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a caccia di Fantasmi

Samiro
Chiuso nella sua stanza al riparo da occhi indiscreti, una timida luce di una candela su uno scrittoio illuminava la stanza di Samuele.
Erano giorni che non metteva il muso fuori da quella stanza, erano giorni che non aveva notizie di ciò che accadeva fuori da quel rifugio, Samuele era diventato il carceriere di se stesso, era la vittima il mandante e il sicario.
Prigioniero delle sue paure e delle emozioni che provava, Samuele non poteva fare altro che attendere.
Guardava con attenzione la maniglia di quella porta, con impazienza aspettava vederla girare verso il basso, sognava ad occhi aperti il poter udire il suono di una voce familiare tendergli la mano…

“quel momento sta per arrivare lo sento”

Sussurrò a bassa voce mentre girandosi nel letto si copri con il lenzuolo fino agli occhi.
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-Senza parole-
Leenie
E finalmente erano ripartiti. Ora non restava che raccogliere, strada facendo, tutti gli amici, come briciole di pane seminate lungo il cammino per ritrovare la strada. La Brigata Fantasma si riuniva. O almeno ci provava.
Da Pontecorvo erano partiti in tre, Liriel, Samiro e Petrus. E Biagio, ovviamente, Petrus non si muoveva certo senza Biagio.

Cavalcava serena, godendosi l'aria ancora fresca del mattino. Nonostante i problemi e le preoccupazioni, e il morbo che devastava quelle terre, e gli amici da piangere che non mancano mai, voleva godersi per un attimo l'idea della Brigata riunita. Si sentiva bene, finalmente era guarita ed in forze.
Tuttavia, nonostante tutta la buona volontà, il barlume di buonumore si oscurò al pensiero dell'ultimo dono ricevuto, il cavallo che stava montando, appartenuto a Chikka. Solo lei poteva chiamare un cavallo Dondolo... ed ora lei non c'era più, portata via dal furore della tempesta.
La bestia apparentemente sembrava adattarsi alla perfezione alla precedente proprietaria, a dirla tutta aveva un'aria piuttosto squinternata; ma era una brava bestia, docile e affezionata, e Liriel si sentiva grata del fatto che Chikka l'avesse ricordata, anche in mezzo alla collera dei flutti. Il vestito nero stavolta era per lei.

Sora. Era sicura che Ilsebill fosse lì, glielo aveva scritto Memnone. E fu verso la sua casa che si diressero, appena arrivati.
Bussarono, ma non ci fu risposta. La bottega da fabbro proprio a fianco alla casa, era sprangata, e sicuramente la moglie a quell'ora era in prefettura. Ma Memnone dov'era?

Torniamo più tardi...

Petrus detto ciò si era già avviato verso la taverna più vicina, ma Liriel lo trattenne per un braccio.

Aspetta, voglio vedere se...

La porta era aperta. Samiro borbottò qualcosa circa il fatto che non si entra senza permesso nelle case altrui, ma Liriel incurante della buona educazione e preoccupata per l'amico, salì decisa al piano di sopra.

Trovarono Memnone a letto. Sicuramente qualcuno dei tre stava per fare una battuta sulla gente che dorme fino a tardi, ma avvicinandosi si accorsero del suo brutto aspetto. Sembrava sofferente, e febbricitante. E testone com'era, sicuramente aveva nascosto alla moglie le sue condizioni.

Memnone ma cosa? Scommetto che non lo hai detto a nessuno! Che stupido, dovevi chiamare un medico.

La Crociata non è ancora finita...

Eh?


Ma lui si voltò nel letto e borbottò qualcosa di incomprensibile. E Liriel si illuminò di un'intuizione improvvisa.

Petrus, dove lo avevano ferito in Savoia?

