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[RP] Una promessa da mantenere

Misery
Venezia, 13 settembre 1457...pomeriggio

Luthe raccontò all'amica ciò che era successo e perchè si trovasse a casa Foscari. Misery l'ascoltò con attenzione, ma non riuscì a trattenere una risata immaginando Elos che prendeva a calci la porta della villa

Sarà stato arrabbiatissimo disse.
Le ore successive erano passate tranquille e Misery pensò che non tutto il male veniva per nuocere, almeno aveva avuto occasione per stare un pò in compagnia di Marianna. Le due donne si raccontarono praticamente tutto ciò che era loro capitato dall'ultimo loro incontro.
Dopo una giornata passata a godersi le attenzioni dell'amica Misery si sentì decisamente meglio e decise che era giunto il momento di alzarsi dal letto. Com'era prevedibile fu subissata dalle proteste della contessa che non intendeva farla muovere da dove si trovava. Misery sorrise e non con poca fatica riuscì a convincerla che davvero si sentiva meglio e che doveva assolutamente raggiungere Elos e partire. Luthe la guardò sconsolata dandole della mula cocciuta. Misery scoppiò a ridere abbracciandola stretta e ringraziandola di tutto quello che aveva fatto per lei scusandosi per averle dato tanto pensiero. Salutò la cara Alienor chiedendole di prendersi cura della sua Signora e, dopo aver ringraziato il medico che l'aveva curata, prese Luthe sotto braccio e con lei si avviò verso il cortile. Marianna diede disposizioni ad un servitore di scortare Misery fino al suo accampamento. Dopo un lungo abbraccio carico di emozione le due donne si separarono.
Appena svoltato l'angolo della casa Misery si scontrò con qualcuno che arrivava di corsa e si trovò irrimediabilmente sdraiata a terra aggrovigliata braccia e gambe con Haiku sdraiata su di lei.
Misery la guardò stupita mentre cercava di rialzarsi

Ehi, ma allora è vero...voi veneziani mi volete tutti morta, ma dico io non potreste trovare un modo un pò meno doloroso? Se rompermi le ossa, poi, è il tuo sistema per impedirmi di raggiungere Pola....direi che sei sulla strada buona amica mia e scoppiò a ridere massaggiandosi la schiena e allungando una mano per aiutarla a rialzarsi
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Lutetiae
Richiuso il portone Marianna si ritrovò con Alienor davanti a lei con una teiera in mano...
Avevo preparato un the bambina mia... farfugliò un po in difficoltà e con tono un po' di rimpovero..
Marianna la guardò con un aria a metà fra il rassegnato ed il preoccupato..
Uhhh adesso chi la sente...." l'ospitalità, la cortesia.. non si fa andare via un ospite così..bla bla bla "
Prima che potesse aprir bocca, afferrò la teiera e le disse
Si si certo, non dire nulla! Arrivo subito!
Aprì il portone e corse fuori con la teiera in mano...
Svoltato l'angolo vide Miriam che si rialzava...aiutata da Haikuuuu!!
Lo vedi che sei davvero una mula testarda????? le urlò da lontano
Neanche svoltato l'angolo e sei già a terra!!!!Per fortuna che hai incontrato lei!!

Ma che dici Luthe!!! Non è come pensiiiiiii, io e Haiku ci siamo sc.... Ehy! Ma che hai in mano???

Marianna si fermò di botto davanti alle due ragazze, guardò la sua mano destra e vide.... la teiera!!!!

Oh Signore! Pur di non sentire Alienor che mi rimproverava l'ho acchiappata e son uscita al volo!!
Col braccio libero abbracciò Haiku e scoppiarono a ridere..
Annusò la teiera...
mmmm sa di buono... ma ci mancano le tazze ora!
Le due la guardavano incredule e morte dal ridere.. Marianna si ricompose e con un sorriso da schiaffi disse
Vi accompagno all'accampamento hihihihih

Marianna chiamò un gondoliere e con la teiera in mano molto disinvoltamente gli indicò la strada, lui chissà che pensava, ma ubbidì agli ordini della Contessa trattenendo una risata...
Arrivati all'accampamento di lontano Miriam vide Eolos che si esercitava con la spada insieme a... Oh mio Dio quello è Prince!
Le 3 dame si avvicinarono silenziosamente al concentratissimo spadaccino e arrivate a pochi passi da lui urlarono: Sorpresa!!!
Eolos si voltò per lo spavento e con una manovra maldestra fece roteare la spada andando a colpire la preziosa teiera!!
Destato dal rumore di cocci infranti e dalle forti risate il fedelissimo guarda spalle di Prince scattò in piedi sguainando la spada!
Le ragazze si guardarono in faccia e risero, ora si che sei al sicuro Miriam!!

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Haiku
Venezia, 13 settembre 1457 ( pomeriggio)

Era davvero bella Venezia, un vero spettacolo, suggestivo ed affascinante.
Haiku la stava ammirando scrutando ogni struttura attentamente poiché non poteva assolutamente perdere Palazzo Foscari, dove secondo lei avrebbe trovato Misery.
L’ultimo passante le aveva detto che avrebbe trovato Palazzo Foscari appena svoltato l’angolo.

Oh finalmente, ci siamo! e così dicendo allungò il passo per arrivare prima possibile a destinazione, mentre continuava a guardare le splendide opere che incontrava.
Appena svoltato l’angolo e sempre con la testa girata a guardare le strutture veneziane…..

Tumbbbbbbbbbbb

Si ritrovò a terra, sdraiata su qualcosa di morbido che ne attutì la caduta e più che dolorante, anzi per nulla dolorante, era frastornata.

Ehi, ma allora è vero...voi veneziani mi volete tutti morta, ma dico io non potreste trovare un modo un pò meno doloroso? Se rompermi le ossa, poi, è il tuo sistema per impedirmi di raggiungere Pola....direi che sei sulla strada buona amica mia e scoppiò a ridere massaggiandosi la schiena e allungando una mano per aiutarla a rialzarsi

Sei tremenda come sempre, Misery ! rispose Haiku, ridendo mentre prendeva la mano di Misery , evitando di stringerla troppo forte quasi temendo di farle ancora male

Poi disse

Accidenti a me ! Stai bene, cara? Ti è caduto un elefante addosso, mi spiace tantissimo tesoro, ma vedi, le crostate di Scilaii le ho messe tutte qui (indicando i fianchi ) e il risultato è quello appena visto, per la mia caduta a momenti si apriva un varco anche qui sulla terra ferma e c’inondavamo.

E risero ancora, quando dalle spalle si udì una voce assai familiare

Neanche svoltato l'angolo e sei già a terra!!!!Per fortuna che hai incontrato lei!!

Haiku si voltò e la vide : Lutetiae!
Era sempre più bella , non la vedeva dai tempi di Siena ed ora era lì, bellissima, anche se buffissima così elegantemente vestita e con una teiera in mano.
Haiku non potè fare a meno di ridere, mentre l’abbracciava e pensando che di quel passo si sarebbe tenuta la sagra delle pasticcione proprio a Venezia! (in fondo non era poi tanto malvagia l’idea, sicuramente innovativa... è_é)

Lutetiae per rimanere ancora un po’ con le amiche decise di accompagnare le due donne all’accampamento , sempre con questa teiera in mano...

La graditissima presenza di Lutetiae si sentiva, sembrava che il tempo volasse ,arrivarono all’accampamento subito, o così sembrava ad Haiku.
All’accampamento avevano riso ancora per altri episodi buffi .. .

Haiku guardava Misery ridere e provava una strana sensazione, aveva tanta ammirazione per lei, ma nel contempo provava un’infinita tristezza e uno strano senso di angoscia.
Da un momento all’altro si sarebbero rimesse in viaggio verso Pola e Haiku si era nuovamente rabbuiata

Benedetta Misery! Come poteva andare incontro al suo destino , senza curarsi minimamente di quel che le sarebbe potuto accadere?
Oh buon Dio, illuminami affinchè io possa trovare una soluzione prima che si compiano i giorni.

