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[GDR] La pelle che abito

Morphea


Dorme molto più di me negli ultimi giorni.
Spesso la osservo.
Io fisso gli stracci intrisi di sangue, lei quella rosa rossa ormai appassita.

Siamo così diverse.
Eppure è qui accanto al mio letto.

Guarda quella rosa rossa esanime, con la gioia della vita, come chi l'ha vista raccogliere e l'ha ricevuta in donno dalle mani che l'hanno appena strappata alla terra

" S'è ammosciata... te ne sei accorta, sì?"

M'ha guardato stranita. Se non ci fossero quelle pezze di lino nel catino a distrarmi, direi che tutto questo è molto triste, ma il brodo di pollo scotta e mi rattrista di più di quella rosa rossa moscia ed esanime.



Il pollo è il maschio della gallina...........


Me ne fregasse qualcosa a me del pollo, della gallina e di quel maledetto fienile.
I fatti sono altri...
Mi mancano la sua brutta faccia, le cavolate che mi racconta per farmi sorridere o per farmi perdere le staffe, e pure lavargli le mutande!



" Epporcavacca!"

S'è voltata di scatto, per lo spavento... poveretta...


Le ho sorriso, cinicamente, sputando anche il secondo osso, perchè le vacche stavolta non c'entrano nulla, neppure mia madre..




Santa donna, eh! ... che l'Innominato ne faccia la sua sposa e se la tenga bella stretta...
Così sarà l'unico modo per incontrarla.
Un giorno di questi...
...prima o poi...
E forse vedrò che faccia ha...




"almeno tu hai...che hai?" m'ha detto...

" ho una pergamena sotto al cuscino firmata con lo stesso sangue che colora l'acqua di quel catino e che ha la stessa vita della tua rosa rossa moscia..." le avrei risposto... ma non mi pareva il caso, e ho continuato a tenere la ciotola tra le mani e l'ho portata subito alla bocca, per zittirmi da sola.



Inizio a sperare che Goyo entri da quella porta e finisca quello che hanno cominciato i suoi conterranei, prima che lo faccia il tedio.






Grevius
"Ancora..." dissi all'oste.

La sera si colorò nuovamente di rosso scuro.
I pensieri si affollavano a tal punto che non se ne delineava nemmeno uno, nemmeno il vino riusciva ad annebbiarmi la mente, andava dritto allo stomaco come un pugno sferrato a muscoli rilassati, non mi importava di sentire dolore.

Non avevo più notizie dalla Catalogna, non sapevo più nulla... il vuoto aveva un rumore assordante.
E se fosse accaduto qualcosa?

Strinsi le mani...

Un'altra volta no, dovevo essere lì a proteggerla, dovevo essere lì e niente più.
Al diavolo gli eserciti, al diavolo il pericolo, era la vita che avevo scelto.
Più mi guardavo attorno e più mi accorgevo di essere nel posto sbagliato, non esisteva nulla senza di lei.
Dannate scorte, dannati ducati... maledetto il giorno in cui sbarcai da solo, maledetto l'orizzonte che mi teneva distante da lei.

Scagliai il boccale contro il muro della locanda, il vino rimasto si sparse sulla parete.
Tutti i presenti si zittirono.
Lasciai due denari sul tavolo e me ne andai, maldicendo la panca che avevo calciato, il posto in cui mi trovavo, la gente con cui avevo a che fare, il porto dal quale ancora non potevo partire, le vele che non potevo spiegare.

Mi avvolsi il mantello per il freddo.
Mi mancava da morire.

_________________
--Goyo
Entrai nella bottega del vecchio barbuto.

"Buenos dias Antònio... tengo de tomar mala hierba y lùpulo"

Avevo necessità di procurarmi Gramigna e Luppolo per fare gli infusi medicinali, e quello era l'unico posto in cui potevo trovarli.
Il vecchio si alzò goffamente e iniziò a rovistare in una serie di sacchi che aveva dietro di se, ormai non ci vedeva più e si serviva del tatto per riconoscere le varie erbe officinali.

Posò sul tavolo dei rami secchi di gramigna...
"Disculpame señor Goyo, no tengo lùpulo hoy."
"No importa Antònio, gracias" dissi pagandolo.