Lui si avvicinò, e senza una parola voltò Memnone supino e scostò la camicia. Sotto uno straccio che voleva simulare una fasciatura improvvisata, la ferita, che avrebbe dovuto essere chiusa da un pezzo, suppurava. Un'unica imprecazione collettiva si levò dai tre. Liriel imprecando sottovoce si sfilò il pugnale, e si diresse verso la cucina, infilandolo con precauzione tra le braci della stufa. Frugò un po' in giro e trovò una bottiglietta di liquore e uno straccio e tornò di sopra. A trovare un cerusico ci voleva troppo tempo, e loro dovevano partire presto.
Dopo aver ripulito la ferita, gli infilarono lo straccio in bocca, avendo cura che respirasse. E Liriel disse piano:

Avresti dovuto dircelo, Mem, che non guariva bene. Dovrebbe essere chiusa da settimane... ora sopporta un po', che domani ti voglio pronto a partire.

Un sibilo, un urlo, odore di carne bruciata.

Un po' di unguento lenitivo e delle bende pulite che lei aveva imparato a tenere sempre nelle bisacce della sella, e tutto era concluso.

Bene, andiamo a cercare Ilsebill. Con un po' di fortuna lui dormirà tutto il giorno e non si ricorderà nemmeno che siamo stati qui. Domani potremo partire.
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Memnone
Maledetti eretici, figli di una cagna.

Un dolore lancinante gli fece credere di essere stato colpito nuovamente dalla spada nemica, steso sul letto in preda ad un accesso febbrile era convinto di trovarsi ancora in Savoia, nel pieno della crociata. L'odore di carne bruciata che penetrava nelle sue narici fu la prima cosa che riuscì a percepire al suo risveglio, era stato solo un incubo, un incubo alquanto doloroso. Scostò la camicia per accertarsi delle condizioni della ferita infetta notando con stupore che nottetempo qualcuno l'aveva medicato preoccupandosi di fargli un'accurata fasciatura con bende pulite.

Era sera, probabilmente aveva dormito tutto il giorno, si sentiva nettamente meglio, il riposo forzato e la nuova medicazione erano stati un tocasana, avevano abbassato la febbre. Con un balzo scese dal letto, continuando a domandarsi chi mai si fosse preso cura di lui, ebbe un presentimento, gli amici della Brigata dovevano essere giunti in città, era ora di preparare le sue cose, era ora di partire per quel viaggio.
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Leenie
Fermi, ehi, fermi!

Liriel urlò e tutti si fermarono. Si contorse sulla sella, e si voltò a guardare l'uomo che ciondolava, cercando di reggersi. Si voltò di nuovo avanti, e scorse con sollievo le mura della città all'orizzonte.

Ad Avezzano facciamo una sosta, mezza giornata, non di più. Mi raccomando facciamo i bravi, prima ce ne andiamo di qui, meglio è, non voglio inutili contrattempi.

Dato che malauguratamente e in maniera del tutto inspiegabile si era trovata ad essere l'agente di viaggi di quella compagine di Fantasmi finalmente riunita, Liriel intendeva assicurarsi che andasse tutto per il meglio. Non le stava riuscendo molto bene. Fece cenno a Samiro di prendere il cavallo di Memnone per le briglie e di assicurarsi che il cavaliere non cadesse. Poi si avviarono.

In città le istruzioni per la giornata:

Ci vediamo alla porta settentrionale al tramonto.

Lei e Samiro condussero Memnone ad una locanda lì vicino. Quando scesero lei si avvicinò e gli toccò la fronte con il dorso della mano; non pareva avere la febbre, il che era un buon segno, ma era pallido e aveva l’aria esausta, era escluso che potesse continuare a cavalcare.

Non intendo spendere più di un ducato, ti avverto. Ti accontenterai di dormire su quello che c’è. Così impari a trascurare le ferite senza dire nulla a nessuno.

Lui barcollò e borbottò qualcosa. Liriel e Samiro gli afferrarono il braccio ciascuno da un lato e lo condussero all’interno della bettola e di lì direttamente a letto.

Samiro, va’ a prendere la peggior bottiglia di liquore che hanno di sotto, e uno straccio. Tu! Spicciati, fai vedere ‘sta futura cicatrice.

Lo so, lo so, avrebbe dovuto dire “per favore”, ma aveva fretta ed era nervosa, e poi neanche in condizioni normali era un mostro di cortesia.
Il convalescente sospirò rigirandosi nel letto:

Mi dispiace io…

Zitto. Adesso ci occupiamo di questa cosa, poi ti fai una bella dormita ed eviti di rallentarci ulteriormente, va bene? E levati quella camicia. Samiro, tienigli le braccia.


