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Con gli occhi chiusi

--Demone_del_tardi
Siamo arrivati. Il silenzio che ci ha condotti e accompagnati viene a tratti interrotto dalle domande insistenti di poliziotti annoiati.

“Chi siete, dove andate, perché ci andate”.

“Siamo mercanti, viaggiamo per il semplice piacere di farlo. No, non abbiamo una meta precisa, ci fermeremo dove converrà farlo”.

Bugie, cui non fanno neppure caso. Ho imparato a non sentirmi più in colpa per le mie bugie.

Abbiamo uno scopo, non mento per dileggio, solo per necessità. La verità crea molti problemi quando si hanno intenti criminosi.

Un giorno torneranno loro in mente i nostri nomi e sapranno che abbiamo mentito, si angustieranno per non averci fermati quando ancora erano in tempo o in grado di farlo, ma alla fin fine comprenderanno che non avremmo potuto essere sinceri e perdoneranno le parole, ma non gli atti.

L’empatia uccide, nessuna pietà, nessun rimorso, nessuna simpatia tra vittime e carnefici. Che facciano il loro lavoro, se non ci fosse gente come me non servirebbe gente come loro, diamo un senso alle loro misere vite.


Da giorni tutto è immobile e irreale. Non posso avere contatti con nessuno. Senza volerlo, obbedisco alla città. E’ un posto che mi somiglia, solitario e buio, come me in questo momento. Mi lascio trascinare dai suoi lati oscuri.

“Non aver paura”.

“Non ne avrò”.

“Perché hai voluto tutto questo? Che cosa ti fa credere che dopo starai meglio? Dopo il rischio, dopo la fuga, dopo l’odio… Ci sono già passato, ti distruggerà come ha distrutto me. Augurati solamente che tra quella gente non ci sia nessuno per cui valga la pena morire.”

“C’è già”

“Chi?”

“Tutti”


“Andiamo bene”

“Non si lascia indietro nessuno”

“Potresti doverlo fare”


Non gli rispondo.

Potrei doverlo fare, potrei doverlo fare.

Perché nessuno pensa alle possibilità più ovvie e quando ci vengono sbattute in faccia non sappiamo che dire?

Lo guardo. Non insiste, mi ha dato di che tormentarmi, sembra soddisfatto. Mi fermo a pensare al suo viso scavato e stanco, non fa la barba da giorni. Ogni volta che lo vedo è come un evento. Quando ti compare davanti non sai mai se un sorriso ironico ma bonario accompagnerà la sua giornata, o se il solco di una lacrima antica terrà i suoi pensieri lontani. Talvolta mi commuovo dinanzi a un suo movimento istintivo come potrei commuovermi dinanzi alla fame di un animale...
--Latrodectus
Non restava che attendere, tesi eppure indolenti, le giornate che si trascinavano lente e tutte uguali.
Quando si incrociavano per le vie, niente più che uno sguardo, destare la minor attenzione possibile era la cosa fondamentale. La cittadina era sonnacchiosa e spenta.

Si erano separati poco prima di arrivare, sempre per non destare sospetti:


-Vi voglio sani e salvi a destinazione - Sembra tutto facile detto da parte di un uomo che sembra, talvolta, uscito direttamente dalle soglie dell’Ade.

Lei aveva deglutito e aveva lanciato un’occhiata ai “suoi” uomini, che sembravano più che in grado di badare a sé stessi, molto più di lei, in realtà, e si erano accomiatati con domande sospese e dubbi che ancora fluttuavano d’intorno.
Pochi giorni dopo, il motivo di quella scelta si era palesato, saggezza nascosta di quell’uomo a cui, in certi momenti, avrebbe infilato volentieri nello stomaco quella spada che le pendeva inutilizzata dal fianco: ciò che le era stato commissionato, in realtà, era un lavoro da burocrate. Girare per uffici e riempire pergamene su pergamene di richieste, permessi, suppliche.

Le menzogne avevano cominciato a fluire liberamente dalla sua bocca e dalla sua mano, ed erano diventate per lei una seconda natura, al punto che si era assunta volontariamente il compito della “talpa”. Aveva ritirato fuori dalle bisacce i suoi abiti di un tempo e girava per le taverne delle cittadine che attraversavano, compresa la meta del loro viaggio, fingendosi un’innocua fanciulla, sperduta lontano da casa.
Quel ruolo le dava un piacere sottile ed era al contempo amaro come il fiele: la recita metteva in scena una parte di lei che la vita aveva inevitabilmente travolto ma che dolorosamente riportava alla luce, rammaricandosi in ogni momento di quel che non sarebbe stata mai più. Fingere vulnerabilità ed innocenza quand’esse sono irrimediabilmente perdute, pesante consapevolezza che si sommava al suo dolore obliato ma mai completamente sopito.
Cercava distrazione nei libri e nelle missive che scriveva. La sera, non vista, tirava fuori quel nastro che conservava ancora l’odore dell’infanzia, e quell’altro ricordo… sperava che l’attesa finisse presto.

________________


Latrodectus
--Pantasilea
L’alba era sorta da poco, il sole faceva capolino all’interno della cabina attraverso l’oblò.
La nave, avvolta in una calma piatta dovuta ad una sacca di bonaccia, non accennava a muoversi.
Nonostante fosse autunno ormai, il clima non era ancora gelido, o forse era il sole marino unito alla bonaccia che rendeva l’aria circondante la galea calda e umida.
Si era svegliata da poco. Alzatasi dalla branda presente nella sua cabina, aveva aperto l’oblò sperando che un filo di vento entrasse, ed invece il nulla.
Iniziò a vestirsi, ricordandosi quanto dettosi la sera prima col Capitano: “Ti occuperai tu del suo addestramento iniziale” “E perché dovrei farlo io?” “Perché io l’ammazzerei.
Messisi addosso un paio di pantaloni, una camicia larga, gli stivali e un paio di guanti in pelle, e presa una sacca di tela uscì dalla cabina, dirigendosi verso la cambusa dove l’ormai ex clandestina era stata relegata. Gli era stato preparato un giaciglio nella stanzetta dietro la cambusa, fra le botti di birra, e alcune scorte alimentari non chiuse nella stiva.

Entrò in quel luogo buio, senza un oblò che lo illuminasse.

Svegliati il sole è sorto, e tu hai un allenamento da fare.

La ragazza si stropicciò gli occhi, e guardò verso l’uscio. Ancora assonnata non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma alzatasi dal giaciglio seguì la donna fino al ponte della nave.

Passarono alcuni secondi prima che entrambe si abituassero alla luce solare.

Iniziamo senza perdere ulteriormente tempo.

Pantasilea si diresse verso l’albero a cui appoggiò la sacca ed estrasse da essa una spada per poi rivolgersi alla ragazza.

Questa è una spada ad una mano, è la più versatile e maneggevole. Ad essa si può affiancare uno scudo oppure un pugnale o una daga.
Imparerai a maneggiarla. Ma prima è bene che tu impari i rudimenti della scherma se non vuoi ritrovarti con un arto tranciato di netto dalla lama della tua spada.


