di tutte le pratiche illegali, io ne amo una al di sopra delle altre: l'estorsione!

Ha un profumo diverso dalle altre.

Non è importante il cosa, perchè potrebbe essere qualsiasi cosa, persino una parola, l'anima, uno scellino, un dito, un brillocco, ducati, una sacca di mais, i risparmi di una vita, la vita stessa o la morte... è importante il come.

Ieri, ad esempio, ho estorto la mummificazione di un finlandese - e tra l'altro ancora mi chiedo se fosse finlandese o turco.
"Ehi man! You are the father of my twelve son's!"
Quel "son's", e non "sons", era già tutto un programma, per non parlare del padre di dodici figli mai concepiti, con uno che vedevo per la terza volta in un posto affollatissimo e con cui al massimo avrò scambiato un buonasera.

Gli effetti collaterali di una sbornia, sono sempre imprevedibili.

Mi ha chiesto dove fossero.
"Nella pancia, ovvio!"

Ha cominciato a preoccuparsi quando i figli da dodici in dieci minuti sono diventati ventiquattro e dopo mezz'ora settantasette.
E allora ha richiesto oggi quanti ne sarebbero stati.
"Ottantotto" ho risposto.
E quello non mi ribatte che erano pochi?
Al che, non vuoi dare il peggio del meglio?
"Hey man! Non è colpa mia se non ti dai da fare a sufficienza... ingegnati!"


Black è cascata dalla sedia, poretta, è pure incinta per davvero... ma un po' meno di duemila ducati e un canotto a remi, sono proprio da buttare?

L'estorsione migliore della giornata è arrivata da Agrares.
"Siete bislacca!"
Me ne hanno dette di tutti i colori negli anni, ma questa, nessuno mai!



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La mia ossessione: il tempo.


Il tempo d'attesa.

    Odio le cose in sospeso.
    Odio le cose dette a metà.
    Odio i discorsi lasciati a metà.
    Odio le pause.
    Odio i silenzi che non dicono nulla.
    Odio gli echi senza riverbero.
    Odio chi ti ruba tempo, senza fare nè bene, nè male.
    Odio tutto ciò che ti sottrae inutilmente tempo.
    Odio attendere.
    Attendo, per poi rendermi conto che se c'è da attendere, non c'è nulla per cui valga la pena attendere e finisco col non attendere più nulla.



E' il tempo dell'addio.


Il tempo di pace.

    Non esiste.
    Esiste la pausa inutile tra una cosa ed un'altra.
    Esiste la calma apparente.
    Esiste il silenzio in cui le parole non trovano più ragione di sprecarsi.
    Esiste quella voce che ti accompagna e che nessuno sente oltre te stesso.







Il tempo che vale.



    Lo concedi senza remore.
    Ti è donato incondizionatamente.
    Esiste e quasi lo tocchi.
    Rende un solo secondo eterno e ci potresti disegnare un universo intero.
    E' quello che non rubi e che trovi, pur di non perderlo, perchè sai che una volta andato, non tornerà più e sarà stato solo tempo perso.





Il tempo di guerra.


    E' quello che ti fa pesare il valore del nemico.
    Quello in cui sai di poter dare le spalle all'amico.
    Quello in cui, ogni goccia di sangue è di quelli che non si nascondono dietro il tempo, le parole, la ceralacca e la cenere.
    Quello in cui ogni secondo si consuma nel fuoco e ti ricorda che sei vivo.
    Quello in cui un solo sguardo d'intesa, vale più di mille parole.
    Quello in cui il vile mostra il suo vero volto.
    E' quello che nello scontro ti mostra chi sei e chi ti circonda.
    E' quello che ti scorre davanti e ti passa attraverso.







E poi c'è quello in cui morirò e sarà solo mio.

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Tre... capito? Tre!

Non una, ma tre!

Due e una... ma sempre tre!



