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Era mio padre

--Datergesteoagliapostoli
Seppellitemi accanto a Lei.
Il mio corpo mortale ma incorruttibile resterà a monito delle gente fin quando tornerò a camminare tra i vivi.
Verrà il giorno in cui i morti si alzeranno e saprete che il tempo è prossimo.

Fino a quel momento infesterò solo i vostri sogni e i vostri incubi.
Perchè io sono.
Leenie
Finalmente si trovava su quella collina.
Il mucchio di sassi con la spada conficcata pareva piu abbandonato che mai.
L'unico rumore d'intorno era il fruscio del vento nell'erba.

Sono sicura che è qui che vorrebbe stare… tu lo sai il perché?

La ragazza col vestito azzurro si volto di scatto a guardarla, ma non disse nulla e Liriel non insistette.

Ah, quasi mi dimenticavo…tieni, questa appartiene a te.

E tirò fuori dalla tasca una pergamena sgualcita. Tiwaz la prese, la lesse e chinò il capo. E Liriel vinse l'indicibile distanza di quei pochi passi e l'abbracciò, stretta. La gonna nera e quella azzurra ondeggiavano confondendosi nel vento, creando un piacevole contrasto col colore dorato del grano, pronto per essere mietuto, che risplendeva sullo sfondo nel tiepido sole di giugno.

Liriel non era mai parsa più precaria, aveva visto l'occhiata preoccupata di Tiwaz quando l'aveva vista bianca come il gesso e con i vestiti che le ballavano addosso, ancora, ma sentiva di essere lei a dover sostenere, in quel momento la ragazza più giovane.

Per scacciare il dolore bisogna riempire un vuoto, e lei tentò di riempire quel vuoto con le parole e la fiducia, confidando all'orfana ciò che non aveva detto quasi a nessuno.

Tiwi… anche io ho… perso mio padre, per la seconda volta per giunta. L'uomo che credevo mio padre era solo il mio patrigno, e mia madre non mi ha mai detto nulla. L'ho scoperto per caso in Terra del Lavoro, hanno trovato una lettera che mio padre ha scritto a mia madre prima di morire.
Tieniti stretti i tuoi ricordi Tiwaz, sono ciò che resta di coloro che amiamo. E io ho scoperto che I miei erano tutti frutto di una menzogna.


La faccenda stava prendendo una piega più triste di quanto avesse inteso. Liriel voleva distrarla, non rattristarla ulteriormente…
Fece due passi indietro e mimando la parodia di un inchino proclamò':

Madamigella Tiwaz… Barbarigo, vi presento Costanza della Groana, figlia illegittima di Bruno della Groana!

E poi rialzandosi:

Tra l'altro Tiwi, chi diamine ti ha dato un nome cosi impronunciabile?
_________________
Ilsebill
I'sto irequie.. iquierieta? O Aristotelo me par ispagnolo... ireiqueta... iAAAAAAAAAAAAAAAAAA come se dice.... nervosa.
Sommo parlo con te... ne la me testa ma parlo con te, respondime...
Che faciamo qui? Sto surf che dicevi no di sicuro... Assalti non assaltiamo, l'è tanto se la Liriel no la se mette a scriver sui muri, che poi non ci capii cosa che la scrivette.

Ma quel che volevo dire a te, Sommo, gli è questo:
che sto da tre giorni qui colla me pala
ch'attendo istruzioni ad ocio ben desto
e poi alla fin tocca prender la scala
coglier i frutti e buttarli nel cesto.
Sfrutto 'l frutteto e tu parli co'Liala.
Sommo rispondi? Ci fai o ci resti?
Che tu mi pari un pochin rigidino...
Sciogliti un poco, l'è estate, ti svesti,
o forse no che di già sei freddino...
Ti sotteriamo in ste lande agresti:
scegliti pure uno bon posticino,
ma perfavor poi dicitici quale,
dicon che qui a rimaner a 'spettare
ci si morì una volta un tal tale,
e se moriamo chi ti può interrare?
E poi giungiam a la nostra morale:
il ripartir ed andar a assaltare.