Ripose l'arma nella sacca, dalla quale prese due bastoni di legno della stessa misura.
Useremo questi, agli inizi. Hanno all’interno una barra metallica che riproduce pressappoco il peso di una spada ad una mano. Così oltre alle basi, imparerai a muoverti con quel peso addosso. Perciò da questo momento, questo legno dovrai sempre portarlo con te.

Mentre la neo allieva prendeva confidenza con il bastone, Pantasilea le mostrava alcune posizioni della scherma e gli indicava anche i nomi dei colpi a secondo della direzione. Vedendo però che l’allieva si perdeva in chiacchiere, cambiò metodo.

Ho capito, con te è meglio iniziare subito con la pratica.
Alzati, si dice che la miglior difesa è l’attacco, ma senza sapersi difendere non si può attaccare.
Per questo, la prima cosa che imparerai sarà difendersi.
Ogni attacco, ha una parata che permette un repentino contrattacco.


Iniziò quindi a mostrarle le varie parate, facendosi imitare.
Ad ogni parata che l’allieva provava, seguiva un finto attacco senza forza, affinché la giovane si imprimesse nella mente i movimenti di parata. Ogni parata, veniva provata e riprovata.

Continuarono per tutta la mattina, fra gli sguardi di alcuni membri dell’equipaggio che si erano appostati ad osservare la scena, incitando o applaudendo l’allieva.
Quando il sole fu alto nel cielo, i loro corpi reclamavano una tregua.

Per oggi può bastare. Riprenderemo domani. Quello portalo con te, mi raccomando, ti devi abituare a portare un peso fisso. Dovrai sentirlo come se fosse una parte di te.

L’allieva rientrò nella cambusa, mentre lei, presa la sacca e riposto in essa il bastone, salì sulla cabina di comando.

Allora? – le apostrofò il Capitano senza alzare la testa dalle carte nautiche.
E’ presto per dirti qualcosa, ma si impegna e ci mette la buona volontà, soprattutto non si lamenta.
Se ti servo vado a mangiare un boccone in cambusa.


Pantasilea si allontanò dalla cabina di comando, per entrare dentro la cambusa, dove una lieve frescura e una buona birra, l’aiutarono a recuperare le forze spese.
--Erebo
Con gli occhi chiusi.
Non far trapelare nulla, non far trasparire dubbi.
L'inquietudine genera dubbio, il dubbio genera confusione.
E in questo momento non ne abbiamo bisogno.

“Signori, ci dividiamo in due gruppi per entrare in città.
Facciamo i bravi .. permessi, leggi sul mercato, robe di questo genere ...
Il primo gruppo lo condurrò io.
Il secondo Latro.
Domande?


Una voce protestò.
Dominai l'irritazione.
Chi non sa obbedire, non potrà comandare.
Non dovevo dare spiegazioni, puntualizzai che andava bene così, altrimenti avrei scelto diversamente.

La risposta irritò vagamente l'interlocutore.
Meglio così.
Un poca di rabbia rende l'occhio attento e i muscoli pronti.

Il mio gruppo è partito per primo.
La città: valutarne le difese, studiarne i punti deboli.
Siamo rivolo d'acqua nel fiume dei cittadini.
Non attenderemo il gelo invernale per spezzare la pietra.

Ora però abbiamo in sorte l'attesa.
Terminata la farsa dei permessi.
Abbiamo atteso giorni per ottenere autorizzazione di residenza e di vendita al mercato.
Il comandante della guarnigione a difesa della città si atteggia a burocrate glaciale e preciso.
Piccolo uomo , soldato di carta!
O di carte.
Hai deposto la spada e combatti col sigillo.
Ma è ferro molle il tuo, e la tua ceralacca non è il mio sangue.

Ma non temere,piccolo capitano, rivedrai il mio volto presto.
E non sarò l'ossequioso mercante rompiballe in attesa dei permessi.

Chissà ...

Forse susciterò in te antichi ricordi.
Ti verrà voglia di mettere mano all'elsa.

Il sussulto d'orgoglio dello sconfitto!

Dovrai finire con la faccia nel fango come un maiale, mon petit capitaine, per riscoprirti uomo?
Credimi,piccolo scartoffiaro, mi auguro che quella notte tu non vorrai coricarti comodo ma mi attenderai sugli spalti.

Forse riuscirai a farmi anche la pelle.
E allora - e solo allora - ti considererò redento e spirerò soddisfatto per aver salvato un brando dalla ruggine.
Prima di allora, se solo un omino di carta.

L'attesa dell'azione è intrisa di noia, ombreggiata di aspettative, oberata dai ricordi.
Mi soffermò a osservare la ragazza dai capelli neri come la notte.
Se tutto ciò ha avuto inizio , è stato per mano sua.

Ora sono il Caronte che la traghetterà oltre.

Non far trapelare nulla, non avere dubbi.
La confusione genera dubbio,il dubbio disordine.
E in questo momento non ne ho bisogno.

Lei ha già fatto volteggiare la spada , ma è ancora giovane.
Ha gli occhi accesi di chi vede tutto chiaro e respira certezze.

Mi viene da sorridere.

Il dubbio, ragazza mia, genera confusione.
E credimi, qualche volta ne abbiamo davvero bisogno.
Le emozioni non hanno simpatia per l'ordine fisso.
--Cridhe_gaidligh


“Resta immobile, dormi nella bonaccia, o tu che soffri
Con una piaga in gola, bruciando e rigirandoti.
Tutta la notte a galla sopra il tacito mare udimmo il suono
Della ferita avvolta nel lenzuolo salato.

Sotto la luna oltre un miglio tremavano ascoltando
Il rombo del mare fluire come sangue dalla piaga sonora,
E quando il lenzuolo salato proruppe in un uragano di canti
Le voci di tutti gli annegati nuotarono nel vento.

Apri un varco nella lenta, nella lugubre vela,
Schiudi al vento le porte del vascello vagante
Perché inizi il mio viaggio verso la fine della mia ferita,
Intonò il rombo del mare, disse il lenzuolo salato.
Resta immobile, dormi nella bonaccia, nascondi in gola la bocca,
O dovremo obbedire, e cavalcare con te fra gli annegati.”


Salirono tutti e si ritrovarono sul ponte di comando, pronti alla partenza. Il Capitano distribuì ordini sibillini e si pose al timone dopo aver aiutato a gettare gli ormeggi.
Il sole si affacciava timido facendo capolino tra un nugolo di nubi color latte. Era caldo secco, si tolse la cappa e rimase con la sola camicia bianca, trincando acquavite come uno spirito dell'Inferno Lunare.
Virò di novanta gradi a babordo all'uscita del porto e piantò il timone a dritta lasciando il comando al Moro, prima di dirigersi sotto coperta a riposarsi.

