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Era mio padre

Jolene
Di gente in gente, di mare in mare hai viaggiato, dato e compiuto gesta indimenticabili.
Son qui e non mi capacito, parlo invano con le tue ceneri mute,
poiché la sorte ha rapito te, proprio te,
precocemente ed ingiustamente strappato ai nostri affetti.
Ti saluto per sempre, grande ed unico Tergesteo.
Ave atque vale.
The_prince
Guastalla ....

Il "pappafico ammainato" quella sera odorava di pane appena sfornato e allo stesso tempo di legno umido. La pioggia fuori scrosciava incessantemente dalla mattina come una sentenza irremovibile.
Il cavaliere Edoardo era solo in quel momento, seduto in un tavolino lievemente celato dalla penombra che si era creata dopo che l'oste aveva serrato tutte le fenditure.

Aveva dato mandato il giorno precedente al suo scudiero, il fido Gunther, di acquistare presso la parrocchia S.Giulia liberata delle copie dei libri delle virtù, ed aiutandosi con le sue scarse conoscenze di greco e latino era assorto nelle letture dei libri sacri.
Dopo la crociata aveva trovato un nuovo legame con l'altissimo ed i suoi profeti, legame su cui non avrebbe mai scommesso.

Come il toro nell'arena irruppe Gunther dalla porta, fradicio come un pesce di fiume e con lo sguardo cercava Edoardo.
Il conte fece un ultimo sorso della pinta di birra sul tavolo, gustando a pieno anche la schiuma dai riflessi dorati. Alzò il braccio con movenze da ubriacone sfinito, e come Gunther lo riconobbe mise mano alla borsa da corriere estraendo una pergamena che piantò vigorosamente sul tavolo.
Edoardo allungò lo sguardo, riconoscendo inconfondibile il sigillo della Brigata.
Ebbe cura di accertarsi che nessuno potesse guardarlo, e prese a leggerla.

Rimase incredulo, e gli rinvenne una ballata che il Folle usava ripetere a volte, quando la notte diventava tenebrosa e la luna lattiginosa.



"Negli occhi d’un ribelle non c’è solo la fiamma
Che la collera vi accende tra uno sdegno e una condanna.
Vi s’affaccia, talvolta, come il sole tra i nembi
Un veloce passaggio di fantasmi ridenti
Come i giochi di ragazzi che chiassavano le corti
Nei più limpidi vespri che memoria ricordi."


Rimase incredulo come quanta vita di Tergesteo ci fosse in poche righe. Sul suo volto si disegnò un sorriso sinistro.

"Signore.... ridete? perchè ridete?"
"Devo andare in chiesa Gunther... devo trovare un vecchio amico"

"Amico", pensò Edoardo, "posso chiamare amico una persona per cui ho passato più tempo a sperare di poterlo trapassare da parte a parte fino a sentire gli occhi scoppiargli tra le orbite? quale epiteto allora? compagno? No, il Folle... sarà solo il Folle... Tergesteo il Folle..."
Indossò la cappa avendo cura di coprirsi nel colletto, e si tuffò nella pioggia alla ricerca della chiesa vicina, come un'anima dannata danzante tra le fiamme dell'inferno.
Ippolita
Modena: febbraio 1459

Mi trovo a vagare per la piazza con questa lettera in mano

Il destino ha voluto che mi raggiungesse proprio in questo luogo

l'inizio di tutto...o forse la fine...

confusione, dolore non so cosa mi stia devastando di più.

non riesco a pensare ad altro.

Non mi interessa essere vista, non mi interessa che la giustizia faccia il suo corso e che si decida di punirmi, ho bisogno di rivedere questi luoghi, ho bisogno di ricordare.

Vedo la piazza, vedo il castello, la prigione.

Mi siedo e ricordo.

E' come se li vedessi e in fondo sono qui.
Danith non si è mai allontanata dal mio fianco ed ora tergesteo le è vicino.

I ricordi sono così pesanti da portare, eppure non si devono mai lasciare andare.

Non voglio! Voglio ricordare.
il folle.... lui e il suo dito e la luna, lui e la sua cicatrice, lui e la sua follia che da quel giorno in questa piazza era diventata più reale dello stesso suo corpo.

Pensavo di non riuscire più a piangere, pensavo che dopo di lei nulla mi avrebbe ferito tanto da rigare il mio volto con le lacrime.
Eppure le sento scendere.

Voglio ricordare ancora, non posso lasciarlo andare così.
Ancora un po'...

Il ricordo va a quel ragazzo che si aggirava nelle taverne di fornovo, prima che tutto avvenisse.

Chissà.... chissà se quella sera con danith non avessimo bevuto troppo e non avessimo messo in piedi il folle piano...