Sommo, d'insomma, attento 'struzioni:
se no me resta sol cantar canzoni
e scroccar cibo a li matrimoni.

_________________
Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
Tiwaz
Una collina, una spada e Fornovo. Eterno ritorno dopo la partenza, o eterna partenza dopo un ritorno.

Sono sicura che è qui che vorrebbe stare… tu lo sai il perché?

Guardo Liriel, ma è come se non la vedessi. Sì lui vuole stare qui, ed io lo odio per questo, ma non riesco a parlartene Liriel, perdonami, non riesco a parlarti di quello che lo legava alla persona che lo ha preceduto su questa collina. Dovrei parlarti di un altro cadavere, di un altro viaggio, di un altro funerale.

Ah, quasi mi dimenticavo…tieni, questa appartiene a te.

L’abbraccio di Liriel mi impedisce di crollare. Sento le gambe cedere sotto il peso di quello che mi consegna. Continuo a sbattere contro le regole della logica. Datemi il cadavere di mio padre, lo tratterò con la dovuta deferenza, lo porterò in capo al mondo, posto che esso non vi si trovi già ed io sia costretta a riportarlo indietro, ma non ponetemi in mano le sue parole, risparmiatemi le parole, mi fanno male le parole.

Tiwi… anche io ho… perso mio padre, per la seconda volta per giunta. L'uomo che credevo mio padre era solo il mio patrigno, e mia madre non mi ha mai detto nulla. L'ho scoperto per caso in Terra del Lavoro, hanno trovato una lettera che mio padre ha scritto a mia madre prima di morire.

Tieniti stretti i tuoi ricordi Tiwaz, sono ciò che resta di coloro che amiamo. E io ho scoperto che I miei erano tutti frutto di una menzogna.


Le lettere, ecco il vero male del nostro secolo, questa smania di scrivere, di perpetrare il dolore altrui, di mettere il dito in una piaga, di svelare ciò che sarebbe meglio rinchiuso nei meandri del tempo. Chi fa una scelta non può lavarsi la coscienza a posteriori, sperando in un aldilà migliore grazie a una lettera! Che spreco di tempo le lettere, e prima solo tante bugie e tante parole a vuoto.

Vorrei dirtelo Liriel, ma non riesco a parlare, non so se essere contenta perché hai trovato la tua famiglia o triste perché hai perso la tua famiglia. I tuoi padri sono morti tre volte a ben vedere, perché un padre che non è un padre merita una fossa ben più profonda.

Di certo il mio volto esprime quel dubbio d’infelicità poiché Liriel reagisce tentando di sdrammatizzare il momento. Il tutto si traduce in un misto tra un inchino e una mancata caduta.

Madamigella Tiwaz… Barbarigo, vi presento Costanza della Groana, figlia illegittima di Bruno della Groana! Tra l'altro Tiwi, chi diamine ti ha dato un nome cosi impronunciabile?

La prendo in giro.

Piacere di conoscervi madonna Costanza!
Ecco, ora meglio comprendo qual nobile lignaggio guidava la vostra spada quando l’affondavate nelle viscere di molli signorotti francesi.

Il mio nome non è che un nome, forse vuol dire qualcosa o magari è solo un caso che sia anche il nome della runa del guerriero.


Le schiaccio un occhio e corro giù a perdifiato per la collina sperando che il passato finalmente smetta di perseguitarmi.
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E' SOLO UN GIOCO!
--Iosonoleggenda
Molti, molti anni fa Vento, scorrazzando per il mondo con i suoi figli, tra cui Bora, la più bella e la più amata, capitò in un verdeggiante altipiano che scendeva ripido verso il mare.

Bora si allontanò dall’allegra brigata dei suoi fratelli, per correre a scombussolare tutte le nuvole che si trovavano in quell’angolo di cielo e a giocare con i rami dei quercioli e dei castagni, che si agitavano nervosi al suo passaggio. Dopo un po’, stanca di correre di qua e di là senza alcuna meta, Bora entrò in una grotta dove, nel frattempo l’umano eroe Tergesteo, un Argonauta sulla via del ritorno dall’impresa del “Vello d’Oro”, con l’invitta spada Buriana al suo fianco, si riposava dal lungo viaggio.

