Afficher le menu
Information and comments (0)
<<   <   1, 2, 3, ..., 6, 7, 8, ..., 10, 11, 12   >   >>

BalkaniKa

Morphea


Nella mattina in cui le mie ferite cominciavano a sanare, il buongiorno sorridente era cessato. Il calore del sole era troppo freddo sulla pelle.
La mia guarigione volgeva al termine non in un pallido azzurro, ma nel grigiore di un probabile addio.
Avevo la consapevolezza che il tempo sarebbe passato, che il divenire non sempre avrebbe avuto un senso, e che le notti... le notti... non ci sarebbero state notti.
Le comete si sarebbero staccate dal firmamento, forse più in fretta dei pezzi che perdono i morti.

Vivere duole, ma a distanza. Sentire non importa.

Corvobianco

Si sedette alla scrivania e intinse una penna nella boccetta d'inchiostro per scrivere alla madre lontana.

Qualche secondo di riflessione per pesare le parole e per convincersi infine che con sua madre non aveva bisogno di mostrarsi per quello che non era, ed appoggiando la punta sulla pergamena iniziò a riempire lo spazio vuoto scandendo mentalmente le parole una ad una...




Madre adorata,

tu mi conosci meglio di chiunque altro, sai che faccio di Aristotele un mio confidente ed accetto i suoi consigli come un devoto figlio suo, ma le decisioni le prendo soltanto ascoltando quello che mi detta l'anima dal petto.

Il mio vecchio padre mi ha insegnato a diffidare di chi crede nelle grandi menzogne, cosìccome di chi crede nelle grandi verità. Diceva che entrambi non arriverebbero a riconoscere la differenza che passa fra un pittore ed un imbianchino nemmeno avendone le prove affrescate davanti al grugno.

Ho pellegrinato un po', madre mia, alla ricerca delle giuste domande ancor prima che di semplici risposte che nella baraonda generale non riuscivo a trovare.
E sono tornato, migliore o peggiore non saprei dire, ma sicuramente cambiato...

Spero di poterti rassicurare sulla mia situazione. Non ti crucciare dei miei mali, pensa a portare a casa la pellaccia e qualche cicatrice da mostrare ai nipoti. Non temere per la mia sorte come io non temo per la tua. La via stretta e impervia è quella che sempre porta al giardino coi frutti migliori, bisogna solo avere la tenacia che serve per percorrerla fino in fondo ed entrambi sappiamo di averne abbastanza.

Il giorno in cui potremo di nuovo bere il vino dei nostri colli seduti allo stesso tavolo ci racconteremo le rispettive storie, fino a quel giorno mi mancherai madre mia. Come il profumo dell'azzurro cielo nei giorni di pioggia.

Ti sono vicino anche io...
Un bacio,
Corvobianco


Sigillò la lettera con la cera di una candela, prese il mantello e aprendo la porta di casa si avviò verso la città per cercare un messo abbastanza folle da affrontare un viaggio fin dall'altra parte della carta geografica per consegnarlo ad Elvira.
Addiu





Gli dèi benedirono la notte con un'incessante pioggia che non dava tregua ai nostri occhi,
riparati quanto più possibile dietro alle visiere dei nostri elmi.
Lasciammo l'accampamento, posto poco più a monte, e scendemmo silenziosi a valle,
ricongiungendoci davanti alle mura di Lezhe ai nostri alleati albanesi.
Il fango mischiato allo sterco di vacca regnava incontrastato sul campo di campo di battaglia.


Come ci fummo schierati, prese a piovere sempre più forte.


Innanzi a me avevo il generalissimo, statuario sul suo destriero.
Il rumore della pioggia cadente sulle nostre corazze e sui nostri armamenti accompagnava come un'orchestra la nostra attesa.
Nel giro di qualche minuto il colonnello raggiunse a cavallo il generale.






".....generale....quanti uomini hanno.....?"










"......lo scopriremo presto......."







Attendemmo che i due eserciti nemici si schierassero sul campo.
Coloro che si erano ribellati al potere costituito, appoggiati da gran parte della popolazione, ci stavano ora davanti, come traditori,
coperti dalle fiere insegne albanesi che stavano disonorando combattendo chi aveva combattuto e vinto per loro.

