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[RP] Una promessa da mantenere

--Madre_superiora
Tre colpi regolari.
Il cavaliere dal mantello scarlatto? A quell'ora della notte?

La madre superiora si recò frettolosamente e di malumore verso la porta. Fece scorrere la fessura per gli occhi e notò una giovane fanciulla dal mantello bianco, che contrastava la gelida e oscura della notte con la purezza del suo viso.
Attendeva fuori, senza muovere un muscolo.

"Chi siete? Cosa volete?", domandò con fare brusco e con malcelata curiosità.
Solex
Era arrivata. La tanto attesa risposta era arrivata.

Fece tre passi indietro verso il portone.
“Mi scusi l’ora tarda. Il mio nome è Solex…vorrei poter parlare con qualcuno se fosse possibile.
Potrebbe, per gentilezza aprirmi?”

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--Madre_superiora
"Aprirti?"
L'anziana donna fu tentata di farlo. Qualcosa in quella fanciulla le ispirava fiducia.
Forse quel mantello bianco così candido. Forse lo sguardo innocente di chi difficilmente avrebbe fatto male al prossimo.

Ma erano tempi duri. Tempi in cui non ci si poteva fidare di nessuno.
A quell'ora di notte, poi.
E se nascosti dietro i vicoli circostanti ci fossero stati dei balordi, di quelli che non vedevano l'ora di depredare i preziosi candelabri d'argento del convento? Non si poteva rischiare.
E poi, a dirla tutta, non è che la fanciulla avesse fornito convincenti spiegazioni.

"Non posso aprirti cara. Con chi vorresti mai parlare poi? Questo posto è appropriato solo per le sorelle del nostro ordine. Torna a casa, è tardi e le strade a quest'ora sono pericolose."
Solex
"Al dire il vero non so con chi di voi io possa parlare..
Sono giorni che vago nei dintorni sperando di trovare una risposta;

Amleto, uno delle persona a me più care, domenica mattina è stato qui. E' un cavaliere dal lungo mantello scarlatto.
Ho paura che stia per fare qualche gesto sconsiderato. Se lei puo' aiutarmi a capire che sta succedendo, la prego... mi lasci entrare".

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--Madre_superiora
La suora sospirò preoccupata.
Il cavaliere scarlatto le aveva dato più volte l'impressione di poter fare qualcosa di sbagliato. E lei stessa era sempre stata piuttosto allarmata per questo. Soprattutto durante l'ultima visita del cavaliere, quella della domenica precedente, le era rimasto impresso il suo sguardo così spaventosamente carico di risentimento.

Ma davvero poteva fidarsi di quella fanciulla?
"Ti aprirò, ma ho bisogno di prove. Provami quel che mi stai dicendo."
Solex
Lo sguardò di Solex si perse per un istante.. dimostrarle che non stava mentendo.. ma come?? Lei aveva solo la sua parola..

Ci pensò un attimo... mise istintivamente le mani nella tasca.

Il suo viso si illuminò: "Prenda queste due lettere; una è stata scritta da Amleto, l'altra è stata a lui inviata da una sua cara amica di nome Haiku; entrambe testimoniano ciò che sto dicendo; posso passargliele attraverso la fessura, cosi potrà controllare lei stessa"

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--Madre_superiora
La madre superiora afferrò le lettere passate attraverso la fessura.
Nervosamente srotolò la pergamena. Cominciò a legger prima l'una, poi l'altra.
Il suo sguardo si fece sempre più pallido man mano che scorreva con gli occhi lungo le parole.
"Oh cielo. Oh Signore!", ripeteva nel proseguio della lettura.

Infine, abbassò le pergamente e rialzò lo sguardo.
"Pare che la ragione e il buon senso abbiano abbandonato del tutto quel povero ragazzo. Bisogna impedirgli di commettere un omicidio. Altrimenti, se mai tornerà in sè, se ne pentirà per sempre!"

Nervosamente armeggiò coi chiavistelli e aprì la porta.
"Entra e seguimi."

Ciò detto, fece rapidamente entrare la ragazza nel convento e richiuse subito il portone alle loro spalle.
"Ascoltami bene", spiegò la suora, "quel giovane cavaliere è divorato dal rancore. Conosco bene la sua storia. Purtroppo, egli non è riuscito ad aiutare una persona che amava più della sua stessa vita. Se puoi... cerca di fermarlo. Fallo ragionare. Non permettergli un gesto sconsiderato contro gli altri e contro sè stesso."
Solex
Tutto avvenne in pochi istanti.