Maledetti porcelli..maledetta malsana idea... forse se quella parte della nostra storia non fosse esistita ora sareste ancora qui.

Ma cosa dico... guardo davanti a me e vedo il suo sorriso beffardo, quello di tanti anni fa.. prima di questa piazza.

Il folle è morto..non me ne capacito.

Riprendo la lettera e rileggo, faccio fatica ..la sera sta arrivando o sono solo le mie lacrime che offuscano gli occhi.

Tiwaz... mia piccola tiwaz,che compito ingrato dover scrivere questa lettera, che ultimo grande atto di amore ricopiare la lettera di tuo padre.
un'atto d'amore verso di lui e verso di noi.

Fa freddo. E' buio.

non posso tornare alla mia tenda, non voglio lasciare questo luogo.

Rimango seduta, è qui che devo ricordare e qui che devo piangere.

Vedo la collina, un'altra collina,
il tumulo di pietre, la spada.
Un'altra spada... altre pietre

Sono certa che qualcuno porterà le sue spoglie in quel luogo

Un luogo per piangere e per ricordare, un luogo per vedervi finalmente riuniti

danith e terges... terges e danith...

Dovrei dirvi addio...è il momento giusto, ora siete insieme, ma non posso, non ce la faccio.

il pensiero corre di nuovo verso tiwaz, immagino il dolore lancinante in quella piccola ragazza forte.
Perchè non ti ho protetto? perchè non ho impedito che te ne andassi, ora saresti con me e potrei accarezzarti la fronte come facevo quando eri bambina. Potrei abbracciarti e potremmo piangere insieme quel grande uomo che era tuo padre.

Ricordo quando venne a prenderti, mia piccolina, e ricordo quando dicesti tutta orgogliosa che partivi con lui.
Eri così fiera e ancora non sapevi...

Per la prima volta quel giorno capii.... avevi il suo sguardo e avevi la luce di quello di tua madre che illuminava il tuo volto.
Avrei voluto dirti no... è folle... ti farà soffrire, avrei voluto proteggerti dalla sua follia.
Ma tu eri libera come l'aquila che quel giorno volava sopra la collina, e io non potevo impedirti di conoscere la grandezza dell'uomo che, ora ne ho la certezza, era tuo padre.

E' l'alba.
Ho finito le lacrime... mi rimane solo una grande ferita, l'ennesima nel cuore.

Guardo ancora la piazza, guardo il portone del miracolo, maledico quel dio che non ha voluto che cadesse. Ora lo so... sarebbe stato l'ultimo regalo per il folle... ma neanche questo mi è stato concesso.

Mi alzo... c'è ancora la luna.. una luna pallida nel chiarore del mattino
alzo il braccio e indico la luna.

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Tiwaz
Venezia. Giorno quarto ... dentro una stanza.


Prima di rinchiudermi ho provveduto a inviare le mie lettere, adesso più nulla mi obbliga ad accettare che il tempo continui a trascorrere.

Sono arrivata al porto, non c’erano molte navi, ma ho avuto fortuna ed ho trovato quelle che andavano verso Genova e Milano.


Ancora bugie.

Ho dovuto parlare con marinai puzzolenti e sgarbati con il più falso dei miei sorrisi.
“Mi sposo, vi prego buon uomo, ho bisogno che la mia famiglia sia avvisata, è urgente, attendo un figlio”. Nessuno guarda con cupidigia una donna gravida che sta per sposarsi, invece chissà perché una ragazza che ha appena perso il padre ispira consolazione anche nel più depravato degli uomini. Non voglio la pietà per la morte, che provino pietà per la vita se questo può indurli a consegnare le mie lettere quanto prima.


Ho espressamente vietato a chiunque di entrare, anche alla luce. Le pesanti finestre impediscono al giorno di entrare. Voglio che sia notte, sempre, come dentro di me.


All’inizio di questo mio esilio giungevano alla mia porta deboli segnali di protesta, voci preoccupate che mi invitavano a uscire. Loro e i loro inutili dettagli … mangiare, bere, vivere … null’altro che dettagli.
Ho mandato via le voci nel modo che mi riesce più naturale: scrivendo loro. Una voce difficilmente crede a un’altra voce, ma se le scrivi, quelle stesse parole che avresti pronunziato invano, assumono un carattere di sacralità.


Ho vergato su una pergamena poche righe, non una preghiera, non un grido d’aiuto, non delle richieste ma delle negazioni, per ribadire il mio diritto a restare da sola.



Non voglio uscire.
Non voglio parlare con nessuno.
Non voglio essere disturbata.


