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Le Giornate di Modena

Tergesteo
Il Folle non era cieco ma tuttavia teneva gli occhi chiusi.
Se è vero che il coraggio è guardare , ora preferiva restare nella più completa oscurità.

Una brezza gentile gli scivolava lungo il viso.
Inaspettata dapprima.
Poi insistente.
Lo costrinse ad aprire ancora gli occhi.

Le palpebre socchiuse gli rimandarono immagini anelate ma tuttavia assolutamente impreviste.
Dinanzi a lui, seduta sul bordo del pagliericcio sudicio, stava seduta la Sorella di Morte, poggiata su un braccio a scrutarlo come non l'avesse visto mai.

Tergesteo sembrava quasi contrariato da quella apparizione.
Ella non era più.
Aveva lottato furibondo con i propri ricordi per rimettere un poco d'ordine nel suo spirito devastato e ora una immagine surreale che avrebbe potuto parimenti provenire dagli Inferi come dal più cristallino dei paradisi gli si stagliava davanti.

Non era abituato a vivere la follia come ricordo ma come orrore.
La novità non gli piacque.
L'orrore è tempesta che scuote acque tranquille, il ricordo una piccola goccia che scava anche il marmo più duro e lo consuma.

Prima che potesse emettere solo un suono, quella visione gli poggiò due dita sulle labbra.
Non era più tempo di parole.
Lei lo scrutava con sguardo severo.
Sembrava chiedergli :”
che cosa è successo al guerriero? È ridiventato un uomo pavido?”

Tergesteo intui' il senso di quello sguardo.
Che inverò lo ferì non poco.
Chiuse gli occhi , reazione scontata e necessaria.

Fu la mano di lei che gli si posò sul viso a ricostringerlo a guardare.
Era l'ultimo atto.
Stavoltà la labbra si poggiarono delicatamente.
Il bacio della morte.
Leggero, etereo, rapidissimo.

Tergesteo alzò la mano con la cicatrice : attendeva che la sorella la ricongiungesse alla sua.
Questo gli era dovuto.
Questo gli era maledettamente dovuto.

Assaporò il contatto della mano di lei.
Ma non ne percepì altro se non la pelle liscia.
Nessuna cicatrice.

Tergesteo respirò a fondo come fosse stato colpito.
Nessuna cicatrice.
Nessuna promessa.
Nessuna speranza.
La fine.

Era tempo di lasciare che Dani andasse.
Più nulla da dire più nulla da tentare.
Scrivere unicamente la parola fine e sostenere l'urto dei ricordi e del rimorso.

Era tempo.
Il Folle richiuse gli occhi.

Qunado gli riaprì era mattina, luce intorno.
Accanto al letto un inserviente.

“Stanotte deliravi, milanese … tendevi la mano verso il nulla e ti agitavi nel sonno...”
“Capisco..ma ora mi sento … meglio.. si meglio.”


Tergesteo ricompose a fatica un pensiero logico.
Certo un sogno.
Ma se di sogno si era trattato , aveva sortito lo stesso effetto di un coltello rovente nella carni.
Si chiese se non avesse sognato sin da quel bivacco a Milano.
Se nulla fosse accaduto.
Se le parole dette e le parole scambiate non fossero uno splendido sogno o un incubo atroce.

Proveniva dalla piazza una nenia cantata da voce femminile.
Ipnotica.


“Gli angeli vennero a cercarla
La trovarono al mio fianco,
lì dove le sue ali l'avevano guidata.
Gli angeli vennero per portarla via.”

“Aveva lasciato la loro casa,
il loro giorno più chiaro
ed era venuta ad abitare presso di me.
Mi strinse a sé perché
ebbe pietà della follia.”

“Gli angeli vennero dall'alto
e la portarono via da me.
Se la portarono via per sempre
tra le ali luminose.
É vero che era la loro sorella
e così vicina alla notte come loro.”

“Ma mi strinse a sè perché
il mio cuore non aveva una sorella.
Se la portarono via,
ed è tutto quel che accadde.”


Era una nenia dolce a sentirsi ma a Tergesteo fece l'effetto dell'assenzio.
Si mise la testa tra le mani e pianse.
Aveva cento anni di dolore da sublimare e capì fino dalla prima goccia che le lacrime non sarebbero bastate a giustificare quello che era stato.
E a richiamare quello che non sarebbe stato mai più.

Avrebbe dato la vita per poter sentire la pioggia graffiargli la pelle ...
pnj
“ E' ora … alzatevi, Milady”
Un ordine secco ringhiato nel buio di una cella ed ecco che gli ultimi giri di clessidra cominciano.

E’ un alba luminosa.
Il sole del primo mattino illumina a metà il cortile dell'antico convento che è stato adibito ad ospedale e a galera.
Nella fantasia di lei questo luogo trascende la prigione, nessuno le toglierà i barlumi di felicità e di abbandono che ha speso tra queste mura, ma ora … ora è tempo di andare.
Quanto tempo era passato da quando Danitheripper Epelfing era stata portata in cella di isolamento?
Difficile dirlo.

Si alza, sistema la divisa da soldato dell’Esercito Milanese, gentile concessione di Marcolando che ha esaudito la sua unica richiesta, quella di morire com’è vissuta, da soldato, anche se soldato non è più, anche se ha infranto il giuramento.
Ma così sente addosso l’abbraccio dei suoi amici e della sua famiglia … è sempre stata solo quello un guerriero e da guerriero vuole salutare la vita.


S'incammina innanzi al drappello che la condurrà al patibolo.
Sempre innanzi.
Mai al fianco di sgherri d'un potere che adora farsi passare per candido, mai di seguito a chi è solito obbedire.
Ma sempre innanzi.


Il piccolo drappello avanza nei corridoi deserti.
Rammenti, Duchessa, quando in un'alba di vittoria i tuoi uomini irruppero nel castello nemico e correndo con spada in pugno nelle stanze e nei corridoi fecero tremare un ducato intero?
Rammenti?
Ora invece corridoi deserti dove risuonano solo passi.
Hanno avuto cura di non farti incrociare nessuno, né vincitori né vinti.
Perché la vergogna uccide lentamente.


Entrano nel cortile.
Il sole è ancora timido ma gentile ti illumina il viso.
Un tamburo s'aggrega al drappello che si dirige al patibolo.
Colpi funerei vengono vibrati a scandire i passi di chi si incammina verso la fine.
Rintocchi funerei.
Rammenti, Duchessa, quando sul tamburo si picchiava con forza e veemenza per ordinare le schiere, quando poi le bandiere e gli stendardi si abbandonavano alla carica, quando assieme ai tuoi compagni combattevi nell'esercito.?
Rammenti, Duchessa?


La piccola comitiva avanza nel cortile.
Il tamburo risuona ad avvertire ad ogni colpo: “E'ora! E' qui! E' ora!”
Sguardi timidi si affacciano alle finestre che danno sul cortile.
Rammenti, Duchessa, d'un esercito dalle mostrine di oro e sangue, di Ananke, dell'ineluttabile?
Rammenti di quella strana compagine che tanto ti diede e tanto ti tolse?
Rammenti?


Il drappello si ferma ai piedi del patibolo.
Un ufficiale dei gendarmi, un prete ed un boia ti attendono.
Dama Eplefing sale sul palchetto improvvisato, dove penzola una corda illuminata dal sole che nasce.
Un prete, un boia e un gendarme.
Forse la ragion di stato è tutta qua.
Sorridi al prete, paga il gendarme e autorizza il boia:eccola la ragion di stato.

“Danitheripper Epelfing, in nome del Ducato di Modena ed in rappresentanza della Duchessa e del legittimo consiglio siete stata riconosciuta colpevole del reato di ribellione e punita con la pena di morte per impiccagione come si addice ai traditori. Possa Aristotele avere pietà della vostra anima”
Il gendarme annuncia la sentenza mentre il boia sistema la corda al collo della dama.

Rammenti, Duchessa? Rammenti quando ti chiamarono traditrice perché assieme ai tuoi compagni e amici e fratelli decidesti di ridare dignità ad una terra ingrata, la stessa che in parte gioì nel saperti condannata?Rammenti?