Il portone si aprì. Davanti ai suoi occhi una donna piuttosto anziana. La prese per un braccio e la fece entrare in quel luogo chiudendo frettolosamente la porta alle sue spalle.

Solex si guardò intorno.
Era proprio vero.. sembrava non vi abitasse nessuno per l'assoluto silenzio che mi regnava.

Ripensò alle parole che l'anziana sorella le disse qualche minuto prima.
"Una persona che amava più della sua vita.... non può essere più precisa? Di cosa sta parlando?"

Osservò la donna. Forse ella si fece scappare più parole di quante potesse dire.

Continuò a parlare, in tono incalzante.
"Sono giorni che sto cercando di capire quale sia il problema e in quale cattivo guaio egli si stia cacciando.
Purtroppo Amleto è estremamente testardo. Sembra che non voglia parlarne con nessuno.
Io volevo farlo ragionare parlandogli, ma a quanto pare, l'unica soluzione è agire.
Mi dica ciò che sa, mi dica cosa posso fare!"

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--Madre_superiora
La suora si guardò attorno.
Fissò per un attimo il lungo corridoio del convento che conduceva alle stanze rivolte verso oriente.
Forse sarebbe stato giusto dire alla fanciulla la verità su quell'ultima stanza in fondo al corridoio. Forse quella giovane donna, nonostante i connotati angelici e quell'aspetto così indifeso, poteva davvero far qualcosa.

"Io... forse...", balbettò.
Poi si fermò, sospirò e scrollò la testa.
"Io... non posso. Il cavaliere mi ha fatto promettere che non avrei raccontato a nessuno ciò di cui mi ha messo a parte. Non posso, mi dispiace."

Vide lo sguardo della ragazza rabbuiarsi.
L'anziana donna strinse il rosario che portava attorno ad un polso.

"E va bene", concluse la madre superiora, "Aristotele ci insegna che è giusto ricompensare una buona azione, no?"
La trascinò con sè verso l'uscita. Poi riaprì la porta del convento.
"Le vie del Signore sono infinite e credo che tu sia stata mandata qui per un motivo preciso. Allora ascoltami bene. Ferma il cavaliere. Impediscigli di uccidere quell'uomo, per l'amor del Cielo! E impedisci che venga ucciso a sua volta. Se riuscirai a impedire un ingiusto spargimento di sangue, ti dirò tutto quel che so. Anzi, vedrai con i tuoi stessi occhi."

"Adesso vai", concluse la vecchia suora, "e che il Signore ti protegga. Se c'è ancora un briciolo di speranza per quell'uomo tormentato, esso ora è nelle tue mani."

Infine, richiuse il portone e si allontanò. L'attendeva una lunga notte di preghiere.
Solex
Solex, un po' sconfortata, pensò:
"Questa poi! Tanta fatica per riuscire a entrare e mi ritrovo subito fuori! Fermare Amleto? Servirebbe un esercito.
E quell'altro poi? Combatte per difendere la sua donna, servirebbe un esercito anche per lui.
E io son qui da sola, altro che armate e reggimenti. Le vie del Signore saranno pure infinite, ma ahimè non lo sono le mie risorse. Sarà una lunga notte... meglio che mi prepari per domani..."

Così detto, strinse i lacci del mantello per ripararsi meglio dal freddo pungente della notte e corse verso casa sua.

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Misery
Pola, 19 settembre 1457...alba

