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[RP] Una promessa da mantenere

Lady_patty
Pola, 7 Settembre 1457... un po' più tardi

Il Sindaco Lady_Patty con passo spedito si recò alla furiera di Amleto....
Entrò e si guardò attorno, respirando il profumo del ferro caldo e ricordando con un pizzico di nostalgia la sua bottega, cui non aveva potuto attendere per via dei tanti incarichi da sindaco...
Si avvicinò ad Amleto e senza troppi salamelecchi chiese..
"Amleto vorrei sapere... hai finito i coltelli?
Hai rinforzato i cancelli dell'arena?
Ti avevo chiesto di sistemare l'insegna della taverna Municipale l'hai fatto?
E se non ricordo male devi ancora fare il doppione della chiave del mio ufficio..
Gli ami dei pescatori sono terminati e le chiglie delle barche per la bragagna devono essere sostituite il prima possibile!
E poi... metti un pò d'ordine in questa bottega...è tutto sottosopra, qui!"
Detto questo il Sindaco voltò le spalle e senza neanche attendere una risposta prese la via della porta e se ne andò verso il suo ufficio....
Amleto
Pola, 7 Settembre 1457... un po' prima, diciamo al mattino!

Giornata impegnativa, alla premiata Armeria di Amleto.
"Sudore, sangue e lacrime", aveva detto a mò di incitamento il mastro fabbro ai suoi due baldi apprendisti, Filottete e Fernandello. Poi lui, già dalla mattina presto, s'era accomodato su una sedia al sole nei pressi della finestra, col cappello dei tempi piacentini a riparo per gli occhi, mentre loro lavoravano come fossero dannati in qualche girone infernale.

"Lo fa per noi! Per renderci migliori! Che grande uomo!", fece Fernandello, che dei due era il più tonto.
"Lo fa, o meglio NON FA, perchè lo annoiano i lavori ripetitivi. E questo, dannazione, è un lavoro sempre uguale, ogni minuto è come il precedente! In cosa potremo mai migliorare, mi domando?", ribattè Filottete, che dei due era il polemico.

Amleto non se ne curava. I quindici ducati al giorno che dava a ciascuno di loro eran sufficienti a togliergli qualsiasi peso dalla coscienza, se mai ne avesse potuti avere.
In ogni caso, se uno qualsiasi dei due avesse fatto un movimento sbagliato o avesse martellato il ferro a un sol dito di distanza dal punto giusto, si poteva star certi che Amleto se ne sarebbe accorto. E gli apprendisti, loro malgrado, lo sapevano.

A metà giornata giunse inaspettata la visita di Isabella a portare un po' di scompiglio nel rigore (e nel disordine generale) che regnava nell'armeria.
"Cintura di castità?!? Ah beh! Chissà perchè, per queste cose, le donzelle mandano sempre in avanscoperta le amiche!" rise Amleto divertito.

Poi, dinanzi alle lamentele di Isabella, si ricompose.
"Va bene, va bene. Vediamo di risolvere questa situazione."
"Amleto! Ci penso io!", fece Fernandello tutto baldanzoso ed entusiasta avvicinandosi alla donzella con un grimaldello in mano.
Non fece neanche un passo che Amleto lo prese per il collo "fermo là tu, dove vai... torna a lavorare, sfaticato!" e lo spinse verso gli incudini con un calcione nel sedere.

"Dunque...", tornò a rimuginare Amleto rovistando in un baule, "dove le ho messe... ah si, eccole qui."
Detto fatto, tirò fuori un grosso mazzo pieno di chiavi.
"Tieni", disse porgendolo alla fanciulla, "portale con te e provale per aprir la cintura di questa tua amica... poi torna da me e fammi sapere di quale chiave devo fare la copia."
Isabella ringraziò con un inchino e svanì dall'armeria rapida come ne era entrata.

"Non voglio sapere perchè hai una chiave di tutte le cinture di Pola", fece Filottete scrollando la testa, "decisamente non voglio saperlo!"
"Oh Filottete, non essere malizioso!", ribattè Amleto, "In realtà è molto semplice... perchè da buon fabbro, le cinture le ho fatte io. Questo è quel che io chiamo un affare a due stagioni!"
"A due stagioni?!"
"Si... l'inverno, quando qualche uomo preoccupato viene a chiedermi di forgiare la cintura... e l'estate, quando puntualmente la relativa fanciulla passa a domandarmi se io abbia un doppione della chiave. Guadagno dalla cintura e guadagno dalle copie!"
"E a Pola sono tutti contenti!", esclamò Fernandello ammirato.
"E cornuti...", ribattè Filottete con aria disgustata.
"Non sposatevi mai, cari ragazzi miei!", fu la conclusione di Amleto che ridendo se ne tornò in panciolle, o meglio in profonda riflessione, sulla sua comoda sedia vicino alla finestra.