Si avvicina il prete.
Vorrebbe iniziare le orazioni funebri ma Dama Epelfing ha altri programmi ed infrange il silenzio che si è imposta.

“Amico, risparmiatemi i vostri sermoni … sono stata prossima alla morte ed ho visto tutto fuorché quello che tu chiami Aristotele … non sono battezzata, per mia esplicita volontà, non sprecate parole per me, pregate per i vostri profeti piuttosto, perché non m’incontrino! Non ho un’anima e se l’avessi non apparterrebbe di certo a Voi!”.
Il prete trattiene a malapena un improperio poco elegante nella bocca di un uomo di chiesa e allontanandosi sussurra al boia di farla finita e subito.
Strano come la pietà possa lasciar posto ad una subita ira.

Col cappio al collo, Danitheripper volge lo sguardo intorno.
Da qualche parte, da qualche finestra, sia William che Tergesteo osservano la scena.
Con lo stesso stato d'animo.
Due uomini diversi, accomunati dallo stesso destino e, forse, da qualcosa di più.
Chissà se dietro a quelle finestre, nascosto, osserva l’artefice di quella sentenza.

Il sole ormai s'è levato e colpisce gli occhi di lei, sì da farli chiudere quasi completamente, nonostante lo sforzo per tenerli aperti.
Il coraggio è guardare …
Solo una lama luminosa … null’altro si offre al suo sguardo ferito.

Non s'avvede del boia che fa scattare il meccanismo della botola.
Un momento.

Il corpo di Danitheripper piomba verso il suolo, sembra poter toccare terra quando la corda si tende.
Un sussulto. Le gambe si scuotono, il collo cede scricchiolando.
E poi più nulla.
Solo una splendida bambolina dai capelli color del grano appesa inerte ad un cappio vile come chi lo preparò.

Rammentate.

La morte accoglie benigna la fedele figlia.
Sovente i condannati scalciano e si contorcono e perdono il controllo delle visceri.
Ma la morte stavolta prende dolcemente in grembo la propria creatura.

Se ne andò cosi.

Il corpo viene deposto. Il capo reclinato dal collo spezzato si piega come la corolla d'un fiore.
Caricano il corpo su d'un carro e lo recano fuori dal cortile.
Fuori anche dalla città, nella fossa in cui riposano le spoglie di chi non ha né nome né patria.

La gente si allontana dalle finestre del cortile: lo spettacolo è terminato.
In pochi rimangono a guardare.
Uno solo alza lo sguardo.
Poco lontano un gruppo di corvi volteggia attorno ad una rondine che difende il nido.
L'aggressione si rivela un successo e la bestiola precipita al suolo.
Quegli occhi solitari e sgomenti non la vedranno più rialzarsi in volo.

Quella rondine che era stata ferita , ma che il cuore di quell'uomo sa non essere morta ma soltanto smarrita.
Tergesteo
Tergesteo dimorava da giorni nel suo giaciglio.
Giocoforza si faceva compagno della solitudine.
Ella che gli fu amica tradita ora veniva nuovamente invocata dal Folle e chiamata a rinnovata pietà.
C'era da ricostruire un intimo rapporto , lacerato dagli eventi.

Il rumore e lo strepito sono nemici del solo.

Quattro guardie entrarono nella stanza, ridacchiando.
Si fermarono in fronte a Tergesteo.
Che fosse giunto il momento?
Che gli facessero la grazia di raggiungerla?
Attese.

“Il Giudice t'ha graziato, milanese … quando ti sarai rimesso hai dieci giorni per lasciare Modena … T'è andata di lusso ...siamo venuti a verificare le tue condizioni e comunicarle a Sua Eccellenza il Prefetto.”

Tergesteo tacque.
Se per la vergogna o per il disappunto non sapeva spiegarsi.
Vivo.
O forse morto nell'animo?
Graziato.
Oppure condannato al rimorso più nero.
Danitheripper gli aveva salvato nuovamente la vita e stavolta non aveva potuto nemmeno rivolgerle una parola.
Erano stati scaltri.
Non esisteva probabilmente condanna più crudele di sopravvivere ai propri affetti.
E Tergesteo ne assaporava l'amaro sapore.


Le guardie ridacchiavano e parlottavano, allontanandosi.

Tergesteo stava a capo chinò quando , da un oscuro recesso della mente affiorarono dei versi.
Lontani e sepolti , egli li udì tempo addietro , senza peraltro capirne fino in fondo la reale potenza.
Ma ora , finzione non era. Non era teatro. Era là, davanti a quegli uomini.
Se pazzo era da pazzo si sarebbe comportato.
A lei sarebbe piaciuto.
Era solo per lei.


“ Amici, Romani, compatrioti, prestatemi orecchio ….”

Le guardie si bloccarono e si voltarono : si scambiarono qualche sguardo di intesa e si fermarono a vedere dove il pazzoide andasse a parare ….

“Io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo.
Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia di Cesare.
Il nobile Bruto v’ha detto che Cesare era ambizioso: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Cesare ne ha pagato il fio.
Qui, col permesso di Bruto e degli altri – ché Bruto è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Cesare. Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me: ma Bruto dice che fu ambizioso;
e Bruto è uomo d’onore.”


“Non parlo, no, per smentire ciò che Bruto disse, ma qui io sono per dire ciò che io so.
Tutti lo amaste una volta, né senza ragione: qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra gli animali bruti e gli uomini hanno perduto la ragione.
Scusatemi; il mio cuore giace là nella bara con Cesare e debbo tacere sinché non ritorni a me”


Tergesteo si alzò. Sembrava che le parole sgorgassero da sole.


“Pur ieri la parola di Cesare avrebbe potuto opporsi al mondo intero: ora egli giace là, e non v’è alcuno, per quanto basso, che gli renda onore.
O signori, se io fossi disposto ad eccitarvi il cuore e la mente alla ribellione ed al furore, farei un torto a Bruto e un torto a Cassio, i quali, lo sapete tutti, sono uomini d’onore: e non voglio far loro torto: preferisco piuttosto far torto al defunto, far torto a me stesso e a voi, che far torto a sì onorata gente...”


Tergesteo guardava l'improvvisato pubblico.
Camminava per la stanza, senza curarsi che ormai i risolini di scherno avevano lasciato il posto a sguardi attenti.


“ Se avete lacrime, preparatevi a spargerle adesso.
Tutti conoscete questo mantello: io ricordo la prima volta che Cesare lo indossò; era una serata estiva, nella sua tenda, il giorno in cui sconfisse i Nervii: guardate, qui il pugnale di Cassio l’ha trapassato: mirate lo strappo che Casca nel suo odio vi ha fatto: attraverso questo il ben amato Bruto l’ha trafitto; e quando tirò fuori il maledetto acciaio, guardate come il sangue di Cesare lo seguì.


Questo fu il più crudele colpo di tutti, perché quando il nobile Cesare lo vide che feriva, l’ingratitudine, più forte delle braccia dei traditori, completamente lo sopraffece: allora si spezzò il suo gran cuore; e, nascondendo il volto nel mantello il gran Cesare cadde.

Oh, qual caduta fu quella, miei compatrioti! Allora io e voi, e tutti noi cademmo, mentre il sanguinoso tradimento trionfava sopra di noi. Oh, ora voi piangete; e, m’accorgo, voi sentite il morso della pietà: queste son generose gocce. Anime gentili, come? piangete quando non vedete ferita che la veste di Cesare? Guardate qui, eccolo lui stesso, straziato, come vedete, dai traditori. “

Tergesteo continuò a fingere, continuava a recitare giacchè la realtà è ben più crudele della finzione.
E non si può fingere per sempre.
Qualche lacrima, non vista, scese sulle gote scarne dalla lunga degenza.