Un ingente numero di appiedati si dispose davanti alle mura;
l'oscurità della notte lasciava molto alla supposizione del loro effettivo numero,
ma nulla era lasciato alla paura.




Appena tutto fu pronto il generale si voltò dando un ultimo sguardo a tutti i suoi soldati,
dopodichè estrasse la spada e diede la carica.




Mistic
Il mio sangue si agita,è infuocato,ribolle,brucia nelle vene,è infermento e provoca in me una sensazione di calore che non si placa fino a quando non sfodero la spada e mi calo nella mischia.

Non tutte le battaglie restano impresse,questa però ha tratti che,se ci penso, ancora ora mi sembra di rivivere.

Ricordo quel cordone stretto intorno alla mia gola,la sensazione di soffocamento,gli occhi schizzare fuori dalle orbite e il battitto del cuore accellerare.

Ricordo i colpi violenti alla schiena,credo fosse un ginocchio che mi colpiva ripetutamente.Non sò se per pietà o perchè evidentemente pensava non mancasse molto alla mia fine,quell'uomo mi fece cadere nel fango.Non riuscivo a muovermi,non riuscivo a portare a termine un respiro.

Ricordo ancora che il mio viso si ritrovò improvvisamente a guardare il cielo,e non più il colore scuro del fango.

Ricordo la pressione sul costato seguita dal bruciore intenso della lacerazione delle carni in quella stessa zona.Il cielo non era più azzurro,ed era sempre più distante.

L'aurora cospargeva la terra di nuova luce.Io ero lì inerte e fragile come una foglia secca su un albero in inverno.Chiusi gli occhi.











(GdR off:ho fatto un'altra volta la fine dei tracc )

_________________

16 Ottobre 1460
Leenie
Citazione:
08-03-2011 04:05 : Avete iniziato un combattimento contro l'armata "Urdhëri St. Kalorsiak Kostantinian i Shën Gjergjit" comandata da Leka_dukagjini, l'armata "Ushtria e Principates se Kastriotit" comandata da Lp.lirche, e i difensori di Lezhë.



Non ci fu tempo per capire.
Non ci fu tempo per pensare.

Mi ritrovai in mezzo al fango con qualcuno che mi afferrava per il polso, la spada, ancora pulita, inutile nella mia mano.

Dobbiamo andare!

La voce di Giubius deformata dalla celata dell’elmo.

Ma…

Muoviti ragazza, non perderò altri uomini mentre tu ti gingilli, dobbiamo ritirarci.


Non avevo mai sentito Giubius parlarmi in quel modo. Con il volto in fiamme per la stizza e la vergogna, lo seguii incespicando, e così fecero gli altri, qualcuno portava o sosteneva i feriti.
Poco distante c’era, fortunatamente, un monastero. Fummo costretti a lasciare lì tutti coloro che non potevano proseguire.
Avevo a malapena fatto a tempo a notare che né Vivi né mio marito erano tra essi, ma mancavano all'appello Mistic e Grevius. Mi parve di scorgere Samiro che si lamentava non per il dolore, ma perché lo avrebbero lavato di nuovo. Anche Legio doveva essere fra i feriti dato che il comando era affidato al Colonnello, ma non lo vidi.

Non avevamo molto tempo, ma per fortuna i religiosi che accolsero i nostri non fecero troppe domande.
Una volta al sicuro nei boschi venne dato l’ordine di montare il campo.



Citazione:
Siete responsabile della logistica dell'esercito


Nel frattempo io bruciavo per la vergogna di non essere stata all’altezza della situazione, di non essere stata in grado di dare il mio contributo. Ma Giubius mi disse solamente:

Credo che farebbe bene a tutti qualcosa di caldo nello stomaco.

Annuii, lieta che mi fosse data l’opportunità di rendermi utile in un qualche modo.
Mandai qualcuno a far legna e mi misi a preparare la zuppa.
_________________
Grevius
Giorni di fuoco, serrati fra battaglie feroci e serenissime paranoie che colpivano inermi navi.
Seccatura più, seccatura meno... la differenza è poca, ma si impara ad incassare e ad annodare il fazzoletto... un giorno quei nodi si scioglieranno, ma ogni cosa a suo tempo, l'importante è saper aspettare.