"Pola, sono arrivata finalmente" il cuore le batteva all'impazzata è una strana emozione a cui non riusciva dare un nome le vibrò nel corpo appena le mura di cinta della città si presentarono ai suoi occhi.
Improvvisamente, tutto divenne di nuovo urgente.
"Devo trovarlo, devo trovarli entrambi a costo di svegliare l'intera città" Da quando aveva saputo che Marcolando era a Pola la tensione le era salita a tal punto da renderla tesa come una corda. Non aveva dormito per niente in quelle notti e le poche ore che avevano usato per far riposare i cavalli lei le aveva passate a pensare e a logorarsi e ad arrabbiarsi.
Elos non aveva più parlato molto, ma non l'aveva mai persa di vista e il suo sguardo preoccupato e scuro le faceva immaginare di non essere proprio nella migliore forma.
Era arrivata tardi? Si erano già battuti? Doveva sapere, aveva bisogno di scoprire cosa fosse accaduto e doveva parlare con Marcolando.
Era combattuta tra il forte desiderio di saperlo vivo e quello di ucciderlo lei stessa per quello che le stava facendo passare.
Doveva arrivare al mercato della città, li avrebbe sicuramente incontrato qualcuno che poteva darle le informazioni che cercava. Quanti Marchesi spocchiosi, muli e testardi potevano mai esserci a Pola?
Per fortuna Haiku conosceva quella città e presto intravidero i primi mercanti intenti a sistemare la loro merce ponti per aprire il mercato. Misery scese dal cavallo e si avvicinò ad un uomo dallo sguardo ancora spento dal sonno
Messere, buon giorno. Scusatemi, ma ho bisogno di chiedervi alcune informazione se foste così gentile l'uomo alzò lo sguardo veso di lei squadrandola dall'alto in basso fermando per qualche istante ciò che stava facendo mmh di cosa avete bisogno Misery, nonostante la stanchezza si sforzò di sorridere Qualche giorno fa dev'essere giunto qui da voi uno straniero. Un nobile modenese. Non è persona che può passare inosservato. Ho bisogno di trovarlo, l'avete visto? Sapete dirmi in quale locanda si è fermato?
E perchè lo cercate? Vi deve dei soldi? l'uomo non pareva essere molto collaborativo No signore non mi deve nulla, lo devo solo ucci...ehm, è un amico e devo trovarlo il prima possibile l'uomo osservò Misery un'altra volta in silenzio per qualche istante. Poi rituffò la testa nel suo lavoro. A quanto pareva non trovava interessante la cosa No, non ho visto nessuno straniero, io penso solo al mio lavoro non mi occupo dei fatti degli altri La delusione e il tono scorbutico del mercante la scoraggiarono. Ringraziandolo gli voltò le spalle, ma giunta vicino a Prince, prese qualcosa dalla borsa e con le mani dietro la schiena tornò a girarsi tornando sui suoi passi parandosi di nuovo davanti a quello zotico decisa ad ottenere ciò che voleva. Non era sicuramente il giorno fortunato per quel mercante Sapete dirmi almeno dove posso trovare messere Amleto? gli chiese sorridendo con una voce fin troppo mielosa. L'uomo rivedendola alzò gli occhi al cielo e sbottò Siete ancora qui? Vi ho detto che non so niente di nessuno, io sono qui per lavorare e non certo per dare informazioni e perdere tempo dietro a sciocchezze da donne. Quindi lasciatemi in pace o io...
SDENG....
qualcosa aveva messo fine al suo borbottio. Senza comprendere da dove fosse arrivato il colpo il mercante si ritrovò seduto a terra con una mano sulla testa, da li a pochi minuti avrebbe avuto un bel bernoccolo. Stralunato guardò la dama davanti a lui che lo guardava con occhi minacciosi e ridenti ed armata di...una padella? L'aveva colpito con una padella. Non poteva crederci. Il tono di quell'uomo l'aveva irritata e i suoi modi scorbutici avevano risvegliato Misery da quella situazione di torpore mentale nella quale si era nascosta. Tutta la rabbia, la stanchezza, la tensione le esplosero dentro.