“ Buoni amici, dolci amici, che io non vi sproni a così subitanea ondata di ribellione.
Coloro che han commesso questa azione sono uomini d’onore; quali private cause di rancore essi abbiano, ahimè, io ignoro, che li hanno indotti a commetterla; essi sono saggi ed uomini d’onore, e, senza dubbio, con ragioni vi risponderanno.
Non vengo, amici, a rapirvi il cuore.
Non sono un oratore com’è Bruto;
bensì, quale tutti mi conoscete, un uomo semplice e franco, che ama il suo amico; e ciò ben sanno coloro che mi han dato il permesso di parlare in pubblico di lui: perché io non ho né l’ingegno, ne la facondia, né l’abilità, né il gesto, né l’accento, né la potenza di parola per scaldare il sangue degli uomini: io non parlo che alla buona; vi dico ciò che voi stessi sapete; vi mostro le ferite del dolce Cesare, povere, povere bocche mute, e chiedo loro di parlare per me: ma se io fossi Bruto, e Bruto Antonio, allora vi sarebbe un Antonio che sommoverebbe gli animi vostri e porrebbe una lingua in ogni ferita di Cesare, così da spingere le pietre di Roma a insorgere e ribellarsi.”


La commedia era finita , ma la tragedia continuava.


Il Folle si rivolse all'improvvisato pubblico.
“Ve ne prego Chiedete al prefetto il permesso di portare con me i resti della mia Duchessa quando dovrò partire … consideratelo il prezzo dello spettacolo...”
Le guardie si guardarono l'un l'altro.
Il comandante assenti' con la testa e ordinò di allontanarsi.

Mancava di recitare l'ultimo atto.
Arabell
Eran passati diversi giorni dal loro arrivo in città. Alloggiarono presso una locanda di proprietà de IlBavone, persona meravigliosa, che li aiutò il più possibile nel loro difficile compito ed incontrarono cittadini molto cordiali e gentili che compresero le motivazione che spinsero Arabell ad addentrarsi in terra nemica e mai una volta le fecero pesare la sua appartenenza all'esercito milanese...Bastava evitar l'argomento..ed al gruppo questo fece molto piacere..era da tempo che non passavan serate in locanda in serenità ed allegria.
Una sere di queste, mentre i vari avventori si gustavan una buona birra e parlavan delle prossime elezioni del paese, Arabell capì che non poteva più rimandare una visita, il tempo concessole per restare in città stava per scadere.
Uscì dalla locanda nel buio della sera indossando un lungo mantello.. e coprendosi il capo, si incamminò verso la piazza del paese. Poche persone giravan a quell'ora nelle vie, qualche metro prima della piazza girò in una di queste che la condusse d'inanzi ad un portone in ferro, ingresso di un palazzo scuro e tetro. Poche finestre dotate di spesse inferiate ne adornavan la facciata e qualche fiaccola ne rendevan l'aspetto ancora più lugubre.
Davanti al portone Arabell incontrò due guardie con le quali conferì sotto voce. Bastaron poche parole ed una piccola sacca tintinnante perchè le porte le fossero aperte. Una guardia entrò con lei e salì per delle scale, lasciandola in attesa nell'androne.
Tornò poco dopo con un soldato che le fece cenno di seguirla.
Si incamminarono verso un corridoio laterale e scesero lungo delle scale buie e umide..Arabell sentiva il freddo entrarle nelle ossa, ma non sapeva se era dovuto solo al luogo o alle sensazioni che le trasmetteva. Pensava solamente a giorni addietro, quando una persona aveva percorso quella stessa via e cercava invano, attraveso il contatto della mano con le pareti gelide e viscide, di percepirla in qualche modo e di sentirla cosi vicino a lei.
Arrivarono infine presso un atrio che conduceva in un labirinto di passaggi in cui si trovavan le celle dei detenuti. Ne percorsero alcuni fermandosi di fronte ad una porta in legno scuro, dietro la quale, sembrava non giunger suono alcuno.
La guardia girò la chiave ed aprì..Ci sono visite..svegliati...si voltò verso la dama e disse.. solo pochi minuti aspetterò poco più in là..niente scherzi!
Un cenno del capo di Arabell e la guardia se ne andò.
Senti un brontolio provenire dal buio..prese una torcia dal corridoi, fece un respiro profondo ed entrò.
Sollevò il cappuccio che le copriva il capo ed illuminando l'interno della cella disse ... Buona sera Messer Tergesteo...
Tergesteo
La torcia danzava, rimandando ombre che si rincorrevano come spiriti.
Dentro quella stanza c'era odore di morte lenta, di ferite, di incubi.
Era la fine della notte.
Tergesteo si sollevò, mettendosi seduto sul pagliericcio.

La luce della fiamma gli illuminava parte del viso ma si distingueva chiaramente come stesse fissando il nuovo arrivato.

"Non credo di avere il piacere di conoscervi ..."
Una voce femminile rispose "Sono Arabell Epelfing ..."
"Epelfing ..."
"Si Tergesteo sono ..."

Il Folle la interruppe.
Il solo pronunciare quel nome era fonte di dolore.
Il Folle si passava lentamente la mano sul viso.

"Di dov'è ?"
"Piacenza"
"Capisco"
"E cosa ci fa a Mirandola?"
"Sono arrivata con mia sorella Magic per ... accompagnare ... nell'ultimo viaggio ... Dani "
rispose la dama scegliendo con cura le parole.
"E il viaggio prevede una sosta nella mia cella nel cuore della notte?"
La risposta brusca fece scendere il silenzio.
"Cosa pensavate di trovare , qui, ora?"
Silenzio.
"Vedete però cosa avete di fronte ... "
La voce del Folle si addolcì.
"Chiedete quanto avete da chiedere, mia signora ... giacchè poi toccherà a me farvi una richiesta ..."
Arabell
“Quante domande ponete Messer..Secondo voi cosa mi ha portato qua?”
mentre pronunciava quelle parole Arabell sistemò la fiaccola sul muro della stanza rimanendovi poi accanto..
“Posso immaginar che siate qui per seppellire vostra sorella..ma quello che non capisco è il perché di questa visita.”
“Il legame tra voi e Dani era forte, forse questo mi ha spinto a conoscervi”


Il pazzo si passò una mano sul volto e parlò a fatica : sembrava che ogni parola lo spingesse verso un abisso doloroso.

“Il legame è ancora forte..e sarà quello che mi trascinerà alla tomba..finalmente…
Tuttavia non è di me che dobbiam parlare. Madonna Arabell porterete con voi….Dani?”


Pronunciare quel nome gli costò fatica. Molta fatica.
La donna comprese e proseguì, scegliendo con cura le parole.
Non potè esimersi però dall'osservare Tergesteo con occhio dubbioso.

“Si. E’mia intenzione riportarla a casa…Non ho potuto dirle addio, vorrei far almeno questo.”

“Lo comprendo..la porterete a Piacenza?”

“In quel luogo siamo cresciute insieme, vicino al lago sorge la dimora della nostra famiglia, immagino siate a conoscenza di ciò.”

“Si, sapevo del legame di Dani nei vostri confronti ed in quello di tutti gli Epelfing..ora però, mia signora, ascoltatemi…sappiate che per quanto mi riguarda chiedere è una forma di grave debolezza.
I bisognosi chiedono i liberi no. Ma ora..come vedete non sono che un prigioniero..e non mi riferisco a queste quattro mura ma esclusivamente a me stesso..e da prigioniero di quanto è stato chiedo, a voi e a tutti gli Epelfing, di poter portare quanto resta della mia duchessa a Fornovo.
...e di seppellirla con le mie mani..”


Arabell fece un respiro profondo prima di rispondere.
Il dubbio era realtà.
Una realtà tutt'altro che prevista.
Ma non era tempo di farsi prendere dalla compassione e di assentire forzatamente.

"La vostra richiesta è comprensibile ma.. dubito di potervela accordare…per un unica ragione..
Non siete il Pazzo di cui tanto ho sentito parlare, non riconosco l'uomo che ha accompagnato mia sorella in mille ed una avventura.
Siete l'ombra di voi stesso e non voglio che un ombra seppellisca colei che brillava di luce propria illuminando chiunque le stessa accanto.”


Il folle si avvicino di un poco alla luce.
La torcia ora gli illuminava la parte superiore del volto, benché il buio di due occhi insani inghiottisse la luce emessa.
”E allora donna guarda in questi occhi..cosa vedi? Dimmi?”

Ricambiò lo sguardo con un po’ di timore..ma la sua voce risultò limpida.. ”Forse..occhi che non guardano..”

