Afficher le menu
Information and comments (0)
<<   <   1, 2, 3, 4, 5, 6   >   >>

Con gli occhi chiusi

Tergesteo


presso Albi, una decina di giorni dopo l'assalto


"..e quindi vi ringrazio per le parole di stima e conto di collaborare col vostro gruppo alla prima occasione.

Cari saluti eccetera eccetera ... scritto tutto Gaston?"

"Cosa metto al posto di eccetera?"


Tergesteo chiuse gli occhi, si massaggiò le tempie e rispose con apparente calma.
"Gaston , bello de zio, posso farti un quadro della situazione? Allora sono tre giorni che non dormo , ho gli incubi, e non ho trovato un fottuto speziale per una dico una foglia di valeriana o di melissa ... vedi di non farmi incazzare ulteriormente , d'accordo?"

"Si eccellenza"

Silenzio

"Al posto di eccetera quindi?"

"Gaston... esci o ti faccio appendere per i pollici"

"Eseguo"


Lo scrivano-interprete non fece in tempo ad uscire che subito entrò un messaggero.
"Porto notizie dall'Italia, Eccellenza, contavo foste a Rodez ma per fortuna vi trovo qui ..."
"Faccio finta che non mi stai prendendo in giro ...fai vedere , ragazzo ..."


Tergesteo lesse il cartiglio con attenzione, accompagnando i passi salienti con un movimento delle ciglia.
"Ah però... niente male... tutti in vena di facezie, vedo ... bravi bravi"

Tergesteo si procurò pergamena e inchiostro, vergò alcune righe.
"Ti imbarchi a Montpellier, ragazzo?"
"Sissignore"
"Bene, consegna questa alla prima nave diretta a Pisa.Bada che la consegnino ..." .

La frase venne sottolineata dal tintinnio di diverse monete d'oro con impresso il simbolo araldico del Rouergue.
"Fattele bastare, buon viaggio"

"E' permesso?"
"Anche voi? Dovrò assumere anche un usciere?"
"E' la dura vita del portavoce"
disse serafico Edoardo Cybo-Malaspina, accompagnato da un uomo con una cappuccio calato sul viso.
"I nostri servigi sono stati graditi dal Conte, Edoardo?"
"Direi di si , benche' ovviamente non possa ammetterlo pubblicamente"
"Immagino ... dite che dimenticherà la faccenda ,ora o farà qualche colpo basso?"
"No.Ha tutto l'interesse a dimenticare"
"Parole sante!"
intervenne l'uomo incappucciato "anche perchè ho così tanti documenti da farlo incriminare ...lui e tutti gli altri..qualcuno stà già tremando, in Rouergue."
"Perfetto .. ma tienili in caldo, quei fogli ..anzi ... pensaci tu a tenere alta la tensione ..."
"E' la mia specialità, Tergesteo"
"Benone ... e ora ..è tempo di muoversi"


Tergesteo usci' dalla propria tenda, fece cenno ad un tamburino di battere adunata.
Attese che la Brigata si raccogliesse nella radura.
L'aspetto era imponente ma lontano dal rigido inquadramento militare.
Sembrava che si fossero dati appuntamento, nulla più.

Tergesteo adocchiò delle casse , vi si arrampico sopra, inspirò.


"Fratelli miei, volete novelle?
Ho appena appena finito di leggere un messaggio giuntoci nientemeno che dall'Italia.
Sareste sorpresi di quanto , quanto vi vogliono bene e vi hanno in cima ai loro pensieri ...
Sareste molto sorpresi nel sapere da quali pulpiti s'alzano preci e prediche ... ah che nemmeno alla domenica a messa!

Ma io invece son confuso ... io vi guardo e mi confondo ... e vi chiedo, ora :
Siete annoiati?
Siete ammattiti?
Avete perso la retta via?

No no non rispondete .. deve esserci un errore.
Han detto di voi che siete traditori della patria e gente da poco.
Perdonate se mi sovviene una risata ... non rido di voi.
Rido con voi.

Su su mostratemi zanne robuste di leoncelli furiosi.
Bianche.
Candide.
Su su ridete con me fratelli miei!!!

Annoiati, traditori, pavidi!
Pavidi a voi che avete affrontato distanze per essere qui, ora a misurarvi col nemico, a colpirlo al cuore, a portargli la guerra sull'uscio di casa!
Traditori a voi.. dei quali ho la fiducia più alta, che mai m'avete fatto dubitare un solo istante della vostra fedeltà e motivazione!
Annoiati a voi, schiera determinata e convinta nella vittoria finale!

Ah voglia Aristotele che esistano sempre giullari di questa fatta!
Quanto quanto c'han sollazzato!
Siate grati a questa gente.

Brigata Fantasma! Ascolta!
Quanto ci siamo prefissi , lo abbiamo ottenuto.
Quanto richiesto, lo abbiamo esaudito.

E' tempo di muovere.
Scenderemo a sud,in terra di Catalogna agli accampamenti invernali.
Faremo come la terra, che nel riposo iemale si prepara al rigoglio primaverile.