L'espressione confuso e spaventata dell'uomo le diede un motto di soddisfazione che la portò a sorridere di nuovo "deve considerarmi pazza" pensò in un istante.
Senza alzare la voce e scomporsi più di tanto tornò a rivolgersi all'uomo seduto davanti a lei. La sua voce era così tranquilla e tagliente da apparire piu tremenda di un urlo
Ed ora, messere mi starete a sentire. Sono giorni che viaggio per arrivare sino a qui. Sono stanca, sporca e arrabbiata. Non dormo da parecchie ore e questo non giova ne a me ne a voi, purtroppo.
Ho combattuto in guerra solo pochi mesi fa quindi non sarete voi, bifolco, a crearmi un problema. Sono stata gentile e vi ho chiesto un'informazione e non avete nessun motivo per rivolgervi a me con quel tono perchè se osate farlo di nuovo la prossima volta non mi limiterò a colpirvi con una padella. Sono una Contessa e, per quanto non sia mia abitudine usare il mio titolo per distinguermi dalla gente voi avete dimostrato che tra me e voi esiste non solo una disparità di classe sociale, ma anche di buone maniere e se non volete che vi faccia impiccare all'albero più alto presente in questa ridente cittadina vi consiglio di essere più cortese. Non è carino rivolgersi ad una donna in quel modo. Ora mi darete le informazioni che cerco o vi assicuro che non potrete godervi il sorgere del sole messere
non aveva, naturlamente, nessuna intenzione di far impiccare nessuno, ne tanto meno fargli del male, ma era troppo stanca per discutere ancora con lui. L'uomo tentò di salvare le apparenze con un ma io... ma lo sguardo che Misery gli rivolse e la mano che sollevava di nuovo l'inusuale arma lo convinsero che non era il caso. Stava pensando a chi avesse fatto un torto così grande quella mattina da doverla scontare con quella furia e alla fine si arrese. Alzò le mani per parare un'altra eventuale padellata Va bene, va bene Contessa, vi dirò quello che so. Non ho davvero visto nessun nobile straniero in città anche se mi hanno detto che da qualche giorno qualcuno è arrivato, ma non so dirvi dove possa essere alloggiato, però posso indicarvi la taverna dove potrete incontrare messere Amleto con particolari degni di una mappa ben fatta il mercante spiegò a Misery dove poteva trovare la taverna. Misery abbassò il braccio ascoltandolo e, ringraziandolo di nuovo, lo salutò e si voltò. L'uomo, vedendola allontanare, fece per rialzarsi, ma eccola di nuovo. Esasperato tornò a sedersi. Misery fece l'impossibile per trattenere la risata le salì in gola Perdonatemi se vi disturbo ulteriormente messere, mi sapreste indicare dove si trova l'arena? senza nessuna esitazione il mercante le diede anche quell'informazione Grazie infinite. Siete di una gentilezza squisita spero di rivedervi presto ma l'espressione sul volto dell'uomo le disse che la speranza non era ricambiata. Sorridendo tornò al su cavallo e si avviò verso la taverna in cui le aveva detto avrebbe potuto incontrare, finalmente, Amleto
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Ladyranocchia
A Guastalla Bianca attendeva notizie del padre, erano ormai passati più di dieci giorni quindi suo padre avrebbe dovuto ormai essere giunto a Pola. Tuttavia le continue notizie e racconti di viaggiatori derubati ed aggrediti avevano suscitato spesso i timori di Bianca.
Quella mattina alcuni viaggiatori provenienti da Parenzo le dissero che un nobile Modenese era giunto in quelle terre e che anche a Parenzo si parlava di una sfida che avrebbe dovuto aver luogo a breve tra il nobile modenese e il messere di Pola noto a tutti col nome di Amleto.