“Certo hai ragione..erano occhi di un cieco..ma chiediti cosa hanno visto! Ho visto un volto a te familiare immerso nel sangue..ho visto una corda spezzarle il collo..e quello che mi fa più male..è che l’ho vista piangere e ora..ora tu mi dici che non guardo…
No Arabell io non voglio guardare..non ancora…”


“Non ancora dici..mi è permesso sapere fino a quando?”

“ Fino a quando i miei occhi non vedranno un volto esangue ricoperto da terra pietosa..allora..potrò guardare di nuovo..ma fino ad allora..”

La voce di Arabell si fece dura. Vi si leggeva la delusione e lo sdegno per la caricatura che gli si parava innanzi.
“Credete forse che il solo guardarla vi farà dimenticare ciò che avete visto’ Che basterà così poco? Lo credete davvero?..Tergesteo vi avviso..ciò che dite mi convince ancor di più a non acconsentire alla vostra richiesta.”

“Voi non avete compreso..come potrei cancellare ciò che è stato?..Non sarebbe possibile..ma d’altronde non mi aspetto che capiate..
Fate allora quanto credete giusto dama Arabell..se siete convinta di fare quanto è meglio per la mia ex duchessa, fatelo..ma vi chiedo : l’avete vista..andare..voi?”


Si sarebbe aspettata che il Folle cominciasse a piagnucolare.
La domanda che venne posta invece sembrava sgorgare con forza.
Era una domanda dalla risposta semplice eppure formulata da quell'uomo aveva un significato differente.
Sembrava volesse chiedere a se stesso perché il Fato gli avesse riservato questo trattamento.

“Sapete bene che non mi è stato possibile..e che ci crediate o meno avrei voluto.
Forse il dolore sarebbe stato ancora più terribile di quanto non sia..ma almeno..avrei passato gli ultimi istanti con lei..non vi rendete conto della fortuna che vi è stata concessa..vederla in quel momento era forse l’unica possibilità che avevo per poterle dire addio e lasciarla così andare..”


“Lo so ... so che Will ed io siamo stati fortunati ... ma vi assicuro, dama Arabell, che il dolore vi avrebbe ucciso ....come sta uccidendo me , lentamente e senza pietà... la fortuna, come la chiamate voi, è anche una dannazione ...
... non vi chiedo una tomba dove piangere .. vi chiedo...di poterla vedere ancora una volta... Fornovo era ormai la sua casa ... da quel colle io la vidi partire la prima volta che ci separammo ... da li vorrei vederla anche per l'ultima..”


Arabell si avvicinò alla piccola finestra che poca luce portava dentro a quel che le sembrava un oblio piuttosto che una cella…pensò in silenzio per un po’… ”Solo un ultima domanda..dopo che sarà di voi?”

“Vivrò come sono vissuto ... con una spada nella mano e una cicatrice sull'altra ... e attenderò che la Madre Pietosa venga a portarmi da vostra ..da nostra Sorella ...”

Silenzio..

“E sia….potrete portare Dani a con voi. Ma..due sono le condizioni che vi chiedo in cambio di ciò"

“Dite”

L’ennesima lacrima solcò il viso di Arabell… " Porterò la divisa di Dani a Piacenza..li è diventata soldato li deve tornar come tale …
Voi porterete il suo corpo a Fornovo…ma nel luogo che più giudicherete idoneo ne celebrerete una semplice funzione e darete fuoco alle sue spoglie in modo che finalmente sia libera come il vento..”


Tergesteo chiuse gli occhi e pensò ... aggrottando le ciglia…
” Vostra sorella non avrebbe voluto funerali solenni ... sarà soltanto un semplice saluto... e quanto alle vostre condizioni ... giudicate voi stessa : vi chiedo di essere presente, quando questo avverrà. Voi e Magic Eagle, che so essere molto legata a Dani ...”

"Vi ringrazio…..ma ancora non vi ho detto la seconda condizione..Considero lasciarvi mia sorella in parte un onore…anche se conosco il legame che vi univa …motivo per cui vi considero in debito nei miei riguardi ed in quelli di mia sorella Magic..e se un giorno..forse non lontano…lo riterrò necessario vi chiederò di saldar questo debito.”

“Aspetterò quel momento, dama Epelfing ... di qualunque cosa si tratti... qualunque cosa!”

Arabell si voltà verso di lui..

"Per quel momento non accetterò un’ ombra di voi stesso…sappiatelo"

“Lo rammenterò , dama Epelfing ... state pur certa che non vi troverete davanti un prigioniero ... non più..”

" Sarò ben lieta allora di potervi conoscer nuovamente……
E' deciso..avviserò Magic di ciò che ci siam detti…
Ripartiremo per Parma domani….ci rivedremo quando la vostra liberazione avrà luogo"


“E sia..dama Epelfing ... vi dico ancora una parola da prigioniero…grazie..da uomo libero suonerà diversa...decisamente diversa.”

"La ascolterò di buon grado.. a presto messer Tergesteo..vi auguro che il tempo che ancora dovrete trascorrere qui vi sia di aiuto più di quanto gli abbiate permesso fin ora"
Arabell riprese in mano la torcia..

“Avvicinatevi, per cortesia Dama Arabell ... vorrei dirvi una cosa..”

La donna non si mosse ma fu il Folle a levarsi e ad avvicinarsi.
Egli teneva il capo chino e gli occhi socchiusi, come se incrociare lo sguardo con quella donna avesse potuto ucciderla.
O ucciderlo.

Tergesteo avvicinò la testa a quella di Arabell e fronte contro fronte disse, quasi con sussurro:
“Se si sopravvive alla tempesta, si impara anche a danzare nella pioggia ... ricordatevelo...ma lo sentirete ancora, un giorno..Buon viaggio Dama Arabell”

Non vi fu altro da aggiungere..Arabell uscì dalla cella e si fece riaccompagnare verso l’ingresso.
Restava solo un prigioniero nell'oscurità.
Ma ora si sarebbe avuta la sensazione che i suoi occhi scintillassero nel buio, come una spada sguainata in una notte modenese.
Tergesteo
Il medico entrò in quella che da corsia di ospedale era diventata cella.
Lentamente infatti gli altri feriti se ne erano andati.
Qualcuno anche con le sue gambe.
Rstavano solo Tergesteo è un altro militare gravemente ferito.

Il medico si rivolse al milanese , studiandone sommariamnete lo stato di salute :"
"Barbarigo, tra una settimana te ne vai ... mi sembra che tu possa andartene da solo e non abbisogni più di cure ...."

Il medico estrasse una pergamena e la consegnò a Tergesteo :" Ah dimenticavo ... t'ha risposto il prefetto che ti ricorda di allontanarti da Modena quanto prima dopo che non sarai più nostro ospite ...."

Il milanese allungò la mano per prendere la pergamena e leggerne il contenuto.



Modena , lì 1 luglio 1457

Avete il permesso di via il cadavere di Danitheripper Epelfing , possa Aristotele concedergli degna sepoltura.

Il prefetto del Ducato di Modena
Edoardo Cybo-Malaspina, detto The_prince, Barone di Aulla


"Immagino che dovrò ringraziarlo ...." sospirò Tergesteo.
"Se sparisci dal Ducato sarà il miglior ringraziamento ..." disse il medico ridendo.

Un sacerdote entrò nella stanza, strozzando con la sua austera presenza l'ilarità del medico.
Il sant'uomo guardò in modo malevolo i due uomini : come osavano rompere la funerea sacralità del luogo? Non sapevano forse che quello era luogo di dolore e come tale andava rispettato?
Il sacerdote si diresse verso un letto distante, dove verosimilmente avrebbe accompagnato alla morte l'altro soldato morente.

Tergesteo e il medico si guardarono.
Fu tuttavia Tergesteo a chiedere di fare silenzio al medico : voleva ascoltare le parole dell'uomo di Chiesa.


Il sacerdote si fermò vicino al letto. Estrasse un libercolo e cercando con calma mormorava alcune frasi.
Indi si schiarì la voce e aumentando il tono cominciò a declamre alcuni versetti :

"Sia lode e gloria all'Altissimo.
Egli nel momento del bisogno mi assiste.
L'Altissimo ..."


Dall' altra parte della sala rispose Tergesteo .