Passò sotto il ponte e in camerata notò la clandestina provata e stanca dall'allenamento. La sorpassò mostrandole un sorriso beffardo, e si adagiò sulla sua branda abbandonandosi al sonno mentre sul ponte infuriavano le voci di un equipaggio troppo vivace.

.....
.....

Erano partiti che la schiuma ribolliva sotto la carena della galea, avanzando docilmente sulla piattaforma turchese sfruttando l'andatura a mezza nave per il vento che piombava perpendicolarmente a babordo.
L'equipaggio di bordo tendeva a rilassarsi dopo le grande manovre di partenza e la gran parte di loro si riuniva sotto coperta.

Dopo l'iniziale adagio, le cose non andavano bene. Il cavaliere, del resto, aveva preso con troppa faciloneria la tratta lasciando il timone all'ufficiale moresco riparandosi sotto coperta per approffittarne di un sonno leggero.
Aveva passato tutta la notte sveglio per fissare la rotta al centimetro e almeno metà mattinata per far entrare in testa il tutto al Moro, fin nell'ultimo dettaglio.
Il riposo non durò molto, la vagabonda piombò nella cabina come la bora nel Mar Nero.

"Sveglia! Sveglia!"
"Che cazz...", il capitano si voltò nelle coperte tiepide ed impregnate d'umidità.
La donna farfugliava parole in un dialetto incomprensibile. Il cavaliere non la ascoltava, attratto dai richiami secchi provenienti dal ponte, quindi scese e si infilò la camicia risalendo le scale in legno.

Subito gli venne incontro, solerte, il Moro a fare rapporto.

"Capitan, sin viento, sin viento! Siamo fermi!"
Con un cenno lo allontanò ed impugnò saldamente il timone. Non lo attraversava più il vento copioso nei capelli, né c'era più l'entusiasmo della partenza. Sommessamente lavoravano alle funi e di vedetta gli uomini dell'equipaggio, iniziando a comprendere quanto dura potesse essere la realtà, quanto difficile sia ballare sul filo sottile delle illusioni, delle aspettative, del sogno, evitando di cadere nel baratro della paura e del timore.

"Dai ordine di remare come se ne avessero in corpo davvero", freddi, metallici, gli ordini del Capitano.
Il moro batté i tacchi e distribuì l'ordine tra l'equipaggio, che vagavano come anime dannate di una nave fantasma persa in un mare dannato.

Nello stesso istante, la bella Cridhe Gaidligh si avvicinò. Aveva sulla spalla il falco gaelico ed i suoi brillavano cristallini come le onde del mare.

"Credi ancora che sia la scelta giusta? ", gli chiese, stringendogli il braccio mentre il Capitano teneva il timone.
"L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte. Lasciamoci indietro il passato, ci avvizzisce le membra e ci annichilisce il cervello."

La baciò dolcemente sulle labbra soffici quando avvertì una scossa. La nave si muoveva.
Virò bruscamente piegando la nave sulla sua fiancata sinistra superando l'istmo che li teneva fermi.

Oltrepassata la coltre di nebbia, la vedetta urlava eccitata.
Terra.

--Spirito_dionisiaco
Affrontare l'incertezza del cambiamento per seguire ciò che era chiamato a fare. Sicuro di ciò aveva iniziato a preparare il necessario per il viaggio, poche cose a dire il vero solo qualche provvista e la sua spada, l'unica che aveva mia forgiato. Gli occhi madidi dell' amata seguivano passo passo i suoi preparativi, le lacrime scendevano segnando le sue gote mentre con voce flebile, interrotta dai singulti di un pianto sommesso, tentava ancora di farlo recedere dalla sua decisione.

- Allora hai deciso, nulla può farti cambiare idea nemmeno il cuore del tuo bambino che batte nel mio ventre, nemmeno l'idea che verrà alla luce senza suo padre accanto. -

Si fermò per un istante incrociando il di lei sguardo, il sangue gli scorreva troppo denso nelle vene mentre fuori qualcosa moriva. Ritornò con la memoria a quando pensava che avrebbe vissuto a lungo in quella casa, alla gioia della lieta notizia ricevuta da poco, poi pensò che in fondo non c’era nulla di cui preoccuparsi, che dopotutto non l'avrebbe abbandonata per sempre, che un giorno sarebbe tornato, le si avvicinò. Il fuoco del camino proiettò allora sulla parete di fronte la sua ombra mentre silente, senza proferir parola, abbracciava dolcemente la sua donna.

Il pomeriggio se ne era andato già da un pezzo e la sera che stava arrivando lo sorprese sul vecchio portone di legno, una bisaccia posta di traverso sulle spalle e la mano ben stretta sull'elsa della spada tanto da coprirla dalla guardia al pomolo. Girò per un'ultima volta lo sguardo verso la sua donna che l'osservava dalla piccola finestra della loro camera accennando un malinconico sorriso. Il viaggio avventuruoso per sconfiggere i suoi demoni stava per aver inizio, voltò le spalle alle certezze e s'incamminò per la buia strada dell'imponderabile.
--Rilke_stuart


***Venti giorni sull’Ortigara
senza il cambio per dismontà;
ta pum ta pum ta pum
ta pum ta pum ta pum

E domani si va all'assalto
soldatino non farti ammazzar;
ta pum ta pum ta pum
ta pum ta pum ta pum

Quando poi si discende a valle
battaglione non hai più soldà;
ta pum ta pum ta pum
ta pum ta pum ta pum
***


E ripensò ancora a quel giorno di pochi mesi fa, alla lettera che arrivò, quella lettera totalmente inaspettata e quasi fuori luogo; si ricordava ancora che era seduto al suo solito posto d'allora, quando l'aprì e la lesse. L'aveva anche conservata, nonostante tutto, in quanto la sua singolarità gli destava non poca ironia.


Conte,
è con non poche remore che Vi scrivo. Il nostro incontro a Silvi è stato una sorpresa. VederVi difendere una povera serva accusata ingiustamente di furto è stato illuminante per me.

Sia io che Voi avevamo visto chiaramente il ladro in azione eppure la servetta aveva chinato il capo di fronte alle accuse, pronta ad affrontare la sua punizione. Credevo che tra la povera gente il seme della ribellione fosse insito, ma in tanti finiscono col chiudere gli occhi e subire il proprio destino senza neppure provare a cambiare quello che non va.

E poi c’è la gente come Voi, che ha dei privilegi ma che non rinunzia ad una vita da affrontare a viso aperto. Forse mi sbaglio, le impressioni su chi si è appena conosciuto spesso sono illusorie, ed io personalmente non mi vanto di essere una particolare conoscitrice dell’animo umano, eppure ho veduto il Vostro coraggio, ho ammirato la Vostra insistenza nel ribadire che il ladro era altrove, impresa improba di fronte all’atteggiamento della vittima, talmente avviata al sacrificio dal non esserVi di alcun aiuto nella sua stessa difesa.
Vi ho aiutato per quel poco che la mia condizione sociale mi ha permesso, ho imparato che un bel vestito e modi gentili creano negli altri l’illusione di un titolo che non esiste.