Nonostante tutto sembrava andare secondo i piani, Haiku continuava a sperare di trovare una soluzione.

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Solex
Pola, 13 Settembre 1457, mattina

Una domenica mattina tutt’altro che rilassante si prospettava per Solex.

Si destò dal letto con umore altalenante. La notte trascorsa fu dominata da pensieri derivanti da quelle lettere lette il giorno prima.

Un duello con Misery, la morte di Dani e tanta rabbia…
Da quelle lettere era ormai esplicito l’intento di Amleto di uccidere la contessa Misery pur di difendere l’onore di Dani.. Un gesto che poteva fargli onore e che poteva farlo sentire meglio con la sua coscienza.. ma per quanto tempo??
Ore.. giorni.. forse qualche settimana… poi si sarebbe reso conto di aver solo strappato la vita ad un’altra persona… senza aver ottenuto nulla. Quel che era successo, era successo.

Erano anni ormai che Solex conosceva Amleto, si riteneva una delle poche persone che riusciva a capirlo fino in fondo... ma questa volta era rimasta esterrefatta... doveva esserci qualcos’altro oltre a quella motivazione.
Dietro quelle lettere sembrava celarsi un velato sentimento nei confronti di Dani… un affetto particolare a quanto pare… un sentimento che rasentava qualcosa di forte… si parlava di perdita della persona amata. Che voleva dire?
Non se lo aspettava... possibile che non si fosse mai accorta di nulla? Non era un'altra la persona che Amleto aveva sempre amato?

Si diresse di buon mattino nella sua forgeria dove Amleto era solo a lavorare.
“Buongiorno”
Amleto restò a guardare l’incudine che stava martellando: “C’è gente che lavora qui” rispose malcelando il solito sorrisetto.

“Si lo so bene, scusami. Amleto avrei bisogno di parlare con te per cortesia, questione di pochi minuti.”
“In questo momento non è proprio possibile, dovremmo rimandare verso ora di pranzo.. anzi no, stasera perché per quell’ora devo tornare al cantiere dell’arena; accennami qualcosa cosi vedrò se sia il caso di parlarne”.

“Se ti proponessi di andare via per un po’ da Pola.. magari un viaggio.. mi accompagneresti? Ci terrei molto, però vorrei partire nel giro di pochi giorni!”

Lo sguardo di Amleto già tradiva la risposta: “No non posso! Ho altre cose da fare e altre cose per la testa! Fammi lavorare ora, non vedi che non è il momento!” il suo tono era duro.. troppo duro per una semplice proposta… proposta che in altri momenti avrebbe accolto con entusiasmo.
Solex restò a guardarlo senza dire una parola poi aggiunse: “Quali cose? Ti ho chiesto di partire per qualche giorno, non di trasferirci altrove! Possibile che quel che devi fare non sia rimandabile?”

“Non è possibile. Ne riparleremo tra qualche tempo, magari.”
Era evidente che Amleto aveva qualcosa di improrogabile.. già.. il duello con Misery..
Ma perché continuava a tenerlo nascosto? Cosa c’era di così importante per cui non era possibile farne parola con nessuno?? Cosa c’era di diverso dal duello fatto con Legio o con tutti gli altri?

“Non ti comprendo.. proprio non riesco… -iniziò a dire Solex a tono moderato - vorrei sapere cosa ti sta accadendo e perché ti nascondi dietro quella corazza! Con me poi!! Da quando sei rientrato dall’Irlanda c’è qualcosa che non va! E io non riesco a capire cosa!” quelle parole incaute uscirono spontaneamente dalla bocca della giovane donna.

L’udir quelle parole scatenò una reazione inaspettata in Amleto. Buttato il mantello sull’incudine, si avvicinò a Solex quasi con rabbia ma poi con tono, visibilmente controllato, le disse:
“Forse non sono più la persona che conoscevi prima di andar via dall'Irlanda.. o forse... Basta! Ora per favore vai via! Ho troppo lavoro arretrato e come puoi vedere i miei assistenti non ci sono”

Solex non riusciva a capire ma non insistette, prese la sua roba e scusandosi con l’amico per il tempo che gli aveva rubato andò via.
All’uscio della forgeria, senza voltarsi, lo salutò: “Amleto…” gli disse “sta attento, te lo chiedo per favore”. Come risposta udì solo il rumore del martello che batteva sull'incudine. Andò via.

Un giro sulle spiagge vicine alla casa di Amleto era quello di cui aveva bisogno…
Quell’ambiente così tranquillo le permetteva di mettere ordine nella sua testa.
Si sedette in riva, prese il suo album da disegno tra le mani e iniziò a sfogliarlo.. era davvero molto tempo che non disegnava qualcosa..
Forse aveva ragione Amleto, forse erano tutti un po’ cambiati da quando erano partiti da Piacenza alla volta della Castiglia e poi dell'Irlanda.

“L’Irlanda…” le sue labbra si mossero sole. Le capitarono tra la mani disegni vecchissimi.. disegni fatti prima del suo ritorno in Italia. C'era un bel quadretto con una distesa piena di verde e tanti alberi. V'erano ritratti Annalip, Jann, Mordrag, Amleto, Gretaluna. Nell'osservare l'ultima di queste persone, sorrise in un misto di tenerezza e amarezza. Nel ritratto la donzella era accanto ad Amleto e lo abbracciava. Erano davvero felici assieme.
“Se tu ci fossi ancora... sarebbe tutto diverso.”

Pensò di nuovo ad Amleto, pensò alla sua reazione nel sentir pronunciare la il nome di quella terra cosi verde e pensò ai suoi occhi; quelli non erano occhi di rabbia ma bensì di tristezza, quasi di dolore.

Si alzò in piedi. L’unica cosa da fare era scoprire cosa c’era dietro tutto. L’unica soluzione era seguirlo e capire da sola cosa stesse succedendo. Se il suo amico si stava cacciando nei guai, lei era una delle poche persone che poteva aiutarlo.

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Amleto
Pola, 13 Settembre 1457, mattina

*DENG, DENG, DENG*

Le campane annunciavano l'inizio della Santa Messa. Un'altra domenica.
La settimana era trascorsa in fretta, tra pensieri e lavoro da svolgere.
Era nuovamente giunto il momento di recarsi in visita.

La comparsa di Solex in bottega, qualche minuto prima, l'aveva innervosito non poco. Per fortuna era riuscito a far sì che la fanciulla si congedasse e non gli restasse tra i piedi.
"Irlanda... quando c'era lei, l'Irlanda era ancora un bel paradiso...", borbottò indossando il mantello scarlatto e preparandosi ad uscire.

Si guardò attorno con circospezione, una volta fuori dalla forgeria. Nessuno in vista.
Guardò verso il prato fiorito dove normalmente si fermava prima di recarsi al convento. Ma proseguì diritto. Niente mazzo di fiori, questa volta.

L'ultima volta lei non l'aveva gradito.
Forse non aveva neppure compreso di cosa si trattasse.

A passo svelto giunse nella stradina e infine fu davanti al grosso portone di legno e ferro, l'entrata secondaria al convento di S.Francesco. Bussò tre volte alla porta e attese. La madre superiora gli aprì. Borbottò qualcosa, ma Amleto non l'ascoltò neppure.

"Cavaliere, frenate il vostro impeto. Ella oggi è molto debole. Il temporale di ieri deve averla spaventata molto. Forse è il caso che non la vediate. In fin dei conti, a cosa serv..."
"Ci proverò ugualmente. Ma andrò via subito, se apparirà turbata."
"Siete testardo come un mulo. Mi domando in cosa speriate. Un miracolo, forse?"
"Non siete forse voi religiosi che predicate sempre la speranza?"
La suora non rispose.

...