Durò poco.
Il tempo che Filottete facesse per la decima volta, in quella giornata, la conta di tutti i validi motivi per licenziarsi finchè era in tempo, quando all'improvviso Lady Patty, sindaco di Pola, irruppe nell'armeria.
"Uh... altra cintura?", borbottò Amleto prima di alzare lo sguardo. Poi lo fece e si rese conto che aveva toppato. "Uh oh..."
Amleto non fece a tempo ad aprire bocca una seconda volta che venne travolto di domande, richieste e ordini vari in merito a quel che andava fatto al più presto.

Quando gli riuscì di spiccicare parola, Patty era già sparita dietro una nuvola di polvere.
"Cos'era quella...?", domandò Fernandello che non era originario di Pola.
"Il nostro amato sindaco", ribattè Filottete ben contento di aver visto Amleto trattato a quella maniera.

"Va bene...", disse Amleto rimboccandosi le maniche e alzando nuovamente il proprio deretano dalla sedia, "vediamo di darci da fare... distribuiremo i compiti equamente!"
"Dammi un pizzicotto, sto sognando", fece Filottete a Fernandello.
"Ahi! Non dicevo sul serio, idiota!", aggiunse poco dopo.

"Silenzio voi due, dunque vediamo... Filottete, tu finirai i coltelli, sai già come fare quel lavoro. Fernandello, tu andrai all'Arena a dare un paio di buone martellate ai cancelli. Filottete, più tardi prenderai la scala e andrai alla taverna due marzo, sistemerai l'insegna. Fernandello, quando tornerai farai un doppione delle chiavi del municipio. Infine, cari miei apprendisti, poichè non voglio che siate troppo a lungo divisi nel momento della fatica, andrete entrambi in spiaggia per distribuire gli ami e valutare le condizioni delle chiglie."
"E QUESTA TU LA CHIAMI DISTRIBUZIONE EQUA?", si lamentarono i due in coro.
"Certo... non ho forse dato il medesimo numero di incarichi ad entrambi? Forse che ho favorito uno dei due, a discapito dell'altro? Non tacciatemi di parzialità, ve ne prego. Ah e per favore... prima di andarvene stasera, date una pulita a questa bottega... è tutto sottosopra, che diamine!!!"

Non vi fu verso di replicare, se non che emettendo i lamenti più disparati.
Filottete prese gli strumenti di lavorazione per i coltelli e se ne andò nella stanza accanto per iniziare il lavoro.
"Avrei potuto fare il mercenario in qualche guerra cruenta e morire sgozzato alla mia prima battaglia ma invece noooooo, dovevo venir qui a fare l'apprendista. La mia solita fortuna! Oh, quanto sono fortunato!", esclamò prima di scomparire nel retrobottega.
"Uff uff l'Arena è lontanissima da qui", si lamentò Fernandello uscendo con gli arnesi in spalla, "mi domando se questa non sia schiavitù... ah si, è proprio una fatica da schiavi..."

Quest'ultima affermazione infastidì non poco Amleto. Fissò Fernandello con uno sguardo raggelante e quest'ultimo senza dir nulla uscì di gran corsa in direzione dell'Arena.

"Schiavitù...",
pensò tra sè e sè,
"...se solo sapeste cosa significa... no... spero invece che non lo comprendiate mai..."

Senza dir nulla, tornò verso il suo tavolo da lavoro.
V'eran posate due missive, che prima non aveva notato.
"Le hanno portate per te questa mattina.", fece Filottete notando con sorpresa lo sguardo nervoso di Amleto, "non so di che si tratti. Non mi permetto di leggere le tue lettere. Spero però che siano buone notizie..."
"Si si,,, va bene, grazie", fece Amleto sorridendo.
"Dunque vediamo... Marco... Marcolando. Mmmmh... questa viene dal ducato di Modena... sarà meglio che la legga con calma domani. E quest'altra? Uh! Questa è di Haiku, ne avrà combinata qualcuna delle sue. Beh, non mi interessa. Tieni Filottete, puoi tenerla tu."
E così dicendo la tirò, ancor chiusa, nelle mani di FIlottete.
"EH?! E CHE CAVOLO CI FACCIO IO, CON QUESTA LETTERA?!"
"Che vuoi che ti dica? Spediscila a qualcuno, no?"

Quando si comportava così, discutere con lui era impossibile.
E le cose non cambiarono per il resto di quella giornata.

