Ero stanca di quel letto,decisi così di alzarmi,ferite permettendo o meno.
Camminai barcollando e zoppicando.
Accanto al muro c'era un piccolo tavolo sul quale c'era poggiata la bisaccia di Morphea semiaperta,da questa usciva uno specchio.
Morphea non era esattamente la quinta essenza della vanità,anzi...ma quello specchio era un cimelio di guerra,se così lo possiamo definire,lo trovò nel municipio di Udine quando assaltammo,lì si che la vanità era di casa...
Presi tra le mani quell'arnese infernale ed ebbi la lampante idea di portarlo al viso.
Ebbi la strana sensazione di non riconoscermi.C'era la solita fluente cascata di capelli castani,la cicatrice sotto il mento,gli occhi scuri e cupi ma...non ero più la persona che aveva assaltato quel municipio anche se non pensavo fosse così visibile.I segni delle mie disavventure,erano tutti lì, sparsi sul corpo,eppure...mi sentivo addosso una pelle diversa...quasi fosse meno mia.
Abbassai velocemente le mani e riposi l'oggetto al suo posto.Spalancai le imposte,tra le foglie soffiava un vento debole che le faceva danzare leggere.
"L'è pigliat p'ò mes' aust', sì?(Credi sia agosto?)" Morphea mi sorprese alle spalle.La fissai a lungo,avrei voluto spiegarle quella sensazione strana che mi si era attaccata addosso con improvvisa violenza ma evitai e destai lo sguardo.
"Che dici?una birra dopo sta prigionia ce la siamo meritata?" il mio tono probabilmente non fu dei più convincenti o forse mi tradì quello che ora era il mio nuovo volto.Mi fissò strana.
"Infilati la mantella..." le dissi scandendo bene ogni singola parola.
Stranamente mi ascoltò.
Le strade di Tortosa erano,come al solito,deserte.Arrivammo alla taverna municipale in poco tempo.
Morphea fece cenno al teverniere di versarci due birre.
"Che hai fatto agli occhi?quasi non sembri tu..." Riconobbi subito quella voce e rimasi quasi incredula.
"Tab...che ci fai qui?" gli sorrisi.
Non ci vedevamo da quasi un anno.
Non ci fu neanche il tempo dei saluti di rito che la porta della taverna si spalancò di nuovo,lasciando intravedere una chioma bionda.
Bembe aveva appena fatto la sua entrata trionfale...
"Il giorno che ti tagli quel ciuffo e ritorni castano non sarà mai troppo tardi..." scoppiai in una fragorosa risata.
Mi si avvicinò subito.
"Non così vicino,che poi mi fa impressione..." le mie risate continuarono ad echeggiare.
...Udine...
Era la seconda volta che,quella mattina,mi era venuta in mente.
Per un momento,sembrò,anche se apparentemente, che ci fossimo catapultati in un passato fin troppo remoto.
A nessuno sembrava spiacesse...
"Mistic..." disse Bembe poco prima di congedarsi.
"Si?"
"è stato un piacere rivederti..."Ammiccai in risposta e dopo poco mi congedai anche io.
La strada del ritorno sembrò più lunga dell'andata,ciò nonostante arrivai nella mia bianca prigione.
Il presente,durante la passeggiata,aveva intrapreso una partita contro il passato e giocando bene le sue carte, si era ripreso il posto che era suo di diritto.
Fui spinta,quasi incondizionatamente,a scrivere.Presi un pezzo di pergamena e una piuma con dell'inchiostro.
Scrissi il minimo indispensabile perchè sapevo già che me ne sarei amaramente pentita.Chiusi in fretta con della ceralacca e la consegnai alla padrona di casa.
"Deve arrivare a Ventimiglia,in Italia,e deve essere consegnata al Barone di Fano Adriano."Nel momento stesso in cui stese la mano e la prese,me ne pentii.
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16 Ottobre 1460