Guastalla 18 settembre 1457

Padre adorato,
ho saputo che siete giunto sano e salvo sino a Pola e che a breve sfiderete messer Amleto. Se da una parte sono serena perchè vi so giunto a destinazione sano e salvo dall'altra il mio animo è turbato dal pensiero per l'esito che quest'impresa che vi accingete ad affrontare potrebbe avere .
Spero che questa mia arrivi prima del duello quantomeno e che vi porti un pò di casa in quelle terre straniere,che vi porti l'ammirazione e l'affetto che ho per voi .
Sappiate che il mio pensiero vi è sempre vicino e pregherò Aristotele perchè voglio scorgere il vostro destriero giungere all'orizzonte e avvicinarsi sempre più a casa il prima possibile.

Con infinito affetto,
Bianca Maria.

Elos
Pola, 19 settembre 1457...alba

Pola …. Sembrava cosi lontana invece infine il gruppo era giunto alla meta, misery aveva aumentato il suo nervosismo, elos silente e cupo come un’ombra osservava le sue compagne di viaggio, non gli erano sfuggiti alcuni malesseri che haiku cercava di celare ma com’era nel suo essere elos non aveva fatto notare ad alcuno di essersene accorto.
Quella città non sarebbe mai stata per lui una citta qualunque … ciò che l’aveva portato li e ciò che stava per accadere avrebbe inciso quel nome nella sua anima…
Nessuno poteva immaginare quanto avrebbe desiderato evitare quella stupida sfida, sarebbe stato disposto anche a morire ma aveva grande rispetto per misery e per le sue scelte … aveva discusso a lungo con lei per dissuaderla, come altre volte, ma alla fine aveva accettato la sua scelta proprio per rispetto alla dama, nessuno può decidere del destino di altri, l’unica cosa che poteva fare era starle vicino e questo aveva fatto …
Invece il damerino pieno della sua arroganza e vanteria doveva per forza sopraffare la volontà della dama senza minimamente tener conto della di lei scelta, troppo la voglia di compiere un gesto plateale per dimostrare il suo “amore” per comprendere la mancanza di rispetto che portava a misery.

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Amleto
Pola, 19 Settembre - Il Duello

Mancava poco che il sole fosse alto a mezzogiorno.
Nell'abitazione di Amleto, tutte le finestre erano chiuse e filtravano solo pochi raggi di sole dalle fessure degli infissi.
Il cavaliere scarlatto era lì. Mani dietro la nuca, seduto sul letto contro lo schienale in legno, da solo. Una gamba poggiata svogliatamente lungo il letto, l'altra col piede sul pavimento. Occhi chiusi.
Li riaprì per un attimo e vide la sua spada. Appoggiata nell'angolo.
Lei lo stava chiamando a sè.

Il guardiano di Port Lairge era lì sulle colline, arruolato nell'esercito di BigJack. Pronto a combattere nuovamente, nella battaglia per la ripresa della sua città. La sua amata era ancora viva e questo faceva sì che fuoco gli ardesse dentro. Bruciava di vita, con quella determinazione che era propria di color che difendevano la propria casa e la propria libertà.
"Ce l'hai un'arma?", domandò Jann accanto a lui ridestandolo dai suoi pensieri.
"A dire il vero no", rispose il guardiano.
"Non è molto, ma usa questo. E non farti ammazzare, mi raccomando!", esclamò la fanciulla donandogli un bastone dalla punta metallica.
Impugnò il bastone e lo strinse con forza. Da quel pezzo di legno, partiva la sua rincorsa per riprendersi l'amore.


Impugnò la sua spada, chiamata con lo stesso nome. Ne accarezzò i lineamenti dell'elsa. Conosceva i tratti di quell'arma letale meglio di quanto un uomo perdutamente innamorato conoscesse il corpo della sua donna.
La sollevò, gettò via il fodero e la legò direttamente in vita alla cintura. Pur così vicina al corpo, Gretaluna non feriva mai il suo padrone. Lo serviva.

Uscì di casa e si diresse verso il cortile dell'Arena, come stabilito. Il sole era già alto a mezzogiorno e non era il caso di far attendere il proprio avversario. Si recò a passo svelto e osservando attorno a sè con circospezione. Ma come prevedibile, a quell'ora i pescatori erano già al largo, i bottegai intenti a lavorare e si poteva trovar molta gente solo nei pressi del mercato, ch'era piuttosto distante dall'Arena.

Le armate di BigJack si fermarono alle mura della città. Il comandante lanciò un grido di battaglia, seguito da quello di tutti i suoi seguaci.
"PER PORT LAIRGE! PER MUNSTER!", gridarono in coro.
Aveva accanto a sè i compagni fidati. Jann, Mordrag, Steven, Fa shi shu, Holabar. Tutti pronti a combattere assieme a lui.
Il cuore gli palpitò quando vide tutti iniziare a correre, cercando di non calpestarsi a vicenda nella calca, e dirigersi rapidamente verso i cancelli della città. Cominciò a correre anche lui. Sensazione di smarrimento. Si sentì una formica nel mezzo d'uno sciame d'insetti. Un niente, mentre il cielo sopra osservava. Strinse il suo bastone per farsi coraggio.
Si lanciarono di corsa contro il cancello, sfondandolo rapidamente con gli arieti e penetrando tra le brecce delle mura. In breve, il conflitto ebbe inizio.


Il duello stava per avere inizio. Amleto fu dinanzi al suo avversario.
Piegò leggermente la testa in cenno di saluto.
Poi, senza aggiungere altro, portò la mano destra all'elsa della spada.
"Per Danitheripper. Per Gretaluna.", sussurrò in tono minaccioso.
Era il segnale di inizio.