Anche quella notte mi recai sotto le mura, ero diventato un abituale frequentatore del luogo, pur non essendovi taverne di ristoro, ma solo fango, pietre, qualche soldato nemico che vuole la mia pelle ed altro fango.
Troppo fango però.... ed io ero così lindo e profumato, che quasi mi dispiaceva combattere.
Avevo fatto il bagno nella tinozza, anzi avevamo... e se dovessi ancora sentire qualche sciocco che maledice l'usanza del lavarsi, sarei capace di passarlo con la spada, dato che, se tutti i bagni dovessero essere come quello... beh la tinozza diverrebbe casa mia.

La poca voglia di guerreggiare, mi fece distrarre, ed un avversario mi colpì il braccio, spezzando la spada...
Caddi sulle mie ginocchia, ed attesi il colpo finale che non arrivò...
Sanguinavo parecchio, ma fermai l'esangue martirio con la cinta dei pantaloni.

Iniziai a trascinarmi a fatica per cercare Misty.
Un sussulto al cuore e la vidi sporca di fango, con gli occhi chiusi, supina a terra...

"Oh no, Misty!!!!"

feci un balzo per raggiungerla più in fretta, e mi avvicinai alla sua bocca... Respirava ancora

"Non mollare... ti prego non mollare"

una lacrima silenziosa rigò il mio volto, non volevo perderla per nessuna ragione al mondo.
Raccolsi le ultime forze, la presi in braccio, cercando di non muoverla troppo... e trascinai me stesso con lei, verso casa.

Entrai, e vicino al caminetto vidi la tinozza ancora piena... pensare che qualche ora fa eravamo lì dentro a fare l'amore, ed ora rischiavo di vederla morire...
La adagiai sul nostro letto, le sfilai gli stivali e la maglia insanguinata...
Osservai la ferita profonda, e gli sfregi violenti, su quel corpo così dolce e liscio...

Mi strofinai il viso con le mani, cercando di mettere a posto le mille idee e paure che affollavano i miei pensieri.
Lavai le sue ferite con l'acqua fredda, per rallentare la fuoriuscita del sangue, poi le pressai un'erba medicamentosa sulla ferita e a fatica la fasciai...
Quanto era dannatamente difficile fare il mancino.

Accesi il fuoco nel piccolo caminetto della stanza per alzare la temperatura dell'ambiente.
Restai al suo fianco tutta la notte, inginocchiato al suo fianco, con la testa appoggiata alla sua mano... gliela baciai tante volte durante quella ansiosa veglia, aspettando l'arrivo del domani.

_________________
Nefertati



La notte sembrava tranquilla , ma da li a poco avrei udito l'urlo del Generale.


L'urlo arrivò.
La rabbia comandava i movimenti,ma non sempre è sufficiente.
La battaglia divenne un groviglio di corpi e lame,colorati di rosso.

Mio figlio era poco lontano da me. Lo vedevo lottare da vero soldato.
Nessuna paura. Solo vendetta .

Non sono certa se quanto ricordo corrisponda alla realtà.
Quello che vidi mi fece perdere la ragione.

Lp.lirche....
Quel bastardo, inetto, relitto di se stesso, con l'onore pari a quello di un escremento di porco,
si avventò su mio figlio come la morte assetata di anime.
Vidi la spada del bastardo trafiggere le carni di Adriano.

Smisi di combattere, la mia mente si era spenta..gridavo e correvo.
Non credo d'aver sentito la lama che s'insinuò dentro il mio corpo.
Riuscii solo a comprendere che non stavo più correndo, il fango mi era entrato nelle nari e le mie mani non brandivano più la spada.

Pochi attimi di distrazione bastarono per farmi perdere di vista mio figlio.

Continuavo a ripetermi...è forte..lui è forte..

Poi, inziai a sentire dolore...non riuscivo ad alzarmi ....
per quanto ci provassi ...non ci riuscivo ...sentivo solo dolore...





