Idarne
Caro Ennio,
Non so se questa lettera ti giungerà fino a Novara o se finirà in mano agli invasori.
Ti scrivo direttamente da Modena dove, come ben sai, mi sono trasferito pochi mesi fa. Nella mia ultima lettera ti raccontavo di quanto questa terra fosse bella e dolce, le città piene di cultura e di vitalità, la gente fosse appassionata ma sempre gentile, e di come si mangiasse bene.
Ebbene, tutto ciò è stato spazzato via in una notte.
Quattro giorni or sono le voci saranno giunte anche da te siamo stati attaccati. Attaccati al cuore, con un atto di guerriglia da parte di soldati milanesi e genovesi che, da diversi giorni, soggiornavano nella capitale sotto mentite spoglie.
Hanno occupato il Castello ed hanno tutta l'intenzione di occuparlo permanentemente. Ogni giorno arriva un esercito genovese che entra a fare parte della milizia cittadina, per mantenere l'ordine.
Ormai, della città viva e allegra di pochi giorni fa non rimane quasi nulla.
Plotoni di gendarmi pattugliano giorno e notte i dintorni del Castello; sono stati piazzati dei carri pieni di massi nelle vie attorno al Siniscalcato e, alla sera, vengono accesi alti fuochi attorno al fossato, illuminando a giorno il Palazzo.
In tutta la città ci sono continue perquisizioni nelle nostre case, saccheggiano i nostri averi, molestano le donne ed incarcerano chiunque osi alzare il capo, finanche i bambini. Forse per la mia parentela con il Duca o per i miei trascorsi milanesi, sono tra i pochi a non avere ancora ricevuto un simile trattamento.
Ammetto che ho paura, caro fratello.
Ho paura non di morire, ma di quanto io possa essere impotente in questa situazione. Ho passato tutta la vita a cercare di mediare e di sciogliere i nodi che nascevano al momento. Ho sempre pensato forse ingenuamente che tutti i conflitti, pubblici e privati, nascessero da incomprensioni e da null'altro. Immaginavo che con parole chiare e semplici si potesse riuscire a risolvere ogni situazione. Ed ora, quei nodi che la politica dovrebbe sciogliere, sono stati brutalmente tagliati dalla spada.
Ricordi quando ti raccontavo delle difficili trattative con Genova per riaprire le frontiere, e la soddisfazione e la gioia di aver portato a termine un risultato così importante, grazie all'aiuto dell'ambasciatrice ingauna, Annina Pucci Guerra? Quella non era stata una vittoria mia o del Ducato a cui appartenevo, ma era una vittoria della ragione sull'istinto; della più alta natura umana contro i più biechi istinti animali. Era una vittoria della virtù contro il vizio; della pace contro la guerra.
Ho vissuto tutta la vita all'insegna di questi ideali ed ora, a causa di questa guerra, tutte le mie certezze vacillano.
Che cosa diventano e che m'importano l'umanità, la beneficenza, la modestia, la temperanza, l'affabilità, la saggezza, la pietà, quando dieci libbre di pietra scagliate da trecento piedi mi fracassano il corpo e io muoio a trent'anni fra tormenti indicibili, in mezzo a cinque o seimila moribondi, mentre i miei occhi, che si aprono per l'ultima volta, vedono la città dove vivo distrutta dal ferro e dal fuoco, e gli ultimi suoni che odono le mie orecchie sono le grida delle donne e dei bambini che spirano sotto le rovine: tutto per i pretesi interessi d'un Duca che non conosciamo?*
Sono molto amareggiato, amato fratello, amareggiato e frastornato.
Ti chiedo scusa se ho messo a repentaglio la tua vita con questa mia, però sentivo il bisogno di scriverti perchè sei uomo di Chiesa; rispondi ai miei dubbi, aiutami a trovare qualche risposta.
Spero di essere ancora vivo quando giungerà la tua missiva.
Un abbraccio,
Idarne
[OFF GDR]*Tratto dal Dizionario filosofico di Voltaire.. so che non è Rinascimentale, però mi piaceva[/OFF GDR]