Tergesteo
Arles, 8 febbraio 1458
La porta si scostò quel tanto che bastava a far entrare un apersona e l'aria fredda del febbraio provenzale.
Una figura si infilò nel grande stanzone e con il piede richiuse la porta alle proprie spalle.
Dalla parte opposta, le braci in un focolare lanciavano ombre vaghe sulle pareti accompagnadole da un delicato odore di legno bruciato che andava raffreddandosi.
A terra, sulle assi di legno del pavimento, stavano distesi una ventina di uomini, sparpagliati per tutta l'ampiezza dello stanzone.
L'uomo appena entrata avanzava attento a non calpesatre i dormienti, fermandosi di quando in quando per sincerarsi che il loro respirare calmo non si trasformasse in un richiamo feroce o in un insulto : chi dorme non vuole essere svegliato bruscamente, ma preferisce continuare nel sonno.
L'uomo giunse infine all'estremità dello stanzone.
Depose la legna che abbracciava e che aveva recato con sè lungo tutto il tragitto e si inginocchiò innazi al fuoco.
Scostò la brace con un legno sottile e iniziò a soffiare.
La brace si arroventò, regalando luce e fiammelle che inondarono il volto di quell'uomo , dipingendolo di un rosso vivo e luminoso.
"Hai freddo,Tergesteo?". Una voce di donna , alle spalle del Folle, proveniva da una figura distesa poco lontano.
Con il braccio che le sorreggeva la testa e distesa su un fianco.
"Se il fuoco non lo alimenti si spegne, Morphea..." fu la risposta.
Semplice.
Disarmante.
"Non mi hai risposto ... hai fredddo?" .
La voce si faceva leggermente stizzita.
"No... e bada non lo faccio per me ... lo faccio per lui" rispose il Folle accennando alle fiamme che ringalluzzite avevano ripreso a danzare nel focolare.
La luce si distribuiva vivida alle pareti e parecchi dei dormienti si erano voltati dando la schiena al fuoco.
Qualcuno , viceversa si era deciso ad osservare quell spettacolo ancestrale.
"Vedi Morphea ... il fuoco esiste non per noi ma per se stesso. Certo, noi ne sfruttiamo il calore ma anche se non lo facessimo trovo ingiusto che nessuno lo nutra.
Esso scalda, infiamma, è un grato spettacolo agli occhi eppure nessuno vuole avvicinarsi più di tanto, nessuno vuole nutrirlo... è ingiusto tutto ciò...".
C'era tristezza in quelle parole.
Tanta tanta tristezza.
"Mi chiedo cosa ci sia da avere paura ..."
Tergesteo agguantò un tizzone e lo alzò ad illuminare ulteriormente la stanza.
Osservò per qualche istante la donna distesa e le figura addormentate che sussultavano sorprese dalla luce.
"Dormono e la luce del fuoco dà loro fastidio... tanti chiudono gli occhi, pochi vedono le ombre distorte sul muro e credono di intuire cosa avvenga ... ma nessuno o quasi si alza e agguanta una torcia ... preferiscono vivere dormendo ...".
Tergesteo si volse e scagliò il tizzone nel fuoco.
Una nuvola di scintille si sprigionò dalle vampe per poi spegnersi nell'aria.
Il volto del Folle era incendiato dall'ira e dal calore.
"Li odio .. capisci? ... li odio perchè voltano le spalle al fuoco per paura e per indifferenza.
E quando il fuoco si spegnerà, resteranno al buio e al freddo e moriranno così, ciechi e assiderati ... li odio perchè tradiscono il mio amore!"
Il tono di voce mosso dall'ira non si confaceva al sonno e diversi dei presenti protestarono.
"Vedi Morphea ... hanno fastidio anche delle parole.
Non vogliono sentire , non vogliono vedere.
Tanto vale bruciarli tutti ... ma farei torto al fuoco!"
Tergesteo rimase a fissare le fiamme in silenzio.
Per poco.
Si volse.
Mormorava, ora.
"Io non conosco al mondo
nulla di più meschino di voi, o dèi.
Miseramente nutrite
doboli e preci
la vostra maestà
ed a stento vivreste,
se bimbi e mendichi
non fossero pieni
di stolta speranza.
Copri il tuo cielo, Giove,
col vapor delle nubi!
Credevi tu forse
Che avrei odiato la vita,
che sarei fuggito nei deserti
perché non tutti i sogni
fiorirono della mia infanzia?
Io sto qui e creo uomini
a mia immagine e somiglianza,
una stirpe simile a me,
fatta per soffrire e per piangere,
per godere e gioire
e non curarsi di te,
come me...."
La donna si mise a sedere e a fissare quella figura.
"Tu mi sei uscito pazzo ..." disse sorridendo.
Tergesteo però non rideva.
Quando t'accorgi che quella che tu senti verità cade nel vuoto, il sorriso ti pesa come il supplizio di Sisifo.