Chiunque al vostro posto avrebbe rinunziato, per non compromettere il proprio onore, poiché esso spesso vale più della vita di una misera donna.

Vi sembrerà stupido che questo mi sia bastato per scriverVi quello che leggerete eppure dovevo provare a renderVi partecipe. “Se fai ciò che hai sempre fatto, otterrai ciò che hai sempre ottenuto”. Non è quello che voglio per me. Come già Vi ho accennato la mia era solo un’apparenza, le mie origini mi sono ignote, ma sto per costruirmi il mio destino. Ci sono delle ingiustizie che hanno suscitato lo sdegno generale ma che non hanno trovato nessuno in grado di porvi rimedio, ebbene, è giunto il momento che esse vengano vendicate. Un ricco e potente signore finanzierà questa impresa, armateVi Conte e raggiungeteci, non posso comunicarVi altro per iscritto, trovatevi al porto di Silvi tra una settimana, troverete una nave battente vessillo nero, chiedete del Capitano e nominategli la Brigata Fantasma. Vi spiegherà tutto. La decisione adesso spetta a Voi, il viaggio sarà lungo, a destinazione ci sarà per Voi o gloria o morte.

I miei rispetti, T.

Non ricordava di quell'episodio citato nella lettera. Di certo, non c'è motivo di ravvedere in lui alcun eroismo o manifestazione di eroismo. Ordinaria amministrazione: nient'altro che l'uso delle proprio prerogative sociali nei modi e coi fini che riteneva più opportuni.
Rimembrava delle urla e dei disordini al mercato di quella cittadina abruzzese e che, ben stanco di tali condizioni moleste, si fosse adirato con qualche capofolla e con qualche politicante, coadiuvato, nelle sue orazioni, da una giovane dama di umili condizioni.

Avrei scommesso che fosse sorella di quella sventurata... in genere i poveri d'Italia son talmente ben sottomessi da non reagire mai ad alcuna sovercheria, neanche se ai loro danni. Il mutismo dell'accusata ne è un'evidente dimostrazione; ammetto che non mi sarei mai aspettato che qualcuno la difendesse senza consistenti secondi fini e senza neanche esserne parente.
Se tutti quanti si mettessero a fare come questa giovane dama, a tentar di contrastare l'ingiustizia ogni qual volta che si manifesta nei confronti di alcuno, certamente accadrebbero grandi sconvolgimenti...


Al di là di ogni possibile considerazione, non si può comunque negare che fosse piuttosto compiaciuto di aver riscosso una sì alta e rilucente ammirazione.

Però è anche vero che un bel vestito, anche se semplice, e modi gentili con i più, sono qualità esigenziali...

***

Passeggiava per le strade già buie della città e le luci delle lanterne risplendevano di una luce fioca e tremula.
Vide un gruppetto di armati e si diresse verso di loro.
Scambiò con essi qualche parola, per poi ritornare alla locanda nella quale era alloggiato.
Salito nella sua stanza, aprì un baule e tirò via un velo: un busto in metallo rinforzato nelle parti vitali ed un morione.
Gli occhi gli brillarono con una nuova luce e le labbra si strinsero in un sorriso piegato in alto a sinistra, sussurando a denti stretti.
"Sarà tremendamente meraviglioso, terribilmente memorabile, orribilmente appassionante... è ora di completare il quadro. Eljen!"



________________
--Rogner
Aveva sopportato.
L'arroganza e il comando dei nobili, senza reagire provocando come suo solito.
Il freddo umido delle notti sul mare, chiusa in una cambusa soffocante, assieme ai topi.
Le veglie, le pulizie del ponte della nave, le faccende più faticose della vita sull'acqua.
L'allenamento con il bastone, finta spada, non tanto pesante quanto noioso, lungo e privo di qualsivoglia brivido.
Le promesse senza riscontro immediato.
Il silenzio: non poter fare uscire nessuna parola, lei che aveva una lingua mobile come il mare nel pieno di una tempesta.
Il non poter decidere dove andare.

Aveva indugiato.
Troppo. L'ingordigia del poter rivendere pane e mais a prezzi molto più alti di quelli che vedeva al solito, la promessa del denaro non le era bastata, ne voleva parte ora, subito, voleva odorarlo, sentirlo tintinnare, abituarcisi, lei che non ne vedeva mai.
L'ultimo compratore, al mercato, non sembrava deciso come gli altri. E quando la ragazza vide arrivare le guardie, capì che sarebbe stato meglio filarsela: non aveva alcuna licenza di vendere, e la sua parlata tradiva la provenienza non locale.
Scappò, e quelle la inseguirono. Viavai nel zigzag dei vicoli, col passo dei gendarmi sempre troppo vicino alle orecchie. La ragazza voltò un angolo, c'era un portone aperto, e senza pensarci troppo vi si rifugiò, chiudendolo dietro di sé. Una rimessa? Un ripostiglio di qualcosa?
Era buio. Quando i rumori di passi rapidi si allontanarono coi battiti del suo cuore, la mano premette sulla porta ma quella non si aprì...
Tempo che passa, nuovi tentativi, muoversi senza luce non sapendo dove si va.
L'appuntamento era il giorno dopo.
Non se ne rese conto subito. Solo quando la luce smise di filtrare dalla finestra capì che non poteva fare in tempo, non ce l'avrebbe mai fatta, e gli altri non avrebbero aspettato.

Si lasciò cadere a terra non sapendo su cosa si sarebbe seduta, e pianse.
--Erebo


22 ottobre, fuori dalle mura


I due cavalieri sostavano nell'oscurità,lungo la via.
Sebbene coperti da delle cappe nere , dalle corporatura si poteva distinguere la figura di un uomo e di una donna.
Stavano immobili,vicini,come parlanti un linguaggio privo di suoni.

D'un tratto l'uomo alzò il capo a fissare lungo la via.
Un drappello di persone a cavallo si dirigeva verso di loro , senza troppa fretta.
"E' lui?" mormorò l'uomo.
"Credo ..." rispose la donna.

Non attesero tuttavia molto prima che venissero raggiunti dai cavalieri.
Era una buona dozzina di viaggiatori, alcuni - a giudicare dalle vesti - dovevano essere nobili.
Quello che aveva tutta l'aria del capo, spinse il proprio destriero molto vicino ai due in attesa.

"I miei omaggi ... è stato un lungo viaggio ma alla fine..."
"Risparmia il fiato...
" interruppe l'uomo dalla cappa nera, facendo sussultare i cavalieri al seguito del nobile, il quale alzò un braccio a placarne le ire.
"Ah si ... mi avevano avvisato che saresti potuto essere un problema..."
"Più di un problema per te ..."
"Non credo ..."
"Come fai ad esserne così sicuro, bastardo? In ogni momenti potrei.."
"Uccidermi? Certo. Potrei fare lo stesso con te,in verità. Ma mi sei utile da vivo ... come io lo sono per te!"
"Tu mi sei utile quanto un ferro da calza ..."