Niente Luppolo.
Mi guardai attorno pensando a dove poterlo trovare, dovevo lenire i dolori dei miei pazienti e senza quello era difficile.

All'improvviso mi venne un'idea e mi recai a passo veloce alla taverna municipale.


L'oste mi salutò come al solito mentre era intento a ramazzare per terra.
"Pédro... tienes lùpulo para mi?" domandai
"Seguro, un momiento."

scomparì nel retrobottega e tornò con una manciata di fiori di luppolo che misi prontamente nella bisaccia.
In quel momento entrò un ragazzo con le scarpe piene di fango e visibilmente infreddolito.

"Carta para Morphea... Hay Morphea aquì? Señorita Morphea!"

Molti lo guardarono, qualcuno lo insultò perchè Morphea non era ben vista in città, altri invece ridacchiarono per la foga del giovane che abbassò il braccio con in mano la missiva e si girò per andarsene.

Aspettai che uscisse, non volevo che gli altri sapessero che frequentavo un gruppo di banditi.
Per me gli ammalati erano tutti uguali, ma non tutti avrebbero capito.

Lo seguii e mi avvicinai stando attento a non farmi vedere da nessuno.

"Jo soy un amigo de Morphea..." dissi a bassa voce.
Il ragazzo si girò.
"... me llamo Goyo y Morphea es mi amiga, la señorita de italia..."

mi porse la lettera mezza sgualcita

"Esta es para Morphea..."

Si allontanò com'era venuto.
Dovevo andare dall'italiana, sembrava importante.
Morphea
Nella Smorfia napoletana:

" Ventitre!"
" O' scem..."



Ventitreesimogiorno all'alba dell'ennesima incognita.


Da due giorni riesco anche a sedermi al centro del letto e a far penzolare la gambe fuori dal letto.
Qualcuno ci potrebbe scherzare, ma sono conquiste anche queste!

E non lo penso tanto per pensare... ma proprio per riempire questo tempo vuoto che và da A ad A... e fa il giro su una strada dritta di un corridoio lurido che si perde nel buio... però fa il giro eh!

Ed oggi s'è presentato anche Goyo, col sorriso di un cavallo che ha perso gli incisivi e che ti fissa indicandoti una balla di biada caduta per caso dal carretto al termine della sua folle corsa.


" Hai lo zoccolo scheggiato Goyo..."
" Como señora?"
" Nada Goyo... nada que sea importante Goyo"
" Esta es para ti señora"


S'è guardato intorno, neppure fossimo al mercato nero e, dopo essersi assicurato che dal soffitto non si calasse l'uomo nero, ha finalmente trovato il coraggio di darmi una pergamena.









" La spada ancora la tengo.
Torno presto.
Tieniti viva.

tuo.


LeCio."






" ¿dónde está el hombre que te dio esto, Goyo?"
" No lo sé"
" Es s importante que lo encuentre y traerlo aquí ... muy importante para mí"










Il cerusico ha lasciato in fretta la stanza ed io ho smesso di fissare il catino color rubino per perdermi in una sola di quelle parole e in un passato che, a volte, torna a farmi visita... dilaniandomi.

Ho nascosto il viso fra le mani, così come tutto quello che mi porto dentro.




Se fosse stato qui, probabilmente, gli avrei detto che è l'edera affamata, apparentemente scarna, che brulica la vita dai muri disadorni di castelli angusti... ma c'è solo quest'altro pezzo di carta...


--Goyo
Era la terza volta che facevo il giro completo della città, avevo visto centinaia e centinaia di facce, ognuna diversa dall'altra ma tutte con la stessa espressione.
C'erano tutti, tranne quel ragazzo.

Domandai di lui cercando di descriverlo.

"Tiene el cabello oscuro... còmo un morisco"
"Yo no lo sabe" rispose una vecchia cercando di mostrarmi come fosse in grado farsi gli affari propri, ma l'occhio le cadde inesorabilmente verso una piccola locanda cadente.
Gli occhi tradiscono sempre, siano essi di un infante, sia quelli incorniciati di rughe.

Mi accostai alla porta, sempre se porta la si poteva ancora chiamare, e diedi un'occhiata all'interno.