Ho fatto passare il foglio stropicciato sotto la porta, da allora le voci sono cessate e ho smesso di dovermi preoccupare anche dell’esistenza di un mondo esterno a questa stanza.

Passo interminabili minuti seduta allo scrittoio, disegno al buio, scrivo al buio.

Non è un mio problema il contenuto.

Conosco ogni singolo oggetto in questa stanza, le sue dimensioni, il suo posto, le sue distanze. Certe volte mi chiedo se i miei occhi restano aperti o se ho già imparato a farne a meno.

Ho una brocca d’acqua con me, quando avrò bevuto l’ultima goccia probabilmente uscirò per vedere se davvero esiste ancora un mondo in cui mio padre non c’è più.




E' venuto a trovarmi.

Ecco, pessimo modo di introdurre il racconto di quello che mi è successo.

Mettiamola così, crederei di essere sul punto di impazzire, e lo desidererei pure, ma la follia non si eredita come un podere o una somma di denaro e quello che ho visto era troppo reale per appartenere alla sfera dell’insania mentale o del sogno.

Mi ero appena svegliata, ed ero in quello stato di dormiveglia in cui ancora non si è coscienti se si è del tutto svegli o se si stanno esaurendo gli echi del sogno.

Sapevo di essere desta dunque, ma volevo continuare a dormire, non tanto per riprendere il sogno, quanto perché non mi ritenevo ancora sazia di sonno. E così ho richiuso gli occhi, seppure avessi forte la sensazione di non essere sola.

Attribuivo al sonno e al sogno appena interrotto la sensazione, ma continuavo ad avvertire un peso sul letto, e quel peso si andava intromettendo sul proseguo della mia dormita perché da forza inanimata che era inizialmente, si trasformava in mani prepotenti e mi scuoteva con decisione.

Ho riaperto gli occhi.

Ovviamente non c’era nessuno ed ero vigile e attenta. Mi sollevai e mi misi seduta. Fu allora che notai del fumo addensarsi davanti a me.

Fu un attimo. Lo guardavo ed era come se ricambiasse lo sguardo.

All'improvviso quella massa inconsistente si mosse verso di me, e prima ancora che potessi capire iniziò a mancarmi il respiro.

La sentivo in faccia, ma non potevo cacciarla, mi parlava nella testa e l’unica risposta che mi sentii dare fu un affannoso “va bbb… ene”.

Fu allora che la presenza svanì.

Quale promessa mi avrà rubato?

Nel buio cerco le risposte anche a questo.

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E' SOLO UN GIOCO!
Junglesymo
Mirandola, Ducato di Modena notte del XXVII giorno del II mese anno MCDLIX.

Le era giunta la notizia al campo seduta su una roccia accanto al frutteto farfugliava parole...
La nostra lontananza, da così tanto tempo, ha fatto si che tutto ciò resti come confuso, offuscato...penserò sempre che lui sia in viaggio, a far scorribande, a cercare di ubriacarsi in qualche taverna, che stia arrampicandosi su qualche scala sotto qualche torre merlata...


Alzando gli occhi al cielo vide la luna ...quella l'abbiamo avuta ogni notte amico mio in comune...e penserò sempre di poterla condividere con te

TERGESTEO salutami la tua follia

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http://img188.imageshack.us/img188/9172/veline.jpg
Tiwaz
Modena, quando marzo principia.


La marea sale. Acque rosse crescono. Come isole noi scompariamo
uno a uno, avvolti dalle tenebre. Dobbiamo avere il coraggio di evolvere,
diventare più forti. Capire che le perdite saranno giustificate,
l’equilibrio raggiunto. Solo combattendo per ciò in cui crediamo possiamo
essere veramente liberi.


Il giogo è tolto, la vita incombe, ho un padre a cui dire addio e uno scopo da cercare per non vanificare i suoi insegnamenti.

Padova, poi Verona, poi Modena. Portandomi dietro una bambina, sorda e muta, salvata da un branco di suore inferocite.

Le città passano veloci, e con loro il ricordo degli incontri fugaci. Ma l'uomo che incontro a Mantua non è uno dei tanti, lo conosco da tempo, anche se ho sempre fatto fatica a parlargli. Ricordo i nostri silenzi pesanti, i suoi occhi glaciali e indagatori, molto diversi da quelli che incrocio a Mantua. Il fatto che lo incrocio uscendo da un lupanare, come egli stesso mi ha confessato candidamente, magari condiziona quel sorriso, ma il Visconte di Scandiano manifesta un interesse sincero per me e per le mie disavventure, offrendosi persino di accompagnarmi.

Decido di scrivere una lettera a Lilih, che ho incontrato a Genova quando già ero consapevole che fosse mia sorella. Magari nonno già l'ha avvisata, ma questa lettera è più per me che per lei.