Tergesteo era così forte e così bello e così diverso da Vento, e da Mare e da Terra e da tutto quello che fino a quel momento Bora aveva visto e conosciuto, che di colpo se ne innamorò. E di colpo fu passione tempestosa, passione che Tergesteo ricambiò con eguale impeto: e i due vissero felici in quella grotta tre, cinque, sette splendidi giorni d’amore.

Allorché Vento si accorse della scomparsa di Bora (ci volle un bel po’ di tempo perché i suoi figli erano tanti e molti di loro parecchio irrequieti) si mise a cercarla tutto infuriato. Cerca di qua, cerca di là, cerca che ti cerca - al vedere tanta furia tutti si nascondevano al suo passaggio - finché un cirro-nembo brontolone, irritato da tutto quel trambusto, gli rivelò il rifugio dei due amanti.

Vento arrivò alla grotta, vide Bora abbracciata a Tergesteo, e la sua furia aumentò enormemente. Senza che la disperata Bora potesse in alcun modo fermarlo, si avventò contro l’umano, gli strappò la spada dal fianco, lo sollevò e lo scagliò contro le pareti della grotta finché l’eroe restò immobile al suolo, privo di vita.

Vento, per nulla pentito del suo gesto, ordinò a Bora di ripartire, ma lei impietrita dal dolore non ne volle sapere. Bora piangeva disperatamente e ogni lacrima che sgorgava dal suo pianto diventava pietra e le pietre erano ormai talmente tante, ma tante, da ricoprire tutto l’altipiano.

Allora Odino, che era un Dio saggio, ordinò a Vento di ripartire e di lasciare Bora sul luogo che aveva visto nascere e morire il suo grande amore: ma Bora ancora non smetteva il suo pianto.

E allora Terra, preoccupata per tutte quelle pietre, che rischiavano di rovinarle irrimediabilmente il paesaggio, concesse a Bora di regnare sul luogo della sua disperazione e le affidò la spada di Tergesteo con il potere - in caso di pericolo - di chiamare venti di tempesta in difesa del suo Regno
E Cielo, per non essere da meno di Terra, concesse a Bora di rivivere ogni anno i suoi tre, cinque, sette giorni di splendido amore. Allora, e solo allora, Bora smise il suo pianto.

Le storie dei grandi amori finiti male commuovono sempre e anche la grande Madre Natura sentì un piccolo nodo alla gola nel vedere la disperazione di Bora. E così dal sangue di Tergesteo fece nascere il Sommaco, che da allora inonda di rosso l’autunno carsico.

Anche Adriatico non volle essere da meno e diede ordine alle Onde di lambire il corpo del povero innamorato ricoprendolo di conchiglie, di stelle marine e di verdi alghe. Così che questo si elevò alto verso il cielo diventando più alto di tutte le alte colline, che già coprivano quest’angolo di mondo. E i primi uomini giunti su queste terre si insediarono sulla
collina di Tergesteo e vi costruirono un Castelliere con le lacrime di Bora divenute pietre.

Con il passare del tempo il Castelliere divenne una città, dove Bora regna sovrana, soffiandovi impetuosa: ”chiara” fra le braccia del suo amore “scura” nell’attesa di incontrarlo
.
Leenie
Il sole di giugno era piacevolmente tiepido, mitigato da una leggera brezza che soffiava gentile sulla collina di Fornovo… per chi se ne stava seduto placidamente all’ombra di un baobab [cit.: come ricordato altrove, la politica di rimboschimento a Fornovo era molto estrosa], cosa che stavo facendo in quel momento, osservando invece gli uomini in maniche di camicia che scavavano la fossa. Da qualche parte bisogna pure cominciare i preparativi per un funerale no?