C'era molta gente, il puzzo che arrivava al mio naso era penetrante.
In quelle taverne si aggirava tutta l'alta società dei figli peggiori di Catalogna, guai e affari loschi erano i proprietari, e la persona di cui meno ci si poteva fidare era l'oste.

Vidi il ragazzo che cercavo, era appoggiato ad una trave mentre osservava dei tizi giocare a carte.
Indiugiai.
Non potevo entrare, avrebbero subito notato i miei vestiti di discreta fattura, non ero ricco ma ai loro occhi potevo apparire come un Barone.
Sarei stato sicuramente derubato da qualcuno, per non parlare degli sputi e degli insulti che mi sarebbero piovuti addosso.

Dovetti aspettare che uscisse.

"Ehi chico..." dissi

Si voltò di scatto, sembrava agitato ma appena mi riconobbe si calmò.
"Que pasa"
"Tienes que venir conmigo"
"Y donde..."

gli allungai un paio di ducati, se li rigirò fra le mani.

"Sìgueme"

Non fece altre domande, aveva capito che non rappresentavo una minaccia.
Ci incamminammo dall'Italiana.
Morphea




Ho ricominciato a camminare. Ieri pomeriggio ho messo il naso fuori dalla stamberga che ci ospita.
Il bastone che m'aveva spedito Unde come regalo di Natale, m'è servito per trascinarmi fino al porticato - per qualche strano motivo, deve aver immaginato che prima o poi mi sarebbe stato d'aiuto...

C'è aria buona qui.
Hanno un grosso appezzamento di terra e molti animali nelle stalle.
La cosa strana è che non macellano le bestie nè mangiano mai la loro carne.
Questi catalani hanno un rapporto strano con ogni cosa...

Ho notato che ci sono anche molte galline, e vederle mi ha rattristato più di quanto ci abbia solo pensato... brulicano l'erba. Ah, no! Quelle sono le capre...

Hanno anche un fienile.
Sono sicura che se fossimo passati di qui, non ci sarebbe accaduto nulla.


La
señora e il suo esposo sono così buoni con noi, ed io sono certa che loro ci avrebbero aiutati.


Sono passati diversi giorni e Goyo era sparito, credo che lei si fosse accorta della mia preoccupazione, perchè per farmi distrarre mi ha portato un paio di ferri e della lana tosata alle sue percore. Ho cominciato a lavorare a maglia per fare delle mutande a Giacomo, non ne hai mai di pulite e ne sporca sempre così tante... è così pigro per certe cose.

Oggi si è seduta al mio fianco e ha voluto che le raccontassi cosa fosse successo.
Le sono venuti gli occhi lucidi... a me no! Ho solo sentito uno strano calore nel sangue che mi ha ricordato chi sono.
Le ho chiesto di farmi un regalo nel caso Goyo fosse tornato in compagnia di quell'uomo, e quando m'ha detto di sì, ero così felice che m'è sembrato, addirittura, di sentire il mio cuore battere.


E Goyo oggi è arrivato ed io ho pianto, perchè non era solo.
C'era quell'uomo con lui.

Ho chiesto a Goyo di spiegargli che doveva trovare Legio per portargli delle cose.

" Dovrà dargli questo baule. Ci sono delle mutande di lana e una pergamena."










" Saperti ancora vivo è ciò che tiene in vita me.
Nelle tue parole, stavolta, è stato altro a rendermi felice, e credo tu sappia di cosa si tratti.
Non fare ritorno qui, non è sicuro.

Se il destino ci ha divisi, troverà il modo di riunirci, così come ha sempre fatto.

Usa ciò che ti mando e abbi cura di te... e, soprattutto, trova il modo e il tempo di cambiarti le mutande sporche!


Tua

Marfy"








"E poi c'è ... quella." gli ho detto indicando nello spiazzale.












Goyo ha piegato la testa in avanti e sgranando gli occhi ha spiegato tutto all'uomo, che non ha reagito molto diversamente da lui, ma ha preso tutto in consegna ed è partito.


Prima di andare via... Goyo mi ha detto una cosa.


"En las ciudades, otros hombres llegaron en cursiva. Venían de Denia. Tres hombres, uno no tiene pelo y los otros dos son rubias."






