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(GDR) E che ora la vampa consumi ed illumini ....

Tergesteo

La pira era stata preparata con cura, come quando i parenti preparano la culla al nascituro o la stanza nuziale agli sposi : si era lavorato con calma e devozione, accudendo quella catasta di legno senza fretta ma non con indolenza.
Sembrava che non si volesse far scorrere il tempo. Ogni gesto avvicinava i presenti al commiato,
lentamente volevano evitare che anche un poco di loro morisse.

La pira era costituita da tronchi robusti , intervallati da fronde tagliate da alberi resinosi.
L'odore del legno tagliato che gocciolava resina era forte , quasi inebriante.
Per aumentarne la vampa, si ebbe cura di cospargere la pira d'un poco d'olio.


Su quel letto silvestre riposava Lei, coperta da una stoffa bianca.

Ma l'ineluttabile prima o poi va affrontato.
C'era da passare una torcia accanto ad una catasta di legna.
C'era da salutare una amica e una sorella.

Tutti erano presenti per un unico scopo e ironia, l'ultima grande ironia, nessuno voleva prendervi parte.

Ma alla fine una mano tremante avvicinò la fiamma alla base della catasta.
La fiammella saltò allegra dalla torcia alla legna.
Dapprima timida, come volesse guardarsi d'intorno, poi più spavalda cominciò a scivolare lungo olii e resine guizzando e nascondendosi fra tronchi e ramaglie.


Un riverbero rosso cominciava a riflettersi sul terreno, mentre sbocchi di fuoco uscivano a pendere aria dalla base della catasta, circondandola.

Il fuoco si fece deciso.
La fiamma si alzò.
Ora era difficile distinguere in quel muro di fiamma il corpo di lei.
Ma cionondimeno, benché dense volute di fumo e sfrigolanti riccioli di fiamma danzassero nell'aria, le vampe ancora non ebbero il coraggio di intaccare la stoffa del sudario.


Esitavano, tentennavano, forse addirittura speravano di essere richiamate dall'ingrato compito.
Ma alla fine una fiamma, coraggiosa o infame non è dato sapere , si inerpico verso il cielo ma pentita chinò la testa verso il corpo di lei e mordendo la stoffa, decise di portarla con sè.

Rapidamente altre fiamme si unirono alla danza, strappandole in cenere il sudario e mettendo a nudo la pelle cerulea.

Era l'ultima immagine.
Il fuoco sembrò allentare per un poco la propria stretta, sembrò scostarsi per permettere a tutti un ultimo sguardo.


Poi decise che era tempo.
E lo spettacolo si concluse in un sipario di fiamma.

Tergesteo rammentò.

“Iniziò tutto davanti un fuoco a Milano … non poteva finire diversamente” si disse il Folle.

“Vedi, quel fuoco continuerà ad ardere e a bruciare e ad illuminare anche se non lo volesse. E' la sua natura, non l'ha scelta. Gli è toccata in sorte". “

Rammentava ogni singola parola.


“Il fuoco per sua natura arde e riscalda e illumina.
Parimenti brucia e consuma.
Fuoco sei stata … al fuoco sei tornata.

Attraverso un boccale di birra,
la vita di un soldato è solo un dettaglio,
qualcosa di indistinto che accade
in un breve intervallo.
Un frammento, una scheggia del tempo
Che non bastò neppure a dirti addio.
Però com’eri bella e ridevi.
Ogni ragione ha la sua guerra.
Tu hai preso il torto e ridevi.

Addio , Sorella di morte
mormorò allontanandosi dalle fiamme.