"... mi ha dato una lingua da iniziati,
perché io sappia indirizzare allo sfiduciato una parola.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come gli iniziati.
L'Altissimo mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro."


Il sacerdote tacque.
Tergesteo viceversa si alzò e continuò.


"Ho presentato il dorso ai flagellatori,
la guancia a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
L' Altissimo mi assiste,
per questo non resto confuso...."


Il tono della voce si faceva via via più duro.

".... per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare deluso.
È vicino chi mi rende giustizia."


Si avvicinò al prete e al moribondo.

"Chi oserà venire a contesa con me? Affrontiamoci.
Chi mi accusa? Si avvicini a me."


Il sacerdote lo fissava tra l'irritato e lo sgomento.
Tergesteo lo fissava con uno sguardo sardonico.


"Ecco, l'Altissimo mi assiste:
chi mi dichiarerà colpevole?"


Il Folle concluse, mentre sempre fissando il sacerdote allungò la mano e chiuse delicatamente gli occhi del moribondo.
Indi si voltò verso di quello.
Era poco più di un ragazzo.
Il Folle gli scostò un poco di capelli dalla fronte esangue.
Il suo sguardo si era fatto triste d'improvviso.
Pose la mano sulla spalla di quel moribondo, come a volerlo incoraggiare prima di un lungo viaggio..

Si rivolse al sant'uomo.

"Voglia perdonarmi , pater reveredissimo, se le ho portato via il lavoro .. ora mi ritiro e lascio che concluda." disse strizzandogli l'occhio.

Il sacerdote continuò il proprio ufficio funebre, visibilmente irritato.

Tergesteo si accomodò nuovamente vicino al medico.
"E' arrivato qui dal campo di battaglia ... doveva morire da soldato, con di fronte un soldato, nemico o amico non importa ...
Ah già è vero ... voi mi considerate un brigante ... di briganti combattere ne ho visti ... di preti sul campo di battaglia decisamente pochini ...."


Si mise a ridere , inizialmente piano poi più rumorosamente.
"Vedi ... sono ancora malato, dottore ! Straparlo ... certo che combattono ...combattono in armi per la pace ... perdona la mia ingenuità ... "

E continuò a sorridere.
In fondo quel brav'uomo del medico gli sarebbe mancato ...
pnj
Il bambino tentava di leggere ma i suoi sforzi si infrangevano contro i limiti della sua scarsa educazione alla lettura.

La gente passava e non si avvedeva di quel monello che aveva per una volta sostituito ai giochi l’impegno della scoperta.

Il folle riconobbe il bambino di Modena e sorrise nel vederlo alle prese con cotanto cimento.

Sensibile all’età in cui tutto ancora è da decidere, Tergesteo si avvicinò silenziosamente al bambino e gli si sedette accanto. Il bambino alzò lo sguardo e si avvide di non essere più solo.


“Spero che stavolta non siate qui per regalarmi frutta straniero ma per aiutarmi”

“Qual è il problema giovane guerriero? Non riuscite a leggere ciò che vi scrive la vostra amata?”
lo prese in giro.

“No, la bella signora mi ha dato questa lettera. Ma non è per me. Mi ha detto di consegnarla a voi”

“A me?”

“Sì, proprio a voi, al folle che mi consolò il giorno in cui vidi partire la mia compagna di giochi con un frutto ed una parola buona”


Tergesteo non rideva più. Prese in mano il foglio con una speranza ma non osava leggerlo.

“Non sapete leggere neppure voi signore? Non c’è di che vergognarsi, solo che dovremo scegliere accuratamente chi ci legga il segreto della bella signora. Lei è morta” Il fanciullo s'intristì al pensiero ma si impose di non piangere.

“I bambini non dovrebbero assistere a certi spettacoli”

“Mio padre mi ha portato a Mirandola per farmi diventare un uomo”

“Non avere fretta di crescere piccolo”

“A te posso dirlo: ho pianto molto quando hanno messo la corda attorno al collo della bella signora. Mio padre dice che era cattiva ma io ci avevo parlato il giorno prima e non mi era sembrata cattiva”

“E’ stato quando ti ha dato la lettera?”

“Sì. Io stavo dando calci a un sasso perché mi annoiavo e non trovavo nessuno con cui giocare. Il sasso, non so come, all’improvviso era in mano sua e sembrava non avere intenzione di rendermelo. Era affacciata a quella finestra”
e così dicendo gli indicò una fessura chiusa da sbarre che sbucava dal terreno e che poco aveva di finestra.

Tergesteo parlava a fatica.
“Perché credi ti abbia dato la lettera?”

“Lei ha detto che mi conosceva, che mi aveva visto a Modena e che se volevo resa la mia pietra dovevo farle un favore”.

“Ci sono tante pietre qua intorno, perché ti sei fatto prendere in giro?”

“Io … - il bambino sembrava improvvisamente riflettere – non ho mai pensato a questa cosa. Mi ero dimenticato del sasso. Lei era così bella, somigliava alla bambina con cui gioco sempre e che la sua mamma si porta sempre via sul più bello. Ma tanto quando sarò un soldato andrò a casa sua e me la porterò via io, così sua mamma capisce quello che si prova!”


Tergesteo voleva ridere sentendo lo sfogo del fanciullo, ma quel foglio scritto da lei scavava nella sua mente anche se ancora non lo aveva letto.


“Io ho detto alla bella donna che era inutile darmi quel foglio perché ero solo un bambino e non avrei mai saputo dove trovare la persona a cui consegnarlo ma lei mi ha detto che non era necessario cercarlo, che lo avrei trovato, magari su un patibolo o su un trono, o che lui avrebbe trovato me. Ed io insistevo che non poteva affidarmi questa cosa importante. Allora lei per convincermi mi ha detto che la lettera era comunque mia e che potevo farne quello che volevo, che forse avrebbe fatto meno male se io l’avessi smarrita. Perché scrivere qualcosa che non vuoi che gli altri leggano?”

“Non puoi capire piccolo, lei desiderava che io la leggessi, ma le donne sono fatte così, un giorno lo scoprirai, dicono tutto il contrario di quello che pensano perché desiderano che noi uomini scaviamo a fondo per scoprire quello che in realtà nascondono. Non fermarti mai in superficie con una donna, la parte migliore la troverai scavando”

Il fanciullo guardava il folle negli occhi cercando di memorizzare le sue parole, anche se in quel momento cercava di capire come si potesse scavare dentro una donna senza ucciderla. Ovviamente le metafore erano lontane dalla sua mente imberbe.

“Allora, cerchiamo qualcuno che ce la legga?”

“La leggerò io piccolo, vediamo cosa ci scrive la bella donna”.


Una pista di lava incandescente scese lungo le sue vene mentre scandiva a voce udibile quelle parole.



“Il vero amore non è né fisico né romantico.
Il vero amore è l'accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno.
La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!

Io sono meno impaziente del vento, tuttavia devo andare.
Per noi, viandanti eternamente alla ricerca della via più solitaria, non inizia il giorno dove un altro giorno finisce, e nessuna aurora ci trova dove ci ha lasciato al tramonto.
Anche quando dorme la terra, noi procediamo nel viaggio.
Siamo i semi della tenace pianta, ed è nella nostra maturità e pienezza di cuore che veniamo consegnati al vento e dispersi”.


Quello che temeva. Un addio, uno di quelli di cui pretenderesti il seguito.

"Nessun seguito Terge, non stavolta" lei gli avrebbe detto così, senza tanti giri di parole. Ma lei non c'era più e lui pretendeva il suo seguito, in fondo la sua follia era sempre stata prodiga di doni.
Tergesteo
Il bimbo e Tergesteo restrono seduti in silenzo, per un pò di tempo.
Il marmocchio ciondolando le gambe come un'altalena, l'uomo per rimettere in ordine il proprio sentire, rigirando la missiva tra le mani.


"Ascolta piccolo ... cos'hai detto che vuoi diventare, da grande'"
Il marmocchio si illuminò in un sorriso come solo i bambini sanno fare.
E qualche volta i matti.

"Voglio fare il soldato!" disse senza esitazione.
"E dimmi ... lo farà anche la tua amichetta?"
"Si si ... anche lei ... faremo i soldati insieme!"