Mia cara Lilih,

spero che questa mia lettera ti colga in un momento lieve, perché il peso che reca non venga a gravare ancor di più sulla tua vita. Nostro padre, Tergesteo, ha avuto un incidente in Albania ... purtroppo gli è stato fatale. Ho scritto al nonno perché fosse lui a dare la notizia a te e agli altri parenti, ma oggi sono a Modena, e guardo quei luoghi in cui lui è stato più felice e disperato, luoghi in cui sono cresciuta inconsapevole di quello che vi era successo, e non posso sopportare da sola tutto questo, sento il bisogno di una sorella come mai prima mi è avvenuto.
Con affetto, Tiw

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E' SOLO UN GIOCO!
Leenie
Era buio.


Era buio ma io sentivo un respiro.


Poi i rumori di un acciarino, e la debole fiamma di una candela illuminò una taverna vecchia e polverosa. Sembrava riunire in sé tutti gli elementi di tutte le taverne che avevo visitato negli ultimi mesi o anni. Le sedie erano tutte spaiate e anche le finestre erano una diversa dall’altra. Tutto era coperto da uno spesso strato di polvere e anche le imposte erano accostate.

Ma chi teneva in mano quella candela?

Indietreggiai… e le mie gambe vacillarono.

Faccio così paura?

Non puoi essere tu!

Perché no?

Perché i morti non respirano.

Perdere le abitudini del mondo dei vivi è difficile.
– Tergesteo sospirò e si sedette, facendomi segno di fare altrettanto.

Lo feci, troppo frastornata per cogliere appieno l’assurdità della situazione.

Dove siamo?

Una scintilla divertita danzava negli occhi di Tergesteo, o forse era la fiamma ondeggiante della candela.

Non è il dove che è importante, Liriel. E’ il perché.

Allora perché? Sono morta anche io? Oppure la tua morte non era reale, ed era solo un mio brutto sogno?


Qual era il sogno e qual era la veglia? Distinguere pareva così difficile…

Dormire, sognare, morire… spiegami bene la differenza.

Ecco, io…

Liriel, dovresti smetterla di affliggerti per cose per cui non hai colpa. Il mio tempo era venuto, ecco tutto. Piuttosto, che cazz… ehm, che monolite di Memnone ci facciamo ancora in Albania? Questo volevo chiederti.

Legio…

Ma che Legio e Legio! Eppure ero sicurissimo di aver fatto una richiesta chiara e semplice, prima di morire… ehm, lo era vero? Chiara, intendo dire.


Annuii.

Allora?

Ti sei messo a fare i miracoli e Legio ha deciso di proclamarti santo! Non dare tutta la colpa a me, se prendi certe iniziative.


Lo spettro, o il fantasma, o quello che era, rimase un attimo in silenzio.

Ecco perché mi sento così stanco. Però, benedetta ragazza, io voglio tornare a casa mia, almeno da morto…




Il vento fischiava facendo sbattere il lembo della tenda. Al mio fianco, il respiro tranquillo di mio marito. Un sogno! O un incubo, non ne ero sicura.
Sul substrato del senso di colpa per non essere riuscita ad impedire la morte di Tergesteo, si innestava ora anche la mia incapacità di riportarlo a casa. E Tiwi? Di sicuro era preoccupata…
Mi buttai uno scialle sulle spalle e mi avviai fuori. Quella notte non sarei più riuscita a chiudere occhio, ed era meglio che parlassi con una certa persona.
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Leenie
***Where are Elmer, Herman, Bert, Tom and Charley,
The weak of will, the strong of arm, the clown, the boozer, the fighter?
All, all are sleeping on the hill.

One passed in a fewer,
One was burned in a mine,
One died in a jail,
One fell from a bridge toiling for children and wife -
All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill.

Where are Ella, Kate, Mag, Lizzie and Edith,
The tender heart, the simple soul, the loud, the proud, the happy one?
All, all are sleeping on the hill.
One died in shameful child-birth,
One of a thwarted love,
One at the hands of a brute in a brothel,
One of a broken pride, in the search for heart's desire,
One after life in a far-away London and Paris
Was brought to her little space by Ella and Kate and Mag -
All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill.

Where are Uncles Isaac and Aunt Emily,
And old Towny Kincaid and Sevigne Houghton,
And Major Walked who had talked
With venerable men of the revolution? -
All, all are sleeping on the hill.

They brought them dead sons from the war,
And daughters whom life had crushed,
And their children fatherless, crying -
All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill.