Dopo poco, la serratura di quel portone di legno e ferro ricominciò il suo concerto metallico. La porta si riaprì ed Amleto uscì nuovamente nella stradina.
"Ve l'avevo detto", lo rimproverò la suora, "che si sarebbe agitata. Siete stato incauto ed impulsivo."
"Non era quel che volevo. Ho cercato solo di sfiorarle la mano."
"Benedetto ragazzo mio, guardatevi allo specchio.", continuò la suora, "Il vostro sguardo spaventa persino me. Quegli occhi che bruciano di rabbia, come potevate pretendere che ella potesse sopportarli?"
Amleto non rispose.
"Cavaliere", esclamò la suora mentre il cavaliere lentamente si allontanava dal vicolo, "avete ragione. Predichiamo e preghiamo per la speranza. Ed altrettanto prego io per voi, per la compassione che ho per la vostra sventura. Non lasciatevi avvolgere dall'oscurità che sta stringendo il vostro cuore. Lei non vorrebbe questo."

Amleto fece qualche altro passo. Poi si fermò.
"Lei non esiste più."

Andò via. Un vento gelido accompagnò gli ultimi passi del cavaliere oltre il vicolo, assieme al rumore imponente del portone che si richiudeva alle sue spalle.

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Solex
Il rumore delle campane risvegliò Solex dai suoi pensieri. Era giunta l’ora di rincasare per rassettare un po’ la sua dimora; ultimamente aveva ben poco tempo da dedicarle a causa del lavoro.

Riprese tutta la sua roba, ripose l’album da disegno nella sacca e si incamminò a passo lento.
Sentì il rumore di un catenaccio; era Amleto che chiudeva la sua forgeria… ma dove era diretto a quell’ora? Non aveva detto che avrebbe dovuto lavorare?

Decise di seguirlo, tenendosi a debita distanza. Slacciò il vistoso mantello bianco e lo ripiegò tenendolo sotto il braccio, questo le avrebbe permesso di nascondersi meglio. Sfruttò le zone d'ombra nei porticati e lo osservò da lontano.
Sembrava non accorgersi di quel che accadeva attorno a lui. Lo sguardo assente ma determinato.

Si nascose dietro un muretto che costeggiava una piccola via. Era la stradina che portava verso il convento.

"Al convento? Che significa questo?" esclamò osservando attentamente. Udì bussare tre volte ad un portone. Le sembrò imprudente restare ancora lì nei paraggi. Amleto era sin troppo scaltro e ben presto si sarebbe accorto della sua presenza.
Dopo averci riflettuto qualche secondo, prese la decisione di tornarci l’indomani. Doveva scoprire cosa si celava dietro quel luogo; un posto che sicuramente non apparteneva ad Amleto ed al suo modo di essere.

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Misery
Treviso, 14 settembre, 1457...alba

Per tutto il viaggio non avevano fatto che ridere, bastava, una parola un riferimento, un accenno e le due donne espodevano in un nuovo attacco di ilarità. I borbottii di Elos rendevano tutto decisamente ancora più divertente.
Misery continuava a rivedere quella scena: l'urlo delle tre donne, Elos che si volta con la spada e krashhhh la preziosa teiera di Marianna in pezzi e
ogni volta che la cosa le saltava alla mente volgeva lo sguardo al suo amatissimo amico.
A metà del viaggio Elos, esausto ed esasperato dal trillare delle due dame, sbottò accigliandosi: Misery ed Haiku, contemporaneamente, portarono una mano a coprire le rispettive bocche nel vano tentativo di nascondere un'ulteriore motivo di arrabbiatura del cavaliere.
Per un pò cavalcarono in perfetto silenzio e Elos parve giovarne nell'umore.
Era perso nei suoi pensieri quando si accorse che Misery lo aveva affiancato

Ti devo la vita Elos, grazie. Se non ci fossi stato tu, non so cosa sarebbe accaduto. Sono stata imprudente. distolse lo sguardo dal suo ben sapendo che il cavaliere non amava essere messo in imbarazzo e che le cose sdolcinate non erano per lui, ma non cessò di parlare in ogni istante della mia vita tu sei sempre stato presente, silenzioso e protettivo. Hai gioito con me e sofferto con me, mi hai vista crescere e sei cresciuto con me. Non ti ho mai ringraziato abbastanza per tutte le volte che ti ho trovato al mio fianco senza bisogno di chiederlo ne per tutte le nostre litigate che mi hanno sempre insegnato qualcosa. Per quanto, molte volte, non ci siamo trovati d'accordo, non mi hai mai lasciata sola e non mi hai mai nascosto la verità. tacque per qualche secondo emettendo un leggero sospiro poi tornò a guardare l'amico tu hai salvato la mia vita, non solo questa volte, ma in molte altre occasioni ed io la metterò a tua disposizione sempre, ogni volta e se mai fosse necessario. Ciò che ci unisce, amico mio, non si dissolverà mai nemmeno se questo viaggio mi porterà a non vedere più la luce del sole. l'uomo, a quelle parole, si rabbuiò e Misery gli sorrise lo so, lo so bene che sei contrario a questo viaggio, conosco la tua rabbia perchè ho deciso di compierlo e so che temi il risultato di questo scontro, ma...Elos...lo devo fare. Molti non hanno compreso perchè, nonostante io fossi stata contraria, con Marcolando, a quella sentenza abbia deciso di andare. Non so mennemo come tentare di farlo comprendere... tornò a guardare l'orizzonte che piano piano prendeva forma inondato dai primi chiarori del giorno. Haiku si affiancò ai due amici e Misery le sorrise felice di averla accanto, conosceva bene anche il suo pensiero e stretta così tra i due, per un attimo ebbe la sensazione che nulla avrebbe potuto ferirla o colpirla. Si sentiva sicura e protetta. Tornò a parlare Eravamo solite scriverci. Non erano lettere di un invasore alla sua vittima...eravamo solo due donne, con i propri destini e i propri tormenti.
Forse la guerra, forse...il dolore di entrambe, nato dalla stessa ragione anche se in modo diverso, ci aveva fatte incontrare oltre a ciò che in quel momento eravamo.
Il processo era già aperto quando scoprii che era rimasta ferita mortalmente nel tentativo di fuggire da Modena. la rimproverai addirittura
Misery sorrise al ricordo di quella lettera le dissi che era stata un'incoscente, che doveva aspettarselo che la stavano cercando e che non avrebbe mai dovuto lasciare la capitale, ma lei mi rispose che doveva farlo pur sapendo il rischio che correva. Parlammo a lungo...e le promisi che avrei fatto l'impossibile per salvarla dal patibolo. Pensavo fosse già stata punita abbastanza. Quando il Duca diede ordine di chiudere il processo senza alcuna condanna a morte, feci in modo che lei lo sapesse. Gliel'avevo promesso. Quando lessi la sentenza...mi sentìì morire insieme a lei. Non eravamo sorelle e non so se potessimo considerarci amiche, forse in un altro tempo, in un'altra situazione, ma...i nostri destini si erano incontrati e scontrati ed io le avevo fatto una promessa. So che questo duello non la riporterà in vita e non la renderà a nessuno di quelli che l'hanno amata davvero e conosciuta davvero, ma...è l'unica e ultima cosa che posso fare per onorare la sua memoria e per scontare, dal mio cuore, il peso di parole che non sono riuscita a rendere concrete. Mi infuriai. Entrai in consiglio quel giorno infuriata con il mondo intero, ma, ormai, tutto era compiuto. Amleto aveva dichiarato di volere vendetta...non potevo permettere che i consiglieri di Modena pagassero per quanto accaduto perchè, se da un lato, comprendevo che quell'atto era stato orribile, dall'altro non potevo dimenticare che nulla sarebbe accaduto se Modena non fosse stata colpita. L'imperatore stesso, dichiarò che quella sentenza non andava contro nessuna giustizia.
Ma, spesso, la giustizia degli uomini non corrisponde a quella del cuore. Le avevo fatto una promessa e non sono riuscita a mantenerla e, per me, ogni parola mancata merita di essere punita. Mi sono assunta la responsabilità di quanto è accaduto. Ho provato, ho tentato di fermare quel patibolo, ma...sono arrivata tardi. Questo è il motivo per cui sto raggiungendo il cavaliere scarlatto e questo è il motivo per cui non intendo rinunciare a questo duello. Se Aristotele vorrà, il giorno dopo potrò raccontare di aver combattuto con un uomo ed un cavaliere. Non ho paura di quanto sta per accadere.
Elos e Haiku l'ascoltarono silenziosi e turbati. Misery era profondamente dispiaciuta di vederli così tesi e sapeva di essere la causa dei loro pensieri.
Sapeva quanto Haiku volesse bene ad Amleto e comunque sarebbe andata lei avrebbe comunque perso qualcosa. La guardò e le sorrise poi tornò a guardare avanti a lei
Amici miei guardate, Treviso
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Elos
Treviso 14 settembre 1457