Tergesteo inspirò a fondo ed emise un sospiro , come volesse prendere tempo.

"E... non hai paura che possiate farvi male?"
Il bimbo si guardava le punte delle scarpe e attese per rispondere.
"Ma staremo attenti ... e poi prima o poi la bua passa , me lo dice sempre il papà!".
Risposta disarmante.
Tergesteo incrociò le mani dietro la nuca e si inarcò indietro.

"Già... prima o poi la bua passa ... dicono che sia così in effetti ..."

Era tempo di andare.
Erano le sue ultime ore a Mirandola.
E ancora cera qualcosa da fare.

Tergesteo si frugò nella giubba.
Ne estrasse una carta e la mostrò al bimbo.
Vi era raffigurato un uomo con un fagotello sulle spalle e con un cappello da buffone, variopinto e bizzarro, con una bestia feroce che lo mordeva.
La carta non recava nessun numero.


"Tieni...non ho frutta con me... ma ti regalo questa.
Avevo un mazzo di carte tutto mio, sai .... una la regalai a ... una bella signora.
Le altre andaron pedute e me restano poche.
Ma questa te la regalo, piccolo...."


"Ma cosa c'è scritto?"
"C'è scritto... il Matto!"
"Il matto? E perchè?"
"Perchè ... perchè? Non ti piace?"
chiese ridendo Tergesteo.
"Siii è bella ..è colorata .. solo non mi piace che questo cane morde l'uomo della carta!"

Il Matto ... la carta senza numero, la carta inutile.
La carta irresponsabile e maldestra, la carta senza senso.
Un buffone in viaggio morso dalla bestia feroce del rimorso.
O dell'inelluttabile.


"Ahahah non ti preoccupare ... giocano ... il Matto e il cane giocano ... vedi che il matto sorride?"

In effetti la carta recava un buffone sorridente.

"Devo andare piccolo .. lontano lontano ... e mi raccomando ... salutami la tua compagnuccia ..."
"Si si ... ciao !"
sorrise il bambino.

Tergesteo si alzò, allontanandosi con la missiva di lei.
Il volto si era fatto cupo.


"Signore ..." disse d'improvviso il bimbo.
"... ma la bua che ti sei fatto ... fa tanto male?"

Tergesteo si voltò verso il bimbo, ma non rispose.
Trovare la forza di sorridere era già uno sforzo insopportabile.
Tergesteo
Tergesteo stazionava davanti ad un boccale di birra nella stessa taverna dove era iniziato il Crepuscolo.

I discorsi erano cambiati.
O forse era lui che era cambiato.

Sentì nel rumore della taverna lo scricchiolio di un paio di stivali.
Un ombra gli scivolò accanto e gli si sedette di fronte.
Non era necessario alzare lo sguardo per comprendere chi fosse.
I due uomini stavano in silenzio.
Non si erano né visti né sentiti per lungo tempo eppure tutto si era cristallizzato in quell'alba mirandolese.


“E' ora di andare, Tergesteo...”
“Lo so, Will … è ora. “

Si alzarono e lanciarono ciascuno una moneta all'oste.

Bisognava procurarsi un carro.
Non fu difficile.
Neanche trovare il luogo era difficoltoso.

Il difficile doveva ancora arrivare.
Le porte della città.
Le guardie controllarono il lasciapassare di uscita.
Sole andata e divieto di transito e soggiorno per i prossimi tre mesi.
Che cos'altro questo soggiorno mirandolese avesse lasciato, lo avrebbe deciso il tempo.
E tre mesi non sarebbero bastati.


I due raggiunsero un area poco distante le mura cittadine.
Era un ampio spiazzo di terra battuta. Terra che in alcuni punti era smossa di recente.
Poco lontano una specie di straccione armeggiava con attrezzi da scavo.
Si sarebbe detto che la terra stessa avesse sputato fuori quell'uomo.

I due uomini si avvicinarono.

“In cosa posso esservi d'aiuto, messeri ?'” esordì l'uomo dalla bocca sdentata.
“Siamo venuti a prelevare una salma... questa è l'autorizzazione del prefetto” rispose William
“Oh.. capisco … ma vedete nobili messeri è passato ..molto tempo e la memoria svanisce” disse l'aborto con un sorrisetto ironico.
Prima ancora proferisse verbo, William alzò la mano a bloccare Tergesteo , ed estrasse alcuni ducati che lanciò allo sdentato come si lanciano gli avanzi al cane rognoso.

“Fatti tornare la memoria con questi ….”
“Quand'è così mi ricordo perfettamente ..lo troverete in quella fossa al limitare del campo.
Là … smaltiamo i traditori condannati a morte”


Difficile dire cosa avesse frenato i due milanesi a spaccargli la testa con la pala.
Probabilmente lasciare in vita quel rifiuto umano era peggior punizione che non sopprimerlo.

William e Tergesteo raggiunsero il luogo della sepoltura.
Cominciarono a rimuovere con attenzione la terra disseccata dal sole estivo.
Non tardarono a trovare una stoffa un tempo bianca che verosimilmente custodiva …
Lentamente, per quanto era permesso loro dalla rabbia e dal dolore, disseppellirono quanto avevano trovato.
Non vi erano dubbi che fosse … lei.
Da uno strappo del sudario che l'avvolgeva si intravvedevano la stoffa vermiglia dell'uniforme da combattimento dell'esercito ducale di Milano.


In silenzio i due uomini deposero il cadavere sul carro.
Dal sudario, imbrattata di terra usciva una ciocca di colore biondo.

Tergesteo come imbambolato allungò irrazionalmente una mano verso il sudario, pronto a scostarne la parte che ricopriva il volto di … lei.
Una stretta feroce gli bloccò la mano.
Se rabbiosa per il gesto o vigorosa per impedire altro dolore, difficile dirlo.
Ma in ogni caso la mano di Tergesteo si arrestò a mezz'aria.

“Non farlo … fai un favore a te stesso … non farlo” disse William, stringendolo fino a provocargli dolore.
Il Folle assentì .
E ritirò la mano.

Il cadavere fu coperto da lenzuola e assicurato al carro.
I due uomini lavoravano in silenzio.

Ma quando esegui meccanicamente quello che ti dovrebbe far urlare per lo strazio … non sei più un essere umano.
Il difficile è capire cosa sei diventato.
Williamwallace
Mirandola si allontanava, alle spalle dei due viaggiatori.
La strada si snodava come un serpente , rammollita dalla pioggia che s'era decisa a concedere tregua al calore estivo.

Il carro avanzava con difficoltà, ma con passo regolare.
I due uomini si erano scambiati qualche parola , ma più per cortesia che non per reale necessità di discorrere.

I luoghi però cominciavano a diventare noti.
Una ampia radura ai piedi di una collina scoscesa, circondata qua e la da qualche collinetta alberata.

Tergesteo sembrava inquieto.

Il picchiettare della pioggia gli rimbombava nel cervello.
Gli pareva fossero come il rumore di zoccoli.
Pesanti zoccoli di cavalli lanciati al galoppo.

Riconobbe quella collina.
Riconobbe quel rumore di zoccoli.
Riconobbe quel luogo.


“Fermati …. fermati!” gridò a William, che tratteneva le briglie del cavallo.
“Non ci penso neppure, Tergesteo … calmati adesso ...”
Ma prima che avesse terminato, il Pazzo saltò dal carro , atterrando nella terra zuppa d'acqua.
Wallace bloccò il cavallo e scese lui pure.


Tergesteo era chinato a terra , cercava nel fango furiosamente
“E qui..è qui …. di sicuro!”
Non si avvide del calcio al ventre che lo fece ruzzolare malamente.
“Ora basta, Tergesteo .. mi hai stancato! La devi piantare con questi tuoi colpi di testa …. se siamo qui è per colpa tua … se Dani è morta è colpa tua!!”

Difficile dire se il calcio nello stomaco o le parole sputate in faccia avessero causato maggiore dolore.

Tergesteo si rimise in piedi.
La pioggia era aumentata di intensità e rivoli d'acqua correvano lungo i volti dei due uomini , ansimanti dal furore.

“Credi che non lo sappia? E allora che vuoi fare? Uccidermi?
Accomodati! Non chiedo di meglio ….”