Saremo Primavera d'arme e di sangue e vi giuro su questo ferro : molta e molta sarà la messe da falciare.
Non con le falci, ma con le spade.

V'han chiamato traditori!
No.
Voi non avete tradito.
Avete scelto la vera patria.
Quella del valore, dell'ardimento, dell'azione e del coraggio.
L'unica vera che possa essere amata e servita.
Il resto è finzione e interesse per ventre di politici.

Siate fedeli alla vostra nuova patria.
Essa non è lontana : viaggia con voi ed è in voi!
In marcia quindi.
Perchè la passività ci uccide.

Brigata Fantasma : in alto il ferro , fuori il ferro!
In marcia!"


Saltò giù dal palco improvvisato e si infilò nella tenda.
"Che mestieraccio il portavoce..."
--Il_catalano


En el cor de tots els exèrcits sempre hi haurà un grup de professionals que lluitaran per l'honor mera militar i el patriotisme.
Força militar que vostès són els meus estimats, i té l'honor dels militars.
Glòria li sostingui en la seva batalla ..
Leenie
Tutto era andato nel migliore dei modi. Finalmente il viaggio era concluso e all’arrivo, la Brigata era allegra e ciarliera, ben lieta di svernare al caldo, sistemata vicino ad una cittadina.
Quel giorno Liriel si era appunto avventurata in città, in cerca di qualcosa di caldo da mangiare e possibilmente di qualcosa da bere. Ripassava nel mentre, a mezza voce, le poche parole di idioma locale che ricordava dalla sua infanzia:

Hola… io, anzi no, yo, sì, meglio… yo no hablo espaňol. ¿Puedo tomar una cerveza? No, mi sa che non era così… meglio se dico “¡Una cerveza, por favor!” e basta…

Entrando nella taverna poco dopo mezzodì, trovò un volto noto: Illimino. Avevano fatto a tempo a scambiare poche frasi, che entrò un altro viso conosciuto. Tergesteo aveva l’aria allegra ma i segni scuri sotto gli occhi denotavano il prolungarsi della sua insonnia. Si accostò al loro tavolo, e sedendosi dichiarò solennemente:

Signori, oggi è giorno di paga! Ho fatto avvertire tutti, almeno saremo al caldo e potremo bere qualcosa mentre facciamo i conti.

Una notizia del genere, non poteva che far piacere, nella triste e plumbea giornata novembrina. Venne subito sgombrato un tavolo e non tardarono molto ad arrivare, alla spicciolata, gli altri componenti della Brigata. Si ritirava il sacchetto di monete, ci si sedeva ad un tavolo appartato e si cominciava a dilapidare in beveraggi una parte della paga.

Mentre Tergesteo, compreso nel proprio ruolo, stava seduto dietro al tavolo con un abaco in mano distribuendo monete, scribacchiando su una pergamena stropicciata spuntata fuori da chissà dove e grattandosi la testa di tanto in tanto, Liriel aveva agguantato Illimino e lo stava sottoponendo a un vero e proprio interrogatorio sulle navi e il loro funzionamento. Da novella criminale qual era, non poteva che farle piacere poter apprendere qualcosa dal vecchio volpone che, pazientemente, le rispondeva.

Nel frattempo i pochi avventori autoctoni, terrorizzati, avevano abbandonato il locale. I pochi che si affacciavano, ugualmente, balbettavano un saluto giusto per salvare le apparenze e si dileguavano.
Pian piano anche la Brigata si disperse, ognuno per i propri affari, più o meno loschi, non è dato saperlo. Alla fine rimasero, come all’inizio, solo Illimino, Liriel, e Tergesteo, ancora immerso nei conti. E in breve anche Liriel, sopraffatta dai sensi di colpa, si decise a lasciar andare Illimino; si girarono per salutare Tergesteo e…. dormiva! Buttato su un braccio con ancora la penna in mano.
I due si guardarono, perplessi:

Che facciamo, lo svegliamo?

Pare che ultimamente non dormisse molto bene…

Già, so cosa vuol dire…
– borbottò Liriel.

Illimino fece spallucce:

Be’, lasciamolo dormire, allora.

Qui?

Che vuoi che gli succeda? A quanto pare le paghe le aveva distribuite tutte. Ci basterà lasciar detto al locandiere che se manca un solo ducato, gli tagliamo la gola.


Disse questa frase in tono assolutamente neutro, e a Liriel corse un brivido giù per la schiena.

Va bene. Aspetta solo un secondo. Il suo mantello qual è? Quello lì? Bene.

Gli si avvicinarono. Dormiva davvero profondamente, la testa appoggiata sul braccio, la bocca semiaperta. Gli sfilarono di mano la penna, chiusero la bottiglia dell’inchiostro, gli appoggiarono il suo mantello sulle spalle e uscirono, “raccomandandolo” al locandiere.

Buon riposo, Portavoce…
_________________
Fradiavolo
Il Diavolo entrò in taverna.