Elos ascoltò le parole di misery senza proferir verbo, conosceva già le ragioni che la spingevano a quel gesto e ai successivi che sarebbero venuti dopo.
Giunti alle porte di Treviso i tre si fermarono ad osservare la città, elos sorrise e senza voltarsi disse “sei cosi certa di perdere ? io non ne sono cosi convinto, e poi dopo ilo duello c’è una cosa importante che devo dirti per cui vedi tu se ti conviene lasciarci le penne ...”Senza attendere risposta spronò il cavallo che iniziò a galoppare veloce verso la città lasciando indietro le due dame

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Amleto
14 Settembre 1457, mattina presto

"Vai via."
Il suo sguardo non aveva detto altro che questo.
Senza la possibilità di interpretare, di sperare, di illudersi.

Amleto si rigirò nelle lenzuola, per l'ennesima volta.
Non era riuscito a chiudere occhio.
Il letto appariva scomodo, come se il materasso fosse fatto di pezzi di ferro piuttosto che di paglia e piume. Sentiva tutto e non vedeva nulla. La notte senza luna aveva lasciato le quattro mura della sua stanza nell'oscurità assoluta.

Accese una lampada ad olio. Potè distinguere in lontananza la sagoma della sua spada, poggiata in un angolo come di consueto. Gli ornamenti del fodero luccicavano, al danzare della fiamma. Ne restò quasi ipnotizzato.
E la sua mente, nuovamente viaggiò...


Il guardiano di Port Lairge, seduto sul materasso divelto e poggiato contro lo schienale incrinato del letto, fissò per tutta la notte la spada che aveva forgiato. Aveva fatto bene a tenerla con sè? In fondo un'arma poteva servirgli, in quella situazione. Ed a quella creazione mortale, per quanto profondamente la detestasse, doveva pur sempre la sua temporanea libertà e quindi la sua possibilità di agire. Già, agire... ma come?

Sarebbe stato bello far l'eroe solitario. Impugnare l'arma e lanciarsi contro i soldati di guardia alle mura. Sconfiggerli uno per uno, uscire dalla città. E poi prendere il cavallo più veloce d'Irlanda, ammesso di trovarlo nei dintorni, e arrivare prima del reggimento nemico all'abbazia. Si, sarebbe stato bello.
Ma non era la realtà.
Si reggeva a malapena in piedi e non avrebbe potuto fronteggiare alcun avversario in quelle condizioni. E il reggimento diretto al rifugio di Jerpoint aveva un vantaggio tale che nessun cavallo gli avrebbe permesso di arrivare prima.

Ma bisognava mantenere la speranza. Se lui era riuscito a sopravvivere, doveva esserci riuscita anche lei. Se l'erano promessi in quell'ultimo sguardo.
Lei aveva sempre mantenuto tutte le sue promesse.
Bisognava restare vivi. Per potersi rivedere.

La stanchezza accumulata nella lunga prigionia e nei lavori forzati fecero sì che il guardiano crollasse presto dal sonno.
Non fu dolce il suo riposo, uno strano sogno turbò il dolce oblio in cui si era adagiato.
Vide sè stesso su una collina.
In lontananza, l'intera città di Port Lairge bruciava devastata dalle fiamme. Davanti a lui, conficcata nel terreno, la spada che aveva creato gli parlava con voce di donna.
"Chi sono io? Perchè non ho un nome?"

Il guardiano si svegliò di soprassalto.
Sentì su di sè mani che lo scrollavano e cercavano di fargli riprendere conoscenza. Istintivamente spinse all'indietro la persona che gli era addosso.
Sentì un tonfo e un lamento. Una voce di donna.

"Grazie al cielo sei vivo! Ma cosa ti hanno fatto?!?"
Riaprì gli occhi e vide rialzarsi da terra una giovane donna. Era la pastorella Ohrid, una delle persone di Port Lairge cui il guardiano era più affezionato. La fanciulla spiegò di essersi nascosta in una cantina durante l'invasione e di essere riuscita a passare inosservata grazie alla protezione di una taverniera che aveva molti amici anche tra gli invasori. Una persona che, pur bloccata in città, forse poteva ancora aiutare chi avesse voluto mettersi contro di loro.
"Puo' aiutarmi? Portami da lei, subito", fece il guardiano pregando Ohrid di sbrigarsi.
La fanciulla si guardò attorno. Azzardò una domanda che non aveva avuto il coraggio di fare prima.
"Lei... dov'è?"
"A nord. Ma devo raggiungerla, non ho tempo per le spiegazioni!", rispose il guardiano.
"Quell'arma... non la porti con te?", fece la ragazza indicando la spada inquietante poggiata nell'angolo della stanza.
Il guardiano la fissò per un istante. Ripensò al sogno. Al dolore che armi come quella avevano causato ai suoi concittadini e amici. Al ghigno malvagio del gigante che lo aveva costretto a crearla.

"No, non voglio più vederla."

Uscirono di corsa dall'abitazione diroccata e si diressero verso una taverna della cittadina. Era piena di soldati, svaccati sulle sedie e sui tavoli. Boccali vuoti ovunque.
"Non preoccuparti", fece Ohrid, "a quest'ora del mattino sono talmente sbronzi che non riconoscerebbero neppure sè stessi allo specchio."
"Ohrid!", si lamentò una voce di donna in lontananza, "dove sei stata? A quest'ora devi aiutarmi a ripulire le tasche di questi balordi, dovresti sap... oh!!!"
La donna si fermò quando riconobbe il guardiano. E il guardiano riconobbe lei.

Era Bella Catorina, donna fin troppo nota a Port Lairge. Ne era stata il primo sindaco per molto tempo. Di lei si sospettava tutto e non si sapeva nulla. C'era chi diceva che fosse in combutta con gli invasori. Chi diceva che facesse la doppiogiochista a loro danno. Aveva contatti ovunque, questo era certo; e ciò la rendeva estremamente utile, in tempi di guerra.

"Sei ridotto davvero male", fece la donna con sguardo preoccupato.
"Puoi aiutarmi a uscire dalla città?"
"Forse posso, forse no."
Bella squadrò il guardiano. Ne aveva apprezzato la lealtà, quando avevano agito fianco a fianco per il bene di Port Lairge. Il guardiano l'aveva aiutata, quando era stata sindaco. E anche se significava rischiare, decise di non lasciarlo solo e di ricambiare il favore. Sospirò.
"E sia. C'è un gruppo di ribelli che partirà stanotte. Ufficialmente presentati come... beh, miei parenti. Ho corrotto una delle guardie perchè i loro nomi non figurino nella lista dei nemici dell'esercito di guardia. Farò affrancare anche il tuo nome. Tieni un basso profilo, non dire nulla. E andrà tutto bene."

Il guardiano ringraziò la donna. Non era sicuro di potersi fidare completamente, ma non aveva altra scelta che rischiare. Uscì dalla taverna, quando sentì Ohrid chiamare il suo nome. Si voltò.
"Sta attento. Te ne prego, non fare pazzie!"
Il guardiano sorrise e si allontanò di corsa per raggiungere il carro di fieno dove si era radunato il gruppetto che di lì a poco sarebbe uscito da Port Lairge.
Ohrid osservò l'amico allontanarsi. Con gli occhi di chi provava qualcosa nel suo cuore. Non disse nulla, perchè quell'uomo andava incontro alla sua donna. Ed a lei, per doloroso che fosse, non era rimasto altro nobile gesto che quello d'aiutarlo.