“Ti servo subito, demente!”

Wallace si mosse veloce e scarico giorni e giorni di dolore in un unico colpo.
Perfettamente a segno.
Tergesteo ripiombò nel fango.
Sputò sangue dalla bocca.
Ma si rimise in piedi.

I due uomini erano uno di fronte all'altro ma non passarono che pochi istanti quando si avvicinarono quanto bastava a scambiarsi violenti pugni l'uno con l'altro.
Settimane di infermità, incomprensioni e idee diverse , ma soprattutto un comune enorme vuoto si erano trasformati in una zuffa furibonda che proseguì per un bel pò di tempo, prima di farli crollare a terra sfiniti, la faccia verso il cielo che continuava a regalare pioggia, l'uno accanto all'altro, malconci e ansimanti.


Tergesteo si alzò a fatica.
Si allontanò qualche passo e scrutando il terreno si mise sulle ginocchia per poi affondare le mani nel fango.
Ci volle una mezz'ora buona prima che il Folle si fermasse.
Nell'affondare le mani nel fango si era infatti arrestato, poi aveva ripreso con rinnovata lena finché la terra sputò fuori dei pezzi dei ferro.
Sembravano brandelli di una spada.
Tergesteo cercò e ne disseppellì diversi pezzi.
Fra tutti , ne esaminò uno che sembrava recare una incisione.
Lo ripulì con cura prima di riporla nella giubba.


William gli si avvicinò.
Tergesteo alzò lo sguardo.
Aveva gli occhi accesi , come i bambini quando trovano robaccia di poco conto ma credono sia un tesoro.

Will si passò una mano sul volto.
Un sopracciglio gli doleva , fresco ricordo di una discussione animata eppure necessaria.

Prese la mano del Folle e lo tirò in piedi.
Indi lo spintonò bonariamente verso il carro
“Andiamo... e comportati a modo!” disse tranquillo.
“Perchè altrimenti cosa farai? Mi picchierai?” rispose Tergesteo mandando un sorriso dal volto acciaccato.
“Si ti spaccherò del tutto quella faccia da ...”.

La frase fu coperta da un tuono provvidenziale.
“In ogni caso, caro il mio Splendido Barone di Tirano, dirimeremo le questioni in taverna...davanti ad una serie infinita di birre...”
“Stranamente mi trovi d'accordo , pazzoide ... mi devo preoccupare?”

Sembrava avessero dimenticato ora il livore che si erano scaricati addosso l'un l'altro.
Anche le nubi cariche di pioggia sembravano diradarsi, una volta scaricati i loro strali e le loro gocce come lacrime.

Prima di rimontare sul carro, William notò qualcosa a terra.
Si chinò e la raccolse.
Per il momento l'avrebbe tenuta con sé.

Due storie, ma lo stesso finale.
Due uomini con lo stesso fardello.
E probabilmente avevano condiviso molte più cose di quanto volessero ammettere.
Tergesteo
Piacenza.
Il lago.
Spesso lei gliene aveva parlato.Era solita immergervisi , la sera.

Dalla carrareccia che lo costeggiava quel lago appariva splendido.
Gli scogli bianchi a picco e l'acqua cristallina di un verde trasparente striata d'un giallo solare che si trasmutava in un colore azzurro che al centro del lago diventava di un rosso violaceo che trascolorava nel blu intenso della profondità.
Tergesteo osservava, rapito , quel lago dai cinque colori
La immaginava nell'acqua.
Avrebbe custodito nell'animo il colore di quel lago simile ad una nuvola al tramonto.

I due viandanti raggiunsero Palazzo Epelfing.
Vi era un patto da rispettare.
Un servo li fece accomodare, ma tuttavia gran parte della Famiglia Epelfing aveva seguito l'esercito e attualmente si trovava a Fornovo.

Tergesteo e William sorrisero amareggiati.

"E' colpa di Dani ... voleva rivedere il lago e c'ha convinto a venire qui.." disse William.
Una battuta per stemperare la tensione.
E prepararsi al rientro a Fornovo.
Gli amici la attendevano là.

Prima di ripartire, i due alloggiarono in una locanda.

Fu in quel luogo che sentirono parlare di pace imminente, pronta ad essere siglata.
Giravano voci di cospicui indennizzi, di accordi, di tutto quello che serve al probo mondo dorato di politica e commercio.


“Lo sai Will , che mi hanno chiesto come mai sono un povero avventuriero invece di essere un ricco signore ….”
“E tu cosa hai risposto ?”
disse lo Splendido guardando il boccale di birra.
“Che ero impegnato a vivere …. “
“O a morire ….”
“E' lo stesso non ti pare? Sai come si dice : “se uno non è disposto a correre rischi o lui non vale niente o non lo valgono le sue idee...”
“E ora, scemotto d'un Tergesteo … cosa farai? Ora siamo in pace! Ora scenderà onesta e ricchezza e felicità a fiumi ….”
“Ahahah hai ragione, Splendido Barone ….”


Tergesteo rise amareggiato.
Poi d'un tratto iniziò un canto.
Imparato molto tempo prima.
All'inizio di tutto.


“Se mille son le storie che il vento porta via
questa è la nostra storia
generazione mia.
Venuti dall'inferno col fuoco nelle vene
innalzeremo al cielo le nostre catene
e torneremo ancora, lo promettiamo a te
Milano torneremo uniti per te.
Svegliatevi fratelli, su non dormite più
giocatevi oggi stesso la vostra gioventù
se la maledizione ce la portiamo addosso
la brucieremo insieme gettandola in un fosso.”


Cantava a voce alta, disturbando i presenti.
Ma non era il tono : erano le parole.
Erano i significati.
E d'altronde doveva gridare affinchè lei sentisse.


“Han fatto leggi e imbrogli
per chiuderci la bocca
dei nostri nomi il muro del carcere ribocca
ma mille volte mille il canto si udirà
di chi stasera canta la sua libertà
e torneremo ancora, lo promettiamo a te
Milano torneremo uniti per te.
E chi oggi fa il signore
domani striscerà
lo troveremo allora
a chiederci pietà
e chi oggi ci disprezza
domani tornerà
vigliacco come sempre da noi con umiltà”


Non si avvide se qualcuno si fosse unito al coro.
In fondo non era importante.
Voleva solo sfogare la rabbia per una morte definita inutile e ricacciare in gola gli insulti di chi osservò la guerra seduto nei confronti di chi versò il sangue.
E lacrime.
Come accadeva ora.


“Su questa nostra terra un vento soffierà
e noi semineremo la nostra libertà
lontano spazzerà i figli del tradimento
ma noi saremo in piedi, siamo amici del vento!”


Terminò il canto esausto.
Il tempo necessario per agguantare il boccale e scagliarlo contro un muro.
Voleva allontanare da sè rabbia e ricordi con un gesto violento.

“Andiamo Will … voglio essere a Fornovo il prima possibile … si viaggia di notte... briganti non ne troveremo.
Sono tutti a palazzo....”


Uscirono nel silenzio.

“Sai Tergesteo …. è un ottimo modo per non pagare … dovresti farlo più spesso!” disse tranquillo il Barone di Tirano.
Tergesteo lo guardò interdetto. Scosse la testa.
“Andiamo … o potrai riprendere la discussione di Mirandola....”

Si mossero. C'era da portare un'amica a casa.
Magic_eagle
Era in ritardo, come sempre.

Entrò nel grande salone di castello Epelfing, l'aria era fresca, i muri spessi proteggevano la casa dal gran caldo esterno e le venne quasi il desiderio di coprirsi.

"Dama Magic, benvenuta" la accolse il maggiordomo di famiglia.
"Gualtiero, dimmi che le persone che stavamo aspettando con la salma di Dani non sono ancora arrivate" gli chiese ansimando e dandogli la spada.
"Sono già stati qui, mia signora. Sono ripartiti da poco. Hanno lasciato qui la divisa di Dama Dani, si sono rifocillati e, non trovando nessuno sono ripartiti."
"Dove hai messo la divisa?"
"In camera di vostra sorella, naturalmente" le rispose abbassando lo sguardo.