"Ah davvero ... eppure non mi ucciderai : sei troppo curioso di sapere come andarono veramente le cose ... anche se non ti piacerà!"
"Fanculo..."


Il cavaliere dalla cappa nera voltò la sua cavalcatura, dirigendosi verso la città .
Rimasero lungo la via il drappello,il nobile e la ragazza.
Ella osservava l'allontanarsi del cavaliere.
Il nobile, stranamente,aveva un vago sorriso.
Tergesteo


23 ottobre, l'alba




Muri d’assenzio dentro di noi,
Sorgeva un alba livida.
Dal fronte del porto il fuoco iniziò,
Sgomenti e scaltri sguardi che
Ci si scambiò.
Ma non si tremò, benché sbronzi.


Ad ogni chiusi , inspiro da libero prima che la mia faccia venga rinchiusa da una gabbia di ferro.
Senza guardare, stringo con le mani l'elmo e me lo caccio sulla testa.
Con le mani tasto a cercare il laccio sottogola.
Stringo.
Scuoto la testa.
E' saldo.

Un colpo secco, calo la visiera.
E l'orizzonte è monco.
Sento il mio respiro rimbombare in questa morsa di ferro che chiamano elmo.
Scuoto la testa ma nelle orecchie mi rimbomba il respiro come ... come rumore di zoccoli di cavalcature pesanti.

Respiro con fatica... sto soffocando...
Non ora ... diamine, non ora.

Stringo i denti ... l'elmo sembra spaccarmi la testa , mentre quel rumore di zoccoli ,lento e incessante, perdura.

Le mie mani tremano, tremano le mie tempie.

Un dardo attraversa il cielo.
E' il segnale : se tutto è andato per il verso giusto, le spie ci apriranno la porta della città e caleranno il levatoio del castello.
Si troveranno la cavalleria fin nei propri letti , i bastardi.
Scena sublime : cavalcatura lanciate al galoppo a schiantare fanti destatisi nel bel mezzo della notte, osso contro osso, il pelo equino che si tinge rubro.

E' ora di andare.
Senza parlare lancio la cavalcatura verso l'obiettivo.
Praticamente nessuno a fermarci alle porte della città : devono aver sistemato le guardie con l'acciaio affilato.

Sento dietro di me che la Brigata segue.
Entriamo come furie in città : è l'alba .
Il drappello si divide.
Dannato elmo che non mi fa vedere ... lei era nell'altro gruppo, non è una sprovveduta, saprà badare a sè stessa.




Però di quante tormente sono stato sorgente,
Sul bordo di quanti vulcani mi sono bruciato le mani,
Quali alcove agognate nottetempo ho violate,
Vita come incursione e sedurre è un’opzione.


Un dolore lancinante mi passa le tempie.
Stringo i denti e per poco non cado da cavallo ... non ora ...
le orecchie mi rimbalzano ritmici boati dal cuore e gli occhi rimandano immagini non vere.
Vedo al mia fianco due cavalieri ... vedo la mia Duchessa .. vendo che il nemico si avvicina ...i muscoli mi dolgono nello spasimo nel trattenere le redini ...

Passiamo il ponte del castello : oramai la sorpresa è svanita.
Scendiamo dalla cavalcature .
Ora bisogna bonificare il castello, stanza per stanza, guardia dopo guardia.
Nella notte conterà l'istinto.
E la fortuna.

Oramai non vedo più nulla.
Lei mi guida.
--Demone_del_tardi
Mi preparo.

Oggi è il giorno.

Ci siamo rivisti stamani quando è arrivato in città. E’ stato di parola, ma lo sono stata anche io. Poche frasi, poche istruzioni, troveremo il modo di avvisare tutti. Ho fatto la mia parte, lui la sua, adesso lasciamo che le nostre armi scrivano il resto.

I silenzi di questi giorni saranno spazzati via in una notte, e poi, se la fortuna vorrà arriderci, parleremo noi, sputeremo il nostro disprezzo in faccia ai sovrani. E chiederemo, chiederemo giustizia per chi non sa che farsene e per chi non ce ne sarà mai grato. E allora? Saremo noi la giustizia che lo vogliano o no!

Accarezzo l’elsa della mia spada. E’ il bottino di un’altra avventura. Altri volti, altre storie, magari lo stesso impulso a guidarmi, ma non lo sapevo ancora.

Lei non ha un nome ancora. Le darò quello della prima persona che colpirà con la sua lama. I turchi sono degli ottimi artigiani, mi auguro che al di là della bellezza dei suoi decori questa spada sia anche in grado di essere letale.

La lama è leggermente incurvata e a filo singolo. Mi hanno spiegato che questa leggera curvatura serve per colpire meglio di taglio. Per me che non ho molta forza potrebbe essere determinante il modo in cui sarò costretta a colpire. L'impugnatura in legno è avvolta da una corda. E’ leggermente incurvata dalla parte opposta a quella della lama, questo la rende molto maneggevole. L'elsa è a forma di disco e ha i bordi rialzati verso la lama. E' fatto apposta per impedire alla pioggia o al sangue di scivolare sull'impugnatura rendendo meno aderente la presa. I turchi sono soliti attaccare in fondo all'impugnatura due fazzoletti colorati destinati ad asciugare il sangue. Ne farò a meno oggi.

Mi dirigo verso l’edificio comunale. Un breve saluto, ci siamo promessi che ci rivedremo quando tutto questo sarà finito, il suo obiettivo è un altro. Cerco una chioma bionda tra le ombre, ma la notte ci nega la luna e i suoi raggi. Un ottimo scenario per un assalto.

Una guardia sonnecchia appoggiata al portone. Stringo l’elsa della spada, come se volessi che lei mi rassicurasse, non ho ancora deciso se la userò, deciderà lei. Gli altri mi fanno cenno.

E’ l’ora.
--Pantasilea
E così il giorno è giunto - pensò la donna mentre camminava per le strade cittadine.

Il viaggio era giunto alla meta, finale o intermedia poco importava in quel momento.
Aveva ricevuto il solito messaggio del Prefetto di turno. Si sarebbero occupati anche del mittente della missiva. Nulla sarebbe stato lasciato al caso.

Lei e il suo gruppo avevano preso delle camere in una bettola semi diroccata. Quando ci aveva messo piede, si era chiesta come faceva a restare ancora in piedi viste le sue condizioni. L'interno era anche peggio dell'esterno.
Appena entrati, furono assaliti da un tanfo di escrementi, umani o animali non era chiaro. Ebbe un conato di vomito che riuscì a trattenere a stento. Uno dei compagni, richiese le chiavi di due camere.

Salirono nelle stanze, per attendere il momento opportuno.
Aprì la finestra cercando di respirare aria meno fetida, ma solo in parte ci riusciva.
Messasi a sedere su quella specie di davanzale, osservava il cielo sopra la capitale. Cercava di pensare, di ricapitolare nella sua mente quanto doveva fare, ma quel persistente odore le impediva ogni minimo pensiero.
Uscì dalla stanza, e si immise nelle strade.

