Morphea
Il battere della pioggia sul vetro appannato, aveva attirato la mia attenzione, accompagnato da un fruscio che non riuscivo a comprendere. Il silenzio del mulino veniva improvvisamente soffocato da quel brusio cadenzato.
Guadagnavo luscio, calpestando i listelli di legno del pavimento che, come il gracidare delle rane nei pressi di uno stagno, diventavano una litania corale, fastidiosa e assordante. Aprii la porta di scatto, assediando il portico e fissando il cortile, venni rapita dal vento che provava a spazzare via le foglie che si erano accartocciate moribonde sulla pietra. Con la coda dellocchio cercavo di capire dove fossero dirette e mi ricordai di mia figlia Alice, che da piccola si divertiva a rincorrerle.
La vedevo ancora saltare da una parte allaltra, sotto lo sguardo vigile e attento, e fintamente distratto, del padre, che si assicurava non le capitasse nulla di spiacevole. E come una crisalide appena uscita dal bozzolo e divenuta farfalla, librava felice e spensierata, per raccoglierle tutte nel grembiule e portargliele in dono. Correva, e i suoi boccoli doro risplendevano sotto i raggi del sole. Quei boccoli che tanto la infastidivano quando si impigliavano fra le lunghe ciglia e la costringevano a rallentare le sue corse per farli ritornare al loro posto sbuffando e facendolo, guardava sottecchi suo padre, cercando di cogliere la sua attenzione e quando ci riusciva, con una smorfia gli strappava un sorriso. Lui immobile, orgoglioso e fiero, provava a trattenersi, ma, perennemente, si scioglieva ad ogni suo gesto.
Lei ricominciava ne racimolava sempre un mucchietto, e dopo averglielo mostrato lo portava in casa per nasconderlo, e a fine giornata quando lui si assopiva davanti al braciere le recuperava e me le portava in cucina. Cercava approvazione mi consegnava il suo bottino ansiosa di sentire che storia le avrei mai raccontato.
Un giorno me ne mostrò una che non avevo mai visto.
Sollevò la sua manina con la foglia nel palmo, rivolto verso lalto, e mentre stendeva il braccino, notai quanto rosea e delicata fosse la sua pelle, e quanto fosse piccola quella mano rispetto alla foglia che voleva mostrarmi.
La malinconia di chi sente vicina la propria ora, mi aveva assalito.
Mentre ripensavo alla mia bimba un colpo di vento mi distrasse ancora e guardando in lontananza mi resi conto che il cielo a breve sarebbe divenuto più scuro ma in quanti se ne sarebbero resi conto?
Quel ramo continuava a sfregare vicino la finestra e quello stridere, come un unghia su uno specchio, diveniva sempre più insopportabile.
Rientrai in casa, cercai la mia spada, stizzita la estrassi con la gentilezza di un bifolco:
Dovresti avere un nome - mi ripetevo fissandola e ritornando sul portico - tutti continuano a ripetere che una spada debba avere un nome
un ghigno mi comparve sul viso mentre tagliavo quel ramo di netto con la lama, e vedendolo rovinare al suolo, ebbi chiara davanti agli occhi l'immagine di una testa che rotola più e più volte su un patibolo quando il boia lascia la corda... ed una tempesta la trascina lontano... sgomentando la folla incredula per ciò che accade.
Ero fradicia ormai, ma non sarei mai e poi mai rientrata in casa. Non in quel momento. Sentì uno strattone alla mano, mi voltai e due labbra calde si posarono sulle mie. Così sarei rimasta per ore così mi lascerei morire con le sue labbra sulle mie
Vieni Morph è ora!
Guadagnavo luscio, calpestando i listelli di legno del pavimento che, come il gracidare delle rane nei pressi di uno stagno, diventavano una litania corale, fastidiosa e assordante. Aprii la porta di scatto, assediando il portico e fissando il cortile, venni rapita dal vento che provava a spazzare via le foglie che si erano accartocciate moribonde sulla pietra. Con la coda dellocchio cercavo di capire dove fossero dirette e mi ricordai di mia figlia Alice, che da piccola si divertiva a rincorrerle.
La vedevo ancora saltare da una parte allaltra, sotto lo sguardo vigile e attento, e fintamente distratto, del padre, che si assicurava non le capitasse nulla di spiacevole. E come una crisalide appena uscita dal bozzolo e divenuta farfalla, librava felice e spensierata, per raccoglierle tutte nel grembiule e portargliele in dono. Correva, e i suoi boccoli doro risplendevano sotto i raggi del sole. Quei boccoli che tanto la infastidivano quando si impigliavano fra le lunghe ciglia e la costringevano a rallentare le sue corse per farli ritornare al loro posto sbuffando e facendolo, guardava sottecchi suo padre, cercando di cogliere la sua attenzione e quando ci riusciva, con una smorfia gli strappava un sorriso. Lui immobile, orgoglioso e fiero, provava a trattenersi, ma, perennemente, si scioglieva ad ogni suo gesto.
Lei ricominciava ne racimolava sempre un mucchietto, e dopo averglielo mostrato lo portava in casa per nasconderlo, e a fine giornata quando lui si assopiva davanti al braciere le recuperava e me le portava in cucina. Cercava approvazione mi consegnava il suo bottino ansiosa di sentire che storia le avrei mai raccontato.
Un giorno me ne mostrò una che non avevo mai visto.
Sollevò la sua manina con la foglia nel palmo, rivolto verso lalto, e mentre stendeva il braccino, notai quanto rosea e delicata fosse la sua pelle, e quanto fosse piccola quella mano rispetto alla foglia che voleva mostrarmi.
La malinconia di chi sente vicina la propria ora, mi aveva assalito.
Mentre ripensavo alla mia bimba un colpo di vento mi distrasse ancora e guardando in lontananza mi resi conto che il cielo a breve sarebbe divenuto più scuro ma in quanti se ne sarebbero resi conto?
Quel ramo continuava a sfregare vicino la finestra e quello stridere, come un unghia su uno specchio, diveniva sempre più insopportabile.
Rientrai in casa, cercai la mia spada, stizzita la estrassi con la gentilezza di un bifolco:
Dovresti avere un nome - mi ripetevo fissandola e ritornando sul portico - tutti continuano a ripetere che una spada debba avere un nome
un ghigno mi comparve sul viso mentre tagliavo quel ramo di netto con la lama, e vedendolo rovinare al suolo, ebbi chiara davanti agli occhi l'immagine di una testa che rotola più e più volte su un patibolo quando il boia lascia la corda... ed una tempesta la trascina lontano... sgomentando la folla incredula per ciò che accade.
Ero fradicia ormai, ma non sarei mai e poi mai rientrata in casa. Non in quel momento. Sentì uno strattone alla mano, mi voltai e due labbra calde si posarono sulle mie. Così sarei rimasta per ore così mi lascerei morire con le sue labbra sulle mie
Vieni Morph è ora!