E le braccia non mancavano. Avevo mandato un biglietto anche a Leone Borromeo, lo storico di Fornovo, amico di vecchia data di Tergesteo, pensando che gli avrebbe fatto piacere partecipare ai preparativi per la sepoltura, e infatti eccolo lì, anche lui in camicia, che scavava con gli altri: Memnone, ormai guarito, Sua Grazia il Conte Petrus, sudato quanto i plebei ma che aveva potuto contribuire con un servitore e una carriola alla rimozione della terra smossa, Samiro, recalcitrante come al solito, preoccupato del fatto di non poter fare il bagno prima che calasse il buio.
Le donne davano il loro contributo con l’organizzazione complessiva, lavoro di concetto non adatto a menti maschili. Tutte tranne Tiwaz che aveva insistito per scavare:

Ma Tiwi, dove vai? Ma lasciali fare. Vieni qui che dobbiamo decidere un sacco di cose.

Ho bisogno di tenermi la mente sgombra e le mani impegnate, Liriel.

Sì va bene ma devi decidere tu le cose per il funerale, dopotutto sei la parente più prossima!


Non ero riuscita a convincerla e così ogni tanto urlavo qualche richiesta a cui Tiwaz rispondeva a monosillabi. Avevo chiarito inoltre che una cerimonia come quella per Dean non ero disposta ad organizzarla più. Mi era rimasta proprio sullo stomaco.

Ce li vuoi dei fiori Tiwi?

Fiori, mio padre non mi parlava mai di fiori, però credo che amasse le rose...

C’è qualcun altro che dobbiamo avvertire per venire?

Ci sarebbe la sua... la nostra famiglia, ma non farebbero in tempo, non so neppure se abbiano mai ricevuto la mia lettera

Facciamo stanotte alla luce delle torce o domattina all’alba?

La notte si addice ai folli, l'alba ai sognatori.

In silenzio o facciamo ricordare a ognuno com’era il Folle?

Che ognuno faccia come crede.

Vuoi dire qualcosa tu, Tiwi?

No.. sì... no…


Scribacchiavo le risposte estrapolando quanto c’era di comprensibile in esse, con impegno, mentre Eriti si sforzava di ricordarmi cosa avevo trascurato. Ilsebill non sa scrivere e pertanto sonnecchiava beata.
Ora capivo che morire degnamente è ancora più difficile di vivere degnamente. La spada piantata nel mucchio di sassi sembrava farci l’occhiolino ad ogni scintillio del sole sul metallo corroso.
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Eriti
Fornovo, meta desiderata e odiata allo stesso tempo.
Divisa nell'animo. La volontà di essere lì e allo stesso tempo di non esserci.

Come si può dire addio ad un compagno che per tutti, tacitamente, era un pò il proprio capo?

La riunione a Pisa aveva fatto piacere a tutti, ma adesso l'aria a Fornovo era pesante.
Le avevano detto quale era la collina, salendo sulle mura di Fornovo la si riusciva a vederla. Difficile era trovare la forza di andarci. Dentro di se sentiva di non aver nessun diritto ad andare su quella collina a rendergli omaggio.
Si può dire che non l'aveva mai davvero conosciuto.

La prima volta che ebbe a che fare con lui fu a Modena due anni prima. Lui e gli altri Porcelli Mannari presero il Castello dando di fatto inizio alla Prima Guerra Padana.
La rabbia fu il sentimento che l'accompagnò durante i giorni di convalescenza di quella guerra.

Non aveva mai pensato, al termine di quel conflitto, che le loro strade si sarebbero rincrociate, per di più dalla stessa parte della "trincea".
Non fu semplice mettere da parte i vecchi rancori, eppure, come spesso accade, bastò una lotta comune sul campo per far nascere il legame dell'intera Brigata Fantasma.

Ironia della sorte, sembrava che il nome che si erano scelti fosse profetico. Sempre più di loro diventavano veri Fantasmi che andavano ad infestare gli incubi.

Continuò ad osservare la collina sulla quale sarebbe stato seppellito, fino a quando non la vennero a chiamare. Era l'ora. E non poteva tirarsi indietro.

Si recarono tutti su quella collina. Mentre a fianco dell'altro tumolo gli uomini iniziarono a scavare la fossa, lei, accanto a Liriel cercava di aiutarla a tirare le somme di quando si doveva fare.