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Misery
Verona, 8 settembre 1457….l’alba

Le due spade cozzarono una conto l’altra esplodendo in rumore freddo e metallico e l’impatto tra le due lame li fece vacillare senza, però, perdere l’equilibrio.
I colpi arrivarono violenti e veloci accompagnati da urla di rabbia generate dalla foga di avere la meglio. Gli occhi studiavano ogni movimento alla ricerca di un punto debole o di un attimo di esitazione mentre i corpi si muovevano in sincronia perfetta scagliandosi uno sull’altro indietreggiando e avanzando come in una elegante danza mortale. Un fendente si librò così vicino al volto da sentirne il freddo taglio sulla pelle…e tutto accadde in un attimo: un istante infinito, un respiro smorzato, un braccio che si stende affondando la spada, che sporca di sangue, smette di brillare…un urlo…


Si rizzò a sedere, sudata e ansimante con gli occhi sgranati e il cuore in tumulto.
Gli occhi si abituarono quasi subito alla fioca luce che penetrava nella tenda e le orecchie iniziarono ad accogliere i rumori del giorno: era stato solo un incubo.
Si guardò attorno per riprendere il contatto con la realtà e, nervosa, si passò le mani tra i capelli. “Mio Dio” pensò. Tornò a chiudere gli occhi emettendo un profondo respiro e sentendo il cuore battere di nuovo regolarmente.
Misery si lasciò andare esausta sdraiandosi di nuovo e appoggiando il dorso della mano sulla fronte ancora imperlata di sudore.
Rimase ferma così, immersa nel buio per qualche infinito minuto. Si concentrò su ciò le stava accadendo intorno. Un gallo da lontano salutò il nuovo giorno e un fischio acuto si accompagnò il suo canto. Pochi istanti dopo il verso di un falco risuonò nell’aria e si udì un battito d’ali “Elos”. Quel pensiero ebbe l'effetto di calmarla all'istante.
Misery sorrise dandosi della sciocca“Se ti agiti così per un incubo cosa pensi di fare quando sarai a Pola” si disse.
Si alzò e si rivestì in fretta uscendo poi dalla tenda e stingendo gli occhi al chiarore improvviso del sole che le colpì il volto. Elos era a pochi passi da lei con il falco appoggiato al suo avambraccio, doveva essere sveglio da un bel po’.

Buon giorno! Dormito bene? Gli chiese. Elos la osservò preoccupato Per nulla dato che mi hai svegliato tu con le tue urla le rispose.
Misery tornò seria per qualche istante Oh mi dispiace, devo aver fatto un incubo. Ieri sera sono stata ospite della Contessa Scilaii e forse le cotolette alla milanese non sono il pasto più adatto prima di mettersi a dormire anche se devo ammettere che erano eccezionali senza parlare della sua crostata di ciliegie. Peccato tu non sia venuto ti sei perso una cena fantastica Scilaii è un’ottima cuoca e una splendida padrona di casa” Si mosse avvicinandosi a Prince e accarezzandogli il muso Buon giorno anche a te gli sussurrò poi tornò a rivolgersi ad Elos Ho bisogno di una rinfrescata. Ho visto che qui vicino scorre un fiume, vado a fare un bagno e torno. Vieni con me? E poi ce ne andiamo a fare una buona colazione offro io così mi farò perdonare di averti svegliato disse slegando le briglie di Prince
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Elos
Verona, 8 settembre 1457….l’alba

Elos osservò misery avvicinarsi al cavallo, si stupiva ancora della forza di quella donna.
Conosceva bene i tumulti che la turbavano, che non la facevano dormire serena, eppure continuava a volersi mostrare tranquilla e forte sia nei gesti che nelle parole.
Proprio per questo lui era li silenzioso al suo fianco, per aiutarla a superare quei momenti senza dover dire o fare nulla.
Si avvicinò al cavallo sorridendo disse "guarda che se anneghi io non ti salvo ... mi libererei in un sol colpo di tutti i miei grattacapi ... "rise forte e con uno strattone invitò il destriero a correre verso il lago.
Giunto prima di lei si tolse gli abiti, la lunga cicatrcie sul petto fece ampia mostra di se ... aveva proprio voglia di un bel bagno e misery aveva bisogno di allegira intorno a se.
Prese una breve rincorsa e si tuffò in acqua percorrendo un breve tratto sott'acqua riemerse poco lontano dalla riva ...

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Misery
"Misery arrivò alla sponda del fiume scendendo dal dorso di Prince lasciandolo libero di bere e si fermò ad osservare Elos sparire sott'acqua per poi riemergere qualche istante dopo" Però, per essere un attempato cavaliere te la cavi bene gli urlò sorridendo.
Velocemente si tolse i vestiti e gli stivali rimanendo solo con la sottoveste che le lasciava scoperte le spalle, le braccia e le lunghe gambe e si avvicinò all'acqua che subito le lambì i piedi. Il contatto con la fredda ed umida superficie le provocò un piacevole brivido.
Continuò a camminare verso il centro del fiume fino a quando il livello non le arrivò a metà delle cosce dopodichè si tuffò nuotando sott'acqua e spuntantando accanto ad Elos.