Le vesti ancora sporche di sangue, dopo giorni dall’assalto non si era ancora ripulito.

Amava quell’odore, la morte, la paura la solitudine dopo il terrore.

… puzzava ancora più del solito, ma era normale, portava con se un sacco dove riponeva i suoi cimeli di guerra.

Guardarono i presenti,
le signore si coprirono la bocca con dei fazzoletti
per non sentire quel tanfo,
odore di morte, di vomito e urina,
l’odore della morte, della paura, della pazzia.
L’odore di una notte di ventri squarciati,
viscere fuoriuscite mangiate da topi
gole tagliate e fiotti di sangue,
visi tumefatti e membra dilaniate.

Il diavolo si rivolse ad uno dei presenti:

“dove sono i soldi?”

una borsa di ducati volo sul bancone,
il diavolo la prese, rise forte …


il diavolo disse …

“alla prossima”

Nessuno rispose …

Usci, l’aria divenne respirabile.
--Spirito_dionisiaco
Volti di nuovi amici e guerrieri sconosciuti erano confluiti tutti in quella radura dopo la frenetica battaglia. I vari drappelli in cui si erano divisi si ritrovarono riuniti per l'ennesima volta. Fece un cenno con la mano ai compagni di ventura di scendere da cavallo, la marcia per il momento si arrestava.

Stanco per il viaggio iniziò ad aggirarsi solitario e frastornato tra le tende dell'accampamento, osservando via via i volti di coloro che ancora riposavano attorno ai fievoli fuochi ormai fumanti. La città di Albi sovrastava in lontananza con le sue mura come vele su di un mare placido riportando il suo pensiero al ricordo della lunga traversata.



Era la prima volta che lasciavo la terra ferma per intraprendere un viaggio in mare. Il rollio della galea, cullata delle masse d’acqua che alternativamente si alzavano e si abbassavano sul livello di quiete della superficie dell'immenso specchio d’acqua, mi provocavano un senso di nausea insopportabile. Scesi dall'amaca e, arrapincandomi per le ripide scale, salii sul ponte di coperta. Onde increspate, spumeggianti, per effetto del vento o di non so quali altre cause si alternavano via via mentre la nave prendeva il largo. L'aria umida e salmastra era foriera di nuove sensazioni.

Mi accinsi ad entrare nella cambusa sperando di trovare qualcuno che potesse aiutarmi a trovare un rimedio per l'insopportabile senso di nausea. Vuota, non c'era nessuno, pareva che la nave velegiasse senza equipaggio, un silenzio tombale rotto ogni tanto dallo sciabordio provocato dalle onde che s'infrangevano sulla prua della galea, me ne stavo tornando sui mie passi quando la porta della cambusa si aprì
.

Il rullo di un tamburo lo scosse dai suoi ricordi, dalle tende uscivano, destati da quel richiamo, numerosi soldati che pian piano si adunavano nello spazio più ampio del campo, tutta la Brigata fantasma era in trepida attesa. Un uomo in piedi in cima a delle casse impavido e fiero si accingeva a parlare. Inspirò profondamente prima d'iniziare il suo discorso, il silenzio accomunava tutti mentre quell'uomo dall'alto delle casse cominciava a spronare la l'intera Brigata.

Brigata Fantasma! Ascolta!
Quanto ci siamo prefissi , lo abbiamo ottenuto.
Quanto richiesto, lo abbiamo esaudito.

E' tempo di muovere.
Scenderemo a sud,in terra di Catalogna agli accampamenti invernali.
Faremo come la terra, che nel riposo iemale si prepara al rigoglio primaverile..
.

Silente come tutti ascoltava l'annuncio quardandosi intorno ed iniziando pian piano a distinguere tutti quei compagni di ventura conosciuti durante il viaggio tendendo un orecchio al condottiero che stava terminando il suo discorso.

...Brigata Fantasma : in alto il ferro , fuori il ferro!
In marcia!


Non gli era ancora dato riposarsi, il cammino doveva riprendere, ancora qualche giorno di marcia e finalmente avrebbe potuto godere dell'ambito ristoro.
The_prince
      ... passo dopo passo, cuore a cuore,
      sinistro destro sinistro,
      noi tutti cadiamo in battaglia,
      come dei soldati giocattolo.
      Pezzo dopo pezzo, distrutti in pezzi,
      noi non vinciamo mai.
      Ma la battaglia va avanti,
      siamo soldati giocattolo...


Freddo glaciale al confine catalano.
La brina si scioglieva lenta al passaggio dell'aurora sulla vasta pianura Francese costeggiata da conifere, prima di cedere il passo alle cime nevose dei Pirenei che marcavano il confine con il territorio iberico.
Quando Tergesteo concluse il suo discorso la truppa esplose in un boato e tutti si riversarono nelle loro tende per prepararsi alla marcia che sarebbe stata dura e rigida.

Edoardo aveva indossato una cappa nera e legato alle spalle il suo mantello corvino per prepararsi al clima. Così vestito, entrò nella tenda di Tergesteo.