Tiwaz era con gli uomini a scavare. Ogni tanto le veniva mezza urlata una domanda a cui rispondeva un pò distrattamente. Oltre al frinire dei grilli, le accompagnava il lieve russare di Bill che se la dormiva serena.

Ogni tanto buttava l'occhio sul taccuino di Liriel e cercava di ricordare ad entrambe se mancava qualcos'altro. A volte aggiungevano, a volte semplicemente dicevano che non era adatto al Folle.
Amsterdam707
http://forum.iregni.com/viewtopic.php?t=757834



La fossa


Di nuovo quella collina. Quella stramaledettissima rognosa piccola gentile collina.

Il piccolo tumulo di pietre a nascondere una spada.

Uno spiazzo fecondo di erba e fiori leggiadri, di campo, e biondi.


Leone scavava, a torso nudo chinato nella terra, scavava ostinatamente cercando di far finta di non vedere quella cassa da morto che conteneva ciò che restava del Folle. Scavava col badile, levava le pietre più grandi a forza di braccia, alcune dita sanguinavano.

Non avrebbe potuto scrivere per un po'. A questo pensiero gli venne voglia, follemente, di fracassarle per sempre tra due rocce.

Raddoppiò gli sforzi, completarono la fossa, ne uscì con un balzo.

Era quasi il tramonto.
Bisognava calare la cassa.

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Tiwaz
Sono la terra che sollevo, sono il dolore, sono la paura di rimanere sola. Mi sento così piccola di fronte questa fossa così profonda. Se solo Liriel non guardasse, se solo Eriti non guardasse, se solo potessi lasciare che questa terra, che questo dolore e che questa mia paura mi coprissero del tutto insieme a mio padre. Abbraccerei la cassa e mi addormenterei, come ad Arles, quando la notte vegliava sulle mie ferite. O come avrebbe potuto fare quando ero bambina e lui non c'era. Non sapeva di me, ma scoprire le rispettive esistenze ha colmato gli anni in cui non ci cercavamo.

La terra mi sferza il volto, sollevata dalle pale di quelli che erano suoi amici e che adesso sono i suoi becchini. Manca Plue, dov'è Plue? Diceva che Plue era il meglio per chi muore e vuole una sepoltura da re. Mi vengono in mente nomi, volti, e parole ma non è chiaro il loro significato. E' che vorrei semplicemente farla finita qui, ma l'istinto mi guida fuori da questa buca. Non è sopravvivenza, o la smetterei di cacciarmi nei guai, certe volte mi chiedo se sono morta e non lo so. Me lo diceva lui, mio padre, quando vedeva popoli inermi, accettare il loro destino senza fare nulla per cambiare quello che non andava. Accettare senza cambiare. E' questo il mio destino ora che lui non ne farà più parte?

E' ora di uscire dalla buca, caliamo la cassa.


Il coraggio è guardare piccola Tiwaz
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E' SOLO UN GIOCO!
Leenie
La collina, illuminata dalla luce delle torce e dal riverbero del sole morente sembrava davvero popolata di fantasmi, e non eravamo noi.

Ed eccoci lì, riuniti in silenzio per l’ultimo saluto, ma c’era in quell’attesa qualcosa di profondamente sbagliato. Stavo in piedi, tenendo Tiwaz per le spalle: l’avevo recuperata dalla fossa, le avevo pulito la faccia con il mio fazzoletto e ora la tenevo stretta, come a impedirle di saltare dentro di nuovo.

La cassa era a fianco alla buca che ancora sapeva di terra smossa, già approntata con le funi necessarie a calarla, tutti le lanciavano occhiate furtive e nessuno si decideva a fare ciò che andava fatto. Ma non volevo che fosse fatto senza neanche una parola, mi sembrava un’offesa ad un uomo le cui parole avevano sempre così tanto peso.

Se fossi stata capace, gli avrei dedicato almeno un canto, ma dato che la mia voce fa tutto meno che seguire la melodia, sarei dovuta ricorrere alle parole. Anche in tal caso: che peso potevano avere le mie parole? Le parole non obbedivano a me come facevano col Folle, che le plasmava a proprio piacimento facendo vibrare le anime che lo udivano, se avevano l’orecchio capace di ascoltare. Decisi dunque di confessare candidamente le mie mancanze, piuttosto che lasciare che il vento colmasse quel vuoto.