Where is Old Fiddler Jones
Who played with life all his ninety years,
Braving the sleet with bared breast,
Drinking rioting, thinking neither of wife nor kin,
Nor gold, nor love, nor heaven?
Lo! he babbles of the fish-frys of long ago,
Of the horse races of long ago at Clary's Grove,
Of what Abe Lincoln said
One time at Springfield.




La collina di Fornovo. L’avevo vista, tanto tempo addietro, in quella che sembrava ormai un’altra vita.
Ricordavo Tergesteo che tornava a casa con un sorriso, accolto con calore dai suoi concittadini.
Ricordavo i suoi silenzi e la sera che lo avevo visto andare fuori e recarsi su quella collina. “Portatemi da Lei”, aveva scritto. Avevo solo una vaga idea di chi fosse Lei…

Su quella collina c’era un monumento, o forse una tomba.
Una spada e un cerchio di pietre.

Il mio fallimento mi bruciava amaro in gola, come il fiele. La missiva che ora dovevo necessariamente scrivere era forse ancora più difficile della precedente.




Mia piccola Tiwi,
lo so che non sei più piccola, ma lascia che ti chiami così, solo per questa volta.
Mi dispiace, mi dispiace così tanto. Ho fallito. Io e tuo padre siamo ancora in Albania.
C’è un assedio in corso e un blocco navale, e sono probabilmente nelle liste nere dell’esercito veneziano. Per di più Illimino è malato, molto malato, non posso lasciarlo proprio ora. Gli hanno affondato la nave, quei bastardi dei veneziani, e lui è quasi morto nel naufragio, lo hanno ripescato per un soffio ma ora sta molto male. La mia Ragnarok…
Tutto questo solo per spiegarti, non ho vere giustificazioni per questo mio fallimento.
Ora permettimi di darti un consiglio, da sorella maggiore. Ti ho mai raccontato della morte di mio padre? Forse un giorno lo farò.
Spero che ora tu sia a Fornovo e che questa mia missiva ti raggiunga lì. Quando vi giungerai vai fuori dalle mura, su quella collina, per lui era un luogo importante. Vai a casa sua, fruga nei suoi cassetti, vai nella fucina e prendi in mano i suoi attrezzi impolverati. C’è più di lui in quel luogo, tra quelle cose, che non nelle sue spoglie mortali, la sua vera essenza è lì, è tutto quello che ti resta.
L’ho sognato, lo sai? Anche lui era contrariato per la mia incapacità di esaudire la sua richiesta.
Spero che un giorno saprai perdonarmi la mia mancanza.
Con profondo rammarico, tua

Liriel




***Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Uno trapassò in una febbre,
uno fu arso in miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,
la tenera, la semplice, la vociona, l'orgogliosa, la felicie?
Tutte, tutte, dormono sulla collina.

Una morì di un parto illecito,
una di amore contrastato,
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag -
tutt, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,
e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
uomini venerabili della Rivoluzione?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,
e figlie infrante dalla vita,
e i loro bimbi orfani, piangenti -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dov'è quel vecchio suonatore Jones
che giocò con la vita per tutti i novant'anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all'amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di ciò che Abe Lincoln
disse una volta a Springfield.

_________________
Tiwaz
Fornovo, finalmente.

Non è facile affrontare i ricordi, ma ogni luogo diventa ricordo nella memoria e ogni memoria diventa luogo. I campi, il frutteto, le botteghe, il mercato ... tutto le parla di lui, di quel padre che era un amico e un complice e che ora mi manca dannatamente.

Prima di me a Fornovo è giunta Liriel, ma non in carne e ossa, non con mio padre.




Mia piccola Tiwi,
lo so che non sei più piccola, ma lascia che ti chiami così, solo per questa volta.
Mi dispiace, mi dispiace così tanto. Ho fallito. Io e tuo padre siamo ancora in Albania.
C’è un assedio in corso e un blocco navale, e sono probabilmente nelle liste nere dell’esercito veneziano. Per di più Illimino è malato, molto malato, non posso lasciarlo proprio ora. Gli hanno affondato la nave, quei bastardi dei veneziani, e lui è quasi morto nel naufragio, lo hanno ripescato per un soffio ma ora sta molto male. La mia Ragnarok…
Tutto questo solo per spiegarti, non ho vere giustificazioni per questo mio fallimento.
Ora permettimi di darti un consiglio, da sorella maggiore. Ti ho mai raccontato della morte di mio padre? Forse un giorno lo farò.
Spero che ora tu sia a Fornovo e che questa mia missiva ti raggiunga lì. Quando vi giungerai vai fuori dalle mura, su quella collina, per lui era un luogo importante. Vai a casa sua, fruga nei suoi cassetti, vai nella fucina e prendi in mano i suoi attrezzi impolverati. C’è più di lui in quel luogo, tra quelle cose, che non nelle sue spoglie mortali, la sua vera essenza è lì, è tutto quello che ti resta.
L’ho sognato, lo sai? Anche lui era contrariato per la mia incapacità di esaudire la sua richiesta.
Spero che un giorno saprai perdonarmi la mia mancanza.
Con profondo rammarico, tua

Liriel



Perché la collina è così importante?
Un mucchio di pietre con una spada conficcata, possibile che questi quattro sassi fossero davvero tanto importanti per lui? Mi gira la testa quassù, eppure non è tanto alto.