"Il mio gruppo è pronto alla partenza, come da piano, il Conte della Linguadoca Malkav ci ha concessi i permessi senza troppe storie. Si fida ciecamente del suo capitano, il pollo..."
"Perfetto, tutto fila liscio", rispose mostrando il suo ghigno, mentre l'occhio gli brillava, come sempre.
"Se i venti ci sono amici, ci vedremo molto presto e decideremo il da farsi"
Fece un cenno di assenso col capo.

"Allora a presto, Tergesteo", tendendo la mano a quest'ultimo.
L'uomo di fronte gli sorrise.
"A presto", stringendo la mano saldamente.

Il cavaliere modenese uscì dalla tenda indossando il cappello che aveva tolto come forma di rispetto e si diresse verso i cavalli. Le persone che facevano parte del suo reggimento erano già lì pronte che attendevano la partenza.

"Possiamo partire..", secco l'ordine del cavaliere.

Strizzò l'occhio sorridente verso Siria, chiedendole se aveva intenzione di sellare un po’ insieme. Lei contraccambiò il sorriso e cinse le sue braccia all'uomo una volta accomodatasi a cavallo, mentre Edoardo legava la bestia con la sella rimasta vuota.
I colori cremisi della nuova alba riscaldavano i corpi degli avventurieri, mentre il piccolo drappello si staccava dal gruppo.

Il cavaliere si voltò indietro. Anche il resto della Brigata era in partenza.

"C'è una sosta che dobbiamo ancora fare!", si rivolse agli altri con voce tonante, "qui, a Castelnaudary, risiede il nostro amico Natale... andiamo a fargli visita!"
--Rogner
Persa per strada, mordendosi le labbra di rabbia, la mente persa alle lunghe lezioni di scherma in mare, rese più difficili dal barcollare del suolo di legno sotto i piedi. Inutili, almeno finora.

Era rimasta indietro: non sapeva che fare, non parlava bene la lingua, non sapeva come comunicare con loro, anche fosse riuscita a fargli scrivere qualcosa, dove avrebbe potuto rintracciarli?
Così si era fermata qualche giorno alla cittadina di lago, incerta sul da farsi. Poi le era venuta l'idea: tornare alla nave, al porto.
Semplice, perché non ci aveva pensato subito?

Era partita senza indugiare ancora, era tornata al porto cui erano arrivati, e quando il capitano della nave l'aveva vista gli aveva rivolto un largo sorriso. Non l'aveva nemmeno rimproverata, le aveva ordinato di salire a bordo, e basta.

Ora, dal ponte della nave, in attesa della partenza, respirava di nuovo l'aria salmastra, sperando di poter mettere in pratica le lezioni della propria insegnante.

Si promise che in futuro avrebbe seguito subito gli ordini senza indugiare, per non rischiare altri contrattempi. Dimenticava un piccolo particolare: che nessuno le aveva parlato di un nuovo obiettivo.
Natale
Il Conte di Tolosa doveva gestire la crisi: difatti, doveva sia congratularsi con quelli che hanno convertito il sud del regno alla mozzarella sia fare aria di disapprovare l'azione. Tutto ciò faccia a faccia con i Grandi del Regno ed in piena elezione pronviciale.
Della grande Arte!

Tante cose a pensarci...
Ed ecco che passano evidentemente indisturbati a Castelnaudary, capitale del Cassoulet.
"Gli Italiani" avevano fatto una grande azione, destabilizzare un governo corrotto che ospitava briganti che salassavano tutta la regione.
Oramai il sud del Regno di Francia andava a mangiare della pizza!


- Edoardo ! Amico mio, come staï bravo ?

Guardò il resto della truppa e conti macchinalmente sul dito delle sue mani, sperando bene loro essere presentato infine.
_________________
quelques soucis d'informatique, ne sollicitez pas trop mon perso, présence minimale.
F.petrus


"Eccellenza, la Vostra corrispondenza."

Ferenç Petrus aveva inforcate sul naso le sue due lenti e sfogliava documenti noiosi quanto necessari da leggere.

"Grazie, Biagio. Poggia qui... e chiedi del Borgogna... ah, no, siamo in Catalogna... bene, chiedi un Tarragona Clásico... no, rosato, anzi. Sì, un Tarragona rosato. Appena finisco me ne godrò un goccio."

Era nella taverna di Urgel, con l'indifferente compagnia di alcuni cavalieri e donne catalane. Ogni tanto ridevano troppo forte, ma in fondo non gli davano alcun problema. Lavorava con serena rassegnazione, senza intoppi.
Finchè non arrivò a leggere una lettera in particolare, speditaglia da una sua cara amica, Electra Bernadette Ridolfi.



Ciao Pet,
anche se non sono la tua mamma di sangue mi sento tua madre da molto molto tempo lo sai, come tale mi sembra mio dovere che le notizie poco piacevoli te le comunichi io che ti voglio bene, evitando che tu ne venga a conoscenza tramite estranei.

Passo alla notizia:

E' stato pubblicato questo...