La tragedia si consumò rapidamente e l’uomo si addormentò subito dopo. Liriel gli lanciò un’occhiata prima di uscire a sua volta e ripensò a quando, il pomeriggio precedente, era ricomparso a Sora, la sacca da viaggio già in spalla. Si rimproverava di non essersi assicurata che stesse davvero bene, prima di partire. Maledetta fretta…

A sera, pareva essersi rimesso a sufficienza. Si recarono dunque al ritrovo con gli altri. Petrus ancora mancava. Aspettarono.

E aspettarono.

E aspettarono.

E Petrus non arrivò. Quando si resero conto che non sarebbe arrivato, si levò un coro di imprecazioni, non delle più raffinate. Non restava che andarsene a letto e attendere l’indomani.

Ci deve una birra come minimo… e poi dai, credevo che un uomo appena sposato non li facesse certi giri.

Il caustico commento di Liriel si spense nella notte e tutti, seccatissimi, se ne andarono a dormire.
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Ilsebill
Che schifezza sto pane secco... e c'ho ancora fame.

Quello chi è, Samiro? Spetta che mi allontano...


Ilsebill si intrufolò nel bosco.
Il mondo impazzisce: tu saluti una persona di buonsenso, uno che si pulisce le unghie dei piedi in taverna tranquillamente senza tutte quelle bizzarre idee della buona educazione, e dopo qualche mese di guerra, dove uno s'immagina che si veda sangue e sporcizia, ZAC! te lo trovi col sapone in mano.

St'usanze de il bagno arrugginano le ossa della gente, le rovinano, riducendole in briciole, allo ferro ci accade uguale. Nell'acqua i fan le uova le zanzare e una marea d'altri insetti fastidiosi, così picioli e mingherlini che manco li puoi mangiare. Altra cosa a indicare che l'acqua la fa malissimo.
Ché poi pur io andetti in guerra, ma non mi pare che mi son ammattita a questo modo... Sapone, puah!

pensava Ilsebill nascosta fra le frasche.

Samiro l'aveva minacciata. Cederai anche tu al sapone, le aveva detto. Ilsebill era spaventata.
Liriel in compenso era sempre uguale. Fissata col sapone pure lei. Però era magrissima e pallida.
Neanche Memnone stava bene.
F.Petrus pareva sempre lui, in buona salute, ma aveva la testa per aria e avevano dovuto aspettarlo per parecchio tempo.
Fortuna che almeno Lon restava lui.

Gli altri, rivisti dopo così tanto tempo, le parevano davvero diventati sostanza del nome che avevano scelto. Fantasmi.
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Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
Ilsebill
Stanchezza ed attesa, quando la vita si trascina sempre uguale, di giorno in giorno, quando le speranze di novità si infrangono sulla realtà quotidiana come onde marine su uno scoglio.
Ilsebill ha nostalgia.
Nostalgia dei piani tramati nell'oscurità fumosa delle stanze di qualche bettola d'oltreconfine, sottovoce perché anche se non capiscono la tua lingua potrebbero intuire qualcosa,
nostalgia dei mucchi di armi depositati nella stiva della Ragnarok, una spada era per lei,
nostalgia di quella nave, del timone, della stiva col suo odore di chiuso salato e della caccia ai topi,
nostalgia del brivido nel trovarsi a notte fonda sotto municipi e castelli e con un cenno entrarvi senza essere invitati,
nostalgia del sentire le proprie labbra spalancarsi in un largo sorriso da sole mentre cresce la sicurezza di avercela fatta,
nostalgia della delusione del fallimento, e della scrollata di spalle nel "ritentiamo", perché qualunque cosa è meglio di quel nulla, del limitarsi a spostarsi di giorno in giorno, mangia e pesca, mangia e cogli frutta, cerca un'ascia ma l'ascia non c'è, maledette miniere ecco che torno a voi; qualche dialogo interessante in taverna è l'unico spauracchio verso la noia, ma trovare interlocutori adeguati non è cosa di tutti i giorni.
Nostalgia dell'imprevedibilità. Del sapere che per un certo periodo non saprai mai cosa accadrà domani.
Nostalgia del loro capo. Nessuno l'ha mai chiamato esplicitamente tale, ma a lei è sempre parso sottinteso. Un ossimoro: il capo di una perfetta anarchia. Non c'era alcuna autorità all'interno della Brigata Fantasma.