Che meraviglia, ci voleva proprio per svegliarsi Disse gettando indietro con le mani i capelli bagnati.
Dopo qualche secondo si rituffò sott'acqua e con le mani afferrò le caviglie di Elos facendogli perdere l'equilibrio e trascinandolo giù per poi riemergere e con larghe bracciate si allontanò da lui. Dopo qualche metro si girò su sestessa sostenuta dall'acqua e ridendo osservò la testa di Elos tornare in superficie

Attento a non essere tu quello che affoga amico mio. Non credo riuscirei a portarti a riva sei troppo pesante ed io solo una debole ragazza Elos la guardò con sguardo minaccioso. Misery, intuendo i suoi pensieri ricambiò lo sguardo Non osare ma già tentava di scappare nuotando
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Amleto
Pola, notte tra il 7 e l'8 Settembre

"Schiavitù..."

Nè la volta scintillante di luna e ricca di stelle, nè il comodo giaciglio notturno riuscirono ad ammorbidire i pensieri del cavaliere scarlatto, quella notte.
Normalmente Amleto non avrebbe dato la benchè minima importanza alle parole dell'apprendista, troppo giovane per comprenderne appieno il significato. Ma la domenica era appena trascorsa ed essa, unitamente al pensiero della serie di eventi che di lì a poco avrebbero avuto luogo, aveva portato la mente dell'uomo a navigare nel mare in tempesta di vecchi ricordi e pensieri.

Era cominciato tutto in una notte simile, distante nel tempo poco più di un anno. Con una luna luminosa e un cielo stellato.
In un accogliente capanno, nella cittadina costiera di Port Lairge in Irlanda, viveva una coppia di giovani pastori. Era una notte fresca, di quelle che richiedevano qualche coperta affinchè si potesse dormire serenamente.
Il giovane dai capelli scuri si alzò dal giaciglio, accarezzò il corpo nudo della sua donna e infine le risistemò addosso la coperta affinchè non prendesse freddo. Mentre lei, nel dormiveglia, sussurrava qualcosa e cercava con la mano il calore del suo compagno.
Si fermò a fissarla per un po'. Sorrise, le passò la mano tra i capelli.
Poi silenziosamente si rivestì e uscì di casa col bastone in spalla. Il giovane pastore era un guardiano, aveva compiti di vedetta per conto della Waterford Guard, la guardia irlandese di Port Lairge.
In quei giorni, la maggior parte degli altri guardiani aveva abbandonato la cittadina per una missione e si trovavano a svariate miglia di distanza. Forse tra Lios Mòr e An Caiseal, difficile esserne certi.

Non aveva poi molta importanza. Era una serata tranquilla, come tante.
Una notte di quelle che uno avrebbe passato volentieri seduto contro il tronco di un albero, mezzo addormentato, aspettando semplicemente che sorgesse l'alba per poter tornare a casa propria ed essere accolto dalla donna amata. Come il gabbiano tornava sugli scogli per osservare l'orizzonte. Come il marinaio tornava al porto dopo aver solcato i sette mari. Come le anatre verso un clima caldo. Come tutti loro, anch'egli sarebbe ritornato.

C'era dunque solo da far trascorrere quella notte, appunto. Che scivolava serena, come il vento che soffiava tra gli steli d'erba sulla collina ove il guardiano s'era appostato.
Osservava i fuochi da campo in lontananza. Non era strano avvistarne, nei dintorni. Accampamenti di viaggiatori, corpi militari o semplicemente gente che si scaldava nel più semplice modo che avesse a disposizione.

Eppure il guardiano, voltandosi verso occidente, vide d'un tratto una pira divampar più grossa delle altre. Inconsueta, inattesa. La colonna di fumo s'alzava alta e imponente nel cielo. Poi un altro focolaio. Un altro ancora. S'alzò per osservare meglio. Non comprese, inizialmente.
Non aveva mai vissuto un'esperienza simile prima.
Un grido squarciò il silenzio notturno.

Non era una notte serena, non lo era assolutamente.
Era invece la notte peggiore della breve storia di Port Lairge.
Alle prime luci dell'alba dell'otto Luglio 1456, approfittando della complicità del sindaco locale, il temuto condottiero Anto_Capone entrava a Port Lairge alla guida di un'imponente esercito nomato "nngo" e si impossessava della città. Le poche resistenze vennero rapidamente spazzate via.
Il giovane guardiano era lassù, in cima al colle, e vide i fuochi progredire verso l'interno della città. Un'atmosfera surreale e terrificante, vista da quel luogo così beffardamente calmo. Giungeva chiaro e tagliente il rumore di cavalli, di scontri, urla di gente che scappava. L'improvvisa calma aveva lasciato il posto ad un inferno di terrore e violenza cui nessuno era preparato.

In quell'osservatore sgomento, la battaglia interiore tra l'uomo e il soldato trovò rapida conclusione. Corse furiosamente verso la propria abitazione, sul lato orientale della città che ancora non era stato raggiunto dagli invasori. Vi giunse infine senza più fiato in corpo.
Irruppe in casa sbattendo la porta, spaventando la sua dama e intimandole di prepararsi alla svelta. Accennò qualche rapida spiegazione, se mai ne fossero servite nell'alba crepitante di fuoco che innaturalmente sorgeva oltre le finestre del capanno ad occidente. Rifiutò qualsiasi esitazione, spezzò qualsiasi desiderio della donna di restargli accanto. La spinse via energicamente e si tranquillizzò per un singolo istante solo quando la vide allontanarsi, assieme ad altri fuggitivi, verso la distante abbazia di Jerpoint nelle campagne a nord della cittadina.