Ordunque… lo sapete tutti perché siamo qui, non serve che ve lo dica io. E, in linea di principio, non dovrei essere nemmeno io a parlarne. Né serve che vi dica chi era Tergesteo o cosa ha fatto nel corso della sua vita, ci sono qui persone che gli erano molto più vicine di quanto non lo fossi io o che lo conoscevano da ben più tempo.

Mi rammarico che non ci sia stato dato più tempo per averlo tra noi. Chi l’ha conosciuto bene, forse vorrà condividere qualche ricordo qui, con noi, più per conforto dei vivi che per memoria dei morti, se credete in qualche cosa forse potrete credere che egli sia in un luogo migliore, io non ci riesco, e francamente, penso che se fosse vero e potesse vederci, riderebbe di noi.

Oggi noi siamo qui per salutarlo, noi e non altri. Forse lui avrebbe voluto qualcun altro, forse qualcun altro vorrebbe essere qui e non gli è possibile, ma ci siamo qui noi, e questa collina e quella spada e quel mucchio di sassi ed è qui che lui voleva riposare ed è qui che alla fine l’abbiamo portato.

Quello che voglio ricordare io di Tergesteo, seppur del tutto parziale e inadeguato, è la sua capacità di avere sempre una buona parola per tutti, di essere una guida con naturalezza, senza bisogno di imporsi. E per la sua grande dote di riuscire a farmi ridere anche nei miei momenti di disperazione, e chi mi conosce sa che non è cosa da poco. Grazie a lui, il peso degli incubi che mi porto nell’anima si è fatto un poco più lieve.


Le parole mi morirono in gola. Mi sembrava di non aver detto tutto, di aver detto troppo e soprattutto di aver detto le cose sbagliate. Ma in ogni caso, il groppo che mi chiudeva le corde vocali mi impediva di proseguire, e sperai che qualcun altro prendesse la parola, per riempire quel desolato nulla.
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F.petrus
Si alzò, togliendosi il copricapo piumato. Liriel si era appena interrotta.

"Ho avuto il privilegio di conoscerlo e la fortuna di aver percorso per un po' di tempo un cammino che è stato anche il suo.
Non è qualcosa da poco e solo l'Altissimo sa quanto sia stato importante."


Si passò brevemente la mano fra i capelli.

"Era uno spirito che volava dove pochi osano anche solo alzare lo sguardo, per questo non posso dire molto altro di lui. Ora che sta per essere inumato, temo che l'unica cosa che mi resti da fare affinchè tutto quel che siamo stati e che abbiamo fatto non scompaia come impronte nella bufera degli anni, sia far sì che di lui non mi rimanga solo un ricordo."

"Ed ora, compagno di viaggio, ora che dormirai per sempre, sogna per tutti quelli che lasci. Anche per me, se puoi."

Una leggera brezza si era alzata e gli scuoteva le piume del cappello.

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Memnone
La pala ben stretta tra le mani, scavo.

Non è la prima volta, quanti giorni ho passato nei bui cunicoli delle miniere o sotto il sole cocente in un campo da dissodare, eppure mai come oggi mi risulta così faticoso, mai la terra così dura da rimuovere. Questa sera non proverò quel senso di piacevole soddisfazione dopo una dura giornata di lavoro.

Continuo a scavare sebbene la fossa sia profonda a sufficenza, smettere vorrebbe dire che è giunta l'ora, non voglio smettere ma mi accorgo di essere ormai solo in quella che sarà la sua ultima dimora.

Tiwaz è già fuori, trascinata da Liriel che la tiene ben stretta nel timore di un gesto sconsiderato quanto comprensibile, la cassa è pronta per essere calata, mi arrampico a stento aggrappandomi a pezzi di radici che affiorano dalla terra scavata, sono fuori.

Osservo la bara, per quale ragione il suo corpo sia perfattamente intatto è un mistero, forse l'aria salmastra del viaggio in nave che l'ha riportato a casa, forse qualcosa di più trascendentale, qualcosa che mi ha sempre fatto sperare in un miracolo.