L'ultimo saluto a Tergesteo dovrebbe essere domani, quando giungeranno a Fornovo. Il tempo di ritrovare Tiwaz -e chi altri si fosse portata dietro lei: pareva che ci fossero dei parenti. Ilsebill non ascolta i chiacchiericci del gruppo, li segue un po' distaccata; è di cattivo umore per il rischio di acqua e sapone di quella pazza maniaca di Liriel.
Quella femina morirà d'acuasaponità e farà morir pure noi.
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Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
Leenie
La tetraggine l’aveva ripresa a Pisa, nonostante la gioia di incontrare nuovamente alcune persone care.
Tante altre mancavano all’appello, falciate dalla peste che aveva devastato quelle terre.

E Luna era scomparsa, in circostanze misteriose, e data per morta, assieme al marito. Glielo aveva detto la figlia, Angelica, trattenendo a stento le lacrime.

Inoltre si approssimava la fine del viaggio, e lei sentiva crescere in sé il dubbio e l’incertezza. Si sentiva allo sbando, incapace di tenere le fila dei Fantasmi… chi l’aveva detto che toccava a lei, poi? Sarebbero riusciti a combinare qualcosa senza Tergesteo? Era un dubbio che l’attanagliava da mesi e che ogni tanto rispuntava. Se non altro, Memnone stava meglio.

Accadde durante la notte passata all’addiaccio, nelle campagne tra Massa e Fornovo.
Liriel si sveglio urlando, sudata e sconvolta: gli incubi erano tornati.
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Leenie
Altolà! Non un passo!

Confine meridionale del ducato di Milano.
Il dito del comandante del posto di frontiera e le picche dei soldati erano puntati contro Liriel e Samiro.

Tutto il gruppetto si guardò perplesso… perché proprio loro due?

Voi due risultate nella lista dei ricercati del ducato. Dovete essere Manonera o roba simile. Non opponete resistenza, non rendete le cose difficili… per voi.

Ma… ma… ma…

Niente ma! Deponete le armi.


Ecco, è la prima volta che mi arrestano, e lo fanno pure per i motivi sbagliati.

Liriel era affranta. Per una ex-senese, veterana della prima guerra contro i Manonera, non c’era insulto peggiore. Senza contare che un pochino pochino preoccupata lo era… cosa aveva fatto di recente per meritarsi questo? Non le veniva in mente niente, nemmeno il cavallo in divieto di sosta. Dondolo confermò con un’occhiata placida.

E a quel punto Petrus si spazientì. Sfoderò la sua migliore aria da “voi non sapete chi sono io” ( e in effetti no, non lo sapevano) e attaccò a parlamentare con il comandante. Niente da fare.
Alla fine ottenne che i due rei (?) fossero trattenuti in custodia senza essere espulsi definitivamente dal ducato o spediti in qualche cella, finché lui non avesse avuto il tempo di parlamentare con le autorità, a costo di arrivare fino a Milano per parlare con la Duchessa in persona.
Il Conte Rosso strinse la mano della moglie, raccomandandole l’incolumità di tutti, poi balzò a cavallo e sparì in una nube di polvere.

Liriel con un sospiro rassegnato consegnò le armi (e ci volle un po’ per togliersi di dosso tutti i coltelli) e quando la guardia la prese per un braccio la seguì docilmente fino a dentro la cella del posto di guardia, si stese sulla panca, rassicurò Samiro circa il fatto che non li avrebbero torturati e si chiuse in un ostinato silenzio, invidiando al resto del gruppo, rimasto all’esterno a bivaccare all’aperto, le stelle e il vento e il bagliore del fuoco.
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Ilsebill
Non v'erano dubbi su cosa Ilsebill fosse andata a fare in mezzo ai cespugli. Non lo diremo per eleganza ma lo potete immaginare.
Tornata al campo base vede due mancanze.

'Ndò stanno i saponifici?