Qualcosa mi dice che sono loro.

" Goyo cerca di sapere i loro nomi, ma stai molto attento."






Mistic
Ero stanca di quel letto,decisi così di alzarmi,ferite permettendo o meno.
Camminai barcollando e zoppicando.
Accanto al muro c'era un piccolo tavolo sul quale c'era poggiata la bisaccia di Morphea semiaperta,da questa usciva uno specchio.
Morphea non era esattamente la quinta essenza della vanità,anzi...ma quello specchio era un cimelio di guerra,se così lo possiamo definire,lo trovò nel municipio di Udine quando assaltammo,lì si che la vanità era di casa...
Presi tra le mani quell'arnese infernale ed ebbi la lampante idea di portarlo al viso.
Ebbi la strana sensazione di non riconoscermi.C'era la solita fluente cascata di capelli castani,la cicatrice sotto il mento,gli occhi scuri e cupi ma...non ero più la persona che aveva assaltato quel municipio anche se non pensavo fosse così visibile.I segni delle mie disavventure,erano tutti lì, sparsi sul corpo,eppure...mi sentivo addosso una pelle diversa...quasi fosse meno mia.
Abbassai velocemente le mani e riposi l'oggetto al suo posto.Spalancai le imposte,tra le foglie soffiava un vento debole che le faceva danzare leggere.

"L'è pigliat p'ò mes' aust', sì?(Credi sia agosto?)" Morphea mi sorprese alle spalle.La fissai a lungo,avrei voluto spiegarle quella sensazione strana che mi si era attaccata addosso con improvvisa violenza ma evitai e destai lo sguardo.
"Che dici?una birra dopo sta prigionia ce la siamo meritata?" il mio tono probabilmente non fu dei più convincenti o forse mi tradì quello che ora era il mio nuovo volto.Mi fissò strana.
"Infilati la mantella..." le dissi scandendo bene ogni singola parola.

Stranamente mi ascoltò.
Le strade di Tortosa erano,come al solito,deserte.Arrivammo alla taverna municipale in poco tempo.
Morphea fece cenno al teverniere di versarci due birre.

"Che hai fatto agli occhi?quasi non sembri tu..."

Riconobbi subito quella voce e rimasi quasi incredula.

"Tab...che ci fai qui?" gli sorrisi.

Non ci vedevamo da quasi un anno.
Non ci fu neanche il tempo dei saluti di rito che la porta della taverna si spalancò di nuovo,lasciando intravedere una chioma bionda.
Bembe aveva appena fatto la sua entrata trionfale...

"Il giorno che ti tagli quel ciuffo e ritorni castano non sarà mai troppo tardi..." scoppiai in una fragorosa risata.

Mi si avvicinò subito.

"Non così vicino,che poi mi fa impressione..." le mie risate continuarono ad echeggiare.

...Udine...
Era la seconda volta che,quella mattina,mi era venuta in mente.
Per un momento,sembrò,anche se apparentemente, che ci fossimo catapultati in un passato fin troppo remoto.
A nessuno sembrava spiacesse...

"Mistic..." disse Bembe poco prima di congedarsi.
"Si?"
"è stato un piacere rivederti..."


Ammiccai in risposta e dopo poco mi congedai anche io.

La strada del ritorno sembrò più lunga dell'andata,ciò nonostante arrivai nella mia bianca prigione.
Il presente,durante la passeggiata,aveva intrapreso una partita contro il passato e giocando bene le sue carte, si era ripreso il posto che era suo di diritto.
Fui spinta,quasi incondizionatamente,a scrivere.Presi un pezzo di pergamena e una piuma con dell'inchiostro.



Sono viva!
A.D'A.


Scrissi il minimo indispensabile perchè sapevo già che me ne sarei amaramente pentita.Chiusi in fretta con della ceralacca e la consegnai alla padrona di casa.

"Deve arrivare a Ventimiglia,in Italia,e deve essere consegnata al Barone di Fano Adriano."