Il terribile silenzio del momento è rotto da Liriel, non riesco a seguire del tutto le sue parole, la mia mente è altrove, mi terrorizza il fatto di dover parlare, colgo solo distintamente l'ultima frase.

Grazie a lui, il peso degli incubi che mi porto nell’anima si è fatto un poco più lieve.

Incubi, ancora incubi, troppo a lungo ho cercato di fuggire da loro. Impalpabili figure malvagie che s'impossessano dei nostri spiriti, ci sottraggono energie per trarne nutrimento. Siamo noi che inconsapevolmente li creiamo, lasciamo che i demoni del male ci uccidano pian piano. Nella notte del solstizio le pire si accendono nei crocicchi per scacciarli, non serviranno almeno non per i miei demoni.

Quanto valgono le parole dette in ricordo di un amico morto?

Anche Ferenç ha ricordato il Sommo, due passi verso la fossa, sono sconvolto, frasi sconnesse si rincorrono nella mia mente.

Nel tempo ho imparato ad ammirarlo, durante la sua amicizia ne ho apprezzato le gesta. Un folle, tale era nominato ma daltronde era quella la peculiarità che lo rendeva unico fra tanti. chi se non un folle ha tutte le risposte alle domande? Lo ricordo ridere sardonico e ghignante beffandosi di tutti i maledettissimi vigliacchi inciampati sul suo cammino, la sua follia era il prezzo del coraggio e della libertà, l'nfernale prigionia tra le fiamme della verità.

Oggi ripenso alla sua foga in battaglia, e ancor prima nella difficile opera organizzativa, i suoi occhi mefistofelici brillare d'entusisamo e la sua prontezza di spirito nell'incitare noi, fedeli compagni, ogni parola, ogni gesto dettati da un'ironica improvvisazione.

Lo ricordo al mio fianco, adirarsi e subito dopo scoppiare di una fragorosa risata. l'Altissimo l'ha chiamato a se ma lui sarà sempre con noi, le sue parole d'incitamento ci guideranno anche da così lontano come hanno sempre fatto.




In alto il ferro! Fuori il ferro!
Incamminiamoci verso la meta : io sarò innanzi a voi . Primo.
Primo ad andare, forse il primo a cadere.
Senz'altro l'ultimo a recedere.

Fratelli miei : avanti! In marcia! Secco fegato,cuor duro , dura cuoia, nuda fronte!
E la morte a paro a paro.

Eja!


La notte è scesa.

Indietreggio, qualche manciata di terra e nulla più.
_________________
Eriti
Le pale smisero il loro lavoro, e vennero lasciate piantate nei cumuli di terra che circondavano la fossa.
La cassa venne issata e poi, tramite corde, calata in quel buco di terra che accoglierà per sempre le carni e le ossa di un uomo insostituibile.
Calò insieme alla bara anche il silenzio.
I respiri, gli aliti di vento, il rumore delle corde tirate, le assi di legno che si lamentano, sono l'unica colonna sonora che circonda quello strano corteo funebre.
Nessuno piange, non ci sono lacrime che potrebbero alleviare quel momento.

Liriel teneva per le spalle Tiwaz, per sorreggerla, o per fermarla.
Istintivamente Eriti, forse anche inconsciamente, poggiò la sua mano destra sulla spalla sinistra della ragazza.

Nessuno aveva voglia di interrompere quel silenzio anche se era chiaro che andava fatto. Per concludere quell'evento che stava opprimendo tutti.
Fra tutti fu Liriel a parlare per prima, seguita da Petrus e da Memnone.


Terg era Terg - disse Eriti - non ci sono abbastanza parole per descriverlo o per ricordarlo.
Uomini del suo calibro sono rari, e ... il loro essere è unico.
Ho potuto scambiare con lui poche frasi, pochi concetti, eppure comprendo come chi lo ha conosciuto meglio la gravità della sua perdita.