Capo del gruppo di ribelli era un tipo che si faceva chiamare James l'ottavo. O forse nono. Il guardiano non era mai stato bravo a ricordarsi i numeri accanto ai nomi. Lui e il suo gruppo sembravano determinati a contrastare l'oppressione degli nngo. E avevano un piano.
"Usciremo sotto mentite spoglie per recarci a Lìos Mor", spiegò l'uomo al guardiano. "Lì ci uniremo all'esercito di Bigjack. La Contea di Munster è determinata a riprendersi Port Lairge e gli ha dato pieni poteri per occuparsi della questione. Gli servono solo uomini determinati. E qualcosa mi dice che tu lo sei."
Il guardiano esitò. Avrebbe voluto aiutare a riprendere la città, ma qualcosa di più importante tormentava il suo animo.
"Non mi è possibile. Appena fuori di qui, devo recarmi verso l'abbazia di Jerpoint. Il gruppo di fuggitivi che è scappato in quella direzione è in pericolo e c'è una persona..."
"Jerpoint eh? ...capisco. Facciamo silenzio ora... siamo quasi alle mura della città."

Il gruppo tenne la testa bassa e avanzò lentamente guidando il carro di fieno. Passarono alcuni interminabili minuti. Non ci volle molto a capire, dallo sguardo che il doganiere rivolse loro, che erano stati riconosciuti. Ma Bella era stata di parola. La guardia non disse nulla e lasciò che varcassero l'arco che conduceva fuori dalle mura.

Circa un'ora dopo, James l'ottavo (o il nono) si rivolse nuovamente verso il guardiano.
"Ascolta ragazzo... mi dispiace dirtelo e non ho voluto farlo prima..."
"Cosa c'è? Parla."
"I fuggitivi di Jerpoint... coloro che erano all'abbazia... sono stati catturati e uccisi. Mi dispiace molto, ragazzo."

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Elos
Portogruaro 15 settembre 1457

Le giornate correvano serene, partiti in compagnia di un caldo torrido il clima piano piano si era andato rinfrescando rendendo piu piacevole la marcia, alcuni temporali si erano mostrati qua e là ma, fortunatamente, non avevano raggiunto il gruppetto.
Le due dame continuavano a “starnazzare” tra loro, Elos si manteneva a distanza di sicurezza cercando per quanto possibile di non farsi coinvolgere ….
Treviso era ormai alle spalle, immersi nel bosco percorrevano l sentiero che li avrebbe portati a portgruaro …

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Misery
Portogruaro, 15 settembre 1457, pomeriggio

Erano quasi alla fine del viaggio e più si avvicinavano a Pola più l'umore di Misery peggiorava. Le risate e l'emozione che l'avevano accompagnata fino a quel momento sembavano aver totalmente lasciato il posto solo ai pensieri e alle preoccupazioni "Amleto, la vendetta, Genova..." iniziava a sentire il peso di troppe cose.
Si erano fermati alcune ore per riposare e Misery ne approfittò per fare due passi intono alla città.
I colori della campagna circostante brillavano al sole mentre il verde e il marrone dei primi giorni di autunno si mescolavano armoniosi.
Le piogge avevano contribuito a rinfrescare l'aria afosa fino a qualche giorno prima e ovunque regnava un silenzio quasi irreale.
Misery salì su un'altura da cui si poteva godere una vista bellissima e si perse per pochi attimi ad osservare ciò che la circondava, poi staccò il mantello, lo stese sull'erba e vi si sdraiò lasciando liberi tutti i pensieri, quelli buoni e quelli che la tormentavano.
"Cosa ho sbagliato?" pensò guardando il cielo "ogni tentativo di fare la cosa giusta viene, quindi, resa vana in questo modo. Ogni azione, che sia diretta a colpire o a sanare...porta dunque a dover rimpiangere di non aver colpito o sanato di più? Come sono giunta a tutto questo...e dove mi porterà? " chiuse gli occhi sospirando e smise ti trattenere la sua anima lasciandosi andare ad un pianto silenzioso.
Calde lacrime le bagnarono il viso e Misery non le arrestò ne le asciugò.
Si sentiva stanca e sconfitta e quello fu l'istante in cui si rese conto di non essere mai stata libera, nella sua vita, nelle sue convinzioni, libera da se stessa.
Strinse i pungni così forte che le nocche le si fecero bianche e, strinse gli occhi e un urlo le uscì dalla gola. Urlò ed urlò fino a perdere la voce che, in cuor suo, sperava avrebbe attraversato lo strato di nubi che veloci viaggavano su di lei per giungere a chi l'aveva destinata a tutto questo.
All'improvviso una rabbia cieca si impadonì di lei, come un mare tempestoso, le si scagliò addosso come ad uno scoglio sommergendola.
Si alzò di scatto estraendo la spada dal fodero che aveva appoggiato al suo fianco e colpì mille volte l'aria come se un nemico terribile la stesse attaccando ed ogni sferzata ed affondo colpivano, nella sua mente, tutti coloro che, con azioni volontarie o meno, l'avevano condotta fino a quel punto. Scagliò contro ogn'uno di loro la sua furia ed il suo odio momentaneo, cosciente non fosse reale, ma sperando di liberarsene e di sentire di nuovo il suo cuore leggero e pronto ad affrontare ciò che l'aspettava.
"Come osano, chi sono loro per decidere il corso della mia vita? Chi da loro tanto potere di decidere per me? Mai più! Nessuno e mai più avrà tanto valore per me da portarmi a desiderare una morte per tornare a vivere" poi tornò ad urlare

E tu...tu che ti elevi giudice... tu che urli vendetta, tu paladino di quale giustizia? Di quella che affama, quella che distrugge, quella che trae dalla guerra il suo puro piacere, quella che non ha nessun senso se non il puro egoismo....quella che ha come unico scopo il dolore di un popolo...Tu...devi morire. Io ti ucciderò!
Dopo interminabili minuti, bastò quell'unico pensiero a farla fermare.
Gli occhi fissi davanti a lei, esausta. Come se una forza misteriosa le avesse appoggiato le mani sulle spalle si lasciò cadere sulle ginocchia "Ma che sto dicendo." si disse turbata mentre il respiro affannoso lentamente si placava.
Sentiva i muscoli delle braccia tesi e dolenti dallo sforzo e il cuore le martellava nel petto "questa non sono io". Lasciò andare la spada e tornò a sedersi senza staccare gli occhi dal punto fisso che il suo sguardo aveva catturato. "cosa stai dicendo Misery" tornò a dirsi.
Sentì d'improvviso la furia sciemare e l'ansia che le attanagliava il cuore allentò la sua presa. Scosse la testa desolata.
Il piccolo lamento le arrivò solo in quel momento facendola voltare e li, seduto accanto al suo mantello, con uno sguardo vivace e curioso e una lingua rosa penzolante, un cucciolo la stava osservando.
Misery piegò la testa di lato sorpresa
E tu? Chi saresti? come se avesse compreso si stesse riferendo a lui il cane iniziò a scodinzolare. Quasi imitandola piegò la testa di lato sollevando le orecchie. Misery si mosse e lentamente gli si avvicinò Sorridendo nel vedere che il cucciolo continuava a scodinzolare senza indietreggiare. Si piegò su un ginocchio allungando la mano e accarezzando il lungo pelo nero e marrone. Lo sai che non è carino spiare una signora? Il piccolo girò la testa sull'altro lato e guaì.
Misery esplose in una risata divertita
Ah, ma allora mi capisci per tutta risposta il cane si alzò sulle zampette posteriori e, trovandosi all'altezza del suo viso, lo leccò. La sua lingua rugosa le fece il solletico portandola a ridere di nuovo.
Il cucciolo tornò a sedersi continuando a mulinare la coda. Misery alzò un sopraciglio, si allungò verso la borsa adagiata sull'erba e ne estrasse un pezzo di carne affumicata. Il profumo del cibo arrivò immediatamente al naso dell'animale che istintivamente si leccò il muso. Misery tornò a sorridere e senza farlo penare troppo glielo allungò. Il cucciolo, dopo averlo annusato per qualche secondo lo afferrò deciso tra i denti e si accucciò fermandolo con entrambe le zampe.
eheheh felice che vi piaccia milord Lo osservò mangiare per qualche minuto, poi, stranamente di nuovo serena, come se tutto il suo turbamento fosse stato solo un brutto sogno, prese il mantello e tornò a legarlo sulle spalle. Fece un'ultima carezza al cucciolo e si incamminò per tornare dai suoi amici.
Il cane sollevò la testa senza lasciare il pezzo di carne e la osservò allontanarsi e quando si rese conto che quella strana creatura che sapeva muoversi su due gambe e che le aveva dato quella cosa buonissima da mangiare si stava allontanandò si alzò di scatto per seguirla. Misery lo sentì trottare dietro di lei
Dove pensi di andare tu? Non puoi seguirmi ed io no ho tempo di pensare a te. Torna da dove sei venuto su forza. Tua madre ti starà cercando si voltò e riprese a camminare, ma il rumore di zampe che la seguivano non cessò.
Insomma! Non seguirmi ti ho detto. Sei troppo piccolo ed io ho già abbastanza pensieri. Non ti permetterò di venire con me hai capito?
....quella sera sarebbero stati in quattro a lasciare Treviso
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Marcolando
Pola - Mattina 15 settembre 1457