Nel momento stesso in cui stese la mano e la prese,me ne pentii.
_________________

16 Ottobre 1460
--Goyo
Locande, profumi di cibi per gente più esigente, mercanti viaggiatori, emissari governativi, sudditi o cittadini rispettabili.
Ma questi conoscevano Morphea, sicuramente non potevano trovarsi qui, e dopo averle viste tutte cambiai obiettivo.

Passai alle bettole, alla periferia della città, dove le famiglie più povere vivevano in mezzo al lercio dello sterco e del fango, perennemente zozzi e magri da far paura.

Vidi finalmente un gruppetto di persone, erano diverse da quelle del luogo, vestivano abiti più ricchi ma si comportavano come se fossero ubriachi... quindi i soldi per bere non mancavano.
Li seguii fino ad un vicolo scuro.
Parlottavano e di tanto in tanto ridevano, fischiando alle prostitute che passavano, erano molto più vecchie di quelle del centro, ma a loro non interessava affatto giacerci assieme, era più divertente far finta di subire quel fascino sfiorito dagli anni.

Uno di quegli uomini era completamente calvo, il più silenzioso, lo avevo già visto, non era difficile scordarsi di lui ma gli altri non avrei saputo descriverli e mi avvicinai meglio per sentirli parlare.
Mangiavano le frasi.

Ad un certo punto molti andarono via, e rimasero solamente i tre che avevo visto l'altra volta, quelli di Denia, il calvo e i due ragazzi biondi.

Compresi chiaramente solo un nome, i due si rivolsero al tizio pelato e lo chiamarono "Giubb"...
Trattenni quel nome fino a casa e lo scrissi su una pergamena.

Ancora nessuna notizia del ragazzo partito con la gallina e la missiva per Legio, iniziavo a preoccuparmi...
Il mio lavoro da cerusico stava diventando secondario a quello di informatore.

Mi avviai ancora una volta dalle italiane.
IlDiavolo, rappresentato da Ericcantona72















Quando sei morto ti puoi prendere un sacco di liberta' che da vivo non ti saresti mai sognato.











Il Diavolo lo guardava con occhi compassionevoli, ma anche profondamente divertito,
in fondo un tempo era stato suo fratello, o forse no,
guardalo ora.....ha l'elmo che sembra quello con cui Annibale perse a Zama, con un guanciale mezzo staccato e la mentoniera penzolante,
non ha piu un osso al posto giusto, gli occhi , sembrano l'unica cosa che respira ancora quando ti parla.....

...che pieta' mi ispira quell'uomo...quale caparbieta'....nel perseguire il nulla....

chissa' se si rende conto ............e a che prezzo......








Il Diavolo si sistemo' meglio ,disteso sui gradini del sagrato.
lo guardava da pochi metri arringare la folla come un venditore di liquori scaduti,
...folla poi.....c'erano 3 gatti a sentirlo, nello specifico , lo sciacallo , gigetto er matto e Betta 4 ducati,
era fissato con le tasse....povero cristo...
come potesse abolire la schiavitu del Popolo ... che IO ho imposto ... con un semplice provvedimento economico...
....quasi che potessi liberati dalle mie catene con uno sconto per comitive.........Povero scemo.









Un venditore di pesci gli chiese permesso mentre lui era intento a declamare i diritti sull'autodeterminazione del popolo.
quello vendeva pesce tassato del 7% , non chiedeva qualcuno che lo liberasse, chiedeva solo un po' di spazio per mettere le sue cassette,
lo sciacallo mostro i tre denti anteriori a forma di risata aperta
e gigetto approfitto' per allungare le mani su betti nel bel mezzo del flusso di gente che andava sciamando indifferente.
Il Diavolo batte' le mani, divertito ,sdraiato sul sagrato.



















Vi guardo tutti.

Ma adoro sgranocchiare sognatori.

Sono i piu teneri.

E sono gli unici che adoro , perche' hanno ancora l'abilita' di sorprendermi con la loro caparbieta' suicida da poveri Cristi sconfitti.











Grevius
"Avanti, come lama oscura su impetuose acque..."
Portai il boccale di birra alla bocca.

"... come navighi bene!... un legno così possente quali posti potrà mai raggiungere?"
Altra sorsata

"Perchè non rispondi? non puoi? non hai demoni marini all'interno della tua pancia?... Non sai parlare al mare?"