Così ora chiama Liriel e Samiro.
Non ci può credere quando le dicono che sono stati trattenuti per controlli alla dogana.
E così va a controllare coi suoi occhi.
Un po' difficile, la dogana è chiusa e non le aprono. Anche se a lei non devono fare controlli. Così urla a squarciagola.

DOGANIEREEEEE CHE E' STA STORIA DE' CONTROLLI?
CHE SON STI PRIVILEGI?
QUELLI DUE SON NOSTRI NON SON DE L'ORDINE BRIGANTEEEE

RIDATECELIIIII CHE CI SERVON A SEPPELLIRE IL CAPOOOO

QUATTRO BRACCI IN PIU' SE FACE PRIMA!!


Chissà perché ha come l'impressione che non l'ascoltino.

DOGANIEREEEE
SI GLI E' VERO CHE SI LAVINO TROPPO QUELLI DUE... CI FA MALE A LA SALUTE, MA, DOGANIERE, LI FO SMETTERE IO....

DOGANIEREEEEE
DACCI I NOSTRI OMINI
ANCHE SE UNO E' UNA FEMINA...
MA LI BRACCI LI HA BONI PER LA PALA DA SCAVAR FOSSE!

DOGANIEREEEEE

_________________
Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
myne Fru de Ilsebill
will nich so, as ik wol will.
Tergesteo


Figura senza forma, ombra senza colore,
forza paralizzata, gesto privo di moto


Raccontano che vi sia un luogo lontano, frammento di inferno lunare, dove trovino dimora gli spiriti invendicati.

L'acqua nera come la notte di quel mare tranquillo è violentata da rocce pallide, sui quali si avventano i raggi lunari.

Dicono che gli spiriti che attendono vendetta scivolino fra quelle rocce.

Quando il loro tormento diviene così insopportabile da non poter essere celato oltre, un vento leggero si alza su quel mare nero, increspando le onde gentilmente.

Raccontano che quel vento a volte esca da quei luoghi obliati e discenda fra i vivi.
Come una brezza vespertina.

Raccontano che ascoltando il vento a volte si oda il lamento di quei dannati.

Raccontano inoltre che le anime di quei disgraziati senza pace raramente si lascino trasportare da quel vento, come il fumo d'un fuoco spento , per trascorrere un frammento di tempo accanto a quanto son stati costretti ad abbandonare.

Raccontano che quelle anime non hanno avuto il tempo di compiere in vita quanto avevano desiderato con ardore folle.

Amanti, guerrieri, visionari, bambini.
Le anime di coloro ai quali è stata strappata la vita prima del tempo.

Spesso udiamo questi racconti.
Prestiamo attenzione evanescente e distratta.



E' tutto vero.





E' questo il modo in cui finisce il mondo
non già con uno schianto ma con un lamento.
Memnone
Consolare Liriel non sarebbe stata cosa facile, per lui che peccava di sensibilità l'impresa sarebbe stata ancor più ardua, nonostante tutto le si avvicinò appena le sue urla angosciate turbarono il sonno del gruppo. Si ricordò che giorni prima l'amica l'aveva medicato così... delicatamente dimenticandosi cosa fosse il buon tatto, si sarebbe aspettato maniere più gentili ma, vista la situazione, lei non era stata a sottilizzare, neanche lui l'avrebbe fatto.

Coraggio, ancora non ci hai fatto l'abitudine? In fondo dovresti ricordarti che noi Fantasmi viviamo della stessa materia di cui sono fatti gli incubi, con loro dobbiamo convivere, io sto imparando a farlo.

Le asciugò il sudore dalla fronte e si allontanò, di certo aveva peggiorato la situazione. Il viaggio l'aveva stremato, doveva essere breve e piacevole invece si era rivelando una vera odissea. Petrus già ad Avezzano si era perso per i vicoli della città facendo ritardare la partenza, poi Ilsebill s'era infrattata nella boscaglia per il suo costante terrore d'essere lavata e come se non bastasse si erano persi marciando tutta la notte per ritrovarsi al punto da cui erano partiti. Visto che era di strada pensò che fare una scappatina a Vinci sarebbe stata una buona idea, in quella cittadina si vociferava vi fosse un bimbo prodigio di sette anni che forse li avrebbe potuti aiutare inventando qualcosa di utile per loro.