Al mattino presto Giovanni era arrivato a Pola , dopo tanta fatica la meta era stata raggiunta . Entrando a Pola non pote' non notare accanto al lago la Lizza e come attratto da una calamita si avvicino' ad essa per vederla da vicino.
Arrivato li , scese da cavallo e lo lego' ad uno steccato del lago sotto una quercia secolare . Piano piano , si avvicino' alla sua vera meta da 10 gironi a questa parte.....inizio' a toccare il recinto e girandogli intorno cerco' l'entrata.L'arena era tutta rimessa a nuovo , per un attimo si illuse che il fabbro di Pola lo avesse fatto in onore del suo arrivo' , poi guardandosi attorno capi' che il motivo era ben altro , presto avrebbero organizzato una grande giostra e Pola voleva presentarsi tutta sistemata per accogliere i cavalieri provenienti da tutte le terre veneziane.
Ad un cero punto trovo' l'ingresso e aprendo il cancello si ritrovo' subito nell'arena stessa , il cuore inizio' a battergli forte per l'emozione .
Stette li almeno un ora , ormai il sole era alto e la stanchezza di sette giorni di cavalcata stava arrivando tutta insieme , come se quella fosse anche per la meta del viaggio .

Basta sentimentalismi , e' meglio che vada a dormire prima che mi veda qualcuno e mi trattenga a discutere.

Riprese il cavallo e si diresse verso la taverna "2 MArzo" per concumare un piccolo pasto e per riposar ele sue stanche membra. Arrivato li sebbene stanchissimo non pote' non notare la sua amica Dianora e decise di passare a salutarla . Lei era distratta , lui la prese di sorpresa e la abbraccio'

Ohhhh chi si vede girandosi disse lei.

Sempre uguale era la sua piccola Dianora , come la chiamava un tempo lontano a Guastalla : allegra , affettuosa e bella.

Il Marchese dopo pochi minuti dovette salutarla , ormai la stanchenza aveva preso il era insopportabile

Ciao piccolina , devo andare sono distrutto , tanto in questi giorni avremo tempo di vederci come forse sapari mi fermero' a Pola almeno un tre giorni. disse il Marchese uscendo.

Sali' le scale , entro' in camera e senza nemmeno spogliarsi si lascio' cadere nel letto e fu subito rapito da Morfeo.





Pola - Notte 15 settembre 1457

Ormai era notte e Giovanni dormiva ancora , ma delle forti risate provenienti dalla taverna lo svegliarono. Erano voci femminili e maschili che scherzavano e ridevano senza badare a nessuno.
Decise allora di scendere e bere una birra in compagnia , per conoscere gli abitanti di questa sperduta cittadina Veneziana.

Si alzo' e avvicinandosi alla finestra si lavo' il viso e le mani , con l'acqua contenuta in una bacinella sistemata su uno sgabello proprio sotto la finestra che dava sul lago di Pola.
Dopo essersi sistemato e resosi presentabile scese le scale e entro' nella sala principale della taverna e li , sebbene non lo avesse mai visto , riconobbe immediatamente il cavaliere Scarlatto . Si fermo' nella porta e controllando se la spada fosse con lui , entro' e saluto tutti i presenti continuando a fissare Amleto.
Si salutarono , ma il Marchese non avendo mai ricevuto rispsota dell'ultima missiva e non avendo la lucidita' per poter eventualmente ricevere la risposta a quella missiva direttamente dalla parole del messere si congedo' da tutti dicendo ad Amelto.
Domani parleremo bene per i tempi della sfida

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Marcolando
Pola Alba del 16 Settembre 1457

Giovanni si sveglio' per un sogno che lo aveva agitato molto. Fuori era ancora buio , ma lui ormai non aveva piu' sonno , dormiva ormai dalla mattina prima e si era svegliato solo durante la notte per le risate di Amleto e dei suoi amici . Ricordava ancora perfettamente l'entrata nella taverna e lo sguardo di colui che avrebbe dovuto uccidere per non essere ucciso.
In questi giorni non aveva mai avuto sogni riguardati il duello , ma arrivato a Pola forse a causa della sua visita all'arena o forse per l'incontro con il cavaliere , quella notte , mentre era fra le braccia di Morfeo combatte' contro il suo avversario , tanto da svegliarsi agitato e sudato come mai gli era successo , nonostante ormai fuori l'aria della notte cominciava ad essere pungente .
Del sogno ricordava quasi tutto ad eccenzione dei visi dei due contendenti, che erano sempre offoscuti , quasi a non voler far capire chi vincesse il duello . Erano uno di fronte all'altro con la spada sulla mano destra e lo scudo sulla sinistra.Erano vestiti uguali con una camicia bianca , pantaloni e stivali beige.L'unica differenza era i mantelli uno rosso e l'altro nero.
Iniziano a guardarsi , ma ad un certo punto come per uno scherzo di un burattinaio supremo , entrambi si tolsero il mantello , l'unica osa che li distingueva e Giovanni inizio' a seguire la sfida fra due figure identiche irriconoscibili e il suo cuore inizio' a battere sempre piu' forte.
Iniziarono a colpirsi con tutta la forza che avevano ,ad un certo punto si ruppe lo scudo di uno dei due e l'altro con vigore si getto' con la spada addosso conscio che quello sarebbe stato il colpo letale. A questo punto il Marchese si sveglio' senza vedere il colpo finale , senza sapere se all'ultimo secondoil vincitore avrebbe avuto pieta' dello sconfitto , senza sapere chi fosse il vincitore.
Chissa' se avro' la forza di fermarmi se dovessi essere colui che da il colpo letale ?Fu il suo primo pensiero. Adesso non e' facile prevederlo , la foga dello scontro come la guerra trasforma , anche il piu' mite degli uomini in una belva feroce. continuo' a riflettere ma e' anche vero che l'attaccamento alla vita rende anche il debole forte

Alzatosi dal letto ando' alla finestra e si lavo' con l'acqua che era li dal giorno prima e inizio' a guardare fuori , in lontananza il sole cominciava a sorgere e i suoi raggi si rispecchiavano sul lago popolato da pescatori che ormai stavano rientrando con i loro pesci .