_________________

""....posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni...""
Leenie
L’attesa.
L’attesa è la cosa peggiore.
L’attesa induce al pensiero e il pensiero paralizza l’azione.
Per siffatto motivo io cercavo di sopire il pensiero con l’azione.





I rifornimenti mi preoccupavano. Ricontai le scorte più e più volte, e ogni volta che contavo mi sembrava che le scorte diminuissero, così ci rinunciai.

Andai a trovare Samiro al monastero. Aveva la testa piena di bende, ma come prevedibile era più seccato per l’inatteso bagno, che per altro. Tornata all’accampamento, fui convocata nella tenda del Colonnello.
Esordì seccamente:

Sono appena stato dal Generale.

Oh… come sta?


Giubius, anzi, il Colonnello si limitò a scrollare le spalle. Non eravamo soliti ad eccessive formalità, ma in quel momento sembrava fossero necessarie.

Fai distribuire doppia razione di cibo alla truppa, e anche una generosa dose di acquavite. Non troppa, non devono essere ubriachi, ma abbastanza perché gli uomini siano contenti.

Ma…


Mi lanciò uno sguardo di fuoco.
Mi irrigidii quasi sull’attenti, e risposi quello che voleva sentire, anche se non era quello che avrei voluto sentire io:

Sissignore!

Forse era per quello che non ero un gran che nemmeno come soldato.
_________________
Mistic
Aprii gli occhi a fatica.Il corpo era contratto come una corda di violino,ogni movimento che provavo a fare mi arrecava un dolore fitto.
Voltai la testa lentamente.
Lo vidi.
Era inginocchiato al mio fianco,con la faccia sulla mia mano.
La mia anima si sciolse lentamente a quella visione,credo fosse la prima volta che qualcuno vegliava su di me in quel modo.
Mossi l'indice facendolo battere contro la sua guancia.
Si alzò di scatto.
Aveva gli occhi arrossati,gli occhi di chi aveva pianto,gli occhi di chi ora stava lottando con le lacrime che volevano fuoriuscire.

"Ti pare l'ora di pregare?" dissi sarcastica.
"Non ti preoccupare!neanche all'inferno mi vogliono!devi sopportarmi ancora..." continuai cercando di non fargli notare che anche parlare mi recava dolore.

Portai la mano alla ferita e iniziai a comprimerla.
Volevo alzarmi.
Fu più veloce di me.Iniziò ad agitare il pugno.
Era buffo,ed io scoppiai a ridere.La risata,però,si smorzò in una serie di colpi di tosse.
La mano toccò la gola,al tatto si potevano ancora sentire i segni della corda impressi sulla mia pelle.
Il suo sguardo si colmò di preoccupazione.
Avrei voluto rassicurarlo,dicendo che stavo bene ma gli avrei mentito,l'unica cosa che riuscii a dire fu:

"Gregorius Vincentium Ridolfi...leva quell'espressione dal tuo viso...è un ordine!"
_________________

16 Ottobre 1460
Grevius
Tornare a sorridere dopo la paura è sempre un'impresa, degna della più cruenta battaglia.
Ma gli ordini sono ordini e come tali vanno rispettati, specie se pronunciati dal proprio Comandante, sia mai che possa essere definito un Brigante sregolato... alla mia reputazione ci tengo, ma soprattutto in quel momento, tenevo a non farle pesare quella non facile situazione.

Mi improvvisai cerusico, quando di cerusico e medicamenti, conoscevo solamente le regole basilari...
Chi si arrende è perduto, e per vivere bisogna conoscere molte cose.

Lavare, medicare, fasciare... lavare, medicare, fasciare...

Ritmo costante, cadenzato e curato... Il mio principale pensiero era quello di fare le cose fatte bene, per non aggravare le sue condizioni... non mi importava di trascurare me stesso, prima guariva, prima sarebbe tornato tutto alla normalità.

"Sei una testa dura..." le dissi mentre provava a mettersi seduta
"Ma a letto mi annoio!" rispose lei
"Ti saresti annoiata di più se fossi stata stesa tre piedi sotto terra... fidati"

incrociò le braccia sbuffando.
Mi lasciai sfuggire un sorriso, almeno non era moribonda e aveva ancora la forza di protestare... quanto l'adorai in quel momento.