Nome sposo e sposa :Francesco Adriano Colonna e Colonna Sonora Eva Rebecca Bardi
- Professione sposo e sposa : Fabbri
- nome dei testimoni (per lo sposo e la sposa) : Per lo sposo: Caleblost
Per la sposa: Lory81
- data del matrimonio: Da definirsi a breve con il Sacerdote della diocesi


Già.... Ladykiri si sposa.


Se mi concedi un commento: hai fatto bene a lasciarla se questo era il grande sentimento che provava per te.


Ti abbraccio forte

Berny


Rimase a fissare il foglio con la fronte corrucciata e con occhi penetranti.
Dopo cinque minuti buoni si alzò e declamò, scandendo le lettere:
"Sono un maledetto Profeta. Con tanto di P maiuscola, la P di Petrus."

Biagio ebbe un tremito, la prima reazione umana che avesse mai avuto di fronte a qualsiasi dichiarazione del suo padrone. Non lo aveva mai sentito dire una volgarità che non fosse nascosta in una lingua straniera a lui incomprensibile.
Fu talmente stupito, che non rinunciò a chiedergli se stesse bene.
"Io? Sto benissimo, caro Biagio, prediletto figlio di tutti i furti d'uso del mondo! Ti ho mai detto ch'io non bevo per dimenticare, ma dimentico al fine di bere in sancta pace?"

E, sempre rimandendo in piedi, stappò il rosato.
Ora anche i catalani lo fissavano.

"Che si beva come io avevo pensato e stabilito! Che lo facciano anche gli abitanti di questo Principato scomunicato! Bebemos, amigos! ¡Hermanos! Biagio, prendi altro vino"

Quando sul tavolo vi furono almeno cinque bottiglie da stappare, Ferenç assaggiò il primo bicchiere, già dimentico del mondo.

"Vini eccellente al palato, fine ed elegante!"

E già cavalieri e dame si trasformavano in un'accozzaglia rubiconda.
Nel giro di un'ora, montò su un allegra bolgia di ubriaconi.

Nel giro di due ore e di svariati brindisi cordiali, nella taverna aleggiava il silenzio, quel silenzio squisitamente melanconico che solo chi ha le guance arrossate dall'alcol può avere. Rossore che sul pallido volto di Petrus non si percepiva in modo particolare, forse per l'effetto ottico dei suoi capelli.

_________________
Eriti
Si erano salutati ad Albii, lì i membri della Brigata si erano divisi per raggiungere le destinazioni intermedie, la meta era ancora distante.
Erano ormai giunti nei pressi di Castelnaudary quando Edoardo esordì con un perentorio: “C’è una sosta che dobbiamo ancora fare! Qui, a Castelnaudary, risiede il nostro amico Natale… andiamo a fargli visita”.
Eriti sorrise a quelle parole, ancora ricordava i piani fatti.

La residenza di Natale non era male.
In perfetto stile francese – pensò Eriti mentre la osservava.

Videro un uomo avvicinarsi loro, e salutare calorosamente il capogruppo.
Eriti smontò da cavallo, e si inchinò all’uomo a lei di fronte.


Vostra Altezza,
lasciate che mi presenti.
Sono Eriti Velia Malipiero Giustiniani Longo, Contessa di Soliera.
È un piacere e un onore per me fare la Vostra conoscenza. Vogliate portare i miei omaggi a Vostro padre, il Marchese Dirk Cornelio Laban Widman Foscari, appena ne avrete l’occasione.


Non stettero molto a conversare con Natale: il Conte di Tolosa visto a parlare con gli assaltatori di Rodez avrebbe destato non poche rogne. Stettero approssimativamente una decina di minuti. Il Conte parlava con Edoardo, mentre gli altri, si guardavano intorno per scrutare occhi indiscreti.
Dopo i saluti, ripartirono per la loro strada. Lunga era la via fino a Montpellier, dove la nave era ormeggiata.
Impiegarono 3 giorni per giungere nella capitale della Linguadoca.
La galea era lì, in perfette condizioni. Salirono a bordo e mollarono gli ormeggi.
Scese nella sua cabina, per cercare un po’ di ristoro dopo le marce di quei giorni. Vide in una di esse la clandestina, ormai non più tale, ma membro a tutti gli effetti della Brigata.
Sorrise. Nessuno era stato lasciato indietro.
Chiuse la porta alle sue spalle, lasciò cadere a terra la sacca, e si distese sulla branda, per concedersi un breve lungo sonno ristoratore, cullata dalle onde.
Leenie
Vi possono essere tanti motivi, nella vita di un uomo o di una donna, per ricercare il conforto nell’alcool, e generalmente sono quasi sempre tutti buoni. Ma per una volta, Liriel andava in cerca semplicemente di un luogo caldo e di un po’ di compagnia. Per la prima volta in tantissimo tempo, era dove voleva essere ed era pure riuscita a tacitare i vari rimorsi della sua coscienza.
Entrò dunque di buonumore in una delle taverne della cittadina catalana, quella che aveva preso a frequentare abitualmente.
E si trovò davanti il volto angustiato di Biagio, il servitore di Ferenç Petrus, come ormai era avvezza a chiamarlo. Più di una volta si era domandata perché mai i nobili, quando decidevano di darsi alle malefatte, si ostinassero a portarsi dietro i propri servitori… ma non quella sera. Il viso di Biagio, normalmente impassibile, tradiva una parvenza di preoccupazione.