Ormai era sveglio e non volendo stare fermo a far nulla decise di andare nuovamente all'arena per vedere il luogo dove il giorno dopo sarebbe forse morto uno dei due cavalieri .
Arrivato all'arena fu subito colpito dalla presenza di una figura tetra , con una pancia enorme come poche ne aveva viste in giro per l'italia . Questi subito si rivolse al Marchese con voce ambigua
O nobile cavaliere , per vincere le consiglio di donare pane o mais o carne al buon Dio , vedra' che lui sapra' essere riconoscente. Sa io sono il giudice degli incontri che si tengono a Pola e ho la certezza di cio' che dico

Il marchese scuro in volto lo guardo' e disse
Ma a chi dovrei donare tale beni ? E a chi andranno?


Il giudice sempre piu' ambiguo
Ovviamente a me , che , dopo l'incontro portero' ai poveri di Pola in modo che tutti possano trarre benefici dalla sfida cittadina


Per il momento non sono interessato ai suoi servigi , andro' direttamente io a donare cibo ai poveri
disse il marchese ad alta voce , ma aggiunse nei suoi pensieri
anche perche' temo che i doni non vadano ai poveri , ma servano a riempire quel pancione enorme

Comunque adesso mi perdoni , ma devo tornare a Pola per cercare Amleto devo assolutamente parlare con lui e fissare il giorno e l'ora del duello
Detto cio' il Marchese ritorno' su suoi passi abbastanza disgustato da tale personaggio losco e ambiguo

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Amleto
Pola, 16 Settembre 1457

L'aveva visto la sera prima, quando aveva disceso la scalinata che dalle stanze della locanda conduceva fino ai tavoli dove la gente faceva bisboccia. Impossibile non notarlo. Vestiti di fattura così pregiata erano quasi impensabili a Pola, per non parlare dei modi così distinti ed educati ch'erano tipici della nobiltà.

"Dunque... è arrivato lui per primo", aveva pensato Amleto fissando quell'uomo.
Poi, per confermarne l'identità, aveva azzardato il saluto.
"Benvenuto a Pola, Marchese". E l'uomo aveva risposto al saluto. Era lui. S'erano fissati per qualche altro attimo, poi dopo un cenno sulla sfida, Marcolando era tornato nella sua stanza.

Dopo poco, alcuni loschi figuri avevano cominciato a far commenti sull'importanza dell'insolito avventore della locanda e sui tesori che avrebbe potuto eventualmente aver con sè. Il cavaliere scarlatto li aveva chiamati e li aveva avvisati.
"Dovessi pescarvi a dar fastidio a quell'uomo, vi farò fare la fine dei pesci. In fondo al mare, tirati su con una rete."
Il messaggio era stato rapidamente recepito.
"Nessuno potrà togliermi la mia vendetta", aveva pensato subito dopo.

Poi aveva appoggiato le mani contro la parete umida della locanda e, complice l'alcool in corpo, aveva ripreso a sognare.
Vendetta...


Un carro di fieno, condotto da sedicenti contadini, si dirigeva lentamente verso Lios Mor.
Aveva viaggiato senza sosta per tutto il giorno.

"Oh", fece James il quarto (probabilmente non era nè l'ottavo nè il nono), "come sta quel ragazzo che abbiamo portato con noi?"
"E' sempre lì, seduto in fondo al carro", rispose un altro dei ribelli, "non ha spiccicato una parola da quando gli hai detto dell'abbazia."
"Già...", commentò James, "abbiamo dovuto fermarlo a viva forza per impedirgli di correre da solo in quella direzione."
"Hai fatto la cosa giusta. Sarebbe stato solo un inutile suicidio. Tra qualche tempo, ti ringrazierà per non averlo lasciato andare."
"Puo' darsi", concluse James il quarto. "Eppure... al suo posto, forse avrei fatto lo stesso."

Il guardiano era seduto in fondo al carro. Le voci dei compagni di viaggio raggiungevano le sue orecchie come un ronzio fastidioso e solo il rumore della pioggia battente sembrava donargli un effimero sollievo.
Davanti a sè non aveva altro che gli occhi della donna amata, che lo guardavano per l'ultima volta prima che i due si fossero separati.
L'aveva spinta a fuggire verso l'abbazia.
Era stato lui a segnarne imperdonabilmente il destino?

"Giriamo il mondo", le aveva detto.
Aveva incontrato quella fanciulla tra i vicoli della cittadina di Piacenza. Viveva del suo umile lavoro, con quell'orgoglio e quella dignità fiera che poche persone hanno, a prescindere dalla loro condizione sociale.
Quel temperamento, l'insofferenza nel ricevere ordini, l'aveva resa subito speciale ai suoi occhi. Avevano passato interminabili notti di guardia. Notti fredde, ma riscaldate da parole e risate davanti ad un fuoco da campo. Scoprendosi sempre più vicini. Sempre più intimi.
Ne aveva ammirato i lineamenti del viso, resi magici dal crepitio del fuoco e dalla luce della luna.
La luna, bella come il suo nome.

Poi la decisione. L'aveva presa per mano e trascinata via dalla tranquillità domestica della cittadina di Piacenza. Verso i terreni assolati della Castiglia. Lì, tra gli alberi e i campi di grano, era infine sbocciato il sentimento d'amore.
E poi... s'erano recati in Irlanda in cerca di fortuna.
Era colpa sua?

Passarono le ore e al tramonto il carro giunse a Lios Mor.
Nel guardiano di Port Lairge, i sentimenti di rabbia, vendetta e amarezza si mescolavano vorticosamente rendendolo del tutto indifferente al mondo circostante. Si ridestò solo quando vide un gruppo di soldati a cavallo giungere dalle mura della città verso il gruppo di viaggiatori. Uno di essi aveva un volto familiare.

"Ben arrivati a Lios Mor. Lieto che siate riusciti a giungere fin qui"
Il soldato poi squadrò il guardiano e lo riconobbe.
"Sei vivo! Jann non faceva che ripetere che saresti riuscito a cavartela! E diamine, sono proprio contento che abbia avuto ragione!", esclamò Mordrag dandogli un'amichevole pacca sulla spalla.
Il guardiano accennò un sorriso ma era evidente che non avesse molta voglia di far convenevoli.
"E' stata dura eh? Beh, raggiungi Jann in taverna. Qui a Lios Mor è arrivata una lettera per te e ce l'ha lei. Non so da parte di chi sia. Una certa Luna, Greta, qualcosa del genere."
"!!!"

Il guardiano si ridestò di colpo, come fosse stato centrato da un fulmine.
Lo videro correre come un forsennato verso la taverna più vicina.

Fece irruzione in taverna e guardandosi attorno, notò presso il tavolo all'angolo la lunga chioma di Jann, intenta a riordinare alcune carte in mano.
"Paghe del reggimento numero uno, paghe del reggimento numero due..."
"Dammi la lettera!!!", gridò il guardiano senza neanche salutarla e iniziando a rovistare tra le carte della ragazza.
"Cosa cavolo combini, pezzo di id... santo cielo, sei tu?!?!"
Lo sguardo di Jann si illuminò, sorrise e strinse in un fortissimo abbraccio il suo vecchio amico.
"Lo sapevo, lo sapevo che eri vivo! Sono così contenta di vederti!"
"Anch'io son contento di vederti. Però adesso dammi la lettera che è arrivata per me."
"Va bene...", fece lei ridiventando subito seria e scura in volto, "ma ti avviso... non sono buone notizie. Sono molto preoccupata."
Detto questo infilò la mano in un taschino e ne tirò fuori una piccola pergamena.

Il guardiano gliela strappò di mano. Preoccupata? Che voleva dire?
Iniziò a leggere.