      *hips*



La prima era leggera come una piuma, trasparente come l'aria.
La seconda è arrivata dritta nel fianco. Mira perfetta, non c'è che dire.

Quella frase maledetta, che mi presenta ogni volta come il resoconto di un debito di sangue da saldare, finchè morte non ci sotterri.
E' la vendetta che si consuma lenta e si manifesta onnipresente, quando meno te lo aspetti... e non puoi che rispondere, con la stessa arma.

Implacabile.
Scellerata.
Cruenta.


    *hips* ZACK! *hips*




L'altra è giunta per ultima.
Quando ho riconosciuto chi l'avesse scritta, le stavo dando fuoco con una candela, ma...






Ambasciator non porta pena... in questo caso porta p...




Non so che dovesse portare -che si sarà cancellato per strada- ma sono rimasta di sasso.
Immobile... solo per aver capito per conto di chi l'avesse scritta.





        *hips*



Credo di aver letto e riletto più volte, ma mica ci ho capito qualcosa?
Che non sarebbe una novità, però, ecco.... così mi è parso decisamente troppo.
Che io avessi fatto quella roba lo so, ma che c'era bisogno di ricordarmelo? Non mi pare che il calesse lo abbia trovato io... m'è stato piazzato davanti, con un amore morto dentro, mai esistito e pure con serpi e vermi striscianti attorno.

La cosa più strana è che mi si parlasse di ducati in un sacchetto fra l'erbetta.
E che non mi sono messa a cercarmeli nell'aiòla per vedere se me ne uscissero altri?
Niente! Non ci ho trovato un emerito gnente di gnente!


Che mi deve cambiare sapere quello che fossi io? Saperlo per iscritto vuol'essere un promemoria?

Continuo a non capirci gnente!

Niente domande, basta!
... tanto sta ubriaco fradicio.
E una volta passi l'essere presa per le mele, ma due non saranno troppe?





    *hips*







[...] devi andare ignudo sul ponte e farla controvento, vedrai che passa tutto! [...]




Per non parlare del resto...




E allora... nun voglio manco sape' come mi chiamo, capito?





*hips**hips**hips*







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Mapporcadiunavaccadiquellalestofanteincallitadimiamadredovestamò!



E mi è venuta proprio dalle viscere, eh!
E' una di quelle giornate in cui ti dice proprio NO! NO! e, poi, sempre NO!

Io ce le metto eh le buone intenzioni, pure in fila le metto, e "INVECE NO!"

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M'ero imbarcata di notte, insieme a due ladroni di nome Plutus e Paperinus ed entrambi, sedevano alla destra del padre, che non ho mai conosciuto. M'avevano vestita da Barabba, mandandomi in mezzo ai mezzimorti, che continuavano a credersi mezzivivi, ma, io, mi sentivo più morta di loro.
La fronte era rimasta asciutta e senza spine, eppure il sangue veniva da dentro a fuori e galleggiava nella gola, rimanendo invisibile insieme a tutto quello che non c'era più da tempo.



Era stata tirata a lucido.
Sembrava n'altra.

Gli altri sei arrivarono l'indomani mattina, sbragati e con l'aria di quelli che, la notte prima, s'erano dati parecchio da fare, mentre uno m'aveva fatto arrivare il certificato medico ed Alì e la Maddalena, s'erano portati gli altri ladroni, sulle rispettive tinozze.
In fin dei conti, per quanto l'accoppiamento fra simili, fosse di gran lunga soddisfacente, dopo un po', la sbobba riscaldata, avrebbe fatto andare di corpo chiunque... soprattutto se abbondantemente scialacquata e decisamente sciapa.


Non ho pazienza e non è un segreto, quindi mi congedai, dopo aver avvisato che avrei dormito da sola, ovunque fosse stato, ritirandomi nella solitudine della cambusa, che, gentilmente, avevo sfrangato a forza.