Non era ancora finita, erano sempre più vicini a Fornovo e si stavano preparando a riprendere il cammino quando un'altro grido, questa volta meno angosciante.

Altolà! Non un passo!

Nuovamente fermi, accampati fuori dal posto di guardia della frontiera milanese, aspettando Liriel e Samiro trattenuti per uno stupido errore. S'accovacciò ai piedi di un albero sperando di riposare quando ebbe l'impressione di sentire nell'aria la voce di Tergesteo.
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Leenie
Ilsebill! Piantala! Tanto non ci fanno uscire, dovremo aspettare domani.
Zitta ora che sto cercando di dormire!


La voce secca proveniva dalla finestra della guardiola. Finalmente gli strepiti cessarono e Liriel tornò a sdraiarsi. E sognò Tergesteo che le diceva che le avrebbe fatto avere i permessie chiarito a quei zucconi dei milanesi la differenza tra la Brigata Fantasma, l’Ordine Brigante e…bleah, i Manonera.

La mattina seguente Petrus ritornò torvo, accompagnato da un drappello di soldati.

Non è la scorta d’onore ma prendetela come tale.

Arrivarono fino alle mura di Fornovo, dove il comandante delle guardie li apostrofò, indicando Liriel e Samiro:

Gli eserciti alle porte della città hanno i vostri nomi e le vostre descrizioni. Potete girare liberamente per la città e a suo tempo tornare da dove siete venuti. Non provate ad addentrarvi nel territorio del Ducato o verrete passati a fil di lama.

Liriel scrollò le spalle. Le interessava solo arrivare in città e cercare gli altri, aveva molte cose da dire, soprattutto a Tiwaz. E una lettera spiegazzata e consunta doveva arrivare alla legittima proprietaria con imperdonabili mesi di ritardo.
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Samiro
Samuele si trovava accovacciato a terra con la schiena contro il muro le braccia conserte, il capo chino e gli occhi chiusi in quella cella puzzolente assieme a Liriel.
Erano li per controlli, fermati alla dogana alle porte di Fornovo nel ducato di Milano, Samiro chiuso in un silenzio tombale, ascoltava la sua compagna di prigionia mentre lo rassicurava che non sarebbero mai stati torturati, poi anche lei finì le parole.
Samuele rimembrava i vecchi tempi, quando lui e i suoi compagni si chiudevano in quelle taverne dove nessun gentiluomo osava varcare la porta di ingresso, dove l'odore di quei corpi sudati coperti dai mantelli per coprire i volti di chi li indossava, si mescolava all'aroma del legno dei tavoli impreganti di birra, qualcuno la chiama puzza Samuele la chiamava profumo di casa.
Ricordava i retro bottega dove trovavi qualche giovane ragazzo inginocchiato a vomitare perchè troppo giovane per capire cosa significasse alzare qualche boccale di troppo con gli amici di sempre.
Samuele apri gli occhi, sollevo il capo guardò il soffitto e mentre fece un sospiro udì urlare

DOGANIEREEEEE CHE E' STA STORIA DE' CONTROLLI?
CHE SON STI PRIVILEGI?
QUELLI DUE SON NOSTRI NON SON DE L'ORDINE BRIGANTEEEE

RIDATECELIIIII CHE CI SERVON A SEPPELLIRE IL CAPOOOO

QUATTRO BRACCI IN PIU' SE FACE PRIMA!!


Chissà perché ha come l'impressione che non l'ascoltino.

DOGANIEREEEE
SI GLI E' VERO CHE SI LAVINO TROPPO QUELLI DUE... CI FA MALE A LA SALUTE, MA, DOGANIERE, LI FO SMETTERE IO....

DOGANIEREEEEE
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ANCHE SE UNO E' UNA FEMINA...
MA LI BRACCI LI HA BONI PER LA PALA DA SCAVAR FOSSE!

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Era Ilsebill, Samiro scosse il capo in maniera vistosa e quasi sotto voce mormorò:

"il nostro viaggio finisce qui..."