Non vi fu alcuno scambio di colpi di riscaldamento o di studio. Niente del genere.
Amleto a passo di corsa si lanciò sul suo avversario così come ci si lancia su un avversario nel mezzo d'una guerra, piuttosto che di un duello. Il primo colpo era già pensato per uccidere.

Il guardiano di Port Lairge si trovò dinanzi un avversario, nel mezzo della folla. Gli puntò contro il bastone, alquanto esitante. Non conosceva neppure chi fosse il suo assalitore. O forse era lui che assaliva? Chi era quel soldato che stava per combattere? Uno di coloro che avevano depredato Port Lairge o un disperato che era entrato nell'esercito degli invasori per trovar da mangiare?
Troppi pensieri. La guerra non andava combattuta così. Gli passò di fianco James il quarto. Con un singolo colpo di spada, sgozzò l'avversario del guardiano.
"Stai dormendo per caso? E' una guerra. Uccidi o sarai ucciso!!!"


Uccidi o sarai ucciso. Amleto vibrò quel primo colpo micidiale, che Marcolando riuscì a parare a stento, rimediando un taglio al braccio. Negli occhi del nobiluomo, lesse lo stupore per la furia omicida del suo primo attacco.


Marcolando non era un pivello. Per niente. Quel singolo colpo avrebbe già dovuto funzionare, avrebbe dovuto uccidere l'avversario. Come il colpo sgozzante del suo caporeggimento, in una guerra lontana.
Il nobiluomo apparve più determinato. Il colpo di Amleto aveva fatto sì che il gallo cantasse e svegliasse la determinazione dell'avversario. Se prima era esitante ad uccidere Amleto, probabilmente ora sapeva di non avere scelta.

Il guardiano di Port Lairge non aveva scelta. Doveva combattere per uccidere. Si lanciò nella mischia, cercando di mantenere quel briciolo di razionalità per decidere la propria direzione. Non gli interessava avvicinarsi al centro, al municipio della cittadina. Voleva raggiungere l'area orientale, quella dove si trovava la sua vecchia casa. Forse lì avrebbe trovato tracce di lei.

Per difendere la sua donna, Marcolando combatteva.
Così si fece avanti e con un paio di abili finte, riuscì a violare la guardia di Amleto. Questi, con tutta la sua esperienza, si spostò di scatto e rimediò soltanto una gomitata al volto e un buco nel mantello. La lama del nobiluomo era evitata.


Sorrise, il cavaliere scarlatto. Dopo quell'attacco, il corpo di Marcolando gli apparve scoperto e simile ad un bersaglio troppo facile per essere mancato. Impugnò la spada con entrambe le mani e dall'alto verso il basso, colpì con un fendente micidiale.

Un colpo e ancora un altro. Il guardiano di Port Lairge cominciò ad acquistare sicurezza man mano che avanzava inoltrandosi tra le vie cittadine. Non finiva i suoi nemici, ma riusciva a metterli fuori causa con bastonate ben assestate.
L'aver abbandonato la confusione, le urla, le fiamme, la parte più caotica della battaglia, gli aveva fatto acquistare una certa sicurezza. Ora la sua casa non era lontana. Lo sentiva. Lei era lì. L'aspettava. Era lì, ancora qualche passo...


Ancora un colpo e l'avrebbe finito. Questo pensò Amleto, che non voleva tirarla per le lunghe. In guerra, combattere troppo a lungo un singolo avversario era una pessima idea. Colpì con un fendente micidiale ma Marcolando riuscì ad evitare il peggio rotolandosi per terra. Si rialzò da terra dolorante, con una seria ferita alla spalla.


Amleto serrò i denti. Gli era sfuggito ancora. Il duello continuava e la guerra non si sarebbe più fermata. Troppo tempo stava ormai trascorrendo. Strinse la spada.

Troppo tempo. Quanto ci voleva per arrivare alla sua vecchia casa? Abitazioni distrutte, barili di legno sfondati, bancarelle dal telo divelto. Tutte le strade avevano lo stesso miserabile e desolante aspetto.
Infine, il guardiano di Port Lairge riconobbe l'incrocio ch'era a pochi passi da dove abitava, facilmente identificabile dalla statua vichinga che campeggiava in uno spiazzo verde. Affrettò ulteriormente il passo.
Fu dinanzi casa sua, si guardò attorno. Non vide nessuno.
"Chi si vede. Il mio prezioso fabbro. Bentornato all'Inferno!", tuonò una voce orribilmente familiare alle sue spalle.