Io e le botti ci guardammo, come se ci attendessimo da tempo, senza fiatare e prima di convolare a giuste nozze. Gli corsi leggiadramente incontro e lasciandomi andare ad uno sciuliamazzo, vidi la sacca volare per aria e rovinare al suolo, insieme a tutte le cose che c'erano al suo interno.

La pergamena si dondolava sulle assi, assecondando l'adagiarsi della carena sulle acque.
Avanti e indietro...
Avanti e indietro...
Guardai anche lei, col necessario distacco. Quello che m'ero imposta a fatica diversi mesi prima.

Abbracciata al tino, annegai.

A furia di "bere e RI-bere" .. tremavano le gambe.
A furia di "pensare e RI-pensarci" ... vacillarono i pensieri.









Bastiano!

Perchè a te, a quest'ora, la sbronza sarà passata... che spero proprio tu te la sia fatta passare, spiissiando controvento... ma io me la sono presa e nun posso fini' mbriaca ogni volta che m'arriva una cagata di piccione tua, eh?!
Che sti piccioni cagassero come tutti gli altri piccioni, metterei sti qua a ramazzare il ponte e stiMazzi, ma invece no! I tuoi piccioni cagano strano e mi imbrogliano i pensieri.
Che gli dai a magna', che fanno st'effeto?

Epperchè una volta sì eh... ma due, non saranno, poi, troppe?

Che, per te, le mie mele fors'eranno poche... io, però, a loro ci tengo, quasi quant'amassi te, ma loro nun m'hanno mollata là per farsi i fatti loro, quindi me le vorrei tenere carecare, che se qualcuno provasse a prendersele dinuovo, ci staccherebbi le manine...

M... di Morphea, non di mamm't

P.S.: io vorrei proprio sapere come CIAVEVO seminato i ducati nella mia aiòla, che ho provato a vedere se ce ne fossero altri... ma gnente. Che tu te lo ricordi?






E nell'oblio di un dove inesistente, vergai un foglio che si sarebbe perso in quel nero di seppia notturno... ma un giorno, forse, no.


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Morphea


Il mattino dopo mi sono risvegliata abbracciata alla botte...
Oddio, svegliata mò, ero in totale stato confusionale e non mi reggevo in piedi... tanto da cadere ogni tre per due.
Con la vista ancora appannata ed i pensieri logori, ho raccattato quello che avevo scritto, in birra veritas, l'avevo ripiegato per benino e me l'ero nascosto fra le bocce nel corsetto.
Non sapevo dove fosse Bastiano, neppure sapevo se stesse per mare o per terra... ed, eventualmente, in quale mare e su quale terra.
Neppure sapevo come mi avessero trovata, per consegnarmi la cartapecora, che un giorno gli servirò per pranzo o per cena, in base ad un eventuale incrocio di strade... Che le strade non s'incrociano? Eccerto che s'incrociano, ma mica è detto che uno ci capiti proprio mentre si incrociano... che mica è detto, eh?! Ma semmai, forse, mapperò, eventualmente... chissà! Che mi venisse un crampo volontario da tendere una gamba, che " Nooooooooo... uccheppecato! Ahimè! m'è scappato il piede... non volevo. sei cascato? oqquantomidispiace!" ennonsipuòmaisaperesonocosechecapitano! E che non ci faccio pure la voce tremolante e lacrimevole, con tanto di sigillo di dispiacere al seguito?
Essì che ce lo faccio!
E passerò pure davanti Massa, che a qualcuno a cui lasciarla lo trovo.


Anche se... "Uff!"... mò mi pare che l'azzurro esca dappertutto ed un modo per infilarlo da dov'è uscito, pure ce lo trovo. "Vedrai, se ce lo trovo!"


E poi, come se non bastasse, la notte, uno dei ladroni, veniva a rincarare la dose, fino a quando non collassavamo entrambi, ognuno abbracciato stretto stretto alle sue pinte.
Che tre giorni fors'erano pochi ma, un giorno, all'ora di punta....



"MORPHEAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!"