"Domani proverò a camminare" disse voltando la faccia dall'altra parte in segno di non voler sentir ragioni.
"Tu provaci e io ti lego al letto, poi quando sarai guarita potrai anche sfidarmi in lizza... ma fino a quel momento farai quello che ti dirò io, compreso?"

alzò una spalla.... un suo orgoglioso consenso
Girò il viso nuovamente verso di me penetrandomi con lo sguardo.

"Vieni qua..."

mi avvicinai a lei, stravaccandomi sul letto e con una mano mi tastò i fianchi...

"Ma hai mangiato?"
"Ehmmm.... no perchè sono stato via tutta la mattiiiiina.... e poi son andato in giiiiiro... son passato nel boooosco........" serie di scuse campate in aria, per mascherarle il fatto che ero stato tutta la mattinata in cerca di erbe per la sua medicazione.
"... Mangia subito o mi alzo da qua..." la minaccia arrivò dritta dritta in testa e mi avviai alla dispensa, dove rimediai il pranzo...

quanta pazienza.

_________________
Silvestra
Ci trovammo in una battaglia aspra, tornavamo da una battaglia ancora più aspra dove noi eravamo i briganti ma gli altri erano dei veri malviventi, ladri patentati che amministrano la cosa pubblica come se si trattasse di una delle stanzette di casa propria.
Tornavamo a casa e ci trovavamo accolti da finti amici che ci attaccavano, avevamo bevuto fino a pochi giorni prima insieme in taverna, avevamo brindato e ci eravamo scambiati abbracci e baci che in albanese si chiamano puc.
A Lehze le proposte di matrimonio fioccano, non te ne puoi andare tranquilla per strada che incontri qualcuno che ti vuole sposare.
Ma il problema ora non era questo, il problema era che non sapevi in questa cavolo di battaglia chi fossero i nemici e chi gli amici finchè non ricevevi un colpo di spada.
Si chiamava Albi e mi ha inferto un colpo mortale , mi ha colpito alle spalle, vigliacco, cosicchè morendo potei affondare la mia spada nelle viscere di Arlind mentre la mia vista si stava già annebbiando. Ero già morta? Ero a terra ma ho ucciso questo Arlind, chissa se era tra quelli che mi avevano chiesto in sposa.
Mentre sentivo la vita che lasciava il mio corpo, abbracciata alla mia fedele Durlindana o Spada di Damocle, tutta la vita cominciò a passarmi davanti agli occhi come in un .....teatrino?
Vedevo Tagliacozzo, dove ero nata e dove avevo conosciuto i miei fratelli di oggi, poi i fratelli che partivano mentre io restavo indietro, afferravo Parzek e via in Croazia, poi Udine e di nuovo i fratelli che partivano ed io che restavo in Croazia.
Anche in un momento così solenne mi venne da pensare: ma perchè sti fratelli se ne andavano sempre senza di me?
Una voce dentro di me mi rispose: e perchè tu quante volte te ne sei andata perchè ti inc...acchiavi per qualcosa che ti veniva in mente?
E silenzio perfavore! In un momento così tragico le voci interiori potrebbero evitare di litigare tra di loro!!!
Ora vedevo Tabac sentivo la sua voce rassicurante, Giubius la sua mano nei momenti difficili ma anche nei momenti belli, sempre presente, la risata di Bembe.
Vedevo il primo assalto: il primo assalto non si scorda mai, ero poco più che una bimba e già assaltavo Avezzano.
La prima notte sul nodo con il compianto Nitens, nel buio tentai la mia prima rapina ma era Nitens stesso e le ho prese di santa ragione.
Tutto quello che so oggi l'ho imparato dai miei fratelli che hanno curato la mia istruzione sin dalle basi.
La notte in cui andai via da Udine dopo averla assaltata mentre le guardie mi facevano ciao ciao con la manina
"Ecco! Lo vedi che eri tu che te ne andavi?" la solita voce interiore che faceva capolino
"Vabbè ma non è che andavo via!!! Mi muovevo un poco per vedere come era il mondo, ma poi tornavo sempre perchè non c'era un altro mondo possibile" questa era la seconda voce interiore.
"Silenzioooo!!! Non fate sentire niente!!!"
"Ehi, prima voce interiore...ma che c'è pure il pubblico in sala??"
"shhhhhHHH....non lo so, ma tu sta zittaaaa..."
.
..........forse cominciavo a delirare adesso perchè mi vennero in mente i racconti di vecchie legende vichinghe, i cacciatori che uccidevano una grossa preda ne tagliavano le corna e le usavano come ornamento per i loro copricapi.
Più grossa era la preda, più grandi le corna e maggiore il valore del cacciatore, cornuto non era certo offensivo per loro , era un onore.
Se il padre di un giovane cacciatore aveva grandi corna il figlio si poteva fregiare del titolo di "Cornuto di padre", lo stesso valeva per le cacciatrici donne, la famose Valchirie, il figlio era "Cornuto di madre".
Nel caso in cui sia padre che madre erano ottimi cacciatori ed avevano lunghe corna i figli erano "Cornuti di razza", i cacciatori addetti alla sicurezza erano "Cornuti e sbirri".
Nel delirio che precede la morte vedevo un uomo dalle lunghe corna, sicuramente un vichingo, che salpava con la mia nave
"Che bugiardaaaaa, non era tutta tua! Avevi una caterva di finanziatori oltre a quel bell'ometto che ti portava per nodi a recuperare i fondi necessari!!" prima voce interiore
"Senza contare i derubati che hanno partecipato generosamente e la promessa che la nave sarebbe servita all'Ordine" seconda voce interiore.
Oh....per una volta le voci interiori erano d'accordo, cornute, forse avevano parentele vichinghe
La valorosa "Cettolaqualunque" partiva con l'insano progetto di solcare i mari alla ricerca dei confini del mondo salvo poi fermarsi all'imboccatura del porto per avverse condizioni climatiche.
Ad un tratto le immaggini recenti e passate cominciarono ad accavallarsi e girare vorticosamente, le voci interiori gridavano, poi di colpo tutto sparì