Osservava chi incontrava distrattamente, prestando più attenzione solo laddove un luccichio indicasse una lama appesa al fianco. Poche, pochissime guardie.
Si mise in cerca degli altri, sapeva che sarebbero arrivati anche loro quel giorno. Lui gli aveva accennato anche alla presenza di alcune loro vecchie conoscenze. Se li ricordava, e non sapeva come avrebbe reagito trovandoseli di fronte un'altra volta.

Decise che sarebbe andata a cercare lui e il suo gruppo, chissà se si erano già rincontrati – Speriamo non sia finita in rissa, sarebbe da lui... - pensò.

Mentre camminava ripensava a cosa l'aveva spinta lì.
Aveva pensato che una volta raggiunta la meta, avrebbe trovato le risposte, ma così non fu. Ancora non gli era chiaro cosa l'aveva spinta lì.
Era cambiata. Gli ultimi mesi l’avevano cambiata, se n’era accorta lei, come se n’erano accorti altri.
Se prima scendeva in piazza, difendendo con ardore i suoi ideali, ora si teneva sempre più lontana dalle piazze.
Se prima aveva remore nel trafiggere un essere umano con la sua spada, ora non si faceva scrupoli.
Era stanca, tremendamente stanca. Circondata dal solito pattume, tutto uguale ovunque andasse.
Aveva lasciato la sua casa, a causa di quella stanchezza e di quel pattume. Aveva viaggiato, in cerca di ristoro. E poi, quando sembrava esser giunta al momento del ritorno, aveva avuto quest’opportunità. Aveva accettato, d’istinto, senza pensarci troppo.
Eppure, nonostante tutto, ancora non sapeva cosa facesse lì. O forse lo sapeva nel suo profondo ma non voleva ammetterlo.

Si accorse di girare in tondo. Non li aveva trovati, né intravisti. Poco importava, al momento giusto sapeva dove sarebbero stati.
Continuò a girare per le strade della città, fingendosi una normale turista, avvicinandosi poco a poco all’obiettivo.
Mancava una manciata di tempo all’inizio di tutto. Il tramonto era vicino.
Leenie
Con gli occhi chiusi, tentando di calmare il respiro e di renderlo uniforme e regolare.
L’importante è mantenere i nervi saldi.
Si sentiva come un ragno che, dopo aver intrappolato la mosca, si prepara con deliberata lentezza a calare sulla preda agognata, bevendosi come rapito la sua paura e inebriandosi dei suoi ultimi istanti di vita.
Nervi saldi.

Costanza o meglio, solo Liriel, dal momento che stava tentando di lasciarsi alle spalle tutto il suo passato, fece un segno di avvicinarsi a quella specie di piccolo demonio che era la causa del suo trovarsi lì, ora, a fare il mercenario. Si era attardata a salutare l’altro gruppo e Liriel poteva capirla, anche lei avrebbe fatto così se avesse avuto con sé qualcuno a cui teneva. Ma non c’era più nessuno.

Ricontrollò nervosamente i pugnali che aveva addosso e lanciò una lunga occhiata alle altre figure che, come lei, si preparavano all’agguato. Poi, il segnale.

Liriel si slanciò in avanti, sguainando la spada, notando appena gli altri che si slanciavano all’unisono con lei. Raggiunse la prima sentinella. Quello non si aspettava nulla e fu facile metterlo fuori combattimento con un colpo deciso alla tempia, dato col piatto della lama. Meno vittime possibili, si era ripromessa. Anche le altre poche guardie furono messe fuori combattimento senza indugio e con silenziosa rapidità, e legate insieme nella stalla.

E ora, il pesce più grosso.
Salirono senza indugio gli scalini che portavano dentro il municipio. In fondo al corridoio, un ufficio ancora illuminato, e il rumore di una penna che graffia la pergamena.

Il sindaco, o meglio, l’ex sindaco, si alzò dalla sedia, attonito e subito due, fra gli uomini più robusti del gruppo, lo afferrarono per le braccia. Qualcuno, magnanimo, si degnò di spiegargli la situazione:

Non siete più voi il sindaco, adesso. Andate a casa, e non vi sarà fatto alcun male. Ma prima, vorremmo le chiavi.

Tra qualche imprecazione… come dannazione si dice “chiavi”?...touches!... fu fornita anche una sommaria traduzione:

Vous n'êtes plus le maire, maintenant. Rentrez chez vous, et il n'y aura pas de mal. Mais d'abord, nous aimerions les touches.

La donna che li guidava allungò la mano, mentre l’ex-sindaco si dibatteva, e gli sfilò le suddette chiavi dalla cintura. Poi i due lo “scortarono gentilmente” fuori.

Si udì allora un segnale… anche il castello era caduto. Tutti, di colpo si sentirono più rilassati e si buttarono a sedere un po’ dove trovarono posto. Qualcuno partì in esplorazione verso i magazzini. Liriel, con il respiro affannoso, si lasciò scivolare per terra lungo il muro, gli occhi chiusi, la tensione che scemava lentamente.

E una voce, che credeva rinchiusa nell’anfratto degli incubi che la tormentavano tutte le notti, senza requie. Durante il viaggio, vuoi per la fatica, vuoi per la silenziosa e partecipata simpatia di Tergesteo, erano diminuiti, tuttavia una volta a destinazione, si erano ripresentati. Suo marito, che le diceva che sarebbe tornato da lei. I morti non ritornano! – avrebbe voluto urlare.
E ora quella stessa voce…

…devo essermi addormentata e questo è un altro incubo, non c’è altra spiegazione.

Si tirò su, sempre tenendo gli occhi chiusi. Poi, con supremo sforzo, li riaprì:

Costanza, tesoro, ti ho cercato per mezza europa!

L’uomo che aveva davanti si stava slacciando l’elmo dal capo. Un paio di occhi verdi che, in un’altra serie di incubi aveva visto vitrei e spalancati in una silenziosa accusa, la inchiodarono al suo posto, in quell’ufficio male illuminato di un sindaco straniero.

No… non è possibile, tu sei morto, ho visto la tua tomba, a Pisa… ma cosa diamine…?

I contorni del suo campo visivo si fecero dapprima sfumati, poi furono avvolti dalle tenebre, che in breve invasero tutta la sua vista. Con un breve lamento, sentì che stava nuovamente scivolando a terra.