Urla Alìsenzaquarantaladroni da qualche parte lì fuori.
Ancora mezza rintronata che dieci sono poche, ma parenti più a cinquanta che a trentatrè... "Ripigliati!" - mi ordino da sola.
Che a parole pare facile... ma ci ho messo mica poco a capì dov'ero, chi ero e cosa ci facessi lì dov'ero? E, soprattutto, dove dovessi anda', a fare che e per conto di chi... se ci dovevo anda' da sola, se mi ci mannavano e se già mi ci avevano mannata.

Poooooooi...

Mettiti in piedi su un solo piede, controlla che hai ancora l'altro piede, scatta sull'attenti narcolettico e scosceso ad ovest, per tirarti a forza lungo la corda e vedere la luce sul ponte, da che fuori c'era ancora il sole di mezzodì, nascosto dietro le nuvole, per arrivarci all'imbrunire e ancora sentire l'eco di quel....



"EAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!"


Che non si capiva a che ora fosse partito e quando fosse arrivato e se l'avessi beccato in tempo.

"Aòòòòò! E n'attimo, no? C'è gente che lavora qui!"

Gli faccio, soffiandomi da sotto la frangia ancora collassata sull'occhio sinistro -che quello ancora dormiva.

Mi guardo attorno e... gnente...
Guardo a mare e... gnente...

E mentre guardo nella cassa dei pesci stagionati, nun me lo sento urla' da sotto?
Nun capite male... da sotto al canotto, a terra. sulla banchina al molo, ecco!
Nun scherzamo che quello è come n'à vestale, eh?!

Corro... si fa per dire...
Cammino a passo lesto... pure si fa per dire...
Insomma!
Aaaaaaarrivo con calma, molta calma, taaaaanta calma... al bordo e quello, da sotto, mi dice che ci sta da mollare gli ormeggi.

"Ah!"

Cioè, co' tante cose che mi potevano uscire: "Ah!"


E fosse tutto per quello, ci mandavo uno dei sei ladroni a molla' tutto... è che poi ha cominciato con le domande difficili, complicate, contorte; soprattutto per una che in testa in quel momento non si capiva se CIAVEVA la birra, l'azzurro, il kraken, li turchi, i fuochi a mare e nun si sa che roba più.

E che me chiede?



"Ma che s'è visto coso?"

"Coso chi?"

"Morphe'... coso!"

CIAVEVO un coso nella testa che dava certe picconate, altro che coso...

"Ah!"

N'altra volta quel "Ah!" dormiente, che non significava un'emerita mazza.
Mi guardo attorno.

"No, nun c' sta... s sarà perz!" convinta come poche.


No, non c'è... si sarà perso!


"Ma sei sicura? Non lo vedi manco in rada? Non vedi niente all'orizzonte?"

Mi riguardo attorno, per sicurezza...

"Sììììì! Che scherzi? Ti dico che non ci sta... non ci sta"


Fa spallucce e se ne va, mentre io chiamo a raccolta i miei fidi prodi et inizio a far fare quello che dovevano fare.


Dopo un po'... un bel po'... Alì, torna...




"Morphe'... vedi un po' se coso ci sta... mi pare strano che non ci sia, doveva rrivare stamattina."


Lo fisso strabuzzando l'occhio sinistro e allargando le narici, come Zeus, per lanciare fulmini e saette.
Mi riguardo attorno...

" No... non.... ci............................ sssssssst.................


...................................................Aò... ma nun è questo?"
gli domando, indicandogli la nave vicina. "Ma sta attraccato... da dov'è uscito fuori aò?"



Mi guarda.


Lo guardo.


Mi guarda....


Lo guardo....




Ci guardiamo...........................


E nun pensiamo la stessa cosa sugli Achei scoppiando a ridere?



"Saremmo tutti morti, lo sai, sì?" mi chiede continuando a ridere.

E a me scappava da ridere ancora, per non finire dopo a prua ad urlare.



"MALEDETTTTTTOOOOOOOOO!"