Cominciai a pensare che fosse arrivata la mia ora perchè vedevo tutto nero, al centro solo una scritta che non conoscevo ma che non mi diceva niente di buono
    THE END



Buio, freddo e silenzio mi avvolsero


L'altissimo mi avrebbe riportato in vita ma io ancora questo non lo sapevo
Sonomorto



La terra, quel che i vivi chiamano terra, considerandola un approdo per loro e pretendendo di imporcela come dimora, ha un colore più scuro, adesso, a Zenica.
Molti di noi messi là sotto ci restano, non perché uscire non potrebbero. Potrebbero, e come. E spesso lo desiderano. Ma talmente forte e radicata è l'inclinazione dei morti a non disturbare i vivi, che spesso prevale su tutto il resto. E ci si risolve a dedicarsi a concimare la parte di terra che i vivi ci hanno assegnato, piuttosto che andare a seminare i propri pezzi in giro, come per nostra natura saremmo portati a fare.
La terra.
Seduto sulla terra adesso io la terra la guardo ammirato. E la respiro.
Fosse stata così scura, calda e accogliente, la terra a me assegnata, ancora bagnata del sangue versato dai vivi, l'avrei mai lasciata?

Torno a vagare in giro senza meta.
Mi perdo nella quiete vigile del paese che ancora deve riabituarsi a questa calma. E forse fa bene.
Per quanto siano come noi inclini ad abituarsi a tutto, i vivi hanno bisogno di tempo per abituarsi alle cose. E non sempre gli viene concesso.

Mi siedo spesso dietro le porte delle taverne e fingo di addormentarmici.
Mi lascio cullare dalle voci che arrivano da dentro, le voci dei pochi vivi che hanno già trovato il coraggio di riprendere a frequentare le taverne.
E provo a ricordare com'era dormire, da vivo.