Il fumo cominciava a bruciargli gli occhi da morire.
O almeno credeva fosse questo il motivo.
Ippolita
all'improvviso ... luce... calore!
Il cielo si era tinto di rosso.
L'odore del legno resinoso si espandeva ormai in tutta la vallata sottostante la collina.
Piccoli fiocchi grigiasti di cenere la stavano ricoprendo .
Ippolita era come ipnotizzata da quello spettacolo.
Non riusciva a muoversi, nè a staccare gli occhi dalle fiamme che stavano imprigionando per sempre la guerriera... o la stavano rendendo libera.
Guardava la cenere cadere...era l'ultimo atto.
Ora dani sarebbe per sempre stata lì, avrebbe fatto parte come nessuno mai di quella collina, avrebbe fatto parte di quella città che l'aveva tanto amata e che lei aveva scelto come la sua ultima dimora.
L'odore pungente del fumo, il profumo delle resine, il bagliore delle fiamme, la tristezza che si poteva respirare..
Ovunque , sulla collina, si era radunata gente.
Tutti erano ipnotizzati dallo spettacolo del fuoco, tutti respiravano il fumo della pira... un solo pensiero.. dani!
Non una parola, non un sussurro... solo il crepitio delle fiamme...
Ippolita si alzò lentamente, il tempo del silenzio era terminato, ora aveva bisogno di ricordare quanto bello fosse stato conoscere dani, ora era tempo di ricordarla allegramente come Lei avrebbe voluto.
Ora era il tempo di rinnovare gli affetti, perchè sapeva che dani sarebbe sempre vissuta nell'amore che potevano dare le persone che lei aveva amato.
Immobile sotto la grande quercia, vide Amsterdam. il suo volto era impassibile, ma disteso.. dopo la rabbia la serenità... l'ultimo regalo della guerriera.
Si avvicinò, e gli pose una mano sulla spalla.
Lui si voltò e guardò l'amica negli occhi.
Era come guardarsi allo specchio... dolore e pace.. ma non rassegnazione!
Un abbraccio... e finalmente le lacrime!
_________________
Amsterdam707


La pira terminata, lì da guardare fino a che la notte non scese.

L’odore della resina e dell’olio, versato per ingentilire l’orrore.

Poi lei, un velo bianco e poco più, portata a braccia dal folle e dal Barone, deposta con grazia sul legno gentile.

La notte finalmente, pigra, indolente, terribile. L’assenza di vista, l’assenza di vita.




Gli uomini, coloro che non l’avevano conosciuta, accesero la pira da molti lati diversi. Le lacrime del folle sgorgavano libere, le lacrime di molti bagnavano vestiti.



Le donne intonarono un canto, le fiamme si alzarono.

Con uno sbuffo il fuoco esplose, diabolico e divertente, il paese alle spalle deserto e assolato dal rogo.




Il fuoco il fuoco il fuoco sembrò vivere di vita propria, alto come una colonna.

Ci fu negli anni seguenti chi raccontò di aver visto un velo bianco salire in alto, ma era una leggenda.




Lo spiazzo, il prato, la piazza, il paese, tutto fu illuminato a giorno dalla fiamma di lei.



Quel che ardeva non era solo legna.

Quel che ardeva non era solo carne. Quel che ardeva era più di un cuore o di un osso.



Ardeva un’anima, ardeva un’idea, così luminosa che la Signora della Luna invidiosa volle scansare le nubi per guardare giù, e ne fu colpita.



La notte passò con il fuoco. Il fuoco si stancò con gli uomini. Gli uomini andarono a dormire con le loro donne.

Undici spade restarono a vegliare i resti.




Il fuoco si spense, un refolo di fumo salì in alto nella luce dell’alba.

Sembrava un ricciolo biondo.

_________________
Ottaviana
svanisce la città si spegne ogni vampa e ogni tizzone ardente
il nostro dolore grida nel petto e non conosce riposo e nulla sente
era LEI e sempre lo sarà...ERA LEI LA PIù VALOROSA E BELLA
sfuma ogni lacrima attaccata a una stella

S'IMPONE UNA POESIA NEL NUOVO GIORNO CHE SORGE
S'IMPONE UN SINGULTO NELLO SGUARDO CHE MESTAMENTE FUTURO NON SCORGE
UNA POESIA CHE NASCE DALLE VISCERE E INEBRIA IL CUORE
E TACE ANCHE IL SONNO TACE E SI INGINOCCHIA AL RICORDO DI LEI E DEL SUO ARDORE!!!

se la vita va vissuta fino in fondo tu l'hai fatto in sorso soltanto
come la morte e la sorte fossero compagne di sbronze..non più di tanto
ora il calice è vuoto il fuoco si è spento
VIVERE SENZA DI TE SARà IL NOSTRO PIù GRANDE TORMENTO!