Ma al peggio non c'è mai fine e mentre uscivo in rada....
... Non lo vedo sul canotto di coso, vestito da marinaretto, col kilt a pela' patate, a lanciarmi occhiatacce di sguincio che, agli Achei, avrebbero fatto un baffo?





"UAHUAHUAHUAHUAHUAHUAH!"








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Perchè, vedi, io fisso le casse di rhum, le pinte di birra vuote e le botti piene, sentendomi moglie ubriaca di non so chi o cosa.
Nun CIO anelli, nun CIO catene, nun CIO gnente di gnente e gnente volevo... manco mezzo bacio, figurarsi uno intero e tutti quell'altri.
So che quei pensieri, vacillano... ed io annego sul fondo del mare, prima dell'orizzonte, facendo boiate su boiate, per turare le falle buche.
Mi racconto di un giorno in cui, guardandoti negli occhi, dovrò raccontarti tutto e non rideremo, perchè non sarò in grado di mentire, neppure col silenzio. Ed io non posso non ridere, Cessamante,
"capischi?"
Perchè le gambe tremano anche senza "bere e ri-bere" ed io vacillo, in mezzo a pezzi di me che galleggiano come sterco, qui dove non dovrei neppure essere.

E tu non ci puoi stare qui sopra, Bastiano.
Non puoi sederti al mio fianco sul cassero di poppa e farmi ridere, perchè da questa nave ci sei sceso.
Non posso parlarti senza vedere la tua faccia di Ca', camminando sul ponte come nulla fosse, senza che nessuno se ne accorga.
Non posso vederti nell'orizzonte, senza avere la voglia di mandarti a ca'are fra le frasche...
Perchè la pietra non ti bastava. E no! Ti dovevi prendere tutto! Eh?

Che me ne dovevo fare del mazzo, Bastiano? Cosa ci dovevo fare con quel maledetto mazzo?

E dimmi se sia normale che io parli davanti ad un timone, senza un briciolo d'alcool in corpo, senza sentirmi una lenticchia, che manco fava sono!


E pure i piedi mi bruciano, quando cammino sulle incisioni fuori la cabina.
E mica s'accontentano degli stivali rossi? di daino? verdi o paonazzi? Manco quelli col pelo di topa, gli vanno bene.
Nono! Vogliono proprio i turchini.
Che CIAVRANNO mai sti cosi?
Che CIAI messo roba sopra e nun me ne so' accorta? Che fai? Imbrogli?

E sei avvisato - fava, che non sei altro!- che, semmai, mi ti dovessi piazza' nella testa a farmi battute, mentre rispondo a questi che sputano fuoco e mòro... ti vengo in sogno per quarantacinque giorni suonati, fino a quando... fino a quando... fino a quando.... non lo so fino a quando e a fare cosa, ma qualcosa me la invento e vedrai! Sì, che vedrai! Capito?

Ma accadrà che... ci sarà un punto, oltre l'orizzonte, in cui mare e sole si incroceranno... foss'anche per un tiro mancino, di un destino beffardo!

Allora scapperò, perchè le gambe non tremeranno!
E non sentirò più voci e i piedi e le mani e tutto il resto, non brucerà e stimazzi la fata zucchina.
Così ti impari. Tiè!



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Su alcune cose ci si potrebbe scrivere un Trattato, su altre resta il silenzio e non perchè non valga la pena di spenderci due parole, ma perchè proprio non ha senso sprecar tempo a ricercar parole, in risposta al nulla.

Sempre pensato che le parole siano grandi scrigni di tesori o castelli pieni di fumo.

Forse dovrei avere un
Diario di bordo.
Dovrei appuntarci i pensieri e le parole, come fanno tutti.




"Ma che senso ha appuntarsi le cagate che uno pensa?"