Biagio ma… ?

Come al solito non le rispose, ma seguendo il suo sguardo trovò il suo padrone al tavolo. Aveva davanti una serie di bottiglie vuote. Liriel stava per chiedere cosa si festeggiava quella sera, ma lo sguardo fosco del nobiluomo fece morire la frase sul nascere. Teneva le dita congiunte, i gomiti appoggiati al tavolo, assorto. Provò esitante a chiedere:

Qualcosa non va?

Non c’è nulla che non va. Il vento soffia ancora, il fuoco continua a bruciare, noi siamo ancora qui…


La risposta suonò come un sibilo iroso. Guai. Liriel ponderò per un attimo l’ipotesi di lasciare l’uomo a sbollire da solo ma poi, pensando a quel poco che sapeva di lui, valutò che doveva trattarsi di qualcosa di davvero grave, dato che non era certo il tipo d’uomo da alterarsi per un nonnulla. Provò a insistere:

Dalla vostra faccia non si direbbe…

Dite che il fatto che colei che stava per divenire mia sposa, nel giro di una settimana sarà la donna di un uomo mascherato da capra, potrebbe in qualche modo influire sul mio umore?


Cercò di rispondere con cautela:

Direi che sconvolgerebbe chiunque…

Fu del tutto inutile. Egli aveva trovato finalmente uno sfogo per la propria collera. Il sibilo si trasformò in un ringhio ancor più collerico:

Ecco. Se poi questo caprino antropomorfo era una vecchia fiamma della suddetta quasi-sposa, la quale aveva comunque proclamato e giurato che mai avrebbe perdonato colui che l’aveva abbandonata, presumo che lo scuotimento emotivo sia ancora maggiore, non credete?

E ora cosa pensate di fare?

Ah! Cosa penso di fare? Penso di ignorare del tutto questa unione patetica e risibile! Fino a ieri ero malinconico, oggi capisco di essere stato raggirato e sono furioso! Ogni legame è definitivamente rotto. BIAGIO! – batté, o meglio, abbatté un pugno sul tavolo, al che il servitore, si fece avanti con l’usuale espressione imperturbabile. - Scrivi quanto ho appena detto! “Io, Ferenç Petrus Vasa, rompo formalmente e ufficialmente ogni legame e vincolo preso nei confronti di Sonora Eva Rebecca Bardi Colonna, considerando la mia fiducia mal riposta e il mio affetto immeritato”, firme ecc. ecc. … scritto tutto?


Biagio annuì, scribacchiando freneticamente, per fortuna il necessario si trovava già sul tavolo.
Liriel nel frattempo rifletteva: conosceva il nobile da poco tempo, ma provava per lui stima ed amicizia. Tuttavia, la scarsa confidenza la portava a non voler essere troppo invadente, seppur desiderosa di essergli, in qualche modo, di sostegno, se non di aiuto. Disse, perciò, nel tono più tranquillo che riuscì a reperire:

Posso fare qualcosa per voi, o preferite che vi lasci sbollire? Tanto poi ci penserà Biagio a riportarvi a casa. Ditegli di passare da me domattina, quando avrete un mal di capo che non vi invidierò di certo.

Esitò un attimo, e parve calmarsi.

Restate, ve ne prego, non è con voi che sono in collera.

Sembrava un buon segno. Forse parlandone, si sarebbe sentito un po’ meglio.

Volete raccontarmi tutta la storia?

Accondiscese di buon grado, ma continuò a bere a intervalli regolari mentre narrava, anche se ormai era più calmo.

Sapete già i punti salienti. Ci conoscemmo quasi per uno scherzo del destino… trovai il suo diario, giunto incredibilmente dall’Irlanda, e lo lessi. Le scrissi e mi rispose. Tenemmo una Kaffekvarn corrispondenza che andò avanti per qualche tempo, finché non rimasi nell’inutile e inconcludente attesa del benestare di suo padre, Eraclitus, al nostro fidanzamento. Non giunse mai, né giunse un rifiuto. Mi hanno scritto che Eraclitus non ha tardato neanche un giorno a benedire l’unione della figlia con quel villico.
Ed io che ero venuto fin qui per emulare le azioni di Sonora…
Tutto terminò per la volubilità di lei, da mesi non rispondeva alle mie missive e dunque, constatando la superficialità del suo interesse, recisi la mia promessa nei suoi confronti. Ora ho la conferma che feci bene.
Fu comunque uno dei periodi più felici della mia vita. Aspettavo la posta.

Capisco, sono profondamente dispiaciuta per voi. Tornerete a casa, ora che non avete più motivi per stare qui?