DANY SARAI STORIA SARAI LEGGENDA
CHE NEPPURE DOPO LA MORTE LA TUA ANIMA SI ARRENDA!
SIAMO CON TE E CONTINUEREMO A LOTTARE NEL TUO RICORDO
TUTTO INTORNO IL PAESE DORME IN UN DOLORE SORDO!
Imprimatur
Triste notte.
Rumore di molti passi sulla collina
Volti illuminati dalle fiamme…
Rigati dalle lacrime…
a manifestare il proprio dolore
a manifestare il proprio amore…
A rendere omaggio,
a Danitheripper

Tergesteo
Erano passati una notte ed un giorno.
Al tramonto successivo Tergesteo si recò sulla collina.
Il cielo alle sue spalle stava diventando vermiglio, mentre dalla parte opposta la notte si faceva strada.

Restava ancora qualche brandello di tempo.
La pira - o meglio quanto ne restava - era spenta, benchè qualche filo di fumo pigramente s'alzasse dal letto di cenere , in cui nuotavano tizzoni anneriti come relitti di un naufragio.

Il folle recava con sè un involto nero, di forma allungata.
Si fermò ad osservare i resti del rogo.
Resti.
Brandelli.
Relitti.
Frammenti.
Schegge.

Quanti nomi reca con sè ... la fine?

Si impose di distogliere lo sguardo.
Si diresse poco più in là, al limitare della collina.

Il tempo porterà con sè quei tizzoni bruciati.
Sarà compito dell'acciaio sfidare il tempo e ricordare.

Sciolse quell'involto e ne estrasse una spada, abbandonando la stoffa che la custodiva a terra.
La soppeso come volesse abbeverarla degli ultimi raggi solari.
Sole e acciaio.
Sublime.

Sulla lama , come suo costume , aveva inciso qualcosa, poco sotto l'impugnatura.
L'incisione recava due figure vagamente riconoscibili che ad uno sguardo attento si sarebbero detto una donna ed una bambina, mano nella mano.
L'incisione non era delle migliori, ma di sicuro l'autore ne privilegiò il significato non l'estetica.

Finito che ebbe di soppesare la spada, con violenza la conficcò a terra, a perpendicolo.
L'arma penetrò nel suolo fino a metà lama, poi si arrestò.

Tergesteo afferrò da terra il drappo che avvolgeva la spada.
Era un drappo nero, con una grande ala dorata nel mezzo.

Lo aprì, si che al vento della sera potesse sventolare un poco.
Sembrava che quell'ala volesse spiccare il volo.

Con cura, avvolse la lama della spada rimasta all'aere con quella bandiera.
Poi, senza fretta, si mise a scegliere con cura dei sassi, con i quali cominciò a formare una piccola piramide attorno alla spada, ricoprendo la bandiera avviluppata.

L'operazione si concluse quando ormai il sole era calato e la notte viva.

La mano sinistra del folle indugiò su quell'improvvisato monumento.
Accarezzava l'acciaio dell'elsa, per poi scendere alla lama e alla stoffa e terminare sulle pietre appuntite.
La cicatrice sulla mano opponeva una tenue resistenzaallo scorrimento della mano.

Si sedette a terra , le mani ad abbracciare le ginocchia , come a voler ripararsi dal freddo.

Stette in questa posizione per qualche tempo, poi lentamente si fece scivolare accanto a quella costruzione.
Raggomitolò le gambe, chiuse gli occhi.
Era indifeso.
Alla mercè della propria Follia , la quale crudelmente conosce la pietà.


"Lasciami che io trascorra la notte qui , e provare a credere, per una volta, che essa porti consolazione.
Verrà il tempo di andare.
Domani, domani ..."
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