Io mica l'ho mai capito.
Uno non solo le pensa, le dovrebbe pure scrivere? Poi, eventualemnte, semmai, un giorno, così, per caso efforse... se le andrebbe anche a rileggere? E se non lo fa lui e gl'affondano pure il canotto e trovano il
"Diario dell cagate di bordo", se le leggono anche gli altri?

Ma io mi ci vedo proprio a scrivere....








"Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo..."



Uno ce lo potrà appuntare "cagate" sul proprio diario di bordo o sarebbe da vrenzole, farlo?
Non è che io sia proprio a modino eh, ma magari uno dovrebbe pensa' a chi lo trova, no?
E se poi si perdesse? Andrebbero perse pure tutte le cagate che uno ci scrive, pensa te che fatica sprecata. Pensa te, a pensa' tutta quella roba che galleggia, in giro.
Un pezzo di qua... uno di là... e tutti che si fanno li cassiolini tuoi, come se già non se li facessero abbastanza.








"Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...


sappi che il mare è in tempesta, è anche blu... di quel blu scuro, ma con la schiuma bianca, come quella della birra.
Oggi io e Misti, l'abbiamo fatta fuoribordo.
Al Barone sono arrivati gli schizzi... ma non sappiamo di che schizzi si trattasse...
Il vecchiardo si sta facendo una settimana di scuorno in cabina.
CIO qattro gatti e du' appestati con la sifilide a bordo.

L'ho presa pure io forse, perchè m'hanno detto che i figli si fanno con una stretta di mano ed io ho stretto la mano ad uno, che secondo me CELHA.

Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...

A volte guardo a Nord, assai a Nord e penso al vento dell'est, che non tornerà più...
A volte, più volte, assai tante volte, soprattutto in gioni come questi, penso a quello che penso e, allo', guardo a Nord- Est... ma senza un perchè, che abbia un senso logico, ma potrebbe pure avercelo.


Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...

Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...

Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...


mavvac........ va!"




Cioè, ma sto benedetto
"Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo...", ma che se ne fregherà mai di com'è sto mare, di chi ha fatto cosa, del sole, del mare e de li morti di chi t'è morto?
E se va di c...iappa che me lo dimentichi, devo trovarlo scritto sul
"Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo..."? O lo devono trova l'artri il... "Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo..."?
E nun vòi mori' nella gnorantità tua? Coi penZieri tuj e tutte le cose che nessuno capisce e che tu non vuoi che capisca?


Ahhhhhhhhhhh............
"Caro diaro delle cagate di bordo, virgola e accapo..."
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Viaggio per i bassifondi della città. Vedo le stelle spuntare in cielo. Sì, il cielo luminoso e vuoto. Sai, sembra così bello stanotte
Morphea





Stasera ho incontrato il soldatino di latta.
Aveva sempre la sua armatura lucente, ma non più l'elmo.
Indossava una maschera.
Mi sono chiesta per un bel po' che ci facesse uno con la maschera in esercito e con l'armatura in taverna.
In taverna non c'è guerra, nemmanco per strada se è per questo, ma ancora ancora... ma se poi ti ritrovi a menar le mani, che te ne fai di una maschera?


*hips*


Come s'è accorto che singhiozzassi, s'è tappato la bocca.
Quello compare sempre quando sono ubriaca, pare lo faccia apposta.
E dire che non mettessi piedi a terra da non so quanto.
Che sarà mai un goccetto? -*hips*-Saranno stati al massimo tre, forse nove, va...

Quell'altro s'è chiesto pure se gli puzzasse l'alito così tanto, da doversi coprire la bocca?
Non sapevano che, quel poveretto, avesse rischiato parecchio mesi addietro.
E non me lo sono ricordata all'improvviso?
Diamine se l'ho fatto...





MALEDETTOOOOOOOOO!




Non lui, ma Bastiano, che tanto era colpa sua!


E al che l'ho dovuto pure rassicurare, porcaccia la miseriaccia.