Guardò in alto verso le scale e gli mise una mano sulla spalla "grazie Gualtiero. Vado su un momento, fai sellare un cavallo fresco, devo ripartire subito."

La porta della stanza di Dani era chiusa e quando fece per girare la maniglia si accorse che le tremava la mano.
"Tutto questo è folle, grottesco" pensò entrando.

Le finestre erano chiuse e le tende erano tirate per proteggere dal caldo la grande camera ma la luce filtrava ugualmente. Dei fiori freschi erano stati messi sul tavolino e l'aria profumava di rose.

Sul letto bianco vide l'uniforme vermiglia di Dani. Si avvicinò e ne accarezzò una manica. Le scese una lacrima di tristezza e di rabbia "Tutto questo è folle" ripetè. Poteva sentire ancora le risa, le urla, gli scherzi...

"Dama Magic, il vostro cavallo è sellato"
Si voltò di scatto fissando l'uomo sulla porta "Si Gualtiero, grazie. Tieni questa stanza sempre fresca e profumata com'è ora".

Salì a cavallo dando un ultimo sguardo alla casa e spronando il cavallo fischiò.
Al galoppo sul viale sentì la sua piccola amica volarle accanto
"QUACK"
"dai muoviti, filibustiera, dobbiamo raggiungere Terge e Will"


Li vide da lontano, due cavalieri ed un carro coperto.

Tergesteo si voltò fermando il cavallo per aspettarla.
"Magic..." le disse con quel tono stanco che ormai lo accompagnava da troppo tempo.
"Terge, Will, buonasera a voi. Sono contenta di avervi trovato, anche se sarà un piacere in un altro momento."
"Vuoi vedere Dani, immagino" le disse facendo il giro del carro per aprire il telo che lo copriva.
"Si"
Salì sul carro e spostò il sudario di seta fine, solo scoprendo il viso di Dani.
La fissò solo un attimo, chiuse gli occhi e la vide sorridere nei suoi ricordi, così come l'avrebbe sempre avuta impressa, sorridente e spavalda, come era stata, come doveva essere per sempre.

Ricompose il sudario e scese dal carro.
"Tergesteo"
"Dimmi, Magic"
"So che la state portando a Fornovo e so che Arabell ti ha concesso di farlo dicendoti che saresti stato in debito con noi"
"Si è così"
Magic guardò quell'uomo stanco che era ormai l'ombra di ciò che era stato. Una lacrima le scese sulla guancia e prese le loro mani.
"Voi non siete in debito con noi" disse guardando entrambi gli uomini.
"Dani non avrebber voluto essere sepolta in nessun luogo se non a Fornovo, che ormai era diventata la sua casa. Voi siete stati i suoi amici più grandi, lei era vostra sorella. Vi chiedo solo una cosa, fate in modo che non venga mai dimenticata, che la sua voglia di morire pur di vivere tutto quello le succedeva non venga sepolta con lei. Fate mettere tutti i giorni dei fiori freschi e colorati sulla sua tomba, solo questo vi chiedo"
"Te lo promettiamo" dissero entrambi.
"Grazie" rispose lasciando le loro mani.

"Devo ripartire ma ci vedremo presto." disse salendo nuovamente a cavallo "e in quell'occasione mi racconterete cosa avete fatto alla faccia, quelli non sono i segni che avevate a Mirandola...."

_________________
Cosy
…………da molto tempo orami Cosy mancava dalla sua Piacenza…….
Giorni di guerra l’avevano tenuta lontano, giorni di tristezza e sconforto avevano segnato la sua vita.
Adesso nel tornare verso casa il pensiero era per l’amica maestro che questa guerra gli aveva strappato……..
………Un rumore di cavalli al passo……………Sir!!!!! Sir!!!!!!!!! Cè qualcuno che viene in direzione Parma!! Sembra un carro…….anche pieno dall’andatura!!!........avvicino la mano all’elsa della sua spada ……ehi!!! Chi siete?? Fermate il carro!! ………..Il carro si fermò e Cosy si avvicinò lentamente…………a cassetta due uomini dal volto familiare la stavano osservando……….Ma! ….voi siete………Tergesteo!!!!!!!!! William!!!!!!!!!!! …………I due uomini si guardarono stupiti…………Sono Cosy Epelfing cugina di Danitheripper e………….un lampo di luce si fece breccia nella sua mente…………..Questo vuol dire che su questo carro cè il corpo di Dany?..................I due uomini si guardarono e con un cenno della testa confermarono a Cosy la presenza delle spoglie sul carro e spiegarono che stavano eseguendo le ultime volontà della cugina.
Signori ………perdonatemi vogliate concedermi di vederla per l’ultima volta vi prego?
Si avvicinò al carro e lentamente con mano tremante sollevò il sudario ……….non riuscì a frenare le lacrime che le rigarono il volto……..sentì una mano sulla sua spalla e la voce di Sir_biss, ma non riusciva a cogliere le parole……..solo le sue echeggiavano nella testa…La spada della giustizia non ha fodero.……. La spada della giustizia non ha fodero.………. "La spada della giustizia non ha fodero………...

…………."La spada della giustizia non ha fodero."…………….

Prese la sua Katana la sguainò……….afferrò il fodero e lo appoggiò accanto al corpo del suo primo capo lancia……………Danitheripper !!........Io di questo non ho più bisogno custoditelo voi fino a che giustizia non sarà fatta!!!!!!!!!
Risalì a cavallo guardò i due uomini ………abbiatene cura e che nessuno!!! Mai !!!!mai!!! possa dimenticarla!!!!
Salutò e ringraziò i due uomini e ripartì con Sir_biss alla volta di Piacenza.
Tergesteo
Prime luci dell'alba.
Fornovo.

Illuminata fioca da un sole muto, la città di confine si palesava ai due viaggiatori.
Si iniziava l'ultimo atto di uno spettacolo potente e pietoso.
Tutto è spettacolo ma sta all'attore scegliersi la parte, cogliendo la possibilità di non guardare il buon senso, nè ascoltare logica ed opinioni.

Bisogna essere attenti per essere padroni di se stessi e scegliersi la parte.
Non giusta non sbagliata. Scegliere.

La collina fuori Fornovo era silenziosa e solenne come un mausoleo ed in verità sembrava che un dio beningno l'avesse scelta appositamente per quello scopo.
Proseguiamo lo spettacolo.


I due viaggiatori vebbero fermati alle porte di Fornovo.
Una guardia imberbe ringhiò di fermarsi.
Un lanciere dal volto stanco accolse i viaggiatori soltanto sorridendo e aprendo il pesante portone.


"Siamo a casa, Dani ..." mormorò il Folle.
L'ora era mattutina e il giorno di festa.
Poca gente per le strade.

"Will... poco lontano dal municipio c'è una stalla..non la usa nessuno ... portiamo là il carro per il momento ...".

Fatto quanto previsto, i due uomini cominciarono a renersi conto di essere giunti al termine del viaggio.
"Will... se vuoi tu vai a riposarti ... io esco dalla città..."
"Vedi di non fare scemenze, faccia di c..."
rispose il Barone di Tirano allontanandosi.

Tergesteo sorrise scuotendo il capo e si diresse nuovamente verso la collina.
La brezza mattutina si prendeva gli ultimi istanti di vittoria contro il sole estivo.
Da quella sommità si poteva scorgere la mulattiera che scendeva verso Modena e poco più in là la via che portava a Milano.

"Un buon posto ... per non dimenticare" si disse.

Gli alberi erano radi.
Sarebbe occorsa l'intera mattinata a portare su quella collina il necessario.
Ma non c'era fretta . Non più.

Ripensò alle parole di Magic.

"Mi spiace Magic ... ma questa terra non recherà spoglie mortali ma soltanto ricordi.
Tuttavia ne puoi star certa : nulla verrà dimanticato. Mai.
Ed un posto dove portare fiori od armi ci sarà ..."


Scelse un luogo dope potesse essere innalzata la pira funeraria.

La brezza continuava a muovere un mare d'erba costellato di quando in quando da arcipelaghi di sassi.
Di quando in quando qualche raffica agitava le fronde.
Anche la collina assentiva ad accogliere quel fuoco.

Tergesteo comprese e ridiscese in città.
Era tempo.
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