Impugnò il bastone, respirò a fondo.
Si gettò verso le armate che erano giunte in prossimità della casa. Provò a difendere il suo giaciglio, la sua pace, la sua serenità. Ma non era capace di uccidere, non l'aveva mai fatto in vita sua. La vita umana per lui aveva un valore sacro e questo, in una guerra, era il peggiore dei difetti. Dopo alcune effimere vittorie in brevi scaramucce contro quelli che parevan più saccheggiatori e sciacalli che soldati, gli si parò dinanzi qualcosa di terrificante. Un enorme uomo, alto due metri, dalla folta barba scura. Impugnava un'ascia grossa come l'asse di un carro. Le gambe gli tremarono, non per la vista di un simile colosso, bensì per la spaventosa furia omicida che brillava nei suoi occhi.

Il giovane guardiano si lanciò in un attacco disperato. Inutile. Venne sbalzato contro il muro da una singola manata di quell'uomo e perse i sensi, mentre quel gigante lo guardava e rideva. Schiacciato, come un insetto fastidioso.
L'ultima cosa che avvertì nel torpore e nell'oscurità, era un freddo intenso attorno a polsi e caviglie. Quello dei blocchi metallici che lo costringevano in catene. La guerra era persa, coloro che avevano resistito erano stati rapidamente catturati. Il guardiano aveva visto mutare in pochi istanti il proprio destino. Non più anatra che tornava al caldo tepore, bensì schiavo in un girone infernale.


Si ridestò di soprassalto da questi pensieri, sol per notare che il sole era oramai sorto.
Amleto osservò i propri polsi. Le cicatrici lasciate da quelle catene sembravano tornate a far male come fossero nuovamente ferite. Sentì il bisogno di recarsi sulla spiaggia nelle vicinanze e solo un bagno gelido gli tolse di dosso la sensazione di calore, fuoco e fiamme che ancora avvertiva come fosse reale.

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Elos
Verona 8 settembre 1457 ... alba

Elos rimase imbambolato di fronte alla bellezza di misery, sentiva le sue parole ma in realtà non ascoltava affatto cio che lei gli stava dicendo ... tanto era l'incanto che rimase vittima del suo scherzo ...
in men che non si dica si ritrovò sottacqua a bere abbondanti sorsi del lago, fece un balzo uscendo dall'acqua come un delfino che balza fuori dal pelo del mare ....
si voltò all ricerca della sua vittma che vanamente cercava di fuggire al suo destino, con rapidi movimento afferrò la dama la prese in braccio e la lanciò facendole fare un fragoroso tuffo in mare ...
i due continuarono a scarventarsi nel lago a vicenda ridendo fragorosamente senza rendersi conto del tempo che passava ....

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Misery
Verona, 8 settembre 1457...sera

Un'altro giorno era giunto alla fine ed era arrivato il momento di lasciare Verona.
Misery chiuse le sue sacche riponendole sul dorso di Prince con il volto ancora illuminato dai sorrisi della giornata appena trascorsa.
Le risate al fiume con Elos le avevano fatto dimenticare per un pò ogni pensiero le pesasse nella mente e le aveva regalato una giornata serena e leggera. Qualunque cosa sarebbe successa da li in avanti sapeva che quel giorno lo avrebbe ricordato per sempre.
Avevano trascorso il pomeriggio girovagando tra le splendide strade di Verona e nelle taverne della città fino al giungere del tramonto che segnò il momento di partire.
Dalla cima della collina dove si erano accampati Misery volse lo sguardo alle luci tremolanti che illuminavano la piazza e le strade sospirando: non l'avrebbe mai dimenticata

Elos, sono pronta andiamo pure mise un piede nella staffa e salì sul dorso del suo cavallo che si alzò di pochi centimentri sulle zampe posteriori pronto alla cavalcava che l'attendeva.
Elos le si mise accanto per una volta senza ombre sul volto e Misery lo guardò sorridendogli prima di alzare il cappuccio che le coprì i capelli ed il volto.
Lontana dallo sguardo dell'amico il sorriso si spense mentre nella mente avanzò di nuovo e prepotente il pensiero dell'uomo che stava per raggiungere. Si chiese se anche Amleto sentisse la tensione per quell'incontro anche se la logica le diceva che, uomo d'armi qual'era, nulla poteva probabilmente turbarlo e di sicuro non ci sarebbe riuscita una semplice donna straniera. Sospirò silenziosa.
Tirò indietro le briglie facendo voltare Prince di lato. "A presto" pensò tornando a guardare la città e con un piccolo colpo ai fianchi lanciò il cavallo al galoppo sulla strada che l'avrebbe condotta più vicina al suo destino.