"Potete stare sereno. So' mbriaca pe' diletto, il Ca' nun m'ha scritto, nun correte pericolo. Non c'è rischio vi baci"

Po'retto, che m'ha ricordato.
Vallo a spiega' a tutti cosa fosse successo.
Vagli a spiega' che nel fumo di una lettera del Ca', in cui non CIAVEVO capito gnente di gnente, m'ero bevuta l'Arno e lo Tirreno appresso e sto po'ro fijo m'era capitato a tiro e lo volessi bacia' ad ogni costo, per nun si sa quale ragione, che manco avevo visto che faccia avesse.

"Misti, il primo che trase, me lo bacio!" gl'avevo fatto.
E lui trasì.

Coperto da capo a piedi di stagno, lucido di nicchia.
S'era piazzato lì, tipo chiummo e, quando s'accorse della mala parata, si piazzò due mani sullo scolapasta, all'altezza della bocca.



*hips*





Io, mò, però, nun vorrei di': ma che se l'era piazzata a fa' le mani sull'elmo?




E fosse tutto questo...

Il biondo voleva mandarlo per boschi, il vecchiardo... pure.
Sapevo pure a fa' cosa, lo volessero manda'.
Pure il tipo d'alberi gl'hanno consigliato.
Io CIO provato a trattenenne, ma nun ci riuscivo, manco pocopoco...





*hips*








Nun ce sta gnente da fa'.
Io di sta roba nun capirò mai gnente.





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Morphea
Piove da stamattina all'alba.
Oggi m'ha preso male e mi sono rintanata nel ventre di un larice, squarciato da un fulmine, rannicchiandomi con le ginocchia al petto.
La vista si perdeva a valle, lungo il declivio, nel rivolo d'acqua e detriti, trascinati verso il mare; lì, dove la terra rigurgitava la pioggia in pozze di fango, oberate e cupe...

I pensieri andavano dietro al rintocco delle campane.
Mi sono persa nel singhiozzo delle foglie, col capo vinto e chino al cielo, in questo giorno di sterco e pioggia, senza sole.
E. così, col mento poggiato sul dorso della mani, aggrappate con le dita alle ginocchia, ho alzato lo sguardo e ho cominciato a cercare, tra i fitti arbusti, un fascio di luce color oro, con sfumature di grano.

Non c'era.
Non c'era nulla.
Non c'è niente.

E' tutto così arido, senza senso ed incomprensibile.

Quando ha smesso di piovere, sono tornata giù, tra le pecore e le giumente, che ancora non vanno al pascolo.
Mi sono armata di piccone, pronta a massacrare ogni asse di legno di quella maledetta catapecchia e, una volta dentro, ho trovato le cose che avevo fatto comprare al mercato nero.
Ci avevo spedito mi hermano, che c'era uno di quei mercanti dalla pelle scura, che scambiavano oggetti strani, con roba rara.


Un sasso colorato.
Una borraccia.



Quando mi sembra che tutto sia tornato alla normalità, mi ritrovo nello stesso identico punto.
Non c'è verso di non pensarci.
E' una maledizione!

Sono uscita fuori di corsa e sono ritornata a rannicchiarmi nel ventre squarciato del vecchio larice, sulla collina.






Non si sfugge a nulla, neppure nei sogni.









Ho aperto la porta e il Cavaliere senza macchia era lì, col suo vestito da Principe azzurro, in sella al suo cavallo bianco e puro come la neve.
Aveva una luce negli occhi, che non vedevo da anni in quelli di nesuno.
Lo sguardo ingenuo, di chi il pane lo mangia appena sfornato e ancora caldo, di chi crede ancora che in quelli come me, ci sia qualcosa di buono e che si possa salvare, di chi pensa che -con una passata di acqua e cenere- il sangue vada via dalle pezze.
Lo guardavo, impassibile.
Gli parlavo con la ferocia di uno sciacallo, che divora la sua carcassa e non permette a nessuno di avvicinarsi.

... e lui lì, sotto la pioggia.
Fermo.
Col braccio teso e la mano aperta.


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