Già… nervi saldi.
_________________
--Demone_del_tardi


Citazione:
Rodez (AAP) - Après deux mois de silence où la seule communication envers les habitants portait sur l'état, dégradé, des mines, le Rouergue s'est éveillé en fanfare, ce matin du samedi 23 septembre. L'ex-comte, levé de bonne heure, a fait proclamer "Que tous sachent ce jour, que cette nuit une bande de vil mecrant et de lache on prit la Mairie ainsi que le chateau" (sic) et a fait écrire aux habitants de Rodez pour leur ordonner de se révolter. Le château et la mairie sont en effet occupés par des gens de diverses nationalités : Italiens, Provençaux et même Rouergats.
Ils se déclarent regroupés dans une "Brigata fantasma", et affichent pour
objectif de transformer le fromage rouergat en mozzarella. La faiblesse,
voire l'inexistence, des défenses aurait permis cette double prise.

A six jours des élections comtales, l'on peut douter qu'une quelconque
intervention aura lieu, puisqu'il suffira à la seule liste en piste
d'attendre pour que les portes du château s'ouvrent d'elles-mêmes. L'état
du comté inquiète malgré tout la population, d'autant que la compagnie
brigande Jargor annonce publiquement sa volonté de venir à Rodez
reprendre le château.

Harpege, pour l'AAP


Citazione:
Rodez (AAP) - Dopo due mesi di silenzio, dove l'unica comunicazione inviata agli abitanti aveva come tema lo stato e il degrado delle miniere, il Rouergue si è svegliato con le fanfare questa mattina di sabato 23 Settembre. L'ex Conte, alzatosi di buon ora, ha proclamato "Tutti sanno che questa notte una banda di vili e codardi miscredenti ha preso il municipio e il castello "(sic) e ha scritto agli abitanti di Rodez per incitarli alla rivolta. Il castello e il municipio sono effettivamente occupati da persone di nazionalità diverse: italiani, provenzali e perfino Rouergats.
Dicono di far parte di una banda denominata "Brigata Fantasma" e si propongono come obiettivo quello di trasformare il formaggio del Rouerge in mozzarella. Difese deboli o inesistenti sarebbero all'origine di questa doppia conquista.

Sei giorni prima dell'elezione del consiglio, è dubbio che avrà luogo un qualsiasi intervento, dal momento che alla sola lista candidata sarà sufficiente attendere perché le porte del castello si aprano da sole. Lo stato della contea inquieta tutta la popolazione, nonostante la compagnia del brigante Jargor ha annunziato pubblicamente la volontà di andare a Rodez a riprendersi il castello.

Harpège per l'AAP


Traduzione libera


Tergesteo


Ufficio del Portavoce per Diritto Divino


"E' permesso , Eccellenza?" disse timidamente il messo affacciandosi alla porta.
"Entra e non dire cazzate ... che c'è? Sto lavorando!" rispose secco Tergesteo stropicciandosi il mento.
Indi si rivolse all'interprete al suo fianco :
" Senti Gaston ... non me ne frega niente che tua madre è italiana di Voghera : io ti dico solo che se la traduzione è sbagliata ti inc ... oraggerei a stare più attento, ecco!" .
Certe espressioni non si confacevano a un Portavoce.
Eletto per volontà Divina, per giunta.
Che detta cosi' onestamente è una cazzata : semmai ti è andata di culo che hai sopraffatto le guardie e ora ti godi la vittoria.
Oddio , vittoria ... stare dietro la scrivania per una Compagnia di Ventura sarebbe come dire che la vittoria di una meretrice sia prendere i voti.
Ma pazienza.


"Insomma che c'è ...sputa il rospo!E sputa piano che altrimenti l'interprete mi diventa isterico .. Gaston mi raccomando pure tu"
Il messo , in francese, proseguì.
"Ci sono missive per vostra Eccellenza ..."
"Vedere..."

C'erano diverse lettere e alcuni dispacci.

Tergesteo aprì per primo un comunicato ufficiale :




De Nous, Natale Adriano di Foscari Widmann d’Ibelin, XIII Coms de Toulouse, par devant Sa Majesté, Acclamé par les Toulousaines & les Toulousains, & pourla Gloyre du Très Haut ;
A nos, Frères et Sœurs du Rouergue ;
Toulouse le 23 Octobre, Ano Domini 1458




    Nous apprenons avec douleur la situation dans laquelle cette belle province est plongée ainsi que les soutiens affichés de meneurs de l’Hydre souhaitant reprendre le castel de Rodez.


    Que Toulouse veille sur sa propre défense, mais est prête à venir aider son voisin et ami. Qu’il est temps pour les deux provinces occitanes de pouvoir coopérer pour regarder l’avenir ensemble.
    Nous entendons l’appel à l’aide de l’ex Comte de Rouergue. Nous sommes fort désappointés qu’une escale en Rouergue puisse se terminer ainsi. Il s’avère que le Rouergue est désormais tombé aux mains d’un groupe de révoltés, venus de plusieurs contrées et notamment d’Italie par bateaux en Languedoc.
    Nous sommes atterrés car par notre intermède les ports du Languedoc leur ont été ouverts pour leur permettre d’accoster.
    Néanmoins, si la chape de plomb est aujourd’hui percée en Rouergue, nous nous tenons prêt, si la demande est faite par les habitants et les forces vives de la contrée, à étudier le cas une intervention afin de pouvoir venir en aide à nos prochains.
    Nous en appelons au Sud qui toujours eu a ployer face à la menace de l’Hydre et du Jargor à enfin relever la tête et de se débarrasser de ces vermines.




"Si vabbè ... buoni questi , te li raccomando ..." ridacchiò Tergesteo.
"State in campana Gaston .. che i liberatori a volte ve lo schiaff ... insomma ..hai capito , no?"
"Perfettamente Eccellenza"
"Si vabbè ..."


Altra busta.
Tergesteo aveva una certa sensazione di dejavù.





Bonjour,

J'ai eu vent de vos exploits par un ami qui est en Rouergue et je voulais vous féliciter. J'espère pour vous que les Rouergats avaient un peu renfloué les caisses depuis notre dernier passage. En tous cas, bravo pour votre prise du château et encore plus pour vos articles de lois. Ceux qui rédigent les interminables codex ou coutumiers devraient s'en inspirer! C'est excellent!

Au plaisir de croiser un jour votre route.


Firmata da una donna ... la cosa cominciava a prendere una piega interessante.

Altro proclama.




Aux Nobles Rouergats,

Nous, Lord Mick, élue au conseil du Rouergue par la voix de son peuple. Reconnue Comte du Rouergue légitime, faisons savoir que l'heure est grave, Le Rouergue est assiégé par des pillards.
En ce 23 Octobre 1458, levons le Ban en appelant la Noblesse Rouergate à honorer leur Serment d'Allégeance envers le Rouergue et son peuple.

Tous les Nobles doivent faire acte de présence au Rouergue dans les plus bref délai qu'ils leur seront possible de faire.


Rodez, le 23 Octobre 1458

Lord Mick



"Ma si sono portati via i sigilli nella fuga dal Castello? Mamma mia ma questi son burocrati dentro!"