Non voglio sapere, non voglio sapere, non voglio sapere.


Volevi che io venissi qui, sulla collina, e da qui ti scrivo.



Liriel, amica mia,
lo so che ci hai provato, e conoscendoti provarci non è che un eufemismo, ma se non ci sei riuscita non fartene una colpa. E' forse colpa tua se un intero popolo chiude gli occhi di fronte alla ragione? Se gode l'effimero piacere di rubare le vite altrui? Se gioca a inimicarsi chi non li considera neppure degni di essere guardati, per poi poter piangere miseria al momento più opportuno? No Liriel, non è davvero colpa tua.
Ho bisogno di vederlo, perdonami, ho bisogno di accarezzare un'ultima volta quel viso, prima che la natura si prenda quel che resta di lui. Confido nel gelido inverno albanese. Ti chiedo solo un favore amica mia: non seppellitelo, non lì, non è casa sua, io sono a casa sua adesso, nell'unico luogo che lui considerava casa.

Ti abbraccio, Tiw

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E' SOLO UN GIOCO!
Amsterdam707

Ai piedi della collina


Con un lancio di dadi ci giocammo vita e destino: e divenimmo compagni.

Con testardaggine e follia vivemmo sulle nostre strade, e divenimmo amici.

Vita, destino, testardaggine e follia provarono a renderci estranei: e chiamarono la Morte.

Ma la Storia non ci limitiamo a ricopiarla sui libri: la Storia la facciamo noi.

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Leenie
Scrivere distesi è meno facile di quanto sembri, mi limitai perciò ad un breve biglietto.




Fuori Lezhe, un vecchio fienile riadattato ad ospedale da campo
Addì 26 marzo anno domini 1459

Cara Tiwi,
perdonami per la brevità della lettera, ma sono ferita e scrivere così è scomodo oltre che fastidioso. Non preoccuparti, non è nulla di grave, sono già stufa di stare a letto.
Qui la guerra infuria e la situazione è tutt’altro che rosea, pensaci bene, non essere testarda come al solito. Ti prometto che non seppelliremo Tergesteo senza di te, ma preferirei portartelo io piuttosto che saperti qui. Spero che tutto questo pasticcio si risolva presto.
Con affetto

Liriel



Avevo appena finito la lettera, che la spalla diede una Kaffekvarn. Imprecai e vi premetti sopra la mano, ma quando tesi davanti a me il foglio per rileggere, mi accorsi di aver lasciato sulla pergamena una lieve impronta del mio pollice, in un antipatico colore rosso brunito.
Non avevo altri fogli con me, e se ne avessi voluto un altro avrei dovuto scomodare qualcuno che già aveva abbastanza da fare a badare ai feriti, per cui rinunciai.

Spero che Tiw non si spaventi troppo…
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Tiwaz
La mente a volte fa strani scherzi, la mia li fa spesso. Ed è per questo che da quando ho aperto la lettera di Liriel non riesco a concentrarmi sul suo contenuto. C'è una macchia, ed è chiaramente sangue, solo quello conta.



... perdonami per la brevità della lettera, ma sono ferita ...


Sangue. Ferita.



Non preoccuparti, non è nulla di grave ...


Sangue. Ferita. Rassicurazione.



Qui la guerra infuria e la situazione è tutt’altro che rosea ...


Sangue. Ferita. Rassicurazione. Guerra.



Ti prometto che non seppelliremo Tergesteo senza di te, ma preferirei portartelo io piuttosto che saperti qui.


Sangue. Ferita. Rassicurazione. Guerra. Promessa.

Sono preoccupata per Liriel perché mi ha detto di non preoccuparmi. Di certo però è suo il sangue sulla lettera.

Quante morti dovrà portarmi una lettera? Quanti cadaveri nascondono le parole?


Deliro ... basta, devo tornare in me ... Liriel è viva, la grafia è regolare ed elegante, come sempre, le parole mai a sproposito, ed è lucida. Guarirà di certo. Ma devo andare, anche se le darò un dolore. Mio padre attende e la putrefazione è un processo inesorabile che non si cura di noi, e non si ferma neppure per permettere a una figlia di abbracciare un padre per l'ultima volta.
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E' SOLO UN GIOCO!
Tiwaz
La realtà è sempre più sopportabile del suo fantasma, anche se è peggiore.