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Amleto
Pola, 8 Settembre... sera

La giornata era trascorsa piuttosto tranquilla.
Amleto era rimasto più taciturno del solito e le poche volte che aveva dato ordini agli apprendisti l'aveva fatto in modo spiccio e conciso, senza metterci quella teatralità tra il sadico e l'ironico con cui amava condire la descrizione dei vari incarichi assegnati.
Fernandello, nella sua (scarsa) sveltezza di mente, non c'aveva minimamente badato.
Filottete invece, in possesso di una sensibilità fuori dal comune, aveva intuito rapidamente che qualcosa non andasse e aveva preferito evitare di sfoderare la consueta alacrità nelle risposte.

La sera, Amleto si dedicò alla lettura di quella lettera proveniente da Modena, firmata nientemeno che dal Marchese Marcolando in persona. Non c'erano mai stati rapporti di alcun tipo tra i due uomini, così diversi tra loro, ma Amleto ben sapeva chi fosse costui.
E proprio la consapevolezza di chi si trovava di fronte, perlomeno epistolarmente, non ne migliorò affatto l'umore. Specialmente quando lesse un passaggio preciso della lettera: "...e in quanto ancora innamorato di lei..."

Amore. Speranza. Destino.
Amleto prese un foglio, lo sbattè sul tavolo, impugnò una penna, la intinse nell'inchiostro e scrisse di getto una risposta. Non alzò lo sguardo neppure una singola volta per pensare a ciò che scriveva mentre l'inchiostro, danzando sul foglio, dava origine ad una lettera dai contenuti spietati. Troppo, perchè si trattasse del cavaliere pacifico e giusto che tutti a Pola conoscevano.

Giunse ad un passo dal firmarla quando la mano finalmente esitò.
"No... non è così che deve essere..."
Accartocciò quel foglio di pergamena e lo gettò tra trucioli di legno e tra gli scarti che avrebbe buttato o fatto gettare dai suoi apprendisti il giorno dopo.

E preparò una nuova missiva.



Stimato Marchese,
comprendo bene come il nobile spirito e ancor più i sentimenti possano portarti a voler divenire scudo per la donna amata. Probabilmente, nella tua situazione, sarei portato a compiere il medesimo gesto.

In virtù di questo e benchè non ami mentire, non dirò niente alla Contessa di questa lettera.
Farò dunque come se non l'avessi mai ricevuta.

Ciònonostante, tornare indietro a questo punto non è possibile. Non lo farei io e soprattutto, la conosci bene, non lo farebbe neppure Misery. Ciò che è accaduto nel quindici di Giugno ha segnato inevitabilmente la vita e la strada di entrambi.
A noi, oggi, non è dato altro che di percorrerla.

Sarò onorato di riceverti a Pola se vorrai intraprendere ugualmente questo viaggio.
Se vorrai sfidarmi, quali che siano le tue motivazioni, così sia. Ciò che farai sarà unicamente darmi la possibilità di portar meglio avanti ciò che ho iniziato. In fin dei conti, la tua posizione e quella di Misery non sono davvero diverse.

A presto.
Amleto Cactus



nota: l'assenza del "voi" non è da considerarsi come una volontaria mancanza di rispetto da parte del cavaliere scarlatto, benchè chi riceva la missiva possa ovviamente interpretarla come tale; Amleto, nella sua caratterizzazione, non ha mai dato del voi a chicchessia

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Misery
Padova, 9 settembre 1457...alba

Le prime luci dell'alba diedero forma ad una nuova città veneziana: Padova.
Quando Misery entrò nelle sue mura tutto era ancora immerso nel silenzio dono di Morfeo e l'unico segno di vita era rappresentato dalle guardie cittadine che vegliavano sulla sicurezza delle sue alte recinzioni.
Se Verona era sembrata una città carica di storia e ferma nel suo passato, Padova non era certo da meno.
Le vecchie mura romane la rendevano una vera cittadella fortificata e molti ed illustri erano i maestri e i poeti ai quali la città aveva regalato i natali.
Misery vagò per le strade della città con lo stesso entusiasmo che la colse nello scoprire Verona e si chiese se davvero la Serenissima non fosse terra di strane magie perchè se ne sentiva sempre più stregata: così immersa nella pianura e così ricca di fiumi e canali, con le sue dolci colline colorate di un verde brillante, le sue mille contraddizioni... Venezia si stava dimostrando davvero una terra splendida.
Persa nelle sue riflessioni non si accorse che Elos la stava osservando incuriosito. Sentì all'improvviso il suo sguardo fisso su di lei

Che c'è? chiese rendendosi conto che doveva essere strano vederla così imbambolata come una ragazzina
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Elos
Padova 9 settembre 1457

Di città in città Elos si godeva quel viaggio pur sapendo che l'epilogo sarebbe stato poco allegro, aveva grande fiducia nelle capacità di misery e non era cosi convinto che fosse destinata a soccombere nel duello che l'aspettava ....
Sempre più spesso si soprendeva a fissarla scoprendone sempre nuovi aspetti che lo affascinavano, inevitabile che prima o poi lei se ne acorgesse
Alla domanda d misery rispose serafico
" ti guardo misery ...."
fece una breve pausa tentato di dire veramente cio che gli passava per la testa, ma poi decise diversamente
"d'altra parte sei l'unico essere umano sveglio in paese a quest'ora, a parte le guardie, .... e sinceramente invidio chi se la stà beatamente dormendo"
detto ciò fece finta di essere interessato ai monumenti del paese ...