Stava per aggiungere altro, ma le sembrò inappropriato, quindi terminò con un semplice - A presto.
Ilsebill
Ilsebill non sa cosa dire.
Come ci si comporta ad un funerale?
Si evita di pensare che il morto è morto. Si sogna, di nuotare, di oziare, di non avere preoccupazioni di alcun tipo.
E si russa.
Ma come si fa in casi come questo, quando ci si deve arrendere al fatto che Tiwaz possa piangere, che Petrus sia stanco e sudato, che Samiro si sia lavato nuovamente, che siano tutti sporchi di terra e con le pale in mano, e poi c'è quell'altro uomo, e Liriel? Liriel è naturalmente malinconica e sarcastica, ma oggi lo è in un modo più pesante.
E la cassa è lì, inutile fingere di non vederla ancora.
Per la seconda volta nella sua vita, Ilsebill deve arrendersi al fatto che è morto uno che non voleva veder morire, è morta una sua guida e un suo punto di riferimento.

Memnone cita un pezzo di uno dei discorsi più epici del Folle in delirio, quando parlava inebriato dalla propria stessa essenza, da cui sgorgavano parole tanto vive e spontanee quanto toccanti.

Ilsebill è infantile. Nelle provocazioni, nel gusto della sfida, nell'immaginazione fervida e sfrenata. Le parole del Folle l'hanno sempre inebriata, destandole nella mente terrificanti sogni di guerra e di gloria, in cui si vedeva sempre vincente su montagne di cadaveri e torrenti di sangue, spada in pugno, cappellaccio in testa.

In nome di quell'eroismo che il Sommo le ispirava parla ora Ilsebill, e il suo discorso, per una rara volta, perde quei toni grotteschi che escono da un'immaginazione eccessiva sposata con una totale mancanza di cultura.

Non ti scorderemo, Tergesteo,
non scorderem le tue parole d'argento vivo,
parole sempre che c'affondavan nella mente
come una lama ne le carni a pungolarci,
non scorderem il tuo nome d'eroe,
lo braccio forte che teneva la spada,
l'ardore e 'l coraggio estremi,
l'amor del rischio,
lo sguardo feroce e fiero,
sogni, incubi e follia che c'hai dato.
E d'ora in poi l'angelo armato a cui mando le preghiere,
-quelle poche volte che non penso a come empirmi la panza-
a quell'angelo armato ci darò il tuo aspetto.
Se c'hai finito di far lo nostro sole,
che diventi ora la stella che c'indica il nord:
fratelli, compagni di strada,
questa stella la via l'ha indicata,
ed è a seguirla che potrem ricordarlo.

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Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
Tiwaz
La terra crolla su di lui, su ciò che era e su ciò che avrebbe potuto essere. Sparito, del tutto, alla vista, sotto un cumulo di arida terra.

I ragazzi parlano di lui, ma io no. Non sento più nulla dentro di me e quello che è rimasto, in silenzio, è solo mio.

Adesso sono più arrabbiata che triste. Cosa dovrei dire? Che in realtà quell'uomo coraggioso ha perso senza lottare?

I giorni passano senza di lui, e mi convinco che in fondo è meglio così, perché posso smettere di credere in un ideale, posso non affidargli più i miei giorni, posso vivere come una qualsiasi ragazza della mia età, magari sposarmi, avere figli, e dimenticare chi ero.

Sono grata alle mani che mi consolano, anche se bruciano sulla mia pelle perché mi impediscono di farla finita qui, di cadere per non tornare più indietro.

La rinuncia al dolore è questo, andare incontro all'ignoto, farmi benedire da un prete magari, e affrontare quello che per altri è normale, col sorriso sulle labbra, come se lui non fosse mai esistito.

Dove c'era una tomba ora ce ne sono due. Una spada esce dal terreno, conficcata su un mucchio di pietre. Quasi illeggibili in un sasso liscio le ultime parole dettate da chi vi giace:




"Ve lo avevo detto che non mi sentivo molto bene ..."


L'altra sepoltura è appena stata completata, di ben altro tono le parole incise sulla lapide:




"Andrò così lontano che il ricordo muoia disperso tra le pietre della strada.
Continuerò ad essere lo stesso pellegrino con dentro la pena e fuori il sorriso …"

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E' SOLO UN GIOCO!
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