Liriel si alzò stizzita dal letto, gli urlò qualcosa fino a far ammutolire Bill.
Samiro si addormentò, la notte passò in fretta e all'indomani furono liberi di girare per Fornovo.
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-Senza parole-
F.petrus
La taverna era vuota.
Ferenç Petrus strascicò il suo tediato passo fino ad un tavolo all'angolo opposto all'ingresso, ma non troppo all'angolo, perché in genere è dove si andavano a rintanare gli uomini di malaffare.

Poggiò la testa su un pugno e chiuse gli occhi.
Riflettè sui giorni appena passati e su quelli avvenire.
Si ricordò di Tergesteo.

Per un attimo, un attimo soltanto, ebbe come la chiara e immediata percezione che stesse annaspando in un mare ostile di azioni inutili e impegni senza senso.
Per un attimo guardò dietro il velo di Maya.
Ma fu solo un attimo.
Poi entrò Samiro, incupito. Si salutarono.


"Sbaglio o ti devo una birra?"

"Ricordi male, ma una birra non si rifiuta mai."

Entrarono due vecchi amici di Ferenç: non si aspettava di trovarli lì e ne fu molto contento.
Ringalluzzito, parlottarono del più e del meno e di quel che facevano.


"Psss... recluta."

Alla sollecitazione del compagno, si atteggiò a dimostrare la praticità che aveva in certi discorsi, ed approcciò l'argomento, ma senza mettercisi troppo d'impegno, non da subito. Era un procedimento morbido da mettersi in atto.

Ad un certo momento, con più gravità di quanto non avesse voluto, il Conte si sorprese a dire:

"Ah, ci sarà pur qualcosa dopo le esequie!"

Allora prese a interrogarsi su cosa potesse voler dire, ma invano.
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Ilsebill
Come si onorano i morti?

Si possono mettere a letto in una bara, coprire di terra come un soffocante piumino per coprirli dal freddo dell'inferno.

Si possono dare in pasto alle fiamme, anch'esse annunciatrici dell'inferno.

Dall'inferno, in fin dei conti, non si riesce a portarli via.

Come si onorano allora i morti?

Serve a qualcosa onorarli? Si dice che si può onorare la loro memoria, ma forse è la propria memoria, quella che viene onorata quando mentalmente gli si dedica una qualche azione, immaginando che da lontano loro sorridano al vederti.

Ilsebill non lo sa. Non capisce nemmeno perché stia pensando a queste faccende terribilmente complesse, lei che non sa nemmeno scrivere il suo nome. Eppure continua a chiedersi se il Sommo, se ora si trova da qualche parte, sia fiero di loro, o almeno non proprio schifato. Lei, pensa, si sentirebbe fiera di qualcun che le dedicasse una qualche aziona, anche una birra in più per esempio. E lui? Le sta guardando? Cosa ne pensa?
Non è abituata a farsi queste domande, le sono venute da quando è stata in Svizzera, quando ha cominciato ad avere troppo tempo e troppo pochi interlocutori.
Solitamente cerca di rispondersi in modo da sentirsi tranquilla, non le è mai importato molto della verità. E' il bello di non avere principi o morale: non sei tenuto a rispettarli.

Liriel non è così, lei è studiata, sa leggere e scrivere, e forse, chissà, sa un po' meglio di lei cosa fa.
Forse. Forse cerca solo di non preoccuparsi di saperlo.

Ilsebill ha le mani piene di terra e sassi.

Liriel tiene in mano un pezzo di sapone.

Gli occhi azzurri di una in quelli cupi dell'altra. Forse non è odio, ma sicuramente è sospetto.

Ilsebill prende il proprio bastone, senza perdere lo sguardo di Liriel, lo impugna con entrambe le mani, e premendolo sul terreno traccia una riga fra sé e Liriel.

Questo è tuo. Dal di lì de la riga. Lì tieni pulito e usi quela robaccia schifa per ungerti.

Quest'altro è mio. Qui gnente sapone e acqua poca.

Chi passa in mezzo paga pegno.


Sull'ultima affermazione le due sono sinceramente e pienamente in accordo.
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Manntje, Manntje, Timpe Te,
Buttje, Buttje in der See,
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