Sorrisi prendendomi gioco di lei, riuscivo ancora a rendermi conto della realtà tanto da mettere in fila molte frasi che si arrovellavano da giorni nella mente.
Tutto questo era assurdo, me ne rendevo conto, ma non avendo altro da fare ci provai ugualmente.

"Te lo dico io che posti puoi raggiungere tu!... Ventimiglia! Ecco i confini del tuo mondo, ma non quelli del mio!... Lo capisci? devo partire! devo riprendere il mio mondo!"
Ero arrivato a gridare, imprecando contro una nave inanimata, che forse così inanimata non era.

Ci sono leggende che appaiono solo all'uomo credulone, o a quello avventuriero.
Ci sono stelle che guidano gli audaci, nelle notti solitarie di nebbia in mezzo al mare, quando l'oscurità circonda tutto e rimangono solo i pensieri.
Ci sono i sogni di un folle, o le speranze di un minatore quando cerca una gemma più grossa nelle viscere della terra.
Ci sono io, che sogno cose mai sognate, vivo vite già vissute scoprendo che più non m'appartengono.

La soluzione è lì, davanti a me... ma non posso portarla da solo, non posso rischiare di precipitare in un abisso ancora più grande.




Arrivò all'improvviso un uomo, non lo avevo mai visto prima...

"Siete il Barone di Fano Adriano?"



annuii...



"Questa è per voi"
mi consegnò una pergamena non più grande di un dito...

Erano settimane che non ricevevo un messaggio.
Lo aprii con il cuore di chi teme il patibolo.





Sono viva!
A.D'A.


"Sono viva..." sussurrai.


Mi si annodò la gola e mi voltai, non volevo che l'uomo vedesse il mio animo.

Salii la banchina fino alla passerella che portava alla nave, entrai nella cabina del Capitano e scrissi sul retro di quella stessa pergamena.




Io poco.
Greg.



La riconsegnai all'uomo assieme a cinque ducati.

"Che rifaccia il viaggio a ritroso"

_________________
Morphea









Vaneggiai nello sproloquiare sulle galline per strada, dimenticando dove fossi.





Oooooh! ... Luppolo malvagio e crudele!
Tradita dalle birre!



Eqquante ne avrò potute mai bere?
Una? Seeee....ttettè? ... Ventordici?
Non di più! ...Ecchecavolo però... uffa!






Mi ritrovai imbavagliata in un vicolo di Tortosa una mattina di Febbraio, per l'esattezza il ventotto del mese passato, dello stesso medesimo anno di questo in corso.



Ma possibile che in questa città se si parla di galline si finisce in qualche guaio?



E allora, per protesta, me ne sono andata in Monastero per quattro giorni di fila... ma, anche lì, guai a parlare di galline!
Le cape di pezza, quando ho raccontato cosa mi fosse accaduto, dopo avermi buttato in una cella, mi hanno dato un abito bianco e dei paramenti sacri neri...


úselos! ( indossali )

Stupita di me stessa, nel vedermi in così castigato e niveo vestiario, rivolsi i palmi verso l'alto, inclinando leggermente la testa, in attesa di un miracolo - ma, sconsacrata com'ero nell'alitare ancora bevanda sì profana, l'unico evento che ne potè derivare fu un rutto a bocca larga che mi colse di sorpresa e.... soprattutto... si scagliò sul viso della madre badessa, che, di tutta risposta, ne rimandò uno schiaffo a man rovescio sulla guancia.

Pazienza! ... ogni peccato trova la sua espiazione nella penitenza corrispondente e... a me... era toccata quella...


Oooooh! ... Luppolo malvagio e crudele!











E anche.... maledette galline di questa Catalogna desolata e triste!














Morphea




Guardo tutto dal basso, tranne me stessa, che vedo dall'alto.




Nell'immaginario folle di pensieri controversi sono distesa a pancia all'aria ad interrogarmi su ciò che possano nascondere le monache sotto i loro abiti talari.