Certo che no! Questo è il nostro posto! Sono qui anche per me stesso e vi rimarrò ancora, finché non troverò di meglio da fare. E ci sarà anche tempo per dell’altro…
- soggiunse con un lampo di cattiveria nello sguardo.

Rimase qualche minuto a fissare il fuoco che ardeva nel caminetto, a scacciare il freddo di quella giornata uggiosa, ma Liriel notava nel contempo che diventava sempre più pallido.

Siete… siete sicuro di stare bene?

Vogliate scusarmi… credo che andrò, ad espellere anima e alcool…


Nonostante il tono sommesso e piano, il contenuto del messaggio era chiaro, e lei non ci teneva minimamente ad essere spettatrice della tragedia che si sarebbe consumata di lì a poco. Balzò in piedi esclamando:

Prego, andate!

Mentre il conte usciva, con la massima dignità che il passo malfermo e la situazione gli consentivano, Liriel fermò Biagio:

Passa da me domattina, quelle erbe gli serviranno…

E se ne andò, le era completamente passato l’appetito.
_________________
--Spirito_dionisiaco
Ben presto la strada pianeggiante lasciò il posto ad un più ripido e tortuoso percorso. Alle ordinate fattorie, in cui i contadini erano intenti a prepararsi all'imminente stagione invernale, si susseguirono alte foreste di abeti e pini mentre le fredde temperature invernali calavano man mano ci avvicinavano alla cima di quei monti che segnavano il confine con la Catalogna.

In quella parte della Francia i Pirenei si stagliavano alti e un gelido vento lo costringeva ad intabarrarsi nel suo pastrano, il suo cavallo faceva sempre più fatica ad andare avanti, uno strato di melma, causata dalle precedenti pioggie, rendeva sempre più viscido lo scosceso sentiero. Silenzioso come sempre continuava a controllare le armi che portava con sé, erano ben tenute visto che ogni notte, dopo aver provveduto con cura al cavallo, puliva e lucidava spada e scudo quasi a cancellare i segni della passata battaglia, l'infastidiva il fatto che tutta quella fanghiglia potesse imbrattarle. Il cammino verso la Catalogna lasciava nuovamente il tempo ai suoi pensieri di ripercorrere le fasi del viaggio che l'aveva portato in quella terra straniera.



La vista di quell'uomo appena entrato in cambusa mi fece sobbalzare, il suo volto era noto, un vecchio amico proveninete dalla mia stessa città. Pensai ad una strana coincidenza, in fondo dal porto d'imbarco partivano navi per le più svariate destinazioni e trovarmi al cospetto di qualcuno a me familiare non lo avevo sicuramente preso in considerazione. Fu forse proprio quella strana coincidenza che mi spinse ad unirmi al gruppo d' ignoti soldati di ventura che ben presto avrei però avuto modo di conoscere meglio nella folle impresa. Il mio viaggio avventuruoso si stava trasformando in una vera battaglia, non più una chimerica lotta contro i personali demoni ma la mera e tangibile realtà.
La decisione era presa, così aveva voluto il destino, mi sarei aggregato al gruppo di cavalieri che si recava in Francia per combattere, la meta esatta mi sarebbe stata rivelata al momento giusto, dopo essere sbarcati ad Arles in Linguadoca, il sangue iniziava a scorrere sempre più impetuoso nelle mie vene.


Il sentiero continuava a salire fino agli alti pascoli lasciati desolatamente deserti dalle mandrie che erano state ricondotte nelle fattorie della valle dopo il pascolo estivo. Il cielo sembrava più basso e riluceva di un blu intenso alla luce dell'alba. A un certo punto, dietro l'ennesima sinuosità della strada, raggiunta la vetta più alta, si aprì loro davanti la vista che dava sulla vallata di Urgel, ancora qualche passo li separava dalle terre spagnole.
Eriti
Narbonne era lì, davanti a loro. Il molo a poche bracciate di nuoto, eppure la Capitaneria del Porto non dava l'autorizzazione allo sbarco.

Edo, si può sapere che dicono sti francesi?

Il Capo porto non ci darà il permesso di attracco, fino a quando chi dovremo imbarcare non saranno giunti...... non vuole rogne.
A quanto pare quella Celia sta mettendo in giro voci su di noi.


Il Capitano fece spallucce, come a intendere che l'unica cosa da fare era attendere.

Celia? La Celia di Rodez? Quella che ci scassò per giorni con assurde richieste di permessi e ammennicoli vari?
Sapevo che era cosa buona chiuderla in una cella delle segrete e buttare la chiave.


Fra i due calò il silenzio. Avevano visto, o meglio rivisto Celia, a Montpellier, la sua nave era ormeggiata accanto alla loro, e mollò gli ormeggi subito dopo di loro. Li aveva seguiti fino a Narbonne, dove le vele della galea francese, non furono più visibili all'orizzonte.
Da una parte la cosa li tranquillizzava, avevano avuto il sentore che volesse attaccarli tentando un arrembaggio di fortuna appena al largo delle coste francesi. Dall'altra cercavano proprio lo scontro, ma era meglio non rischiare di perdere troppo tempo inutile.