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Haiku
Intanto a Verona ...

Anche quella mattina Haiku si era svegliata presto .
Ormai ogni notte risposava poco e male e la mattina all'alba era già sveglia del tutto.
Aveva bisogno di prendere aria, di passeggiare un pò e così decise di andare per le campagne veronesi .
Un po’ di aria pura, raccogliere fiori e guardare i meravigliosi paesaggi veronesi le avrebbe donato un po’ di ristoro.
E così si era lanciata al galoppo per raggiungere in fretta la campagna.
Giunta a destinazione, legato il cavallo, si era inoltrata per la campagna.
Ad un tratto gli occhi avevano cominciato a brillarle, guardava quei rovi , c'erano delle more grandi, mature e succose che abbinate alle ciliegie, sarebbero state favolose nella crostata di Scila.

Slurp ! ho già l'acquolina in bocca , pensava Haiku

(zitella e acida lo era , mancavano solo i chili di troppo poi il quadro era davvero splendido … giusto un mobile , di quelli da cambiare , ma vabè lei era così , ormai era rassegnata al fatto di non trovare mai qualcuno che la sopportasse per la vita, tanto valeva godersi la vita è_é)

Una dopo l’altra raccoglieva more, tante more, il suo cesto ormai era colmo, poteva rientrare soddisfatta, ma prima di andare da Scila pensò di passare da Misery per dirle che in serata ci sarebbe stata una crostata super!
Stava raggiungendo l’albero dove aveva legato il cavallo quando guardando in alto, sulla strada vide due figure note

Ma, ma.. quella è Misery! E quello è Elos! Stanno andando verso Padova!!

Miseryyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy !!!! Elossssssssssssssssss!

Accidentacciooooooooo, il cavallo… dove sta il cavalloooooooooooo…??


Cominciò a correre, le more che cadevano dal sacchetto, inciampò e cadde , si rialzò e gridò ancora con quanto fiato aveva in gola… (dire che sembrava una demente era assai poco)

Miseryyyyyyyyy fermatiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, aspettamiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii… aspettamiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

Nulla.

Misery non riusciva a sentirla, aveva lanciato Prince al galoppo ed era già sparita all’orizzonte.

Ad Haiku non rimaneva che tornare a casa e chiedere aiuto a Potterino.

Pottoo, Pottooooooooooo , Pottooooooooooooooooooooooooooooooo ! Accidenti se sei sordo!

Haiku, calmati, se mi chiami 3 volte nel giro di uno starnuto non so davvero come fare a rispondere..

Se vabè, Potto sei lento , troppo… la vita è breve e bisogna darsi da fare!

Sì ok Haiku, adorata creatura (quando stai zitta, sicuramente, ma quando sei un pò pressata... che Aristotele ci assista ...pensava Potterino ) , dimmi tutto

Potto, lo so che sei stanco, sono mesi che viaggiamo, ma perdonami se te lo chiedo! dobbiamo partire subito, Misery… non so cosa sia successo, è partita! Dovevamo partire domani mattina, ricordi??? ma è andata via oggi! L’ho vista per strada, andava in direzione Padova , l’ho chiamata con tutto il fiato che avevo in gola, ma non sono riuscita a farmi sentire e io devo assolutamente raggiungerla! Sicuramente si fermerà a Padova per ristorarsi, quindi se partiamo subito riusciamo a raggiungerla!

Ricordi?? cosa devo ricordare?? disse Potterino

Potterino la guardava e scuoteva la testa , era abituato alla rintronatezza di Haiku, non si meravigliava più di nulla ormai, il problema era dirle che Misery aveva detto chiaramente che sarebbe partita in giornata e che a lei era sfuggito, quindi nulla di strano era accaduto… , tirò un bel respiro , si fece coraggio e cominciò a parlarle

Haiku, ehm ecco… io.. in realtà…. magari…

The_Prince!!
!- esclamò Haiku, mentre guardava dalla finestra

Potto , guarda! c’è The_prince , evviva! Sono contentissima di rivederlo e sai mi aveva detto a Modena che sarebbe andato in giro per il Veneto, magari posso partire con lui per raggiungere Misery! Gli vado incontro !
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Oh Santo Aristotele, ti ringrazio, pensò Potterino, per poi dire

Ma sììì è una bellissima idea , Haiku ! mentre Haiku era già sparita dalla sua vista

Eh sì, a volte anche lassù, in alto si guarda con benevolenza qualche folle
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Amleto
Pola, 9 Settembre 1457, sera

Al termine di una giornata particolarmente faticosa, trascorsa a martellare chiodi e alzar rinforzi per i lavori di ristrutturazione dell'Arena di Pola, Amleto tornò finalmente tra le mura domestiche.