Altre due buste, di gente comune, che rispondeva al nuovo codice legislativo del Governo Fantasma




A la compagnie "brigata Fantasma"

-Que vous sachiez:

-Que je me suis levé du pied gauche ce matin.
-Que je suis de mauvais poil.
-Que je suis en vacances en Rouergue avec mes jargogos et que je n'ai pas pu faire la grâce.
-Que j'avais prévu d'aller ramasser des champignons aujourd'hui.
-Que je devrai me passer d'une omelette.
-Que ça ne vas arranger mon humeur.
-Que j'ai pris du bide ces derniers temps.
-Que mes hommes sont un peu rouillés.
-Qu'ils ont envie de taper sur des italiens, allez savoir pourquoi.
-Que je ne suis pas contre un peu d'entraînement physique.
-Qu'il est inutile de changer de nationnalité.
-Que je vais donc venir à Rodez aider le Comte à vous botter le cul.

Fait à Villefranche, le 22 octobre 1458

Rix, chef du Jargor





Milhavois,
rentrez poules et agneaux.
Que pitchounes ne traînent.
La vague étrangère une fois,
traversait la cité sans dommages.
Une fuite en retour
pourrait associer des ravages.
Gardons notre enceinte,
autant que faire ce peut.
Murons les contreforts
où se cachent nos caves.
Jamais nos fromages
ne seront associés
aux ritals lavasses.

Maître Nim,
grand bourgeois rouergat.


"Ahaahahahah ma si sono incazzati forte per questa storia del formaggio!
Popolo bue! Che non sai distinguere lo scherzo dalla serietà ... ti meriti giogo ben peggiore del nostro ... e arriverà , perchè siete un popolo di schiavi! Sei d'accordo , Gaston?"
"Ovvio Eccellenza"
"Sei un pallemosce Gaston ... ti meriti di restare in questo buco di città a vita"
"Come desidera , Eccellenza"


Tergesteo sopirò, estrasse due involti e li allungò al messo.
"Toh..va ad affiggerli all'Albo pretorio del Municipio e bada che nessuno li tocchi che già le galere sono piene e il Giudice stamane non scherza! Chiaro?"**
"Sissignore"




Popolo del Rouergue! A tutti quelli che sentiranno, ascoltate!
Noi Tergesteo Barbarigo, Portavoce per volontà divina :


In questa notte del 22 ottobre la Compagnia di Ventura "Brigata Fantasma" ha assunto il pieno controllo della città di Rodez e del suo Castello, cuore pulsante del paese.

Le poche difese oppostesi al nostro ferro sono state spazzate via come foglie secche dal vento di Maestrale.
Chiediti, popolazione abbandonata, dov'era chi doveva difenderti!
Chiediti, popolazione dissanguata, dov'era il denaro per pagare le guardie!
Chiediti, popolazione sola, dov'era il tuo esercito!

Qual'è stata la tua opposizione al nostro ardimento, governo del Rouergue? Chiederci i permessi, farci timbrare i documenti?
Tutta qui la vostra determinazione?

Popolo del Rouergue!
E' toccato a noi mettere a nudo la malattia che vi stava portando alla morte: abbi ora la forza di curarti!
Siamo noi quel cerusico che t'ha indicato la cura ... e come ogni buon cerusico che bene ha operato esigiamo la nostra mercede!

Badate, figli del Rouergue, a non ricadere nella malattia o in futuro sarete terra in altrui signoria.

Chiediti, Rouergue!
Dov'era il Re di Francia? Era a difenderti, terra di Rouergue?
No, era troppo impegnato a esercitare il suo "potere" in terra altrui, senza mostrare il proprio volto bensì tramite una giustizia ineguale!

Dov'era il Conte? Era a difenderti, terra del Rouergue?
Dov'era questa entità vagheggiata, fino a dubitarne l'esistenza?

Erano forse a difendervi?

Rammenta d'ora innanzi, terra di Rouergue: oggi la Brigata Fantasma era risoluta a mostrarvi il vero volto dei vostri governanti.
Domani chi vi imporrà il giogo non sarà altrettanto clemente.

Fatto a Rodez, il 23 ottobre dell'anno di Grazia 1458



"E questa è l'altra : bada che il Giudice sta facendo faville ..che stiano in campana..tutti!"





Primo Decreto del Principe Fantasma
Saluti a voi, Popolo del Rouergue! Oggi noi, il Principe Fantasma, prendiamo in possesso le redini del vostro Paese.
Nel pieno della nostra Saggezza, Magnanimità, imponiamo a Voi un nuovo codice legislativo, certi che sia il migliore possibile, e che nessun dannatissimo Pangloss proveniente da nessuna parte possa nemmeno immaginarne uno migliore.

Art. 1 Principi
Il Rouergue da oggi diventa una dittatura oligarchica fondata sul formaggio; la sovranità appartiene alla Brigata Fantasma che la esercita senza forme e senza limiti, ma con tanto charme.

Art. 2 Diritti e doveri dei cittadini
I cittadini del Rouergue riconoscono il Principe Fantasma come Saggio Supremo e si impegnano ad obbedirgli e compiacerlo nei modi seguenti:

La mattina i sudditi del Principe cammineranno scalzi fino a mezzogiorno per evitare di disturbare il Principesco Riposo.
Non indosseranno mai, per alcun motivo, calzini di colore beige.
I produttori di formaggio si impegnano a smettere di produrre Cabécou per convertire tutto alla produzione di Mozzarella, Parmigiano, o Grana. Inoltre saranno molto grati al principe per la magnanimità che egli dimostra nel dare loro quest'ampia scelta.

Art. 3 Sicurezza
Si impongono le seguenti norme di sicurezza:
Si fa divieto alle donne di indossare quelle ridicole tende da circo in testa; esse infatti si prestano facilmente a nascondere un accampamento di eserciti.
Si fa divieto di viaggiare in gruppi armati, gruppi singoli, gruppi semplici, gruppi abeliani.
Si vieta alla popolazione di parlare a bocca piena.


Art. 4 Il Consiglio
Il consiglio è composto da 12 consiglieri. Essi sono bravissimi, bellissimi e il loro giudizio è insindacabile.
E' fatto divieto di fare richieste di permessi a qualsivoglia membro del consiglio, cosa evidentemente inutile. E' altresì vietato lamentarsi in caso di morte accidentale.
I consiglieri non sono tenuti a rendere conto delle proprie azioni e possono cambiare ruolo quando vogliono.


Art. 5 Dei delitti e delle pene
Da questo momento decadono tutte le leggi dello Stato, ad eccezione della Carta dei Giudici. Chi non è soddisfatto, sfidi il reo in regolare duello in lizza.
Fatto a Rodez, il 23 ottobre dell'anno di Grazia 1458



Tergesteo congedò prima il messo e poi l'interprete.

"Compagnia di Ventura "Brigata Fantasma" ..." mormorò.
Estrasse un sigillo da un casetto, fece colare su di un foglio della ceralacca dopo averla fusa.
Un colpo secco.






"Fanculo! Questo dovevo usare ... non 'sti timbri da sconfitti! Bah ...imparerò mai a fare il portavoce?"
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