Dovrei angustiarmi sulla guerra civile che attanaglia questa regione o preoccuparmi delle strade impervie fuori città.
Nascondono armi e sentinelle di preludio ai sette eserciti tirati su per dividere fratelli della stessa terra e non per unirli; e tutto questo solo per la bramosia di un potere inutile che nulla è in grado di saziare se non il "sè" dell'essere umano e della propria impronta che, per quanto profonda possa essere, verrà cancellata dalla polvere del tempo... e trovo tutto questo molto più scordato e nefasto del mio corpo martoriato dalla morte. Così anche lo sfiorire delle mie carni sotto la spada, a confronto, diventa giubilo per la mia stessa anima, che a null'altro più si interessa se non della sottana della Superiora, che non avrà avuto più di qualche anno dei miei.


La ruga così marcata tra l'attaccatura del naso e il sopracciglio, e quella al lato sinistro della bocca, evidenziano che abbia riso molto più di quanto non abbia pianto, perchè le pieghe ai lati degli occhi e l'incavo su cui si poggiano non sono altrettanto teatrali.



La durezza del tono della voce con cui si rivolgeva alle novizie e l'espressione arcigna che le vestiva d'improvviso il volto, provocavano un certo turbamento nelle altre monache, che ne sembravano quasi intimorite...

Sarebbe stato molto facile credere che il suo atteggiamento fosse il segno dell'invidia per un tempo che per lei non sarebbe più tornato, per la loro giovane bellezza e per il fiore degli anni che rendeva vivo il loro sguardo; eppure - da come le tremava leggermente il labbro e per il modo in cui lasciava morire le braccia lungo la veste, fino ad intrecciare le dita delle mani davanti al ventre in segno di preghiera - ho avuto la fervida sensazione che, piuttosto, avesse la consapevolezza di essere impotente davanti al corso di destini già segnati e scelti da altri, e che, poi, lo trasformasse in quell'austera forma che doveva necessariamente celare il suo animo irrequieto ed imprigionato in una vita che, a sua volta, aveva dovuto subire quando prese i voti.






La seconda notte che ho trascorso lì, è stata lo scenario indiscreto di qualcosa di straordinario e, al contempo, dissoluto, per cui oggi sono distesa di schiena e cerco di comprendere cosa nasconda quel mondo di nero vestito.


Sotto la volta a botte faceva eco un pianto proveniente da una delle ultime celle infondo al corridoio. Diventava più greve ogni qual volta una porta si apriva, dopo un via vai di passi svelti, e si leniva alla sua chiusura. Quando, a distanza di ore, quel lamento è diventato straziante, ho aperto di poco la mia anta per vedere cosa stesse succedendo.

Due monache anziane trasportavano una bacinella ricolma d'acqua, mentre una più giovane della biancheria pulita. Quando loro entravano, altre due ne uscivano con la bacinella vuota e della biancheria sporca di sangue.

E' stato strano per me, mi ha fatto impressione e non me ne spiegavo il perchè.





D'un tratto quella litania angosciante s'è interrotta.






A distanza di poco un vagito corrompeva quelle mura così claustrali.












Rebraist
"Va e portalo, consegnalo ovunque debba arrivare."
Consegnò una borsa di monete ed una lettera al corriere e continuò:
"Le sue imprese parleranno per lei e, prima o poi, esse ti condurranno a dove ella è!"
Il corriere si congedò ed Elric richiuse la porta alle sue spalle.
Si accostò alla finestra che affacciava sulla verde vallata in quel giorno di tardo inverno del 1460.
Quella sera stessa sarebbe tornato a Gaeta al Castello dell'Ordine, ma aveva mandato una lettera a quella che reputava un'amica.
Ripensava ora alle parole contenute nella lettera.