"Con quella ferita sei destinato all'inferno. Lasciati finire una buona volta e non prolungare la tua sofferenza", intimò Amleto puntando la spada verso la testa di Marcolando.
Questi, con un sorriso quasi di scherno, incrociò la sua con quella di Amleto.
Nei suoi occhi, lo sguardo di chi non si sarebbe arreso. Di chi lottava per difendere ciò che amava. Amleto restò profondamente colpito da quello sguardo.

Tanto da non veder arrivare il colpo migliore del Marchese. Quasi del tutto fuori guardia, Amleto non potè fare altro che porre la sua stessa spada a protezione del petto e buttarsi all'indietro per evitare di essere squarciato in due pezzi.
Strinse i denti per l'intenso dolore, sentì il sapore del sangue salirgli fino alla gola. Gli era stato inflitto un taglio in pieno petto ed era stato sbalzato di schiena a terra.


Il dolore fu atroce. Con un singolo colpo d'ascia, il gigante barbuto aveva spaccato in pezzi il bastone del guardiano e l'aveva sbattuto a terra, con una ferita grave sul petto. Il guardiano resto lì al suolo, immobile per lo shock. Per un singolo istante, osservò il cielo sopra di sè. Il cielo era lì e lui era una formica.
Aveva tentato di lottare ma era stato inutile.
"E' un vero peccato. Ma oggi dovrò ucciderti. Che spreco.", ruggì il gigante.
Lo sentì avvicinarsi. Riuscì a percepire l'aria divisa in due dalla sua ascia sollevata sopra la testa, che stava per abbattersi su di lui. Sarebbe finita così?
...
D'un tratto, un lamento femminile lo ridestò dal suo stato di semiincoscienza. Voltò lo sguardo. Alle spalle del gigante, una donna dall'aspetto familiare giaceva contro il muro, con una spada nel petto.
Ne riconobbe i lineamenti. I capelli biondi che aveva accarezzato infinite volte. Gli occhi lucenti. Che si stavano chiudendo. Lei l'aveva guardato, per l'ultima volta. Il sangue sul viso... stava morendo.
Rabbia. Dolore. Ricordi che si susseguirono in un singolo istante. Un vortice di emozioni lo avvolse trasformandolo per sempre.
Una rabbia senza pari si impossessò di lui.


Morte. Morte. MORTE!
Amleto si rialzò di scatto, come non provasse alcun dolore.
Marcolando si fermò dinanzi a quella scena irreale. Ne notò gli occhi completamente iniettati di sangue. Non era più in sè stesso. Il cavaliere scarlatto strinse la spada e avanzò minaccioso verso l'avversario. Non c'era più ritorno.

Il guardiano di Port Lairge si rialzò furioso e attaccò quel gigante barbuto con una spada. Dove l'aveva presa? Non aveva più importanza.
Doveva uccidere. Uccidere ad ogni costo.
Iniziò a squarciarne la carne con quella lama. Mentre lo sguardo del gigante era uno spaventoso misto di terrore per quella furia e compiacimento per l'efficacia di quel brando eccezionale.
Era la sua fine e lui... non avrebbe potuto desiderare una fine più grandiosa di quella.


Amleto si lanciò contro Marcolando con un ultimo spaventoso grido di battaglia.
Il suo attacco fu talmente violento da disarmare l'avversario, che cadde ferito alla mano dinanzi al cavaliere e ai demoni di cui lui era ormai interamente preda.


Amleto alzò la spada sopra il suo avversario e si preparò ad infliggergli il colpo di grazia.
"Una volta per tutte... MUORI!"

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Solex
*SDENG*

Rumore di spade che si scontravano con violenza estrema.
La ragazza sentì le sue mani tremare sotto il peso del colpo durissimo che era stata costretta a respingere, intromettendosi in corsa con la sua parata.
"Non ti lascerò commettere un omicidio. Non lascerò che tu diventi ciò che non sei."

All'ultimo istante, Solex s'era frapposta tra i due. Sapeva dentro di sè che non sarebbe stata perdonata. Ma l'unica cosa, in quel momento, che poteva fermarlo... non erano le sue parole, bensì un'altra spada.

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