Mi rifiuto di credere e mi rifiuto di capire.

Un pazzo! E' una parola che fa orrore. Ma chi sei, tu che leggi? A quale schiera pensi d'appartenere? A quella degli sciocchi, o a quella dei pazzi? Se ti fosse possibile scegliere, la tua vanità preferirebbe certo quest'ultima condizione.


Lui ha lasciato un segno in me, e non sono i miei capelli, neri come la notte, dello stesso colore dei suoi, o quel senso di inadeguatezza che ti porta a definirti folle per fuggire ogni altra ipocrita descrizione da parte di chi non può conoscerti. Un solco lungo come una cicatrice che non puoi fare a meno di guardare ogni giorno della tua vita.

Quando l’individuo rifiuta di agire, l’esistenza non può soccorrerlo.


Lui è di fronte a me, finalmente, incredibilmente intatto.

Një mrekulli. Un miracolo.

Quando l'ho trovato gli albanesi pregavano attorno a quel corpo che si rifiutava di imputridire e che odorava di rose.

All’inizio ho pensato a una trovata di Legio, anche perché con tutti i gioielli che gli ho trovato addosso pareva uno di quei santi portati in processione durante le feste religiose e sarebbe stato da Legio distrarre gli albanesi con un santo nuovo nuovo addobbato coi tesori rubati dai loro forzieri.

Ho dovuto restituire i gioielli agli albanesi prima di portarlo via con me, serviranno loro ad addobbare un altro santo per le feste.

La gente mi sfiorava, mi parlava, non capivo, qualcuno traduceva.


Ai e ka shëruar djalin tim. Ha guarito mio figlio.
Ai ka bërë të lopës sime pjellore. Ha reso fertile la mia vacca.
Ai gjeti një burri për të përbindësh motrës sime. Ha trovato un marito a quel mostro di mia sorella.

"Ti sei messo pure a fare miracoli padre?"

Gli parlo anche se lui è troppo morto per sentirmi.

"Fai qualcosa anche per me, torna ad essere vivo!"

Taccio. In questa stanza piena di silenzio per lui i miei pensieri cozzano l’uno contro l’altro evitando però di fare rumore.

Il viso non tradisce un eventuale inganno, gli occhi nascosti dietro palpebre serrate. Vorrei sollevarle e guardarli per cercare la vita che non ha.

Razionalmente mi dico che se un corpo che avrebbe dovuto ormai essere a pezzi ancora giace intatto è perché evidentemente qualcuno ha sbagliato la diagnosi. Quest’uomo che giace immobile non può essere defunto, perché i defunti perdono insieme all’anima anche il corpo, a poco a poco certamente, ma non così tanto poco.

E’ quasi più in forma di come lo ricordi!

Magari è malato e dorme, un sonno profondo dal quale potrebbe svegliarsi.

Ma se non si sveglia allora è come se fosse morto comunque, e poi magari lo fa quando io sono vecchia ed allora avrei vissuto già troppa vita senza un padre, e a quel punto la sua non morte sarebbe comunque stata una non vita.

Penso e guardo, cercando di capire.

Magari avrei dovuto credere in qualcosa di sovrannaturale per venirne a capo. Credere in una divinità, o in tante, credere che dopo la morte ci sia altro. Al momento l’unica certezza che ho è che prima della morte ci sia altro, il dopo non m’importerebbe se non fosse per questo padre che m’è toccato.

Per carità, un padre eccezionale, ma credevo che se la vita potesse essere diversificabile, la morte fosse uguale per tutti, eccetto che nelle modalità dell’attimo del trapasso.

Devo rivedere anche questo concetto.

Se solo riuscissi a incontrare Amsterdam magari lui potrebbe aiutarmi a capire. Occorre che io lo vada a trovare nella sua cabina a costo di interrompere i suoi preziosissimi studi.

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E' SOLO UN GIOCO!
Tiwaz
Quanta tristezza si nasconde dietro un sorriso? Spesso coloro che vediamo allegri e spensierati sono quelli che hanno sofferto di più. Sono triste, lo ammetto, eppure sorrido, non per celare la tristezza, ma perché la vita è quello che è, e non c'è tempo per smettere di sorridere.

Poi penso a Liriel, e al suo perenne volto incupito. Chi sorride piace a tutti, ma lei non se ne cura, anzi, a volte è più triste di quel che logicamente potresti aspettarti. Come se cercasse un motivo per esserlo, invece di cercare un motivo per essere felice. Però Liriel non è una persona veramente triste, direi che è diversamente felice.