Vabbè, aspettiamo.
Speriamo che gli altri arrivino presto.
Mi ritiro sotto coperta.


Voltando le spalle di avviò verso il boccaporto. Fissò per un istante il cielo sopra le loro teste. I gabbiani volavano come di consueto. La brezza marina rendeva più facilmente sopportabile quell’attesa forzata, eppure qualcosa non andava.
--Rogner
La ragazza stava coi piedi a mollo nel mare lurido del porto, seduta sulla banchina davanti alla nave attraccata.
Ehi, tu.
Quando parlava così, si rivolgeva sempre a lei. Dal suo punto di vista, non era sbagliato. La condizione della ragazza era così infima da non meritare quasi un nome. Una vagabonda, senza tetto, senza patria, senza nulla a cui tornare e senza un posto preciso dove andare. Un pesciolino fuor d'acqua forse... oppure un pesce che trovava la propria acqua da tutte le parti.
Lei si alzò, indifferente a cortesia o maleducazione altrui, molto più abituata ad usare la seconda fingendo la prima. Il voi o il "madonna" riferito a lei la faceva ridere di gusto; anche dal suo, di punto di vista, "ehi tu" era di gran lunga preferibile.
E così il capitano aveva tutte le ragioni per dire "ehi tu" ed essere rapido e diretto nel parlare con la sua interlocutrice.
Senti, taglio corto: mi serve una mano a governare la nave. Eriti è scesa. Fra le persone a bordo, sei tu quella che ci è stata su più a lungo. Entrerai nell'equipaggio e mi darai il cambio nel governare la nave.
Era il suo modo gentile di fare domande. La risposta fu un maleducatissimo salto di entusiasmo al collo del pover'uomo (perché anche i nobili subiscono) e un bacio sulla guancia con un alito così forte di mare e pesce da stendere un toro. Ma The_prince era in grado di resistere a questo ed altro.
Che tanfo! Datti una lavata, sembri un pesce marcio! Poche smancerie, e stasera al timone, che ti insegno cos'hai da fare.
Ilsebill
Qualche nave si fa annunciare dal tuono di un cannone.
E quello che proveniva dalla Ragnarok in quel momento, lo pareva.
La bocca che emetteva quel rumore non era però metallica ma di carne, ed apparteneva a una figuretta tutta ossa e muscoli agganciata appassionatamente al timone e ad un boccale di terracotta in cui, fino a poco tempo prima, c'era stato dell'alcol; figuretta che finito di sputare cannonate, cominciò ad imprecare.

Perrrrrdincibacco, CIURMAAAAA!!! Movete quei chiappi mosci come sacchi de farina mezzi vuoti!
Ornitorinchi! Lemuri che non siete altro!
Voglio un'altra birra, QUI! Adesso!
E che sono o non sono lo Capitano de sta nave!


Mai dare il timone di una nave in mano a gente che non ha mai comandato a nessuno e non ha mai saputo obbedire.
Si monta la testa.

TU!!! Tiè la scopa, dacci la caccia ai pantegani che son grossi come la panza de tua madre prima che ti nasceva.
TU!!! Sta birra, allora?


Intabarrata in un mantello polveroso come la terra secca e volatile dei campi sofferenti siccità, e ricoperto da ragnatele come fossero pizzi, con un cappello nero per una testa da uomo che le ballava addosso, Ilsebill reggeva il timone sparando ordini a destra e manca, senza sapere dove andava e fidandosi più o meno del proprio istinto. Il suo ego era aumentato in modo smisurato dal momento in cui le sue mani avevano toccato il timone: non più anonima clandestina, ma equipaggio, e da equipaggio... Capitano (part-time e a tempo determinato, ma sempre capitano).
Aveva frugato nella stiva per cercare un abbigliamento adatto, e trovato quei quattro stracci polverosi che nessun vero capitano avrebbe mai indossato, e se ne stava tutta impettita davanti al timone. Miracolo che non inciampasse in quegli stivali mezzi rotti in cui le sue gambette magre parevano nuotare.

Il rumore di una porta che si apriva fece girare la neotiranna, giusto in tempo per schivare un proiettile, altrimenti uno stivale ben pulito e curato (e soprattutto, adatto ai piedi del proprietario, il vero Capitano della nave) le sarebbe finito dritto sulla nuca.

Piantala subito! Se ti ho affidato la guida della nave è perché ogni tanto devo dormire quindi non voglio sentire urla! Tieni quel timone e vai verso il porto... e stai attenta al tempo, che ho appena sentito un tuono!
_________________
Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
See the RP information <<   <   1, 2, 3, 4, 5, 6   >   >>
Copyright © JDWorks, Corbeaunoir & Elissa Ka | Update notes | Support us | 2008 - 2024
Special thanks to our amazing translators : Dunpeal (EN, PT), Eriti (IT), Azureus (FI)