Per una volta, s'era degnato di lavorare fianco a fianco con i due apprendisti.
Anche perchè Filottete, pur denotando un certo talento nei lavori di precisione, aveva non pochi problemi quando si trattava di trasportare carichi pesanti. Amleto pensava che quel ragazzo avrebbe dovuto decisamente mangiare di più.
Fernandello, per contro, non difettava certo per forza fisica. Il problema con lui era semmai tutto il resto.
Scrollò la testa e decise di non pensarci più.

Il cavaliere si recò per un istante nell'armeria accanto alla propria casa, per lasciarvi un martello e una tenaglia che avevano adoperato presso l'Arena. Già si figurava il disordine che l'attendeva. Come aveva giustamente lamentato la stessa Patty, in forgeria gli attrezzi da lavoro erano sparsi un po' dovunque e c'era proprio bisogno di una pulita.

Fu con l'immagine di quella baraonda impressa nella mente che Amleto aprì la porta d'ingresso dell'armeria, ritrovandosi poi a fermarsi di stucco.
"Eh?!"
Buona parte dell'armeria era stata ripulita e tirata a lucido, diversi attrezzi appesi ai sostegni nel muro. Non al posto giusto (perlomeno secondo Amleto), ma comunque qualcuno aveva fatto del proprio meglio per rendere la forgeria un posto più gradevole.

Tuttavia, sembrava che il lavoro fosse stato lasciato a metà. Nei pressi dell'ingresso v'era ancora disordine e a poca distanza, sul pavimento, c'era tutto il ciarpame che avrebbe dovuto essere gettato via. Amleto osservò quel cumulo di ferraglia e trucioli.
Gli sembrò che mancasse qualcosa.
"Forse Fernandello e Filottete avranno voluto farmi cosa gradita. In fin dei conti, solo loro hanno le chiavi dell'armeria. Però non hanno gettato tutto... quei due lavativi... sono pigri e inconcludenti persino quando provano a fare un bel gesto..."

Sorrise e richiuse la porta, tornandosene a casa.
Complice la stanchezza, s'addormentò rapidamente.

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Elos
Venezia 10 settembre 1457

Acqua .... ovunque ....
Elos amava il laghetto di mantua do'vera nato, cosi come quello delle colline sopra modena, di tanto in tamto adorava tuffarsi in quelle fresche acque ... ma a venezia era decisamente troppo.
Lui abituato ai boschi, alle foreste non riusciva ad abituarsi all'idea che in una città ci potesse erre tutta quell'acqua ...
A spezia aveva visto per la prima volta il mare, ma era diverso, li la linea di confine tra il mare e la terra era netto ... a venzia no ... i due elementi sembravano fondersi in un'unica inquietante alchimia ...
basta fare due passi piu in la nel marciapiede per finire a bagno ...
Enorme disagio provava l'uomo che cercava di non far notare quanto camminasse rasente i muri per la paura di distrarsi finendo in uno di quei maledetti canali ...
Non riusciva a capire cosa ci trovasse di affascinante la gente in quella città immersa in una pozza ...

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Misery
Venezia, 10 settembre 1457...tarda mattina

Misery osservava divertita il disagio di Elos senza riuscire a nasconderlo. Da quando erano arrivati nella splendida capitale della Serenissima non aveva smesso un secondo di brontolare per i numerosi canali e la troppa acqua e lei scoppiava a ridere ad ogni borbottio dell'amico che la definiva una enorme pozza.
Misery, invece, la trovava bellissima e molto singolare con i suoi numerosi ponti con balaustre in marmi e gessi lavorati, i canali che affiancavano le strade e come sfondo il rumore dell'acqua ovunque ci si girasse.
Venezia aveva colpito Misery al di la delle sue aspettative. Quando il mattino aveva restituito la luce alla città ne aveva scoperto i meravigliosi colori e l'allegra vita e tovava divertente il suono del modo di parlare veneziano.
Con piacere aveva appreso che Dircolab, il suo adoratissimo Dirc, era appena stato eletto sindaco e che li si trovavano altri carissimi amici che non vedeva da molto tempo. Presto avrebbe incontrato la sua cara Lute e Pietro.

Su brontolone andiamo a cercare un posto dove sistemarci e poter riposare e quale miglior posto della riva del lago? Non dirmi che intendi perderti questa meraviglia gli disse sorridendo e guidando Prince verso l'enorme distesa d'acqua veneziana
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