Mio amato cavaliere,
perdonami. So che mi detesterai per non averti ascoltato, so che avresti voluto sapermi al sicuro.
Ma non me la sono sentita di scappare verso l'abbazia.
Mentre ci dirigevamo fuori da Port Lairge, qualcosa ha cambiato il mio destino. Ho visto due piccoli orfanelli che vagavano senza meta per le strade, tra le case in fiamme. Uno dei due era ferito. Non ho potuto abbandonarli così. Anche io sono orfana, lo sai.
Non erano in condizione di viaggiare quindi ho detto al resto del gruppo di proseguire senza di me. E mi sono rifugiata con loro in un convento.
Fuori, Port Lairge ha l'aspetto surreale di una città disastrata. Ci sono tante altre persone che hanno bisogno di aiuto. Non posso ignorare tutto questo. Devo fare il possibile, fare la mia parte. Guidarli al rifugio, dar loro di che sfamarsi. Se pensassi solo alla mia salvezza, sarei soltanto un'egoista.
So che tu, al posto mio, faresti lo stesso.
Non so dove tu sia ora. Forse sei lontano, ho provato invano a rintracciarti.
Ma sento che sei vivo. Il mio cuore lo sa.
Così ho deciso di scrivere ai nostri amici a Lios Mor. Forse loro sanno come arrivare a te.
Io aspetterò il tuo ritorno.
Ti ricordi quel che ci siamo detti? Ci rivedremo presto.
E' la nostra promessa da mantenere.

Con tutto il cuore,
Gretaluna

Strinse quella lettera tra le mani.
"E' la solita imprudente", borbottò Jann, "avrebbe fatto meglio a rifugiarsi al sicuro."
"No... è un miracolo", rispose il guardiano con gli occhi lucidi.
Poi si allontanò di corsa.
"E adesso dove vai?"
"A prepararmi per la battaglia. Andiamo a riprenderci ciò che ci è caro."



In quei giorni lontani, non era stato certamente diverso da Marcolando.
Pronto a combattere per la sua amata.

Eppure proprio quell'uomo, assieme alla contessa Misery, aveva spazzato via la sua unica speranza. Rabbia. Vendetta. Per quella condanna a morte così scelleratamente emessa, non sarebbe stato sufficiente un solo tributo. Dovevano pagare entrambi.
L'uno, di fronte all'altra.

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Misery
Campagna veneta, 17 settembre 1457...mattino

Misery volse lo sguado ai suoi compagni di viaggio: erano stanchi e lo era anche lei.
Haiku si era fatta particolarmente seria e taciturna man mano che si avvicinavano a Pola ed era molto strano non sentirla cinguettare, lei che in realtà aveva sempre qualcosa da dire. Elos era diventato, come se fosse possibile, ancora più tenebroso.
Con il passare dei giorni e delle ore le conversazioni si erano fatte più rade e il viaggio, dopo la capitale, non aveva previsto nessuna sosta se non qualche ora per far riposare i cavalli.
Dopo lo sfogo, Misery si era un pò chiusa in se stessa, turbata dalle sensazioni che quel giorno le erano salite al cuore e alle labbra. Era cosciente di non odiare nessuno e che tutto avveniva, sorrise scuotendo la testa, "perchè era stato scritto".
L'unico che sembrava non accusare questo mal'umore generale era il cucciolo di cane che non aveva smesso di seguire Misery da quando si erano incontrati.
Aveva fin da subito classificato Haiku come soggetto non pericoloso ed ogni tanto, quando erano fermi, le si avvicinava annusandola lasciandosi coccolare per pochi minuti. Con Elos non era andata altrettanto bene.
Gli si sedeva sempre ad una certa distanza studiandolo con curiosità, ma senza mai avvicinarsi molto a lui. Quando il cavaliere gli rivolgeva uno sguardo, però, il cucciolo, per nulla intimorito, lo sosteneva fino a quando, stanco di quello scambio, non si allontanava da lui.
Misery canzonò l'amico notando la cosa
Figuarati, allora, l'effetto che fai alle dame scoppiando a ridere.
Con lei, cosa che ancora non riusciva a capire, era diverso.
Non le si staccava mai da torno e, nonostante, l'andatura fosse davvero pesante, non lo aveva mai visto restare indietro tanto da perdersi.
Quando decidevano di fermarsi, il cucciolo si sedeva a terra in attesa di vedere dove Misery si sdraiasse e gli crollava accanto cercandone il contatto e, di rimando, lei lo ripagava sempre con una buona dose di carezze e carne.
Spesso lo osservava dormire con quella testa ciondoloni che subito ridestava appena lei si muoveva quasi temesse di perdersi qualcosa. Per fortuna era un animale giovane e in forze e dopo qualche ora era di nuovo pieno di vita.
Rincorreva qualsiasi cosa si muovesse tentando di afferrarlo con i denti, ma gettava sempre un occhio alle sue spalle a controllare che tutto fosse come, e sopattutto dove, l'aveva lasciato.
Misery lo osservava giocare con insetti, fili d'erba mossi dal vento, persino con Prince infatti si avvicinava spesso al maestoso cavallo e, nonostante le dimensioni, non smbrava esserne per nulla spaventato. Ogni tanto gli trotterellava intorno scodinzolando per poi sdraiarsi a terra con la pancia all'aria mentre Prince, con leggeri colpi di muso, lo faceva rotolare su se stesso. Era una scena davvero buffa.
Era mattina inoltrata qualdo fece segno ai suoi compagni di viaggio di fermarsi, avevano cavalcato per tutta la notte e sentiva davvero il bisogno di riposare. Un piccolo fiume scorreva accanto a loro e pensò fosse una buona occasione per rinfrescarsi e far bere i cavalli. Scese dalla groppa si Prince lasciandolo libero di avvicinarsi all'acqua mentre lei si rilassò appoggiando la schiena ad un grosso albero tirando fuori dalla borsa un pò di pane.
Erano fermi da qualche minuto quando un contadino, alla guida di un carro carico di grano, passò loro accanto.

Buon giorno li salutò sollevando il cappello se volete un consiglio è meglio non sostare troppo da queste parti, non è sempre sicuro per chi non conosce la zona Misery gli sorrise Vi ringrazio del consiglio messere. Non ci fermeremo molto infatti, ma cavalchiamo da ore e i cavalli avevano bisogno di riposo e anche noi. Staremo attenti Voi non siete di qui vero? le chiese il contadino facendosi curioso No, arriviamo da Modena anche se la dama qui accanto è in realtà veneziana disse Misery indicando l'amica Ah Modena, allora come quell'altro che era diretto a Pola Quell'altro? ora era Misery quella curiosa. Il pensiero di trovare qualche suo concittadino nella città di Amleto le suonò curioso vista la distanza Si, qualche giorno fa è passato di qui un signore a cavallo. Un nobile distinto. Viaggiava solo e pareva avere una gran fretta. Mi ha chiesto indicazioni per la città di Pola e da che so da alcuni parenti che vivono la è arrivato due giorni fa. Sa, a Pola non se ne vedono molti di personaggi così quindi l'hanno notato subito Un nobile modenese che viaggia da solo fino a Pola? Misery era sempre più curiosa, e una strana sensazione la invase Sapete dirmi il suo nome per caso? Me l'hanno detto, ma non lo ricordo, sapete io non faccio troppo caso a queste cose, ma pare fosse un Marchese Misery si alzò di scatto sgranando gli occhi, l'unico Marchese di Modena era... Un Marchese? Ne siete sicuro? Si si sicurissimo, vi ripeto non si vedono spesso personaggi così da queste parti. Da che mi hanno detto appena arrivato in città ha subito cercato messere Amleto, lo conoscete?ma Misery non lo stava più ascoltando, la sua mente stava registrando le parole del contadino "Marcolando è a Pola...ma com'è possibile era a Modena quando sono partita. Perchè è qui? E perchè cercava Amleto?" Misery si voltò a guardare Elos e Haiku che sembravano straniti da quella notizia quanto lei.
L'istinto non le suggeriva nulla di buono. Marcolando che andava a Pola a cercare Amleto non poteva essere una semplice coincidenza. Un motto d'ansia e di preoccupazione si fece strada
Maledizione! Che si è messo in testa di fare?
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