Stasera, dietro la porta di questa taverna, indugio, invece.
Poi entro.
Le sue palpebre hanno smesso di dire no alla luce, il mare gelato dei suoi occhi ha ripreso a ingoiarla.
"Dov'eri finito?"
"In giro."
Le sorrido, sottopensiero.
Tra poco mi chiederà com'è che ci è finita, là dove si è risvegliata. E dovrò inventarmi qualcosa.
È quasi guarita. Ancora qualche giorno e potrà correre ad accarezzare la morte da qualche altra parte.
È quello che finisce sempre col fare.
Non le sono così spesso attorno per caso.

Come ogni volta non riesco a capire se sono le sue labbra troppo fredde o se sono le mie a credersi vive.
Non che sia importante.
Si muore bene anche senza saperlo.

Morphea

La morte, la mia morte, imboccherà la notte e si confonderà con la vita.
La vita, la sua vita, imboccherà la notte e travolgerà la morte.







Un soffio di luce ha spazzato via le ombre.
Era calda, fastidiosa.... accecante, più del dolore di queste ferite ricucite con cura.
Ho indugiato sulle gambe che ancora trascino a fatica.
Avrei giurato fosse qui.
Sento ancora il suo odore qui intorno, eppure non c'è.
Sono uscita da quel posto che neppure ricordo quale fosse.
Ho vagato per tre giorni.
Mi sembra di sentire ancora l'olezzo del sangue, e non so capire se è il mio o quello di altri.

Calpesto la terra fino al campo a fatica, torno qui e lì tutti i giorni, da tre maledettissimi giorni.
Non c'è nessuno... nè qui, nè lì.
Non so neppure io cosa mi aspettassi.
Continuo ad interrogarmi.
Ho battuto una mano contro la tempia per smettere.

Sono tornata alla bettola nei pressi del campo.
C'era ancora del vino nelle botti, ancora qualche cosa nella dispensa.
La coperta è lì dove l'ho lasciata.
Ho trovato l'uomo che guarda seduto in un angolo.
Lui c'è sempre.
Cosa cerca?
La sua disperazione è seduta su quella sedia, con lui.
Non devo guardarlo.
Non devo osservarlo.
Bastano le domande a me stessa, non me ne servono altre. Sono troppe anche così.
Sembra congelato su quella sedia, nella sua sorridente disperazione...
Non voglio che mi sorrida, nè che faccia alcun cenno.
Non deve guardarmi.
Non deve osservarmi.
E' sempre lì.


La porta si apre in un cigolio sinistro.
Alzo la testa. Osservo mentre s'avvicina.
L'estraneità mi spaventa.

" Non si fissano le persone" è come se qualcuno mi riprendesse ogni volta anche per come respiro, ed è lì, nella mia testa. C'è sempre qualcuno a dirmi cosa fare, molto di più di quanto non faccia io quando devo.

Gli domando dove fosse finito, non mi pare abbia rispose convincenti.
E' pallido come il quarto di luna che c'è fuori stanotte.
Dice che è sempre stato così.
Si sbaglia. "Perchè mente?" Lui è l'unico che non mi mente mai.

"Dov'eri finito?"
"In giro."


Gliel'ho chiesto per tre volte, come i giorni in cui ho vagato.

" Lo so che c'eri tu."
" Di cosa parli?"
" Lo so che c'eri tu quando tutto era così freddo intorno"
" E come lo sai?"
" Ti ho rimesso apposto talmente tante volte quella mano che sarebbe impossibile non riconoscerla."
" Non potresti saperlo."
" Le mie ferite sono state ricucite con troppa cura, non potrebbe averlo fatto nessun altro se non tu."


Mi sfiora le labbra e le sue sono così calde.
Lui dice che sono le mie ad essere fredde.
Non che sia importante.
Si vive bene tra la vita e la morte anche senza saperlo.



Alice92
...era una notte buia e piovosa quando,aprendo gli occhi, vidi d'avanti a me un uomo con il suo maestoso cavallo bianco...non riuscivo a parlare molto ,forse perchè avevo dormito per così tanto...
costui mi s'avvicinò:"oh ma allora sei viva!!!!! sapevo che avevo fatto bene a portarti via con me, ma ora riposati che domani dovremmo ripartire!!!!"
non capivo dov'ero,sapevo solo che avevo fato un brutto sogno in cui c'era una guerra...ero disperata,impaurita e ferita...ma forse non era un sogno è stato ciò che ho vissuto.
La mia testa esplodeva ero molto confusa,ma prima di chiudere gli occhi i miei pensieri andarono verso la mia famiglia...