Sessa Aurunca 3 marzo 1460,
A Dama Morphea,
Carissima sorella in Aristotele, è tanto che non Vi vedo nè Vi sento.
Ho sentito il bisogno di scriverVi, perchè finalmente ciò che attendevo da tanto tempo si sta compiendo.
Ricorderete dai miei trascorsi burrascosi in Udine, che appartengo all'Ordine Teutonico.
Negli ultimi anni io e i miei confratelli abbiamo inseguito il sogno di poter essere annoverati un giorno nelle file della Chiesa.
E, oggi, come un sogno, questo si sta avverando.
Non per nostro merito, siamo stati inseriti nel novero delle Sante Armate con i fratelli Teutonici tedeschi, francesi ed olandesi, entrando così nell'enorme famiglia teutonica internazionale.
Tra pochi giorni in Gaeta, che è la nostra (chiamiamola) capitale, avverrà la consacrazione della Cappella a noi affidata, per tramite del Vescovo Goa che ben conoscete dai tempi di Udine.
Sarà dedicata a San Martino, un cavaliere generoso e caritatevole che ben rappresenta i nostri ideali.
Vi reputo un'amica e più di un'amica. E vi avrei voluta qui con noi a festeggiare quest'evento. Non credo sia mai passata inosservata la mia ammirazione per voi ma, se oggi ve lo confesso è perchè vi so lontana con i vostri amici in paesi che parlano un'altra lingua.
Sto sempre più pensando a prendere i voti diaconali e, se Dio mi consiglia, a breve farò domanda.
Spero siate felice e che Aristotele benedica Voi e i Vostri cari.
Vostro, Elric Elbrechtsson Vasa.

Lo sguardo fisso sul corriere che, in lontananza spingeva il cavallo in corsa, era sicuro che il nome della destinataria e le sue imprese non sarebbero passate inosservate.
_________________
Legio









44 54N 00 55E











" ....Te gusta este jardin ?...Que es sujo....evite que sus hijos los destrujan....."











Il diavolo gli sellava il cavallo accanto.

" ... Hai finito di vendere vasi di coccio alla cittadinanza?"
gli disse alla fine questi a mezzabocca cercando di trattenere la risata.


" Cazzu....fattela uscire una risata eh......."
prosegui imperterrito visto che Legio restava in silenzio.



" Ho capito....sei di malumore perche il popolo non ti da' retta....AHAHAhahahahahaaaaaaa..........."










"......Scusa......è stato piu forte di me..."














Nella testa di Legio mentre stringeva le cinghe sotto la pancia della bestia
si era insediato da poco un circo di zingari con i mangiafuoco ,
gli orsi ballerini, i venditori di pozioni miracolose , un trapezista nano e due elefanti acrobati.


Legio guardo' il diavolo con un occhio semichiuso e la mentoniera penzolante ....



" Te gusta este jardin ?......allora leggi qui'...."
gli sussurro' ubriaco,
e cosi dicendo gli allungo' un foglio spiegazzato e bisunto che teneva nella sacca.






"....Mmmmm..."

" ....Hahahaha...una bella accoglienza.........che si fa' , si levano le tende immediatamente.....o subito ? ...."






Finito di stringere i finimenti i due montarono a cavallo.







" Mai voluto bene a qualcosa in vita tua ?"
gli sputo' addosso Legio poco prima di partire....



" No... mai ..............perche' tu si ?"......

















" No .....dicevo cosi' per dire."













_________________
Mistic


Io poco.
Greg.



Lessi quelle due parole più e più volte,cercando di contare,da uno a dieci,tra una lettura ed un'altra.Risultato?
Mi vennero in mente solo più insulti ed imprecazioni!

"Señorita Mistic hay otra carta para ti!" mi disse la padrona della mia prigione.
"Otra?"
"Otra para ti y dos para la señora Morfea"


"Per pietà divina..." pensai "...una non è sufficiente?"

"Dame..." le risposi porgendole la mano libera.

Poggiai quelle di Morphea sul tavolo poi aprii quella destinata a me,avendo già riposto,ogni minima speranza,di buone notizie,nel cassetto accanto al mio giaciglio.
Riconobbi la scrittura anche se,era evidente che,era stata scritta in fretta e con mano tremante.





Se stai leggendo questa missiva vuol dire che io non ci sono più......
.......................................


Non continuai a leggere,feci scorrere direttamente gli occhi alla firma e questi,iniziarono ad annebbiarsi quando riconobbero quella di Parzek.
Ebbi la sensazione che mi si lacerassero le carni.Iniziai a controllare le varie ferite...nessuna si era riaperta eppure...


Nero...stavolta tutto il bianco era diventato completamente nero!
Le pareti...il paesaggio...le lenzuola...
Intorno a me era tutto nero...


Ero passata dalla prigione all'oblio...
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16 Ottobre 1460
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