Contea di Mignano,
maggio anno domini 1459

Cara Tiwi,
sembra che ultimamente tutte le mie lettere si concentrino su come sto, e sulla mia gratitudine per essere ancora viva. La cosa non mi piace affatto.

E anche stavolta l'ho scampata.
Sono ancora viva e in via di guarigione.
Spero di non averti spaventata troppo con l'ultima missiva, non ero molto lucida altrimenti di sicuro avrei evitato di causarti preoccupazioni prima di avere certezza del mio destino.

Ora mi trovo ospite a casa di Petrus, lui e il medico insistono sul fatto che non sono ancora in grado di viaggiare. Sciocchezze, a mio parere.
Memnone è tornato a casa trascinato dalla moglie, non mi pareva molto contento a riguardo...
Samiro gioca alla lotta in lizza, e io mi annoio.

Ma forse ha ragione Petrus, gira voce di una terribile pestilenza, potrebbe non essere il momento migliore per viaggiare. Qui per ora stiamo tutti bene.

Spero che mi porti notizie positive, stavolta, su zio Illimino, e sul fatto di aver trovato ancora qualcosa da seppellire dei resti di Terge. Legio cianciava di miracoli e di rose, ma non ho mai voluto controllare, ho semplicemente pensato fosse ubriaco.

Spero di poterti rivedere presto, mi manchi, Tiwi. Aggiornami sui tuoi spostamenti

Con affetto,

Liriel


La lettera di Liriel rischiava di andare perduta non una ma una dozzina di volte, innanzitutto in Albania, dove era giunta. Là un marinaio l'aveva avuta da una donna mentre stava completando le operazioni di partenza. Per di più l'aveva messa di lato per dedicarsi al suo lavoro e aveva dimenticato di averla. Fino al momento dello sbarco, quando me l'ha consegnata scusandosi. Mi ero attardata per assicurarmi che mio padre venisse fatto scendere con cautela, pochi minuti ancora e non avrebbe avuto a chi consegnarla.

E' un sollievo sapere che Liriel sia viva, dopo tanto tempo però sarà un problema risponderle, a quest'ora sarà in capo al mondo ...

Intanto devo pensare a mio padre ... finalmente l'ho riportato a casa, a Fornovo.

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E' SOLO UN GIOCO!
Leenie
Tergesteo, stiamo arrivando.

Tiwaz, stiamo arrivando.


Non so se per me è più importante dirlo all’uno o all’altra. Vorrei mandare una missiva, almeno una dei due è in grado di leggerla, ma so che non arriverebbe molto prima di me, e dunque soffoco l’impazienza e proseguo il cammino. E’ pieno di intoppi.
Io mi sono messa in viaggio non appena sono stata in grado, ma Memnone ha trascurato una vecchia ferita e dunque dobbiamo andare piano. Gliela medico ogni sera, lui è troppo imbranato per farlo da solo e dice che gli fa impressione guardarla, io lo prendo in giro e gli chiedo che razza di guerriero sia, per avere orrore del sangue e per come mugola quando gli cambio i bendaggi. Ora sta quasi bene. Anche io mi stanco più facilmente di quanto vorrei e stento a riconoscermi allo specchio, quel volto pallido e scavato non è il mio. Forse per quello ho sempre fame… per fortuna l’ottima cucina toscana aiuta.

Tiwi, non vedo l’ora di rivederti, devo raccontarti tante cose, mia sorellina per scelta e non per sangue. Ti ho sempre sentito come una sorellina da proteggere, anche se sai benissimo badare a te stessa.



Che rumore fanno le certezze quando crollano?

Non sono quello che credevo Tiwi, per l’ennesima volta mi sono lasciata alle spalle un nome, anche se continuerò ad essere Liriel per quasi tutti. Non l’ho ancora detto a nessuno, a te lo dirò, il mio nome.
E intanto mi interrogo sul tuo, mi è venuta questa strana fissa per i nomi. Chi ti ha dato un nome così insolito, Tiwi? Quel matto di Tergesteo? Sarebbe stato da lui, darti il nome della runa del guerriero. O te l’ha dato tua madre, ha fatto tempo a darti almeno il nome, Tiwaz? Di lei mi hai detto solo che non l’hai mai conosciuta, e io non oso chiedere, sento che è un argomento delicato.
Che c’entri qualcosa il cumolo di sassi sulla collina di Fornovo? Anche di quello non ho mai chiesto nulla. Forse quando sarò lì con te mi dirai qualcosa, io ti dirò il mio nome.

Fornovo, stiamo arrivando.
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