"oh papino mio adorato mi manchi tantissimo ti vorrei riabbracciare se solo fossi lì con te...
fratellone mio chissà come stai se sei ferito...
e zietti miei quanto tempo è che non vi vedo"
...ma soprattutto il mio pensiero andò verso mia madre, che mi mancava molto , "sarai disperata per la mia perdita ,ma io non vi ho mollato"...



poi guardando il cielo mi scese una lacrima e speravo che i miei amati cari sentissero il mio affetto e il mio amore verso loro e che soprattutto anche se lontana con il mio cuore ero vicina a loro...
_________________
QUANDO UN UOMO E' VICINO ALLA SUA FINE VUOLE CREDERE CHE LA SUA VITA ABBIA AVUTO UN SENSO!! "
Legio








Lezhe.......sull'orlo del burrone....













Un passo a destra ...uno a sinistra.....
uno ancora a destra.....uno a sinistra............lentamente.....




Gli errori strategici sono il minimo.
Le cazzate sono il male maggiore.









Ludmilla e Ivanka lo guardavano tristi.
Aveva gettato i cuscini all'aria. Aveva preso a calci gli stipetti e strappato e buttato a terra i tendaggi , sputato sulle carte e pisciato abbondantemente sulle corazze, sulle armi e sui viveri tutti.....

A un certo punto si era affacciato alla finestra e in un accesso d'ira alcoolica aveva cominciato a orinare da balcone su tutto quello che stava di sotto....


" GuaaRDIAAAaaaaa.....TIE'......"
aveva cominciato ad urlare che lo sentivano fino in mare aperto.





Nel delirio incontenibile delle onde del suo scontento che andavano schiantandosi contro i frangiflutti dei suoi affetti, torvo e sublimamente orrendo alternava imprecando frasi sconnesse al prendere a calci
le cose che gli andavano a tiro.
Fece a pezzi le carte e le missive fino all'ultimo scaffale.


" Vaffanc........al piano per la riconquistaaaaa.........e queste...
le liste delle elezioni?.......spuuuuuuuuuu..........."




".............A te... A mammeta.... e soreta........"




" Ando' stanno le tratative col R2s ?.....E QUELLE CO DEMOSTENE?......
.............Spuuuuuuuuuuuuuuu............."





Le stelle lo stavano a guardare oramai abituate alla stagione del suo disprezzo , come facevano ormai da parecchio,
mute, dalle campagne dell'abruzzo ai terremoti di edirne,
dall'unzione di udine a i sfaceli migranti di graz,
come un unica spirale inarrestabile che precipitava verso le 18.00 di quel pomeriggio.

I pappagalli colorati erano ammutoliti, le serve nei ballatoi stavano ferme con le scope in mano e i comignoli sembravano agitare i loro fumi molto piu lenatmente e discretamente degli altri giorni......






"E vattenaff...anche te............chi sei un astrolabio?......spuuuuuuuu!"




" Tie' questo è un attrezzo dei fiorentini......attenaff anche a sto affare qui'.."




Schiantato quasi tutto dentro la stanza Legio si fermo' ansimante,
si guardo' attorno, Ludmilla e quell'altra erano sparite.
Sentiva Giub che dava ordini in cortile alla truppa .


Era tutto a posto si disse.


Inevitabilmente...



Allora prese la sua vinaccia e si sdraio' sul pagliericcio,
stavolta solo,

e diede adito e possibilita' ai mostri che lo governavano
di dargli momentanea et subitanea quiete.


























_________________
See the RP information <<   <   1, 2, 3, ..., 6, 7, 8, ..., 10, 11, 12   >   >>
Copyright © JDWorks, Corbeaunoir & Elissa Ka | Update notes | Support us | 2008 - 2024
Special thanks to our amazing translators : Dunpeal (EN, PT), Eriti (IT), Azureus (FI)